DEFINIZIONE ► | La differenza tra il corrispettivo percepito dalla vendita dell’immobile e il prezzo di acquisto o di costruzione compresi oneri accessori determina la plusvalenza da cessione di fabbricati. |
FABBRICATI POSSEDUTI DA NON PIÙ DI 5 ANNI ► | A seguito di cessione, a titolo oneroso, di fabbricati acquisiti dal cedente a titolo oneroso, o per donazione, e posseduti da non più di 5 anni, si determina il conseguimento di una plusvalenza in capo al cedente. |
ABITAZIONE PRINCIPALE ► | La plusvalenza derivante da cessione di unità immobiliari è esclusa dalla tassazione nel caso in cui oggetto di vendita siano unità immobiliari urbane adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e cessione. |
CESSIONE DI IMMOBILI ALL’ESTERO ► | Concorrono a formare il reddito complessivo anche gli immobili esteri posseduti da soggetti residenti in Italia. Anche in questo caso, in caso di vendita, l’eventuale plusvalenza conseguita sarà soggetto a tassazione in Italia. |
IMPOSTA SOSTITUTIVA DEL 26% ► | In caso di assoggettamento a tassazione della plusvalenza derivante da cessione immobiliare è data facoltà al venditore di optare per l’applicazione, in deroga al regime ordinario di tassazione, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 26% della plusvalenza realizzata. |
RIFERIMENTI ► | Artt. 67 co. 1, 68 co. 1, 9 co. 3 TUIR. |
► DEFINIZIONE
La plusvalenza si determina come differenza tra i corrispettivi derivanti dalla vendita percepiti nel periodo d’imposta, al netto dell’INVIM pagata dal cedente, e il prezzo di acquisto o di costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente all’immobile ceduto, a titolo esemplificativo: l’onorario del notaio per l’atto di acquisto dell’immobile, le imposte indirette assolte sull’acquisto, quali registro, ipotecaria e catastale (art. 68 co. 1 del TUIR).
Attenzione
Si ricorda che l’art. 8 della L. 28.12.2001 n. 448 (Finanziaria 2002) ha soppresso l’INVIM con riferimento ai presupposti d’imposta verificatisi a partire dall’1.1.2002.
Vale pertanto la seguente formula:
Plusvalenza = corrispettivo percepito - (INVIM + costo acquisto o costruzione + altri costi inerenti)
Qualora oggetto di cessione sia un fabbricato pervenuto per donazione, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione da assumere ai fini del computo della plusvalenza è quello pagato o sostenuto dal donante (art. 68 co. 1 del TUIR).
È applicabile il regime agevolato di cui all’art. 1 co. 496 della L. 266/2005. Pertanto, il soggetto che vende il fabbricato (unità immobiliare urbana) può evitare di far concorrere la plusvalenza conseguita alla formazione del proprio reddito complessivo, richiedendo al notaio, in sede di rogito, l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%.
► CESSIONE DI FABBRICATI POSSEDUTI DA NON PIÙ DI 5 ANNI
1.Definizione
Le plusvalenze conseguite mediante la cessione a titolo oneroso di fabbricati o porzioni di fabbricato che non derivino da lottizzazioni attuate su terreni concorrono a formare il reddito complessivo del cedente (art. 67 co. 1 lett. b) primo periodo del TUIR), a condizione che gli immobili ceduti risultino, a un tempo:
-
costruiti dal cedente o da questi acquisiti a titolo oneroso o per donazione;
-
posseduti dal cedente, prima della cessione, da non più di 5 anni.
Attenzione
Presupposto per il realizzo della plusvalenza in commento è non soltanto la vendita dell’unità immobiliare urbana, ma anche il suo conferimento in società, ovvero la sua concessione a terzi a titolo oneroso in forza di un diritto reale di godimento diverso dalla proprietà, con la sola eccezione del diritto di usufrutto, oggetto di una disposizione specifica (art. 9 co. 5 del TUIR). In tal caso, si configura infatti la fattispecie reddituale di cui all’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR.
⊳ In merito alla nozione di cessione a titolo oneroso ed alla tipologia di atti ad essa riconducibili, si rinvia al cap. 12 “Plusvalenze sui terreni dei soggetti non imprenditori” e al cap. 10 “Soggetti passivi”.
La cessione a titolo oneroso di fabbricati o porzioni di fabbricato derivanti da lottizzazioni attuate su terreni, se effettuata dal soggetto che ha lottizzato i terreni ed edificato o fatto edificare i fabbricati, origina plusvalenze immobiliari (art. 67 co. 1 lett. a) del TUIR).
Rientrano nell’ambito dei fabbricati (e non dei terreni), la cui cessione origina una plusvalenza reddituale soltanto alle condizioni ed entro il limite temporale quinquennale (art. 67 co. 1 lett. b) primo periodo del TUIR), anche i lastrici solari (di norma autonomamente censiti al Catasto Urbano, senza rendita, nella categoria fittizia F/5). Cfr. lo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T.
Come rilevato dallo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T, talvolta, il diaframma tra fabbricato e terreno risulta particolarmente labile. Ad esempio, sono considerati fabbricati i parcheggi scoperti e i posti auto c.d. “a raso”, nella misura in cui, per la loro realizzazione, siano state eseguite opere urbanisticamente rilevanti sul terreno (nel qual caso, essi vengono di norma “passati al Catasto Urbano” con apposito tipo mappale e risultano di norma censiti come C/6). Diversamente, in mancanza di modificazioni del suolo urbanisticamente rilevanti, i parcheggi scoperti possono consistere anche in meri terreni e come tali, se edificabili, potranno generare, nel caso in cui siano ceduti a titolo oneroso, plusvalenze imponibili senza condizioni e limiti temporali (ultimo periodo dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR).
Fabbricati in costruzione
I fabbricati in costruzione rilevano autonomamente, in luogo del terreno edificabile su cui insistono, a partire dal momento in cui ne sia completato il rustico (art. 2645-bis co. 6 c.c.), comprensivo della copertura e dei muri divisori tra le varie unità immobiliari.
Attenzione
Il completamento del rustico deve essere comprovato, giacché, in caso contrario, quale oggetto della cessione rileva il terreno fabbricabile, e non il fabbricato in costruzione, con la conseguenza che la plusvalenza risulterà imponibile senza condizioni e limiti di tempo (anche oltre il quinquennio dall’acquisto). L’Agenzia delle Entrate individua una soluzione nella denuncia del fabbricato in costruzione al Catasto Edilizio Urbano (ris. Agenzia delle Entrate 28.1.2009 n. 23).
Unità immobiliari acquisite per successione o usucapione
Non genera reddito imponibile la cessione a titolo oneroso di unità immobiliari urbane acquisite:
-
per successione mortis causa (art. 67 co. 1 lett. b del TUIR);
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per usucapione, in quanto l’acquisto avviene in tal caso a titolo originario, e non derivativo, mediante atto traslativo (ris. Agenzia delle Entrate 31.3.2003 n. 78).
Cessione di box pertinenziale
La cessione infraquinquennale di una pertinenza (nel caso di specie un box auto ceduto separatamente dall’abitazione principale) genera plusvalenza imponibile ai fini IRPEF quale reddito diverso (art. 67, co. 1 lett. b), TUIR). Inoltre, la cessione del box prima del decorso dei 5 anni dal suo acquisto determina la decadenza, limitatamente alla pertinenza, delle agevolazioni previste in materia di prima casa ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali (ris. 16.2.2006 n. 31) (Agenzia delle Entrate risposta ad interpello n. 83 del 22.11.2018).
E ciò in quanto si elide il vincolo di strumentalità funzionale della pertinenza rispetto al bene principale, per cui l’operazione posta in essere assume una diversa connotazione, avendo a oggetto un immobile che non può essere assimilato all’abitazione principale, di cui alla summenzionata norma.
Il vincolo pertinenziale stabile e duraturo (art. 10, co. 3-bis, TUIR) che deve intercorrere tra la cosa principale e la cosa accessoria, è destinato a venir meno nel momento in cui - esercitando una facoltà che è espressamente riconosciuta al proprietario dall’art. 818, co. 2, c.c. - venga alienato il box separatamente dall’abitazione principale.
Rilevanza dei fabbricati acquisiti per donazione
Si noti che, a seguito delle modifiche introdotte con l’art. 37 co. 38 del DL 223/2006, non viene più previsto che l’acquisto degli immobili per donazione escluda la rilevanza reddituale della plusvalenza conseguita (art. 67 co. 1 lett. b) e art. 68 co. 1 del TUIR).
Attenzione
La sopracitata modifica normativa intende contrastare operazioni elusive diffusesi in passato nell’ambito delle quali il proprietario dell’immobile, che non avesse ancora maturato i 5 anni dall’acquisto (o costruzione), anziché vendere direttamente l’immobile a terzi, evidenziando una plusvalenza imponibile (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), lo donava a un terzo compiacente, il quale poi, successivamente, procedeva alla vendita (senza che si configurasse alcuna plusvalenza imponibile) (circ. 4.8.2006 n. 28).
Le modifiche agli artt. 67 e 68 del TUIR sono entrate in vigore in data 4.7.2006 e si applicano quindi in relazione alle cessioni di immobili poste in essere con atti pubblici formati e scritture private autenticate a partire dalla stessa data.
Nell’ipotesi in cui il bene immobile sia pervenuto al cedente per usucapione, la plusvalenza è in ogni caso non rilevante, in quanto, l’acquisto si considera avvenuto a titolo originario e non derivativo, e quindi in assenza di un atto traslativo della proprietà del bene (ris. dell’Agenzia delle Entrate del 31.3.2003 n. 78).
Attenzione
Al contrario, nella fattispecie di immobili pervenuti a seguito di donazione, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 37 del DL 223/2006, al fine di computare il quinquennio si deve aver riguardo alla data di acquisto del donante, così da rendere “trasparente” l’atto di donazione del bene immobile. In poche parole, ai fini del calcolo temporale la donazione non interrompe lo scorrere dei 5 anni utili per affrancare la plusvalenza. Pertanto, se, al momento della cessione, non sono ancora trascorsi 5 anni dal giorno in cui il donante ha acquistato l’immobile, la plusvalenza derivante dalla vendita, ovvero la differenza tra il corrispettivo della cessione e il costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante, è tassata quale reddito diverso ai sensi dell’art. 67 del TUIR. Il donatario, formale attore della cessione, è, quindi, tenuto a imputare nel modello REDDITI, quadro RL, il reddito derivante secondo il principio di cassa.
Fabbricati ricadenti in Piani di Recupero e destinati alla demolizione
Oggetto dei Piani di Recupero (PDR) sono per lo più aree già edificate, all’interno delle quali ricadono fabbricati e opere di urbanizzazione (es. strade) già esistenti (artt. 28 ss. della L. 5.8.78 n. 457).
Sul piano dell’attività edificatoria, l’attuazione del PDR può comportare - nell’ipotesi più ricorrente - la realizzazione di nuovi edifici e opere di urbanizzazione, e in senso più ampio la creazione di un nuovo assetto “di quartiere”. Il PDR individua le nuove cubature che possono essere sviluppate, alle quali vanno ad aggiungersi i volumi degli edifici preesistenti, di cui si prevede la demolizione.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che le implicazioni del PDR sono quindi tali da determinare una sorta di “smaterializzazione” dei fabbricati preesistenti e destinati alla demolizione: questi ultimi assumono rilevanza non in quanto manufatti fisicamente in essere e dotati di caratteristiche loro proprie, bensì in termini di mere cubature sviluppabili sull’area in esecuzione del Piano, al pari di quanto accade rispetto alle volumetrie che lo strumento urbanistico generale (es. Piano Regolatore) consente di realizzare su aree nude (fabbricabili) (ris. Agenzia delle Entrate 22.10.2008 n. 395).
L’Agenzia delle Entrate ne desume che, qualora si proceda alla cessione di fabbricati destinati alla demolizione in base alle prescrizioni del PDR, l’oggetto della cessione non debba essere ravvisato nei fabbricati, bensì nell’area su cui essi insistono, da considerarsi - evidentemente - fabbricabile in ragione di una volumetria che tenga conto delle prescrizioni del Piano e - se e in quanto ammesso dal Piano stesso - della cubatura incrementativa dei fabbricati preesistenti.
Attenzione
Tale interpretazione è confermata anche dalla DRE Emilia-Romagna la quale ha precisato che i fabbricati inseriti in aree interessate da Piani di Recupero perdono la propria natura e devono considerarsi alla stregua dell’area su cui insistono (risposta all’interpello protocollo 31.5.2010 n. 909-28406).
Il reddito conseguito dal soggetto che, al di fuori dell’esercizio di un’impresa commerciale, ceda fabbricati che il PDR destina alla demolizione, si configura come una plusvalenza realizzata mediante la cessione a titolo oneroso di aree fabbricabili (art. 67 co. 1 lett. b) ultimo periodo del TUIR). Detta plusvalenza, pertanto, concorre a formare il reddito complessivo del cedente anche qualora la cessione dei demolendi fabbricati si collochi oltre 5 anni dalla data dell’acquisto o della costruzione dei fabbricati stessi.
Inoltre, la rilevanza reddituale della plusvalenza non risulterebbe esclusa dalla circostanza che il cedente abbia acquisito la proprietà dei demolendi fabbricati a titolo di successione mortis causa o per usucapione, né dall’eventualità che i fabbricati siano stati destinati ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo (infraquinquennale) intercorso tra la data del loro acquisto e quella della loro cessione.
Attenzione
Il chiarimento di prassi trascura tuttavia che l’oggetto della cessione non può che essere individuato, sotto il profilo fattuale e catastale, per quanto consta alla data dell’atto, allorché i fabbricati, ancorché destinati alla demolizione in base alle prescrizioni del PDR già approvato, risultano ancora esistenti e censiti come tali al Catasto Urbano.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 1.3.2013 n. 5166, ha affermato che i terreni ubicati in una zona agricola, con annessi fabbricati rurali, possono essere riconosciuti come suscettibili di utilizzazione edificatoria e, quindi, ritenuti fabbricabili ai fini della determinazione della plusvalenza. In altre parole, l’inserimento del terreno nel piano regolatore generale come “zona agricola normale” non impedisce il riconoscimento della suscettibilità di utilizzazione edificatoria del terreno stesso.
La contribuente aveva ottenuto per il proprio terreno agricolo (zona omogenea E), prima del rogito notarile, la concessione edilizia per il recupero di fabbricati civili con opera di demolizione e nuova costruzione. Gli altri elementi obbiettivi individuati sono stati la realizzazione, da parte dell’acquirente del terreno, di diverse unità immobiliari e la qualità dell’acquirente stesso, che svolgeva l’attività di costruzione di edifici.
Secondo i giudici di legittimità, poiché l’edificabilità di fatto è giuridicamente riconosciuta dalle discipline dell’ICI (art. 2 co. 1 lett. b) DLgs. 504/92) e dell’indennità di espropriazione (art. 37 co. 5 DPR 327/2001), anche ai fini della plusvalenza (IRPEF) l’edificabilità di fatto costituisce una specie di edificabilità del terreno.
La Cassazione ha quindi ritenuto che il terreno in questione sia suscettibile di utilizzazione edificatoria, costituendo un corpo unico rappresentato dal terreno e dai fabbricati rurali destinati alla demolizione e alla ricostruzione come fabbricati residenziali. Insomma, l’inserimento del terreno nel piano regolatore generale come “zona agricola normale” non impedisce il riconoscimento della suscettibilità di utilizzazione edificatoria del terreno stesso. Eppure, ricordiamo di avere letto che l’edificabilità di fatto, che ha natura complementare, può essere invocata soltanto in assenza di uno strumento urbanistico (sentenze n. 9131 del 19.4.2006 e n. 2944 del 9.2.2007) e che l’edificabilità di un terreno deve essere desunta dalla qualificazione a esso attribuita nel vigente strumento urbanistico generale (PRG o PGT) adottato dal comune (art. 36 co. 2 del DL 223/2006).
Con quest’ultima previsione legislativa, che ha carattere interpretativo, la nozione di edificabilità di fatto non avrebbe più alcun senso.
Tuttavia, un aspetto interessante che traspare dalla sentenza in commento è che ai fini sia dell’ICI, sia dell’IMU, gli interventi di recupero delle costruzioni rurali darebbero luogo alla determinazione della base imponibile con riferimento all’area fabbricabile (art. 5 co. 6 DLgs. 504/92), cioè l’area fabbricabile può esistere anche nella zona agricola.
Attenzione
In tema di trasferimento di edificio da demolire si segnala quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 23/E/2020 la quale, superando la precedente prassi (circ. Agenzia delle Entrate 395/E/2008) e allineandosi alla consolidata posizione della Corte di Cassazione (sent. n. 5088 del 21.2.2019), ha chiarito che ai fini dell’imponibilità della plusvalenza ex art. 67, co. 1, lett. b) del TUIR, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione ovvero quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste. Conseguentemente, in caso di cessione dell’edificio, la relativa plusvalenza non rientra fra i redditi diversi, dato che la potenzialità edificatoria si è già consumata.
Sempre in tema di plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati c.d. “da demolire” si segnala la risposta all’interpello n. 312/2020 con cui l’Agenzia delle Entrate, confermando il contenuto della summenzionata circolare, ha affermato che ai fini dell’imponibilità della plusvalenza, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione.
Attribuzione immobiliare nell’ambito della separazione consensuale dal coniuge
La giurisprudenza nega il carattere liberale dell’accordo finale tra i coniugi con il quale è posta fine alla convivenza, riconducendolo allo schema tipico della transazione (Cass. 5.9.2003 n. 12939 e Cass. 15.3.91 n. 2788).
Pertanto, l’attribuzione al coniuge della proprietà di un immobile (o altri diritti reali immobiliari), risultante dal provvedimento dell’Autorità giudiziaria e nello specifico dall’omologa di separazione consensuale:
-
non costituisce presupposto per il realizzo di una plusvalenza (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) quando, in ragione della sua causa e dell’assenza di introito o corrispettivo, non se ne possa ravvisare la connotazione di negozio a titolo oneroso; (anche il disposto dell’art. 19 della L. 6.3.87 n. 74, che recita “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (…) sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”);
-
diversamente, costituisce a tutti gli effetti il presupposto per il realizzo di una plusvalenza (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), quando si sostanzi in un negozio a titolo oneroso che trova occasione e motivo nella separazione. Per l’individuazione del corrispettivo della cessione, nel caso in cui il valore dell’immobile non sia stato indicato in atto dal notaio che ha proceduto alla trascrizione, si dovrebbe applicare il criterio del valore normale (art. 9 co. 3 del TUIR).
Attenzione
Lo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T sembra condividere, nella sostanza, la prima impostazione riferita. Tuttavia, in esso si aggiunge che, a voler anche ammettere, in un’ottica improntata alla massima prudenza, l’indiscriminata idoneità a generare plusvalenze imponibili delle cessioni immobiliari operate tra ex coniugi nell’ambito di accordi di separazione personale o divorzio, l’assenza del corrispettivo comporterebbe: da un lato, l’impossibilità di determinare la plusvalenza; dall’altro, anche alla luce dell’esenzione da ogni imposta accordata dall’art. 19 della L. 74/87 per tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la possibilità di considerare tali cessioni come irrilevanti ai fini del computo del quinquennio, e la necessità, in analogia a quanto disposto in riferimento alle donazioni dal DL 223/2006, di assumere a tal fine come dies a quo la data dell’acquisto originariamente effettuato dall’ex coniuge (ovvero, congiuntamente, da entrambi i coniugi).
Si ricorda, infine, che la plusvalenza non risulta imponibile in caso di cessione di abitazione principale o del decorso di 5 anni dalla data di acquisizione.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i trasferimenti immobiliari dipendenti da separazione coniugale o da divorzio non sono interessati dall’art. 10 co. 4 del DLgs. 23/2011 e restano esentati da tassazione ex art. 19 L. 74/97 (circ. Agenzia delle Entrate 2/E/2014). Tale esenzione si applica alla separazione coniugale in base alla sent. Corte Cost. 154/99. “La soppressione disposta dall’art. 10, co. 4, non opera con riferimento a quelle previsioni normative che non si sostanziano in una riduzione di aliquote, nella previsione di una imposta fissa o nella esenzione dall’imposta di registro. Tale soppressione non opera in relazione ad alcune previsioni fiscali, che sono funzionali alla disciplina di particolari istituti, che hanno un’applicazione ampia, la cui riferibilità ai trasferimenti immobiliari è solo eventuale e prescinde dalla loro natura onerosa o gratuita. Si pensi ad alcuni istituti, quali, … i procedimenti in materia di separazione … che prevedono una normativa fiscale di carattere generale, che può trovare applicazione, tra l’altro, anche per i trasferimenti immobiliari, posti in essere nell’ambito degli stessi procedimenti”.
2.Computo del quinquennio
La cessione a titolo oneroso di fabbricati, compiuta al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali o di arti e professioni:
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se effettuata entro 5 anni da che il fabbricato è stato costruito o acquistato, origina plusvalenze imponibili;
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diversamente, non genera reddito imponibile in capo al cedente.
Per verificare se la cessione ricada o meno nell’arco del quinquennio, occorre individuare il termine iniziale (dies a quo) e quello finale.
Termine iniziale
L’individuazione del termine iniziale per il decorso del quinquennio non solleva particolari problemi nel caso di cessione di immobili che il cedente abbia acquistato presso terzi e non costruito, dovendosi in tal caso far riferimento alla data dell’atto notarile di acquisto. Tuttavia, qualora l’effetto traslativo o costitutivo del diritto reale (es. acquisto della proprietà in capo al cedente) si produca in una data diversa e successiva rispetto a quella di stipulazione dell’atto, sarebbe tale data a rilevare. Infatti, secondo l’Agenzia delle Entrate, qualora l’immobile sia stato acquistato con riserva di proprietà a favore del venditore (c.d. “patto di riservato dominio” ex art. 1523 c.c.), il quinquennio inizia a decorrere dalla data in cui il cedente ha pagato l’ultima rata al suo dante causa, acquisendo la proprietà dell’immobile (ris. Agenzia delle Entrate 30.1.2009 n. 28).
Lo stesso principio dovrebbe valere, mutatis mutandis, anche per le altre forme contrattuali che prevedano il differimento dell’effetto traslativo della proprietà (o altro diritto reale) dell’immobile in capo al cedente, e quindi, ad esempio, per la vendita soggetta a condizione sospensiva. Anche in tal caso, il dies a quo dovrebbe decorrere dalla data in cui il cedente ha acquisito la proprietà dell’immobile, e quindi dalla data in cui si è avverata la condizione. L’impostazione riferita non appare conforme alla scelta operata dal legislatore nell’ambito del reddito d’impresa, laddove, al fine di individuare l’esercizio di competenza cui riferire i componenti positivi o negativi di reddito derivanti da contratti di vendita con patto di riservato dominio, la normativa conferisce rilevanza alla data di stipula dell’atto, e non a quella di pagamento dell’ultima rata del corrispettivo (art. 109 co. 2 lett. a) del TUIR).
Fabbricati oggetto di demolizione e ricostruzione
Nell’ipotesi in cui un fabbricato sia stato demolito e ricostruito nel rispetto dell’originaria volumetria e sagoma, nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia (art. 3 co. 1 lett. d) del DPR 6.6.2001 n. 380), e quindi venduto, non è chiaro se la disciplina urbanistica, a norma della quale il fabbricato risultante a seguito dell’intervento si identifica con quello demolito, di cui rappresenta la continuità, si rifletta immediatamente anche ai fini fiscali. In caso di risposta positiva, il quinquennio si computerebbe dall’acquisto dell’originario fabbricato.
Attenzione
Il Notariato (studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T) sembra propendere per tale soluzione, laddove rileva che per discernere se la cessione dell’immobile ricostruito dia luogo a plusvalenza tassabile, “occorre verificare se la ricostruzione dello stesso si configuri come nuova edificazione o come rifacimento, anche profondo e pressoché integrale, del preesistente cespite. Tale verifica deve essere effettuata in fatto e costituisce quindi presupposto su cui fondare l’eventuale tassazione”.
Diversamente, in un’ottica sostanziale più aderente al dato testuale della norma (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), occorrerebbe conteggiare il quinquennio a decorrere dalla data di ultimazione della ricostruzione dell’edificio, ancorché avvenuta nell’attuazione di un intervento di ristrutturazione edilizia. Il punto meriterebbe un chiarimento di fonte ufficiale. A oggi, infatti, consta soltanto il chiarimento fornito, a tutti altri fini, dalla Agenzia delle Entrate (circ. 16.2.2007 n. 11), con il quale si è negato che l’appalto avente a oggetto la fedele ricostruzione di un edificio preesistente, previamente abbattuto, possa beneficiare dell’aliquota IVA del 4% prevista dal n. 39) della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72 per gli appalti relativi alla costruzione ex novo di edifici c.d. “Tupini”. Secondo l’Agenzia delle Entrate, siccome la demolizione di un edificio esistente e la sua ricostruzione, attuata nel rispetto della sagoma e della volumetria originarie, configurano nel loro insieme un intervento non già di nuova costruzione (art. 3 co. 1 lett. e) del DPR 380/2001), bensì di ristrutturazione edilizia (art. 3 co. 1 lett. d) del DPR 380/2001), il relativo appalto sconta l’IVA con l’aliquota del 10%, giusta il n. 127-quaterdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/72, che appunto si riferisce alle prestazioni di servizi rese in dipendenza di appalti volti all’effettuazione di interventi di restauro o risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia.
Immobili acquistati per donazione
Con riferimento agli immobili pervenuti al cedente a titolo di donazione, il dies a quo per il computo del quinquennio coincide non già con la data dell’atto di donazione, bensì con la data in cui l’immobile è stato acquistato a titolo oneroso (ovvero costruito) dal donante. Parallelamente, il costo fiscale dell’immobile ceduto non coincide con il valore indicato nell’atto di donazione, bensì con il prezzo di acquisto o il costo di costruzione sostenuto dal donante.
Attenzione
Lo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T, con tesi suggestiva, ha ipotizzato che tale impostazione possa venire estesa anche al caso della cessione infraquinquennale, da parte del coniuge separato o divorziato, di immobili acquisiti nell’ambito di accordi di separazione o divorzio. Anche in tal caso, infatti, oggetto di cessione sono immobili acquistati con atti nei quali non è stato evidenziato alcun corrispettivo.
Si ritiene che i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate riguardo ai criteri di individuazione del dies a quo, rispettivamente:
-
per gli immobili acquistati con patto di riservato dominio (ris. 30.1.2009 n. 28/E);
-
per gli immobili costruiti dal cedente e ceduti prima di essere ultimati, “al rustico” (ris. 28.1.2009 n. 23/E);
-
per gli immobili costruiti dal cedente e venduti una volta ultimati (ris. 6.6.2008 n. 231/E);
possano essere riferiti anche al caso degli immobili pervenuti al cedente a titolo di donazione, avendo cura di applicarli all’acquisto o alla costruzione effettuati, anziché dal cedente, dal donante.
Immobili acquistati presso terzi
L’individuazione del termine iniziale per il decorso del quinquennio non solleva particolari problemi nel caso di cessione di immobili che il cedente abbia acquistato presso terzi, e non costruito, dovendosi in tal caso far riferimento alla data dell’atto di acquisto.
Il principio generale vale anche per individuare il dies a quo rispetto a talune fattispecie di acquisto “sui generis”, quali:
-
le locazioni con patto di futura vendita aventi a oggetto alloggi da IACP (oggi ATER);
-
le assegnazioni in godimento di alloggi ai soci da parte di cooperative edilizie.
Attenzione
Quanto alle prime, poiché si tratta di fattispecie contrattuali complesse, che contemplano da un lato un rapporto di locazione vero e proprio e dall’altro una contemporanea promessa di vendita od opzione di acquisto, affinché si produca l’effetto traslativo della proprietà dell’alloggio, occorre una nuova manifestazione negoziale in tal senso che presuppone l’accertamento, da parte dell’ente, dell’esistenza in capo all’assegnatario dei necessari presupposti di legge. Neanche l’intervenuto pagamento integrale del prezzo è idoneo a determinare il trasferimento della proprietà dell’alloggio in favore dell’assegnatario, che si produce soltanto con la stipula del relativo contratto di cessione della proprietà (studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T).
In merito alle assegnazioni in godimento di alloggi ai soci, operate dalle cooperative edilizie, poiché con esse si configura in capo al socio assegnatario un mero diritto personale di godimento, fino alla successiva stipula dell’atto di assegnazione in proprietà, non si determina alcun effetto traslativo della proprietà dell’alloggio. Con la conseguenza che a rilevare quale dies a quo per il computo del quinquennio sarà la data di stipula di tale ultimo atto, vale a dire quello di assegnazione in proprietà (che di norma avviene in forma di atto pubblico notarile), e non quella dell’atto di assegnazione in godimento (che peraltro viene disposta, di norma, con una delibera dell’organo amministrativo della cooperativa, ancorché il relativo rapporto venga disciplinato da un contratto di concessione in godimento).
Tuttavia, qualora l’effetto traslativo o costitutivo del diritto reale (es. acquisto della proprietà in capo al cedente) si produca in una data diversa e successiva rispetto a quella di stipulazione dell’atto, sarebbe tale data a rilevare.
Attenzione
Infatti, secondo l’Agenzia delle Entrate, qualora l’immobile sia stato acquistato con riserva di proprietà a favore del venditore (c.d. “patto di riservato dominio”) ex art. 1523 c.c., il quinquennio decorre dalla data in cui il cedente ha pagato l’ultima rata al suo dante causa, acquisendo la proprietà dell’immobile (ris. Agenzia delle Entrate 30.1.2009 n. 28). Lo stesso principio dovrebbe valere, mutatis mutandis, anche per le altre forme contrattuali che prevedano il differimento dell’effetto traslativo della proprietà (o altro diritto reale) dell’immobile in capo al cedente, e quindi, ad esempio, per la vendita soggetta a condizione sospensiva. Anche in tal caso, il dies a quo dovrebbe decorrere dalla data in cui il cedente ha acquisito la proprietà dell’immobile, e quindi dalla data in cui si è avverata la condizione.
Il DL 133 (c.d. Sblocca Italia), convertito con L. 11.11.2014 n. 164, ha chiarito i dubbi riguardo alla data di effetto delle vendite con patto di acquisto (c.d. rent to buy).
È stato previsto un trattamento fiscale differenziato a seconda che il contratto preveda il trasferimento automatico (effetto economico e fiscale anticipato) o trasferimento su opzione.
Nel primo caso la data di vendita da considerare per il calcolo del quinquennio coincide con quella dell’atto di stipula del contratto di rent to buy.
Nel secondo caso gli effetti fiscali del trasferimento, e di conseguenza la data da considerare per il calcolo del quinquennio, si avranno solo alla formale cessione dell’immobile.
Fabbricati costruiti dal cedente
Nel caso di cessione di fabbricati costruiti dal cedente, anche mediante il conferimento di appalto a terzi per l’esecuzione delle relative opere, ai fini del calcolo del quinquennio, quale termine iniziale rileva quello di ultimazione dell’edificazione. Occorre quindi distinguere a seconda che il fabbricato, alla data della cessione, risulti:
-
già ultimato;
-
ovvero già esistente, ma non ancora ultimato.
Nel primo caso, si assume quale dies a quo la data in cui il fabbricato è stato ultimato. Sorge quindi l’esigenza di comprovare l’avvenuta ultimazione dell’edificazione.
A tal fine, potrebbe assumere rilevanza la dichiarazione di “fine lavori” presentata presso l’ufficio tecnico comunale (sportello unico per l’edilizia), attestante che l’intervento edificatorio è stato terminato.
Attenzione
Al diverso fine di individuare il dies a quo per il decorso del termine triennale entro il quale gli uffici, in ragione dell’avvenuta realizzazione di una casa “di lusso” ex DM 2.8.69, possono eccepire la decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto (rectius: la costruzione) della prima casa, la circ. Agenzia delle Entrate 12.8.2005 n. 38 ha individuato il momento di ultimazione del fabbricato nell’attestazione di ultimazione delle opere, rilasciata dal direttore dei lavori e connessa alla richiesta del certificato di agibilità ex art. 24 co. 3 del DPR 380/2011.
L’avvenuta ultimazione della costruzione e l’utilizzo del fabbricato potrebbero tuttavia essere comprovati anche dall’attivazione delle forniture domestiche (energia elettrica, acqua, gas, telefono, ecc.) (studio Consiglio nazionale del Notariato 60-2006/T).
L’Agenzia delle Entrate (ris. 6.6.2008 n. 231) ha per contro negato che possano assumere rilevanza:
-
la data del certificato di collaudo;
-
la data di iscrizione in Catasto del Fabbricato.
Come chiarito dalla stessa risoluzione nell’ipotesi in cui il fabbricato, anteriormente a tale data, sia stato concesso in godimento a terzi con gli ordinari contratti utilizzati a tal fine (es. locazione, comodato), il quinquennio prende a decorrere dalla data in cui il contratto produce i suoi effetti, in quanto si presume che il fabbricato, quando viene immesso in consumo, possieda tutte le caratteristiche fisiche atte a comprovarne l’avvenuta ultimazione.
Nel secondo caso, che ricorre allorché oggetto della cessione sia un fabbricato già esistente, in quanto dotato di un rustico completo a norma dell’art. 2645-bis co. 6 c.c., ma non ancora ultimato, come asserito dalla ris. Agenzia delle Entrate 28.1.2009 n. 23, il dies a quo coincide con la data di ultimazione del rustico, che deve tuttavia essere comprovata, ad esempio, tramite l’accatastamento nella categoria fittizia F/3 (immobili in corso di costruzione).
Attenzione
Si intende “esistente” l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura (art. 2645-bis co. 6 c.c.). L’Agenzia delle Entrate precisa che, qualora il fabbricato al rustico non sia stato censito al Catasto Edilizio Urbano (es. come F/3), “l’immobile rileverebbe ancora come terreno edificabile la cui cessione genera sempre plusvalenza ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR” (ris. Agenzia delle Entrate 23/2009).
Acquisto frazionato della nuda proprietà e dell’usufrutto
La cessione di un immobile per il quale siano stati acquisiti a titolo oneroso, ma in periodi differenti, sia la nuda proprietà che l’usufrutto, non si tratta quale vendita unitaria del bene, bensì quale separata e contestuale cessione di entrambi i diritti. Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR, occorre procedere come se si verificasse una contemporanea cessione del diritto di nuda proprietà e del diritto di usufrutto (ris. Agenzia delle Entrate 20.7.2009 n. 188).
Per suddividere l’unico corrispettivo pattuito, imputandolo in parte alla nuda proprietà, in parte all’usufrutto, si applicano i coefficienti per la determinazione del diritto di usufrutto di cui al prospetto allegato al DPR 131/86 (determinati con riferimento all’età del cedente), mentre, ai fini del computo del termine iniziale del quinquennio decorrente tra l’acquisto del bene e la vendita, si deve tener conto, rispettivamente, della data di acquisto della nuda proprietà e della data di acquisto dell’usufrutto.
Attenzione
L’Agenzia delle Entrate afferma, inoltre, che nel diverso caso in cui la proprietà di un immobile si sia consolidata per effetto della morte dell’usufruttuario, ai fini del calcolo del quinquennio di possesso dell’immobile, assume rilievo il momento di acquisto della nuda proprietà e non quello di estinzione dell’usufrutto (ris. Agenzia delle Entrate 20.7.2009 n. 188). In tale situazione, rileva il carattere di necessaria temporaneità dell’usufrutto e la circostanza che, a seguito dell’estinzione di tale diritto reale, il nudo proprietario dell’immobile non acquista un nuovo diritto, ma vede riespandersi il diritto di proprietà già presente nel suo patrimonio, senza bisogno di alcun atto giuridico di riappropriazione ovvero di retrocessione (ris. Agenzia delle Entrate 30.5.2008 n. 218).
Termine finale
Quale termine finale per il computo del quinquennio, rileva la data in cui viene ceduto l’immobile.
Di norma, rileva quindi la data dell’atto notarile. Per contro, non assume rilevanza il momento in cui avviene il pagamento del corrispettivo.
Atti di cessione con effetti traslativi differiti
Con riferimento alla plusvalenza conseguita in relazione a un immobile acquistato con patto di riservato dominio, l’Agenzia delle Entrate (ris. 30.1.2009 n. 28) ha individuato il dies a quo per il computo del quinquennio nella data in cui il cedente ha pagato l’ultima rata del corrispettivo. Secondo l’Agenzia delle Entrate, il motivo risiede in ciò che, a norma dell’art. 1523 c.c., l’effetto traslativo del diritto di proprietà si è verificato in capo al cedente solo a tale data (l’Agenzia valorizza così il dato letterale dell’art. 1523 c.c., conformemente alla Cass. 19.10.92 n. 11450).
L’applicazione dello stesso principio in sede di individuazione del termine finale cui commisurare il decorso del quinquennio non è confermata dall’Agenzia delle Entrate e d’altra parte, ancorché difendibile sul piano del diritto, si preste-rebbe ad abusi preordinati a meri intenti elusivi.
Attenzione
Lo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T sembra non porsi il dilemma, laddove ritiene che la ris. Agenzia delle Entrate 28/2009 superi agli effetti fiscali il dibattito dottrinale.
In altri termini, qualora il termine finale per la verifica del quinquennio dovesse essere riconosciuto in quello, successivo all’atto notarile di cessione, in cui si vengono a produrre gli effetti traslativi o costitutivi del diritto (es. vendita con patto di riservato dominio, vendita sottoposta a condizione sospensiva, ecc.), risulterebbe gioco facile eludere la tassazione differendolo ad arte di almeno 5 anni oltre il dies a quo.
Ad esempio, in caso di vendita dell’immobile con clausola di riserva della proprietà, sarebbe sufficiente prevedere che il pagamento di un’ultima rata di corrispettivo, di ammontare anche modesto, venga effettuato successivamente al decorso del quinquennio.
In un’ottica prudenziale, allorché sia la cessione plusvalente a essere posta in essere con riserva di proprietà (ex art. 1523 c.c.), potrebbe quindi risultare preferibile tassare la plusvalenza a decorrere dal periodo d’imposta in cui è stato stipulato l’atto, proporzionalmente alle rate di corrispettivo fino ad allora pagate, ultimandone l’imposizione nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo il pagamento dell’ultima rata.
L’impostazione riferita appare conforme ai criteri dettati dall’art. 109 co. 2 lett. a) del TUIR, laddove, nel pur diverso ambito del reddito d’impresa, l’esercizio di competenza cui imputare il componente positivo o negativo di reddito viene ravvisato in quello nel corso del quale avviene la stipula dell’atto di vendita con patto di riservato dominio, ancorché il pagamento dell’ultima rata determinante l’effetto traslativo della proprietà avvenga in un esercizio successivo.
Il DL 133/2014 (c.d. Sblocca Italia), convertito con L. 11.11.2014 n. 164, ha chiarito i dubbi riguardo la data di effetto delle vendite con patto di acquisto (c.d. rent to buy).
È stato previsto un trattamento fiscale differenziato a seconda che il contratto preveda il trasferimento automatico (effetto economico e fiscale anticipato) o trasferimento su opzione.
Nel primo caso la data di vendita da considerare per il calcolo del quinquennio coincide con quella dell’atto di stipula del contratto di rent to buy.
Nel secondo caso gli effetti fiscali del trasferimento, e di conseguenza la data da considerare per il calcolo del quinquennio, si avranno solo alla formale cessione dell’immobile.
Plusvalenze immobiliari - Computo del quinquennio Sintesi chiarimenti ufficiali | |||
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Oggetto cessione | Fabbricatoacquistato (A)costruito (C) | Termine iniziale (dies a quo) | Termine finale |
Fabbricato “al grezzo” (ris.23/2009/E) | A | Data acquisto | Data vendita |
C | Data ultimazione rustico (art. 2645-bis co. 6 c.c.) | Data vendita | |
Fabbricato ultimato (ris. 231/2008/E e 28/2009/E) | A | Data acquisto | Data vendita |
A(con riserva di proprietà) | Data pagamento ultima rata | Data vendita | |
C | Data fine lavori o immissione in consumo (se anteriore) | Data vendita | |
Fabbricato demolito e fedelmente ricostruito ex art. 3 co. 1 lett. d) del DPR 380/2001(circ. 11/2007/E,§ 3.1) | C | Data acquisto fabbricato originario (soluzione conforme a norma urbanistica) | Data vendita |
Data fine lavori ricostruzione (soluzione sostanziale) | Data vendita | ||
Fabbricato ricadente in PDR e destinato alla demolizione(ris. 395/2008/E) | A/C | Irrilevante la verifica del quinquennio. Plusvalenza conseguita in ogni caso (rileva l’area su cui insiste il fabbricato, considerata fabbricabile) |
► UNITÀ IMMOBILIARI URBANE ADIBITE AD ABITAZIONE PRINCIPALE
Sono escluse dalla tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di unità immobiliari urbane adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra acquisto e cessione.
La nozione di abitazione principale è definita dall’art. 10 co. 3-bis del TUIR. Si considera tale l’unità immobiliare nella quale dimorano abitualmente:
-
la persona fisica che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale;
-
o i suoi familiari ovvero il coniuge, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2° grado.
Attenzione
Tale destinazione deve essere effettiva e non solamente intenzionale (Cass. 25.5.95 n. 5733).
In tema si evidenzia che la pronuncia Cass. 23.2.2021 n. 4757 ha chiarito che, nel caso in cui l’acquirente dell’immobile, pur volendo fissare la residenza nell’immobile acquistato, non vi sia riuscito a causa dell’occupazione di esso da parte dell’(ex) conduttore ed abbia, quindi, dovuto vendere l’immobile medesimo prima di 5 anni, non configura elemento idoneo a escludere la plusvalenza sulla successiva cessione, atteso che, in tal caso, non può trovare applicazione il principio della “forza maggiore”, il quale può operare solo in presenza di una qualche obbligazione del contribuente verso l’Agenzia delle Entrate, legalmente codificata, mentre, nella disciplina dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR, la destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione principale rappresenta solo una delle possibili configurazioni della situazione che danno luogo a diversa imposizione.
Con riferimento alle società semplici e agli enti non commerciali, a differenza di quanto avviene nei confronti delle persone fisiche, la realizzazione di una plusvalenza rilevante come reddito diverso non potrà essere esclusa dalla circostanza che l’unità immobiliare, nella maggior parte del periodo di possesso (inferiore al quinquennio), sia stata adibita ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
La vendita, prima del decorso del termine di 5 anni dall’acquisto, della piena proprietà di un immobile che sia stato adibito ad abitazione principale di un familiare usufruttuario poi deceduto, non determina l’emersione di una plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR (ris. Agenzia delle Entrate 30.5.2008 n. 218).
La vendita delle unità immobiliari risultanti dal frazionamento di un immobile non determina una plusvalenza tassabile (ris. Agenzia delle Entrate 30.5.2008 n. 219), se lo stesso, prima del frazionamento, è stato destinato ad abitazione principale dal contribuente o dai suoi familiari per la maggior parte del tempo intercorrente tra:
-
la data d’acquisto dell’immobile oggetto di frazionamento;
-
e la data di vendita di entrambi gli appartamenti risultanti dal frazionamento, ovvero le date delle singole cessioni, se effettuate separatamente.
L’Agenzia delle Entrate ha rilevato che, affinché operi l’esimente, l’unità immobiliare destinata ad abitazione principale deve essere classificata o classificabile nelle categorie del gruppo A (eccetto gli A/10), che presuppongono e comprovano la sussistenza dell’idoneità all’uso abitativo.
Attenzione
In merito al possesso quinquennale e al tema della rivendita di un fabbricato oggetto di frazionamento edilizio, il Consiglio nazionale del Notariato ha pubblicato nel 2020 lo studio n. 182-2019/T con il quale ha analizzato l’eventuale imponibilità della plusvalenza in caso di cessione, avvenuta dopo i 5 anni dall’acquisto del fabbricato originario, che riguarda solo una parte del medesimo che risulta ottenuto a seguito di un frazionamento edilizio eseguito negli ultimi 5 anni. Secondo il Consiglio, al fine di applicare correttamente la disciplina fiscale vigente, è preferibile distinguere la vendita posta in essere a seguito di attività edilizia pesante, di cui il frazionamento rappresenta solo una fase, da un’operazione di alienazione onerosa nella quale il frazionamento risulta l’unico intervento edilizio a essa finalizzato. Quanto appena affermato trova la sua ratio nel fatto che solamente nel primo caso la parte di immobile rivenduto nel quinquennio successivo al frazionamento può essere considerata un quid novi e, quindi, la relativa cessione risultare idonea a far conseguire plusvalenze, in quanto collocabile nello spazio applicativo proprio della vendita infraquinquennale di bene “costruito” di cui all’art. 67, co. 1, lett. b) del TUIR, mentre, qualora il frazionamento fosse il risultato di un intervento edilizio di più ampia portata, come ad esempio un risanamento o una ristrutturazione, si tratterebbe di un “bene costruito”, a partire dalla cui ultimazione decorrerebbero i 5 anni richiesti dall’art. 67 del TUIR per escludere la plusvalenza da imposizione.
Attenzione
Ai diversi fini delle agevolazioni prima casa, la C.M. 2.3.94 n. 1/E, richiamata dalla ris. Agenzia delle Entrate 21.5.2007 n. 105, definisce la nozione di abitazione con esclusivo riferimento alla classificazione catastale, senza conferire rilevanza alcuna all’uso di fatto che contrasti con le risultanze inventariali.
Si noti che l’esimente per l’imponibilità della plusvalenza in caso di cessione infraquinquennale consiste nella destinazione dell’unità immobiliare ad abitazione principale, nei termini predetti. Allo scopo non rileva ed è del tutto inconferente la circostanza che l’acquisto dell’abitazione sia a suo tempo avvenuto avvalendosi delle agevolazioni “prima casa”, essendo in possesso dei necessari requisiti, né che a tale diverso scopo la residenza sia stata trasferita, entro 18 mesi, nel Comune di ubicazione dell’immobile (studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T).
Attenzione
Si ha possesso da parte del familiare anche quando nel quinquennio l’immobile è stato adibito ad abitazione del coniuge separato, nelle more della sentenza di divorzio (RM 2.4.83 n. 8/1471 e ris. Agenzia delle Entrate 7.3.2008 n. 82).
Esclusione delle pertinenze
L’esclusione della configurabilità della plusvalenza parrebbe ricorrere anche in merito alle pertinenze dell’abitazione principale (art. 817 c.c.).
Attenzione
L’Amministrazione finanziaria, ancorché ai fini delle imposte indirette, ha chiarito che la sussistenza del nesso pertinenziale “consente di estendere alla pertinenza l’applicazione della medesima disciplina dettata per la tipologia del fabbricato principale” (circ. Agenzia delle Entrate 1.3.2007 n. 12, § 2). Anche i terreni agricoli possono configurare pertinenze di un’abitazione principale (es. giardini, orti), a condizione tuttavia che siano censiti al Catasto Urbano unitamente all’abitazione principale (c.d. “graffatura”); secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, un’area scoperta che sia autonomamente censita al Catasto dei Terreni non può considerarsi “pertinenza” di un fabbricato urbano, ancorché durevolmente destinata a servizio del bene principale (circ. Agenzia delle Entrate 12.8.2005 n. 38). Tale chiarimento, ancorché fornito in merito alla c.d. agevolazione “prima casa”, e quindi ai fini delle imposte indirette, dovrebbe valere anche ai fini in commento.
E ciò tanto che la pertinenza venga ceduta entro il quinquennio dall’acquisto (costruzione) unitamente all’abitazione principale, quanto che costituisca oggetto di autonoma cessione infraquinquennale.
Attenzione
Lo studio Consiglio nazionale del Notariato 45-2011/T rileva come, allorché oggetto della cessione infraquinquennale sia unicamente la pertinenza e non anche l’abitazione principale, per escludere l’imponibilità della plusvalenza occorre che il vincolo pertinenziale rispetto all’abitazione principale si sia protratto per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto (o la costruzione) della pertinenza e la sua successiva cessione.
Natura di agevolazione tributaria e onere della prova
Secondo la giurisprudenza, l’esclusione da imposizione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di unità urbane destinate ad abitazione principale per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione rappresenta un’agevolazione tributaria i cui presupposti devono essere provati dal contribuente che invoca il regime agevolato (Cass. 18.9.2009 n. 20094).
Attenzione
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in assenza di prove di destinazione, la circostanza che il possessore dell’immobile risieda all’estero induce a escludere che l’immobile posseduto in Italia configuri abitazione principale (ris. Agenzia delle Entrate 8.4.2008 n. 136).
► CESSIONE DI IMMOBILI SITUATI ALL’ESTERO
Rientrano tra le plusvalenze immobiliari prodotte dai soggetti non imprenditori ai sensi dell’art. 67 del TUIR anche quelle realizzate a seguito della cessione a titolo oneroso di immobili esteri.
Se alla formazione del reddito complessivo partecipano anche redditi prodotti all’estero, ivi compresi quelli relativi a immobili siti al di fuori del territorio nazionale, per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo spetta il credito d’imposta di cui all’art. 165 del TUIR.
Convenzioni per evitare le doppie imposizioni internazionali
L’art. 13 del modello OCSE di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni disciplina l’imposizione delle plusvalenze derivanti dall’alienazione dei beni immobili senza fornire una definizione dettagliata di plusvalenza e lasciando alla legislazione interna degli Stati la decisione riguardante se e come le plusvalenze debbano essere tassate e conteggiate.
Secondo detto articolo, le plusvalenze derivanti dall’alienazione di beni immobili sono tassate anche nello Stato in cui tali beni si trovano.
Si verificano, quindi, casi di doppia imposizione che, generalmente, vengono risolti con il meccanismo del credito per le imposte estere (art. 165 del TUIR). A ogni modo, tale disposizione non attribuisce a uno Stato il diritto a tassare le plusvalenze se tale diritto non è previsto dalla legislazione interna.
Il citato art. 13 si limita a regolamentare le plusvalenze che un residente di uno Stato contraente realizza con l’alienazione di immobili situati nell’altro Stato contraente. Pertanto, la previsione citata non si applica se l’immobile è situato nello Stato di residenza dell’alienante o in uno Stato terzo rispetto ai contraenti. In tal caso, il paragrafo 1 dell’art. 21 del modello, dispone la tassazione nello Stato di residenza dell’alienante.
In tema di cessione di immobili situati all’estero si evidenzia che a l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che la disciplina sui redditi diversi ex art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR si applica altresì all’ipotesi di cessione, da parte di persone fisiche residenti in Italia, di porzioni immobiliari di un fabbricato sito all’estero a una società di capitali svizzera (risposta a interpello n. 350/2021). Nello specifico, se le porzioni dell’immobile sono in possesso dei contribuenti residenti da più di cinque anni (tenuto conto anche del possesso ultraquinquennale riferibile a un soggetto donante), non si verifica il presupposto impositivo in relazione all’eventuale plusvalenza realizzata.
⊳ Per approfondimenti, si vedano il cap. 28 “Immobili patrimoniali”, il cap. 13 “Fabbricati dei soggetti non imprenditori” e il cap. 21 “Credito d’imposta di derivazione immobiliare”.
► IMPOSTA SOSTITUTIVA DEL 26%
In materia di assoggettamento a imposizione delle plusvalenze immobiliari (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), realizzate tramite la cessione a titolo oneroso di immobili (fabbricati e terreni) acquistati o costruiti da non più di 5 anni, l’art. 1 co. 496 della L. 23.12.2005 n. 266 accorda al venditore la facoltà di optare per l’applicazione, in deroga all’ordinario regime vigente ai fini delle imposte sui redditi, di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF. L’aliquota di tassazione, fino al 31.12.2019 fissata nel 20%, è stata incrementata al 26% a seguito dell’approvazione della legge di Bilancio 2020.
Attenzione
L’ordinario regime vigente ai fini delle imposte sui redditi prevede che la plusvalenza, computata in base ai criteri definiti dall’art. 68 co. 1 e 2 del TUIR, concorra alla formazione del reddito complessivo del venditore.
La misura dell’imposta sostitutiva già incrementata, a decorrere dal 3.10.2006, dall’art. 2 co. 21 del DL 3.10.2006 n. 262 è stata ulteriormente aumentata a partire dal 1.1.2020 con la L. 160/2019.
1.Ambito soggettivo
La facoltà riguarda i soggetti potenzialmente interessati dal conseguimento di plusvalenze immobiliari costituenti redditi diversi (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR).
Si tratta pertanto di:
-
persone fisiche;
-
società semplici;
-
enti non commerciali;
-
soggetti non residenti privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato,
che realizzino plusvalenze mediante la cessione a titolo oneroso di beni immobili posseduti al di fuori dell’ambito dell’attività d’impresa eventualmente esercitata, nonché al di fuori dell’esercizio di arti o professioni.
Soggetti esclusi
Risultano pertanto esclusi:
-
le società e gli enti commerciali (art. 73 co. 1 lett. a e b), in ogni caso;
-
gli imprenditori individuali, in riferimento alla sola cessione di beni immobili costituenti beni relativi all’impresa (art. 65 del TUIR), vale a dire:
-
beni immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa. Si tratta dei c.d. “immobili merce”, costituenti magazzino per l’imprenditore individuale esercente attività di costruzione e/o compravendita immobiliare, la cui cessione è considerata produttiva di ricavi (art. 85 co. 1 lett. a) del TUIR);
-
beni immobili strumentali per natura e per destinazione e altri immobili non strumentali (immobili patrimonio), solo se indicati nell’inventario redatto ai sensi dell’art. 2217 c.c. (o nel registro dei beni ammortizzabili, ovvero ancora, per gli imprenditori in contabilità semplificata ex art. 66 del TUIR, nel registro IVA acquisti - art. 2 co. 1 del DPR 21.12.96 n. 695 - o nella documentazione prodotta in forma sistematica secondo le modalità definite dall’art. 13 del DPR 7.12.2001 n. 435);
-
-
gli enti non commerciali, rispetto alla sola cessione di beni immobili relativi all’impresa eventualmente esercitata;
-
i soggetti residenti dotati di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, rispetto alla sola cessione di beni immobili relativi all’impresa esercitata.
Attenzione
Le società e gli enti commerciali risultano esclusi in quanto, il reddito complessivo di tali soggetti, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa (art. 81 co. 1 del TUIR), ed è determinato secondo le norme vigenti ai fini della determinazione di quest’ultimo. Pertanto, la cessione a titolo oneroso di immobili appartenenti a società ed enti commerciali, considerati relativi all’impresa ai sensi dell’art. 65 co. 2 del TUIR, costituirà presupposto per il realizzo - a seconda dei casi - di ricavi (art. 85 del TUIR) o plusvalenze (art. 86 del TUIR) concorrenti alla formazione del reddito d’impresa.
Soggetti contitolari dello stesso immobile
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nell’ipotesi in cui venga ceduto un bene immobile plusvalente (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) da parte di più venditori in regime di comproprietà, l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva può essere esercitata solo dai soggetti interessati ad avvalersene, per la rispettiva quota di plusvalenza realizzata (circ. Agenzia delle Entrate 13.2.2006 n. 6).
Attenzione
Per un caso concreto, cfr. l’ipotesi oggetto di interpello nella ris. Agenzia delle Entrate 7.3.2008 n. 82.
A titolo esemplificativo, se due coniugi in comunione dei beni cedono un immobile seconda casa prima del decorso di 5 anni dal suo acquisto, la plusvalenza di cui all’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR, computata ai sensi del successivo art. 68, è imputata in capo a ciascuno di essi per metà. In tal caso, è ammissibile che uno dei due coniugi richieda l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sulla metà della plusvalenza a sé riferibile, ancorché l’altro non si avvalga della facoltà di cui all’art. 1 co. 496 della L. 266/2005, facendo concorrere la plusvalenza alla formazione del reddito complessivo.
Analoga soluzione va data al caso in cui due soggetti vantino altrettanti diritti reali distinti sulla stessa unità immobiliare (es. usufrutto e nuda proprietà) e provvedano a cederli a terzi (es. allo scopo di ricostituire la piena proprietà in capo al cessionario). Anche in tale ipotesi, è possibile che l’usufruttuario che cede il diritto di usufrutto trovi conveniente richiedere al notaio di applicare alla plusvalenza conseguita l’imposta sostitutiva del 26%, mentre il nudo proprietario, che cede a sua volta il proprio diritto, preferisca far concorrere la plusvalenza conseguita alla formazione del proprio reddito complessivo.
2.Ambito oggettivo - Plusvalenze rilevanti
Sotto il profilo oggettivo, possono beneficiare dell’assoggettamento all’imposta sostitutiva del 26% le plusvalenze immobiliari realizzate tramite la cessione a titolo oneroso di fabbricati acquistati o costruiti da non più di 5 anni.
Tale fattispecie di plusvalenza immobiliare non si configura allorché il fabbricato:
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sia stato acquistato per successione;
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sia stato usucapito;
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ovvero, per la maggior parte del periodo di possesso infraquinquennale, sia stato destinato ad abitazione principale del contribuente o di suoi familiari (ipotesi configurabile rispetto ai fabbricati abitativi).
Attenzione
Si ricorda che l’art. 9 co. 5 del TUIR statuisce che “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”. Pertanto, le plusvalenze in questione si configurano anche, ad esempio, in caso di cessione del diritto di usufrutto o nuda proprietà su un bene immobile. In tale ipotesi, per la valutazione fiscale del diritto di usufrutto rispetto al valore della proprietà piena si fa riferimento alla tabella allegata al DPR 26.4.86 n. 131.
Ai fini dell’agevolazione in esame rilevano tutti i fabbricati, di qualunque tipologia o destinazione (es. abitazioni, uffici, negozi, opifici, ecc.), e qualunque sia la loro classificazione catastale.
Secondo l’Agenzia delle Entrate i fabbricati rientranti in un Piano di Recupero (PDR) e destinati, secondo le prescrizioni di quest’ultimo, a essere demoliti, sono equiparabili ai terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria (ris. Agenzia delle Entrate 22.10.2008 n. 395). Il soggetto che cede tali fabbricati non potrebbe perciò richiedere l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%.
Immobili siti all’estero
La circostanza per cui il modello di cui al provv. Direttore Agenzia delle Entrate 12.1.2007, utilizzato dai notai per la comunicazione dei dati all’Agenzia delle Entrate, non contenga appositi spazi o indicazioni per gli immobili siti all’estero sembrerebbe non impedire che, in relazione alla cessione di questi ultimi, il cedente residente in Italia possa avvalersi dell’imposta sostitutiva del 26%. Infatti, l’atto, ancorché stipulato all’estero, ben potrebbe essere trasmesso a un notaio italiano affinché quest’ultimo applichi e versi l’imposta sostitutiva di cui all’art. 1 co. 496 della L. 266/2005.
In materia è tuttavia intervenuta, in senso restrittivo, l’Agenzia delle Entrate con la ris. 21.6.2007 n. 143. Secondo l’Agenzia, le plusvalenze (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), conseguite mediante cessione a titolo oneroso di immobili siti all’estero, possono beneficiare del regime basato sull’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% (art. 1 co. 496 della L. 266/2005 e L. 160/2019) solo se l’atto di cessione è stipulato da un notaio italiano (e sempre che, in occasione dell’atto di cessione, il venditore abbia richiesto l’applicazione dell’imposta sostitutiva).
Al contrario, qualora l’atto di vendita non sia stato stipulato da un notaio italiano, tale regime non è applicabile. In tal senso, non vale neppure l’intervento successivo di un notaio italiano, finalizzato a legalizzare l’atto formato all’estero per il suo riconoscimento in Italia, in quanto, a norma dell’art. 1 co. 496 della L. 266/2005, è al momento della cessione che il venditore deve richiedere al notaio di applicare l’imposta sostitutiva, fornendo altresì la provvista necessaria.
La circ. Agenzia delle Entrate esclude inoltre la possibilità di avvalersi del credito d’imposta di cui all’art. 165 del TUIR in relazione alle imposte pagate all’estero, nel caso in cui la plusvalenza venga assoggettata all’imposta sostitutiva. Il motivo addotto dall’Agenzia risiede nel fatto che la plusvalenza non concorre in tal caso a formare il reddito complessivo, di modo che risulterebbe esclusa la possibilità di applicare la proporzione entro la quale compete il credito (rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo).
3.Considerazioni in merito alla convenienza dell’esercizio della facoltà
Esclusione dai controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria sulle compravendite immobiliari
Sotto un primo profilo, l’esercizio dell’opzione di cui all’art. 1 co. 496 della L. 266/2005 determina l’esclusione dai controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria sulle compravendite immobiliari.
Infatti, i contribuenti che si avvalgono della facoltà, richiedendo al notaio l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% (art. 1 co. 498 della L. 23.12.2005 n. 266 e L. 160/2019):
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sono esclusi dai controlli effettuati sulle compravendite immobiliari in base alle disposizioni contenute nel Titolo IV del DPR 29.9.73 n. 600. Si tratta dei controlli volti a contrastare fenomeni di evasione fiscale cui l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, ai sensi dell’art. 1 co. 495 della L. 23.12.2005 n. 266, sono chiamati a destinare quote significative delle loro risorse;
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vanno esenti dal controllo per l’incompletezza, falsità e inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione (art. 38 del DPR 29.9.73 n. 600).
Contenimento del prelievo fiscale
Oltre a determinare l’esclusione dai controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria, l’esercizio della facoltà può presentare per il venditore indubbi vantaggi in termini di risparmio d’imposta.
In base al regime ordinario, infatti, le plusvalenze (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) rientrano nella categoria dei redditi diversi, concorrendo come tali alla formazione del reddito complessivo del contribuente che le consegue.
L’aliquota proporzionale dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF (26%) risulta superiore alla più bassa aliquota attualmente applicata ai redditi imponibili delle persone fisiche, società semplici e soggetti non imprenditori in genere (23%), ma pur sempre inferiore a quelle applicate negli altri scaglioni di reddito.
Pertanto, in buona parte dei casi, l’aliquota media dell’imposta sui redditi potrà plausibilmente risultare superiore all’aliquota dell’imposta sostitutiva.
Tuttavia, tale considerazione assume valenza meramente indicativa, atteso che ai fini della valutazione della convenienza dell’imposizione sostitutiva occorre tenere altresì conto dell’eventuale diritto a deduzioni dal reddito complessivo e/o detrazioni dall’imposta lorda, dell’effetto incrementativo dell’aliquota media legato allo sforamento di scaglioni di imponibile, ecc.
4.Applicazione dell’imposta sostitutiva - Base imponibile e aliquota
Ai fini del computo delle plusvalenze immobiliari (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), costituenti redditi diversi confluenti nel reddito complessivo del venditore, rilevano le disposizioni del successivo art. 68 co. 1 e 2.
Tali criteri restano validi anche qualora, a seguito dell’esercizio della facoltà, il venditore decida di non far confluire la plusvalenza realizzata nel proprio reddito complessivo, ma di assoggettarla autonomamente all’imposta sostitutiva, chiedendo al notaio di applicare al relativo ammontare l’aliquota proporzionale del 26%.
La base imponibile cui applicare l’aliquota proporzionale del 26% è pertanto costituita dalla plusvalenza (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), computata in base agli ordinari criteri statuiti dall’art. 68 co. 1 e 2 del TUIR.
Si ipotizzi il caso di un appartamento di civile abitazione:
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acquistato in data 10.1.2017 (rileva la data del rogito notarile) al prezzo di euro 85.000,00. L’ammontare delle imposte indirette pagato (registro, ipotecaria e catastale) risulta pari a euro 8.500,00. La parcella notarile relativa al rogito di acquisto risulta pari ad euro 3.160,00;
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venduto in data 16.2.2021 (rileva la data del rogito notarile) al prezzo di euro 110.000,00.
Tra la data di acquisto e quella di cessione sono trascorsi meno di 5 anni. Si ipotizzi inoltre che l’appartamento non sia mai stato destinato ad abitazione principale. Si configura quindi una plusvalenza imponibile ex art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR.
Plusvalenza: 110.000,00 - (85.000,00 + 8.500,00 + 3.160,00) = euro 13.340,00 Imposta sostitutiva: 13.340,00 x 26/100 = euro 3.468,40
La parte venditrice deve esercitare tale facoltà all’atto della cessione, rendendo a tal fine un’espressa richiesta al notaio (da recepire nel rogito notarile di compravendita).
5.Applicazione e versamento dell’imposta a cura del notaio
Il notaio che riceve la richiesta da parte del venditore risulta essere il soggetto che applica e versa l’imposta sostitutiva del 26% computata sulla plusvalenza. (art. 1). Ai fini del versamento la provvista viene fornita dal cedente.
Attenzione
Secondo il Consiglio del Notariato (“Legge finanziaria 2006. Imposta sostitutiva sulle plusvalenze”, studio 13.1.2006 n. 3/2006/T), nei confronti del notaio inadempiente non sarebbero applicabili le sanzioni previste dal DLgs. 21.11.97 n. 461 in capo agli intermediari, in relazione all’imposta sostitutiva sulle plusvalenze finanziarie.
Inoltre, la particolare natura del ruolo assunto dal notaio rispetto all’applicazione e al versamento dell’imposta sostitutiva in commento sembrerebbe escludere l’applicabilità delle sanzioni previste dal DLgs. 18.12.97 n. 471, in quanto riguardanti il contribuente-dichiarante o il sostituto, con la sola eccezione di quella prevista dall’art. 15 dello stesso decreto legislativo (per incompletezza dei documenti di versamento).
Secondo il Consiglio del Notariato (“Legge finanziaria 2006. Imposta sostitutiva sulle plusvalenze”, studio 13.1.2006 n. 3/2006/T), il mancato versamento dell’imposta sostitutiva, a seguito della previa percezione della provvista, può costituire un’ipotesi di appropriazione indebita a carico del notaio inadempiente.
6.Applicazione dell’imposta sostitutiva
In ordine all’esatta individuazione dei compiti e delle responsabilità notarili rispetto all’imposizione sostitutiva in commento, è intervenuto il Consiglio del Notariato, precisando che per “applicazione” dell’imposta si intende “l’operazione in base alla quale l’aliquota viene rapportata alla base imponibile e determinato in concreto il tributo da pagare”, ma non anche “la determinazione della base imponibile, che è operazione decisamente diversa”.
Rispetto al computo della plusvalenza (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), soggetto obbligato resta il contribuente (venditore), il quale plausibilmente vi provvederà rivolgendosi a un consulente fiscale o al notaio stesso. Per la determinazione della plusvalenza, come già evidenziato, occorrerà applicare le regole ordinarie definite dall’art. 68 del TUIR.
Peraltro, secondo il Consiglio del Notariato, al notaio non farebbe capo alcun obbligo in ordine al controllo della veridicità delle informazioni fornite dal contribuente (compresa la congruità dell’ammontare della plusvalenza), salva l’ipotesi in cui abbia ricevuto anche un incarico espresso di consulenza.
Nell’ipotesi in cui il contribuente, all’atto della cessione, non fornisca al notaio i dati e le informazioni necessarie per l’applicazione dell’imposta, vengono meno i presupposti per l’insorgenza della delegazione di pagamento dell’imposta sostitutiva. In tal caso, il notaio non risulta obbligato all’applicazione e al versamento dell’imposta.
7.Pagamento dell’imposta sostitutiva
Il Consiglio nazionale del Notariato (“Legge finanziaria 2006. Imposta sostitutiva sulle plusvalenze”, studio 13.1.2006 n. 3/2006/T) ha evidenziato come rispetto all’imposta sostitutiva sulle plusvalenze immobiliari il notaio non rivesta:
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né la funzione di sostituto d’imposta (art. 64 co. 1 del DPR 29.9.73 n. 600);
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né la funzione di responsabile d’imposta (art. 64 co. 3 del DPR 29.9.73 n. 600).
Secondo l’interpretazione del disposto normativo proposta dal Consiglio del Notariato, il notaio non risulta tenuto al pagamento dell’imposta sostitutiva in solido con il contribuente (venditore), ma è semplicemente destinatario di una serie di obblighi “strumentali all’applicazione e all’adempimento dell’obbligazione tributaria”.
Il presupposto per l’insorgenza di tali obblighi strumentali risiederebbe nella “richiesta” di avvalersi dell’imposizione sostitutiva formulata dalla parte (venditore). A seguito di tale richiesta, il notaio assume automaticamente (ex lege) l’obbligo di applicare l’imposta, effettuandone il versamento e completando gli adempimenti richiestigli dalla legge con la comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle cessioni effettuate.
In particolare, rispetto alla funzione di pagamento dell’imposta sostitutiva, il rapporto che viene a configurarsi tra la parte (il venditore) e il notaio sarebbe inquadrabile alla stregua di una delegazione di pagamento.
Tuttavia, qualora il contribuente non fornisca al notaio la provvista per far fronte al pagamento dell’imposta sostitutiva, la delegazione di pagamento si reputa insussistente.
Modalità di versamento dell’imposta
L’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze immobiliari (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) deve essere versata a cura del notaio tramite il modello di delega bancaria F24, con le modalità previste dall’art. 17 del DLgs. 9.7.97 n. 241. Allo scopo, con ris. Agenzia delle Entrate 5.1.2006 n. 1, è stato istituito il codice tributo “1107”, denominato “Imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni e di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, ai sensi della L. 23 dicembre 2005 n. 266, art. 1, comma 496”.
La stessa ris. 1/2006 ha chiarito che, nella colonna relativa all’anno di riferimento, occorre indicare quello nel corso del quale è avvenuta la cessione del bene, con conseguente realizzo della plusvalenza, nella forma “AAAA”.
Il versamento deve essere effettuato a nome del contribuente.
L’effetto solutorio dell’obbligazione assunta dal notaio ex lege, consistente nella delegazione di pagamento, effetto che si manifesta nell’ipotesi in cui al notaio non venga fornita la provvista, risponderebbe all’esigenza di “accertare direttamente in capo al contribuente l’assolvimento dell’obbligo del riparto delle spese secondo il principio di capacità contributiva”.
8.Comunicazione dei dati all’Agenzia delle Entrate
Al notaio spetta l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle cessioni di immobili (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR).
Le modalità, la forma, i termini e i contenuti minimi di tale comunicazione sono stati approvati con provv. Direttore Agenzia delle Entrate 12.1.2007.
Tale provvedimento ha statuito che, a regime, i dati relativi alle cessioni immobiliari concluse a partire dall’1.4.2007 vengano comunicati tramite il modello informatico allegato allo stesso provvedimento, nell’ambito della procedura telematica utilizzata per la registrazione dell’atto.