INQUADRAMENTO GENERALE ► | La cessione di aree edificabili può rientrare nell’ambito di applicazione dell’IVA, ove risulti soddisfatto il presupposto soggettivo del tributo. |
ESPROPRIO PER PUBBLICA UTILITÀ ► | Ai fini IVA, gli espropri per pubblica utilità o le cessioni volontarie a seguito di procedimento espropriativo sono assimilati alle cessioni, in quanto l’indennizzo rappresenta il corrispettivo di una cessione onerosa. |
TRASFERIMENTO DI CUBATURA - I DIRITTI EDIFICATORI ► | Il trasferimento di cubatura è il contratto con il quale viene distaccato e trasferito
da un terreno ad un altro il diritto di edificare per una determinata volumetria o
superficie; esso viene assimilato, dal punto di vista fiscale, alla cessione di terreno
edificabile e, quindi assoggettato: - ad IVA con aliquota ordinaria, se posto in essere da un soggetto passivo IVA; - ad imposta di registro con le aliquote previste per i terreni, nel caso in cui sia posto in essere da un soggetto non IVA. |
ACCESSIONI ► | Qualunque costruzione esistente sopra il suolo appartiene al proprietario del suolo,
sicché trasferendo il terreno, si cede anche il fabbricato ivi edificato, a meno che
il venditore non riservi per sé o per altri la proprietà, attraverso la costituzione
di un diritto di proprietà superficiaria. Per vincere la presunzione di trasferimento congiunto (del terreno e del fabbricato), è richiesto che le accessioni siano escluse espressamente dall’atto di trasferimento; o si provi, con atto che abbia acquistato data certa mediante la registrazione, che le accessioni appartengono ad un terzo e sono state cedute all’acquirente da un terzo. |
TRASFERIMENTO DEL DIRITTO DI SUPERFICIE ► | La costituzione o il trasferimento del diritto di superficie su di un terreno, dà
luogo ad una operazione: - fuori campo IVA (e quindi soggetta ad imposta di registro), se si tratta di un terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria; - soggetta ad IVA, se si tratta di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria ed il cedente è un soggetto IVA; - fuori campo IVA se si tratta di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria ed il cedente non è un soggetto IVA. |
SFRUTTAMENTO DI CAVE ► | Lo sfruttamento della cava può pertanto configurarsi come: - vendita immobiliare, se l’oggetto del contratto è il giacimento minerario nella sua complessiva stratificazione e se ne prevede il completo trasferimento, per un prezzo commisurato al volume dell’intera cava; - vendita mobiliare, se l’oggetto del contratto è il prodotto dell’escavazione; - locazione, se l’oggetto del contratto è il godimento temporaneo della cava secondo la sua destinazione dietro corresponsione di un canone ragguagliato ad un determinato periodo di tempo. |
ONERI ED OPERE DI URBANIZZAZIONE ► | I contributi relativi agli oneri di urbanizzazione corrisposti dai soggetti richiedenti il rilascio delle abilitazioni urbanistiche per l’edificazione di nuovi edifici o per il mutamento d’uso o la ristrutturazione di quelli preesistenti sono irrilevanti ai fini IVA. Se tale onere non è esattamente individuabile e quantificabile, essendo indistintamente incluso nel corrispettivo per la cessione di un’area edificabile, deve essere assoggettato al medesimo trattamento IVA previsto per il trasferimento dell’area stessa. |
IMPIANTO DI DISTRIBUZIONE DI CARBURANTI E FOTOVOLTAICO ► | Le aree destinate a ospitare la realizzazione di impianti di distribuzione di carburante: - se posizionate nel perimetro cittadino, sono comprese talora in zone edificabili, perché destinate ad “attrezzature” (o consimili destinazioni), e talaltra in zone completamente inedificabili; - e, se posizionate al di fuori della cerchia urbana, sono invariabilmente classificate come “zone agricole”. |
EDIFICABILITÀ DEI SUOLI ► | Con la legge di bilancio per l’anno finanziario 2018 è stata estesa l’agevolazione
prevista nell’art. 20 della legge Bucalossi (imposta di registro in misura fissa ed
esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali - art. 32, co. 2, DPR 601/73), a: - tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici; - tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi. |
RIFERIMENTI ► | DPR 131/86, art. 1 Tariffa Parte I; DPR 633/72, art. 2 co. 1. |
► INQUADRAMENTO GENERALE
La cessione di aree edificabili può rientrare nell’ambito di applicazione dell’IVA, ove risulti soddisfatto il presupposto soggettivo del tributo.
Definizione di area fabbricabile
Nella risposta ad interrogazione parlamentare del 13.2.2020 n. 5-03501 è stato chiarito che ai fini fiscali l’art. 36 co. 2 DL 223/2006 ha precisato che un’area deve essere considerata fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.
Pertanto, l’edificabilità di un’area deve essere «verificata sulla base delle prescrizioni del Piano regolatore generale (PRG) o della relativa variante adottata dal Consiglio comunale con propria delibera, anche ove lo strumento urbanistico non risulti ancora approvato dalla Regione oppure non siano ancora stati approvati gli strumenti attuativi (es. piano particolareggiato, piano di lottizzazione), ove essi siano necessari, secondo lo strumento urbanistico generale, per dar luogo al concreto sfruttamento edilizio dell’area.
Tali informazioni sono contenute nel Certificato di destinazione urbanistica (CDU) che viene rilasciato dagli uffici tecnici comunali su richiesta degli interessati.
Questa nozione di area fabbricabile risulta “trasversale” a tutti gli ambiti impositivi, e quindi alle imposte sui redditi, all’IVA e ai tributi locali quali l’IMU. Tuttavia, il valore del terreno, come meglio evidenziato nella RM 17.10.97 n. 209, risulta influenzato dal tempo necessario perché l’area passi da uno stadio urbanistico a quelli successivi, fino al rilascio del titolo per edificare, nonché dal tasso di interesse per la remunerazione del capitale impiegato per l’acquisto della stessa in tale periodo.
In analogia con tale assunto le Sezioni unite della Cassazione, nella sentenza n. 25506/2006, hanno precisato che, nella determinazione della base imponibile di un terreno, occorre valutare la maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie nonché la possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione».
1.Cessione operata da soggetti IVA
Nel caso in cui la cessione del terreno edificabile sia realizzata da un soggetto IVA, essa risulta imponibile al tributo con l’aliquota ordinaria.
Le imposte di registro, ipotecaria e catastale risultano dovute ciascuna nella misura fissa di 200,00 euro, a norma dell’art. 40, co. 1, TUR, della Nota all’art. 1 della Tariffa, allegata al DLgs. 347/90 e dell’art. 10, co. 2, DLgs. 347/90.
2.Cessione operata da soggetti non IVA
Ove la cessione del terreno edificabile sia posta in essere in assenza del presupposto soggettivo del tributo (ovvero da un soggetto che non agisce nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione), l’operazione risulta fuori campo IVA e sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale.
3.Base imponibile dell’imposta di registro
La base imponibile dell’imposta di registro, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, è costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto (art. 43, co. 1, lett. a), TUR).
Peraltro, l’art. 51, co. 2, TUR precisa che l’imposta di registro si applica sul valore del terreno dichiarato dalle parti nell’atto o, in assenza o se superiore, in base al corrispettivo indicato in atto.
Attenzione
Atteso che, solitamente, le parti non indicano negli atti di compravendita sia il valore che il corrispettivo, quest’ultimo costituisce la base imponibile dell’imposta di registro.
L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, può rettificare il corrispettivo dichiarato dalle parti ove esso risulti inferiore al valore venale del terreno ceduto.
4.Compravendita di terreno soggetta a condizione di edificabilità
Configura un caso di non rara applicazione quello del contratto di vendita di un terreno agricolo, sottoposto alla condizione sospensiva dell’attribuzione di edificabilità.
In breve, le parti stabiliscono che la compravendita abbia effetti solo ove il terreno venga dichiarato edificabile dallo strumento urbanistico di riferimento. Al fine di analizzare siffatta ipotesi occorre considerare talune problematiche legate, in particolar modo, alla base imponibile.
Infatti, in materia di base imponibile, la normativa stabilisce che, per gli atti a titolo oneroso traslativi della proprietà soggetti a condizione sospensiva, la base imponibile debba essere valutata alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi (art. 43, co. 1, lett. a), TUR).
Poiché, come anticipato, l’avveramento della condizione sospensiva comporta la realizzazione degli effetti del contratto con efficacia retroattiva, ci si può domandare se ciò comporti l’applicazione dell’imposta sul valore del bene:
-
considerato come non edificabile (ovvero, valutato al momento della stipula del contratto, posto che a tale momento retroagiscono gli effetti del contratto);
-
considerato come edificabile (ovvero valutato al momento in cui la condizione si realizza, posto che solo da tale data gli effetti del contratto si realizzano, seppur retroattivamente).
La giurisprudenza pare orientata nel senso di ritenere che il valore del bene, ai fini della determinazione della base imponibile, debba essere considerato al momento dell’avveramento della condizione, con la conseguenza che il fondo debba essere valutato come edificabile (Cass. 11.5.99 n. 4657).
Pertanto, si rileva che, nel caso di contratto traslativo della proprietà sospensivamente condizionato:
-
le aliquote di applicazione dell’imposta di registro devono essere valutate sulla base delle norme vigenti al momento della stipula del contratto;
-
la base imponibile deve essere valutata al momento dell’avveramento della condizione sospensiva.
► CASI PARTICOLARI
Conversione del diritto di usufrutto in diritto di proprietà
Con la sentenza resa nella causa C-604/19 del 25.2.2021, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha esaminato la rilevanza ai fini dell’IVA della conversione del diritto di usufrutto perpetuo del terreno di un ente pubblico in diritto di proprietà, verificando sia la possibilità di qualificare la conversione in diritto di proprietà quale cessione di bene, sia il carattere economico della conversione e la qualità di soggetto passivo dell’ente territoriale.
La possibilità, agli effetti dell’IVA, di qualificare la conversione del diritto di usufrutto perpetuo in diritto di proprietà alla stregua di una espropriazione forzata, che l’art. 14 par. 2 lett. a) della Direttiva 2006/112/CE equipara alle cessioni di beni, esige il soddisfacimento di una triplice condizione, essendo richiesto, allo stesso tempo, il trasferimento della proprietà, l’espropriazione compiuta dalla pubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge e, infine, il versamento di un indennizzo.
Nessun dubbio, nella fattispecie in esame, che si rientri nell’ambito delle cessioni, essendo pacifico non solo che la conversione abbia comportato il trasferimento del diritto di proprietà e che sia avvenuta a norma di legge, ma anche che il canone annuale di conversione sia direttamente connesso al trasferimento della proprietà del terreno prima oggetto di usufrutto.
Spostando l’attenzione sul profilo soggettivo, l’art. 13 par. 1 della Direttiva 2006/112/CE esclude la soggettività IVA degli enti pubblici per quelle attività od operazioni poste in essere in quanto pubbliche autorità, a meno che “il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza”.
Affinché il canone annuale sia escluso da IVA è necessario, in base alla norma da ultimo richiamata, che la conversione del diritto di usufrutto perpetuo sia operata nell’esercizio delle prerogative di pubblico potere del Comune. Nella fattispecie, non è possibile ritenere che questa condizione sia soddisfatta, in quanto l’ente attua le misure imposte dal legislatore nazionale senza disporre di alcun potere decisionale circa le modalità applicative della conversione, agendo quindi come soggetto passivo IVA.
Cessione di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero approvato - Non può essere qualificata come cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria
La cessione di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero approvato in via definitiva dal Comune non può essere qualificata come cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, nemmeno se l’edificio risulta destinato alla demolizione e ricostruzione, ovvero se lo stesso non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste.
Ne discende che non sussistono i presupposti per tassare la plusvalenza (ex art. 67, co. 1, lett. b), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con DPR 22.12.86 n. 917 - TUIR).
È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 23 del 29.7.2020.
Più precisamente, il tema affrontato dall’Ufficio riguarda la riqualificazione della vendita, da parte di soggetti non imprenditori:
-
di fabbricati destinati alla demolizione, i quali non sono imponibili una volta trascorsi 5 anni dall’acquisto;
-
in trasferimenti a titolo oneroso di aree edificabili, i quali sono sempre imponibili, ai sensi dell’art. 67 del TUIR.
Secondo l’interpretazione dei giudici di legittimità (Cass. 6.9.2019 n. 22409; Cass. 21.6.2019 n. 16718; Cass. 21.2.2019 n. 5088), se su un’area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa area deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area «suscettibile di utilizzazione edificatoria» di cui all’art. 67 del TUIR, atteso che la potenzialità edificatoria si è già consumata.
Sul punto l’AE ha in particolare richiamato la sentenza della Suprema Corte n. 5088 del 21.2.2019 con cui, operata una ricognizione dei precedenti in materia, sono stati enunciati i seguenti principi di diritto:
«a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus»;
«b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste»;
«c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile»;
«d) il potere generale dell’Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove - nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. - ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/ temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale». Con il provvedimento di prassi in esame (circ. 23 del 29.7.2020) l’Ufficio ha dunque ritenuto superate le indicazioni contenute nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 22.10.2008 n. 395/E, con la quale era stato precisato che la vendita a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, doveva essere ricondotta alla fattispecie della cessione di area edificabile, con conseguente plusvalenza tassabile indipendente dal periodo di possesso del cespite.
La posizione della Corte di Cassazione
In senso conforme alla circ. 23/E/2020, pubblicata in data 29.7.2020 si è pronunciata la Corte di Cassazione (10.6.2021 n. 16374), la quale ha ribadito che ai fini della tassazione delle plusvalenze si deve escludere che la cessione di un edificio possa essere riqualificata come cessione del terreno edificabile. Ciò vale anche nell’ipotesi in cui l’edificio sia destinato alla successiva demolizione e ricostruzione.
Al riguardo, la Cassazione (16374/2021) ha meglio specificato che la “disposizione (art. 67 TUIR) che assoggetta a tassazione, quali “redditi diversi”, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato; l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale” (Cass. 9.7.2014 n. 15629; nello stesso senso, Cass. 20.4.2016 n. 7853; Cass. 23.1.2018 n. 1674; Cass. 12.4.2019 n. 10393; Cass. 6.9.2019 n. 22409).
Cessione di un fabbricato da demolire dopo 5 anni - Non ricorre un caso di cessione di area edificabile - Non è dovuta la plusvalenza
La vendita, da parte di un soggetto non imprenditore, di un fabbricato costituito da due unità abitative, con annessa area pertinenziale, costruite negli anni ‘80 (quindi da più di 5 anni) ad una società operante nel settore delle costruzioni che, sulla base di un permesso di costruire in corso di ottenimento, provvederà alla demolizione e alla costruzione di un nuovo immobile, non rientra entro il perimetro della cessione di terreno edificabile, cosicché non trova applicazione l’art. 67, co. 1, lett. b), TUIR, in materia di plusvalenze immobiliari, bensì consiste in una cessione di fabbricato.
Si tratta della posizione dell’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello 4.9.2020 n. 312), che si pone in linea con quanto chiarito dall’Ufficio nella circolare 29.7.2020 n. 23.
Nello stesso senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello 10.9.2020 n. 331, nella quale ai fini dell’applicazione dell’art. 67 co. 1 lett. b) TUIR, ha confermato che, se oggetto della cessione è un fabbricato, detto trasferimento non può mai essere riqualificato quale cessione di un’area edificabile,nemmeno quando l’edificio, pervenuto per successione alla parte cedente, risulta destinato alla demolizione e ricostruzione oppure quando lo stesso non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste. Tenuto conto che oggetto di cessione è un fabbricato, la parte cedente non può optare per il regime di rideterminazione del costo fiscale dei terreni ex art. 7 della L. 448/2001 (prorogato dall’art. 137 del DL 34/2020).
► ESPROPRIO PER PUBBLICA UTILITÀ E CESSIONI VOLONTARIE A SEGUITO DI ESPROPRIO
Ai fini IVA, gli espropri per pubblica utilità o le cessioni volontarie a seguito di procedimento espropriativo sono assimilati alle cessioni, in quanto l’indennizzo rappresenta il corrispettivo di una cessione onerosa. Di conseguenza, sia l’esproprio sia la cessione volontaria del terreno edificabile da parte di un soggetto IVA devono essere assoggettati ad imposta.
Attenzione
Sul punto, la RM 430409, 31.10.90 precisa che la quota dovuta ad integrazione dell’indennità di esproprio deve essere assoggettata regolarmente ad IVA, configurandosi quale parte del corrispettivo di una cessione, imponibile ai sensi dell’art. 2, DPR 633/72, posta in essere da un soggetto d’imposta (il soggetto espropriato).
Dello stesso tenore anche la RM 125/E, 22.5.95, secondo cui la circostanza che la cessione sia posta in essere nell’ambito di una procedura espropriativa (quindi in stretta connessione con il perseguimento, da parte del Comune acquirente, di finalità di interesse pubblico) non ne esclude la rilevanza ai fini IVA, mancando, a tal fine, una espressa disposizione legislativa.
► TRASFERIMENTO DI CUBATURA
La cessione di cubatura è l’atto tramite il quale il proprietario del fondo cui compete una determinata cubatura distacca, in tutto o in parte, come un diritto a sé stante, la facoltà di costruire, nei limiti della volumetria concessagli dal Piano Regolatore, trasferendola definitivamente (a titolo oneroso) all’acquirente, a beneficio del fondo di costui (Cass. 14.12.88 n. 6807). Tale definizione è stata ripresa in seguito dalla Corte di Cassazione (14.5.2007 n. 10979) che ha confermato che la cessione di cubatura “non è definibile altrimenti che quale facoltà inerente al diritto di proprietà”.
Occorre osservare che il legislatore ha tipizzato i c.d. “diritti edificatori” nell’art. 2643 co. 2-bis c.c., cioè in una norma in materia di trascrizione, ammettendo quindi che sia data pubblicità al trasferimento degli stessi.
Si tratta di nuovi strumenti di pianificazione urbanistica, quali la perequazione (con cui si realizza un’equa ripartizione tra più proprietari dei vantaggi e degli oneri derivanti dalla trasformazione edificatoria), la compensazione (con cui si eliminano conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla imposizione di vincoli in senso economico e indennitario) e l’incentivazione (con cui la Pubblica amministrazione riconosce un credito edilizio quale “ristoro urbanistico”).
La natura giuridica dei “diritti edificatori” è tuttavia discussa, e sul punto si sono sviluppati due orientamenti distinti:
-
per una parte della dottrina si tratterebbe di diritti reali di godimento, ma a tale tesi si è replicato che i diritti in questione non sarebbero riconducibili nei diritti reali tipici, non potendo neppure inquadrarsi nella categoria delle servitù (come invero vennero qualificati da Cass. 25.10.73 n. 2743 e da Cass. SS.UU. 20.12.83 n. 7499, ma con riferimento alla cessione di cubatura tra privati proprietari di aree confinanti), in quanto, una volta sorto, il diritto edificatorio (e la volumetria edificabile che lo stesso rappresenta), perde ogni collegamento con l’immobile di partenza, potendo lo stesso circolare ed essere negoziato in maniera autonoma;
-
altra parte della dottrina, riconosciuta l’impossibilità di collocare tali diritti nella categoria dei diritti reali tipici, li ha inquadrati in un rapporto di credito tra il privato e l’amministrazione comunale: anche tale teoria è stata però criticata osservando che non si tratta sic et simpliciter di un diritto di natura obbligatoria, poiché presenta evidenti profili di realità in quanto, da un lato, il titolare di detto diritto non può che essere il proprietario di un immobile interessato da una perequazione, incentivazione o compensazione e, dall’altro lato, il diritto edificatorio per la sua realizzazione presuppone la titolarità di un immobile nel quale riversare la “quantità volumetrica” spettante. Il rapporto di credito non è trascrivibile nei pubblici registri.
Alla luce di queste posizioni contrastanti, la Corte di Cassazione (con ordinanza n. 26016/2019), ha quindi rimesso la questione alle Sezioni unite, tenuto anche conto delle diverse conseguenze sul piano tributario.
⊳ Per il profilo fiscale si rinvia al cap. 38, par. "Cessione di volumetria".
1.Cessione di terreni inedificabili recanti una capacità edificatoria
La tassazione del trasferimento, tra soggetti passivi IVA, di un’area che, pur avendo una capacità edificatoria intrinseca, risulta gravata da un vincolo di inedificabilità assoluta, soggiace ad un regime particolare (circ. Agenzia delle Entrate n. 27, 21.6.2012).
In questo caso specifico, l’ipotetico acquirente, infatti, pur sapendo di non poter edificare alcunché sul sedime acquistato, potrà trasferire su altre aree, attraverso uno scambio con il Comune, il diritto di cubatura ivi insistente.
In tale fattispecie, laddove si possa distinguere la parte di corrispettivo ascrivibile alla cessione del terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria dalla parte riconducibile alla cessione della futura cubatura nella nuova localizzazione, si ritiene si possa assoggettare ad imposta di registro proporzionale (allora dell’8%, oggi del 15%) la prima cessione mentre il residuo importo del corrispettivo rientrerà nel campo di applicazione dell’IVA.
Viceversa, se le parti non effettuano alcuna distinzione nell’ambito del corrispettivo dovuto, l’intera operazione sconterà l’imposta di registro proporzionale nella misura ordinaria del 15% (allora dell’8%) ai sensi dell’art. 1, TP1, allegata al TUR.
2.Forma dell’atto
L’art. 5, co. 3, DL 13.5.2011 n. 70 ha integrato l’art. 2643 c.c., il quale include “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale” tra quelli che devono essere resi pubblici con il mezzo della trascrizione.
Pertanto, ai sensi dell’art. 2657 c.c., per la stipula di tali contratti è oggi richiesta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Attenzione
Si intende assicurare la pubblicità dei trasferimenti di volumetria (art. 5, co. 3, DL 70/2011). La relativa ratio legis risulterebbe forse tradita ammettendo che, laddove i regolamenti edilizi comunali lo consentano, sia oggi ancora possibile trasferire cubatura senza un contratto ad hoc, trascritto presso l’Agenzia delle Entrate, servizio di pubblicità immobiliare (già Conservatoria dei pubblici registri immobiliari).
⊳ Sulla cessione di volumetria ai fini dell’imposta di registro si veda il cap. 38 “Imposta di registro: determinazione”, par. 11. Cessione di volumetria.
► ACCESSIONI
Qualunque costruzione esistente sopra il suolo appartiene al proprietario del suolo, sicché trasferendo il terreno si cede anche il fabbricato ivi edificato, a meno che il venditore non riservi per sé o per altri la proprietà, attraverso la costituzione di un diritto di proprietà superficiaria, ai sensi dell’art. 952 c.c. (art. 934 c.c.).
Attenzione
Si ricorda che il diritto di superficie configura proprio il diritto di edificare e di mantenere una costruzione su suolo altrui. Essa, in breve, vale a sospendere l’operatività del principio dell’accessione di cui all’art. 934 c.c., in virtù della quale ogni opera esistente sul suolo appartiene al proprietario del suolo stesso.
In assenza di diversa ed espressa previsione, nel caso in cui sul terreno oggetto di compravendita vi sia un fabbricato, non espressamente menzionato, ma neppure escluso dall’atto di vendita, il fabbricato si trasferisce all’acquirente automaticamente.
Si pensi al caso in cui Tizio venda a Caio un determinato terreno, su cui insiste un fabbricato. Anche in assenza di un’espressa menzione del fabbricato nell’atto di vendita, si deve presumere che il trasferimento abbia riguardato anche quest’ultimo. Pertanto, correttamente l’ufficio potrebbe calcolare le imposte dovute sul valore congiunto del terreno e del fabbricato.
Si prenda in considerazione un’ulteriore ipotesi: Tizio, per errore, costruisce un fabbricato sul terreno di Caio, pensando che il terreno sia proprio. Se Caio, poco dopo, per regolarizzare la situazione, vende il terreno a Tizio, senza fare menzione del fabbricato (perché lo ritiene, erroneamente, già di proprietà di Tizio), il fabbricato si trasferisce all’acquirente, atteso che Caio ne aveva acquistato la proprietà in virtù del principio dell’accessione (salva poi la necessità di rifondere Tizio delle spese, dei materiali e della mano d’opera necessarie all’edificazione, oppure il maggior valore acquisito dal fondo a norma dell’art. 936 c.c.).
Per vincere la presunzione di trasferimento congiunto (del terreno e del fabbricato), l’art. 24, TUR richiede che:
-
le accessioni siano escluse espressamente dalla vendita; oppure,
-
si provi, con atto che abbia acquistato data certa mediante la registrazione, che le accessioni appartengono ad un terzo e sono state cedute all’acquirente da un terzo.
1.Esclusione del fabbricato
Se l’atto di vendita riguarda il solo terreno ed esclude espressamente il fabbricato su di esso insistente, non si può ritenere che il fabbricato si trasferisca automaticamente all’acquirente.
L’art. 934 c.c., infatti, nel disporre che il fabbricato edificato su un determinato suolo appartiene al medesimo proprietario del suolo, prevede la possibilità che il “titolo” disponga diversamente (separando, in questo modo, la proprietà del suolo dalla proprietà del fabbricato su di esso insistente).
Attenzione
Si rileva che l’esclusione del fabbricato dalla vendita non implica che esso sia di proprietà dell’acquirente del terreno, anche ove questi l’abbia costruito con materiali propri. Infatti, a norma dell’art. 934 c.c., il fabbricato costruito su suolo altrui appartiene al proprietario del suolo. Pertanto, in caso di espressa esclusione del fabbricato dalla compravendita relativa al terreno, il fabbricato resta nella proprietà dell’alienante, anche se costruito con materiali dell’acquirente. In breve, l’atto con cui il proprietario del suolo alieni quest’ultimo espressamente sancendo che la vendita non implica trasferimento della proprietà del fabbricato insistente sul terreno, costituisce un diritto di superficie a favore del venditore, il quale conserva la proprietà del fabbricato e aliena la mera proprietà del suolo.
2.Atto avente data certa che costituisce diritto di superficie
L’esistenza di un atto avente data certa, anteriore alla vendita del terreno, con il quale sia stato costituito il diritto di superficie (a favore del soggetto che, poi, diverrà acquirente del terreno, o a favore di un terzo) sul terreno stesso, è idoneo ad escludere che la compravendita del terreno si sia estesa al fabbricato su di esso insistente, atteso che, con l’atto di costituzione del diritto di superficie, la proprietà del suolo e del fabbricato su di esso insistente sono state separate.
Perché possa essere evitata l’operatività della presunzione di trasferimento congiunto del terreno e del fabbricato su di esso edificato (di cui all’art. 24, TUR) è necessario che l’atto che ha costituito il diritto di superficie sul fondo abbia data certa, in forza di registrazione avvenuta anteriormente alla vendita.
3.Ulteriore prova del trasferimento disgiunto
Anche la prova del fatto che la costruzione è stata operata, dall’acquirente, dopo l’acquisto del suolo è idonea ad escludere l’operatività della presunzione del trasferimento congiunto del terreno e del fabbricato (Cass. 20.3.2000 n. 3253).
In tal caso, infatti, non sussistono gli elementi per configurare l’accessione. Se la costruzione è stata edificata successivamente all’atto di compravendita con cui il terreno è stato alienato a chi poi vi ha costruito sopra, al momento dell’edificazione il proprietario del suolo era il medesimo che vi ha costruito. Dunque, è sufficiente dimostrare che al momento del rogito la costruzione non era edificata, per opporsi all’eventuale pretesa dell’Amministrazione finanziaria.
4.Orientamenti giurisprudenziali
La Corte di Cassazione (6.2.2009 n. 2891) ha chiarito che la presunzione legale secondo cui, unitamente al terreno trasferito, si presume siano oggetto di trasferimento anche tutti i fabbricati su di esso insistenti (art. 24, TUR), è vinta solo in presenza delle seguenti prove:
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se il fatto materiale dell’incorporazione (del fabbricato al suolo) ha avuto luogo successivamente al negozio traslativo del diritto reale relativo al suolo;
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se l’incorporazione ha avuto luogo anteriormente al trasferimento del terreno, l’edificazione è stata preceduta o accompagnata da un altro negozio, contenuto in un atto scritto fornito di data certa, avente ad oggetto l’attribuzione, da parte del cedente in favore del cessionario del terreno, di un diritto di superficie sul suolo.
Ai fini del superamento della presunzione, dunque, non è sufficiente la prova dell’intestazione della concessione edilizia in favore dell’acquirente del terreno o delle spese da quest’ultimo sostenute per l’edificazione, in quanto, ai sensi dell’art. 934 c.c., le costruzioni realizzate con materiali propri su terreno altrui, in difetto di un’espressa disposizione di legge o di una specifica pattuizione, sono acquistate di diritto dal proprietario del suolo.
La giurisprudenza precisa, inoltre, che la mera indicazione, nell’atto di vendita del terreno, del fatto che il fabbricato su di esso edificato è escluso dalla vendita in quanto realizzato integralmente a spese dell’acquirente del terreno non è in alcun modo in grado di escludere l’operatività della presunzione di acquisto congiunto (Cass. 1.6.2007 n. 12923; Cass. 27.3.2003 n. 4623).
Nel medesimo senso si è espressa anche l’Amministrazione Finanziaria nella ris. 72, 23.3.2009 (si veda anche la RM 260622, 21.7.93).
Infatti, in assenza di diverse disposizioni, l’effetto della pattuizione con la quale si escluda dalla vendita l’edificio costruito sul suolo del venditore può essere solo quello di far rimanere proprietario della costruzione il venditore del suolo (il quale ha acquistato la proprietà del fabbricato ex art. 934 c.c.). In breve, non qualsiasi dichiarazione di esclusione è idonea ad impedire la tassazione anche dell’accessione, ma soltanto quella che effettivamente impedisca il trasferimento di essa dal proprietario del terreno all’acquirente del terreno (Cass. 27.3.2003 n. 4623).
Implicazioni pratiche dell’art. 24 TUR
Per comprendere le rilevanti implicazioni pratiche del principio di cui all’art. 24, TUR, si ipotizzi il seguente caso.
Tizio, proprietario di un terreno edificabile attiguo a quello di proprietà di Caio, edifica un fabbricato in parte sul proprio terreno e, in parte, sul terreno del vicino Caio. Pensando di sanare tale situazione, Caio vende a Tizio la frazione di terreno sulla quale quest’ultimo ha edificato. In tal caso, l’Ufficio delle Entrate, in applicazione dell’art. 24, TUR, potrebbe legittimamente richiedere il pagamento dell’imposta sul trasferimento del terreno e della frazione di immobile su di esso edificato.
Per vincere la presunzione, Tizio dovrebbe:
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dimostrare con atto avente data certa anteriore alla vendita del terreno, di aver acquistato il diritto di superficie sul terreno;
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dimostrare di aver edificato dopo l’acquisto del terreno;
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dimostrare che il fabbricato è stato espressamente escluso dalla vendita, ma ciò implicherebbe il permanere della proprietà di Caio sul fabbricato, mentre Tizio acquisterebbe solo la proprietà del terreno (sicché tale soluzione non consentirebbe a Tizio di risolvere a proprio favore la problematica).
A nulla varrebbe, invece, in tale frangente, la dichiarazione, contenuta nell’atto di vendita, volta ad escludere dalla vendita il fabbricato, dichiarando che esso è già in proprietà di Tizio per averlo questi edificato integralmente con materiali propri.
► TRASFERIMENTO DEL DIRITTO DI SUPERFICIE
La costituzione o il trasferimento del diritto di superficie su di un terreno (ex artt. 952 ss. c.c.), dà luogo ad una operazione:
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fuori campo IVA (e quindi soggetta ad imposta di registro), se si tratta di un terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria;
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soggetta ad IVA, se si tratta di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria ed il cedente è un soggetto IVA;
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fuori campo IVA se si tratta di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria ed il cedente non è un soggetto IVA.
Attenzione
Atteso che il diritto di superficie consiste (art. 952 c.c.) nel diritto di fare o mantenere una costruzione al di sopra di un suolo appartenente ad un altro proprietario, si ritiene difficile la configurabilità della seconda ipotesi su elencata.
In breve, la cessione o il trasferimento del diritto di superficie è assimilata al trasferimento del diritto di proprietà (art. 1, TP1, allegata al TUR e art. 2, co. 1, DPR 633/72), sicché anche per questo tipo di atti opera il principio di alternatività IVA-registro, con le relative eccezioni, di cui all’art. 40, TUR.
Quindi, ove risulti fuori campo IVA, l’atto di costituzione o trasferimento del diritto di superficie è soggetto ad imposta di registro in misura proporzionale, con le aliquote previste per i trasferimenti immobiliari (art. 1, TP1, allegata al TUR).
► SFRUTTAMENTO DI CAVE
Lo sfruttamento di una cava può assumere connotati diversi a seconda delle pattuizioni definite in concreto tra le parti sul piano contrattuale.
Attenzione
La Corte di Cassazione (7.11.89 n. 4646) ha affermato che, in ordine alla qualificazione giuridica dei contratti di escavazione di terreni o di estrazione di cave o miniere, essi possono assumere configurazioni diverse, a seconda del loro oggetto e dell’intenzione delle parti.
1.Natura dell’operazione sottostante allo sfruttamento della cava
Lo sfruttamento della cava può configurarsi come:
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vendita immobiliare, se l’oggetto del contratto è il giacimento minerario nella sua complessiva stratificazione, intesa in unità di superficie e di volume, e se ne prevede il completo trasferimento, per un prezzo commisurato al volume dell’intera cava;
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vendita mobiliare, se l’oggetto del contratto è il prodotto dell’escavazione, ragguagliato a peso o a misura;
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locazione, se l’oggetto del contratto è il godimento temporaneo della cava secondo la sua destinazione, cioè l’estrazione del materiale con il metodo di scavo che corrisponde a normale sfruttamento, dietro corresponsione di un canone ragguagliato ad un determinato periodo di tempo.
2.Casistica
Ai fini impositivi, la DRE per il Piemonte (circ. 3/1587, 10.1.2003), ha individuato la seguente casistica:
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vendita di materiale inerte effettuata da persona fisica non imprenditore: l’atto è soggetto ad imposta di registro con aliquota del 3%, ai sensi dell’art. 2, TP1 allegata al TUR. Nel caso in cui il corrispettivo non possa essere definito fino al termine dell’estrazione, si applica la disciplina prevista per i contratti soggetti a condizione sospensiva, per cui l’atto viene tassato in misura fissa, rimandando il versamento della differenza d’imposta al verificarsi della condizione; l’imposta dovuta sarà ragguagliata al valore della quantità di materiale estratto ex artt. 19 e 35, TUR;
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vendita di materiale inerte effettuata da persona fisica imprenditore agricolo ovvero società commerciale: l’atto è assoggettato ad IVA;
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affitto di fondo rustico stipulato da persona fisica non imprenditore in veste di concedente: l’atto è assoggettato all’imposta di registro con aliquota pari al 2%, ai sensi dell’art. 5 lett. b), TP1 allegata al TUR, salvo eventuale condizione sospensiva;
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affitto di fondo rustico stipulato da persona fisica imprenditore agricolo o da società commerciale in veste di concedente: l’atto deve essere assoggettato ad imposta di registro con aliquota del 2%, ai sensi dell’art. 5 lett. b), TP1 allegata al TUR, in quanto operazione esente da IVA ex art. 10 n. 8, DPR 633/72;
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vendita del terreno: l’atto sconta l’imposta propria delle vendite immobiliari e, quindi, sarà assoggettato ad IVA esclusivamente al verificarsi di entrambi i presupposti soggettivo (il cedente è un soggetto commerciale) ed oggettivo (il terreno è edificabile).
Attenzione
La Nota DRE Piemonte (n. 3/1587, 10.1.2003), quando esamina la tassazione degli affitti dei fondi rustici, richiama l’art. 5 lett. b), TP1 allegata al TUR, ovvero la locazione di immobili che non siano “fondi rustici” o “immobili strumentali”, per i quali si applica un’aliquota del 2% annuo. Si ritiene, invece, che il riferimento corretto sia la lett. a) dell’art. 5, TP1 allegata al TUR, ove si prevede una tassazione con l’aliquota dello 0,50% per le locazioni e gli affitti di fondi rustici.
3.Acquisto tramite contratto di leasing
Se l’acquisto è perfezionato attraverso un contratto di leasing, i canoni periodici vanno sempre assoggettati ad IVA con aliquota ordinaria, in quanto rappresentano il corrispettivo di una prestazione di servizi.
Attenzione
Solo al momento del riscatto occorrerà verificare, in funzione dell’edificabilità del suolo, se la cessione del terreno sia o meno soggetta ad IVA (RM 57/E, 7.4.97).
► ONERI ED OPERE DI URBANIZZAZIONE
I contributi relativi agli oneri di urbanizzazione corrisposti dai soggetti richiedenti il rilascio delle abilitazioni urbanistiche per l’edificazione di nuovi edifici o per il mutamento d’uso o la ristrutturazione di quelli preesistenti (art. 3, L. 28.1.77 n. 10) sono irrilevanti ai fini IVA, in quanto il rapporto tra il Comune e il destinatario della concessione non ha natura sinallagmatica (RM 363292, 16.1.78).
Se, invece, tale onere non è esattamente individuabile e quantificabile, essendo indistintamente incluso nel corrispettivo per la cessione di un’area edificabile, esso deve essere assoggettato al medesimo trattamento IVA previsto per il trasferimento dell’area stessa.
Attenzione
Tale contributo non assume rilevanza agli effetti dell’IVA, in quanto lo stesso ha natura impositiva. Tuttavia, qualora il contributo stesso sia inglobato nel corrispettivo relativo alle cessioni di aree edificabili, il medesimo è da assoggettare a IVA, ai sensi dell’art. 13, DPR 633/72 (RM 395695, 30.7.84).
1.Cessione di aree o esecuzione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione
Se invece di obbligarsi al pagamento degli oneri, il richiedente l’abilitazione urbanistica, in base ad apposita convenzione, si obbliga alla cessione di aree o all’esecuzione di opere di urbanizzazione nell’interesse del Comune (art. 11, L. 10/77) a scomputo totale o parziale della quota di contributo, tale cessione non deve essere assoggettata ad IVA, in quanto l’operazione, per effetto dell’art. 51 della L. 21.11.2000 n. 342, non si considera più rilevante ai fini dell’imposta.
Attenzione
Si applica così alle cessioni di aree ed alle opere di urbanizzazione effettuate in alternativa al pagamento dei contributi di urbanizzazione il medesimo trattamento fiscale riservato a questi ultimi, senza pregiudicare in alcun modo il diritto delle imprese costruttrici a detrarre l’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi afferenti le operazioni in questione.
L’esclusione da IVA non si estende anche alle cessioni di aree e manufatti
che, pur se effettuate a scomputo degli oneri di urbanizzazione, non costituiscono opere di urbanizzazione in senso tecnico, ex art. 4 della L. 29.9.64 n. 847 e L. 22.10.71 n. 865.
È il caso dell’area con annesso fabbricato adibito a circolo ricreativo (ris. Agenzia delle Entrate n. 6, 14.1.2003) o della porzione di fabbricato da adibire a sala riunioni (ris. Agenzia delle Entrate n. 37, 21.2.2003).
Tuttavia la cessione di aree edificabili a favore di un Comune a scomputo di oneri di urbanizzazione è soggetta ad IVA secondo le modalità proprie di un’operazione permutativa nel caso in cui sui terreni non vengano realizzate opere di urbanizzazione (ris. Agenzia delle Entrate n. 140, 4.6.2009).
Secondo la ris. 140/2009, nel caso di specie non è applicabile il regime di esclusione dall’IVA di cui all’art. 51 della L. 342/2000, posto che l’area ceduta al Comune non è destinata alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria.
Infatti, con ris. 37/E, 21.2.2003 è stato chiarito che l’art. 51 della L. 342/2000 si riferisce “a quelle specifiche tipologie contrattuali in base alle quali il lottizzante è tenuto a cedere gratuitamente al comune le aree sulle quali è chiamato a realizzare le opere di urbanizzazione”.
Di conseguenza, considerata la natura di operazione permutativa, la base imponibile è costituita, ai sensi dell’art. 13 DPR 633/72, dal valore normale del lotto.
Le cessioni delle opere di urbanizzazione a soggetti terzi che non siano il Comune che rilascia le abilitazioni urbanistiche sono sempre soggette ad IVA (ris. Agenzia delle Entrate 50, 22.4.2005).
► IMPIANTO DI DISTRIBUZIONE DI CARBURANTI E IMPIANTO FOTOVOLTAICO
1.Impianto di distribuzione di carburanti
Le aree destinate ad ospitare la realizzazione di impianti di distribuzione di carburante:
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se posizionate nel perimetro cittadino, sono comprese talora in zone edificabili, perché destinate ad “attrezzature” (o consimili destinazioni), e talaltra in zone completamente inedificabili (ad esempio, perché destinate a “verde pubblico” o collocate nei centri storici cittadini) (Cons. Stato 21.9.2005 n. 4945; Cons. Stato 13.12.2006 n. 7377); e,
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se posizionate al di fuori della cerchia urbana, sono invariabilmente classificate come “zone agricole”.
Attenzione
Il DLgs. 11.2.98 n. 32 dispone che la collocazione degli impianti di distribuzione del carburante (non autostradali) dipende da un piano di localizzazione ela-borato da ciascun Comune: questa «localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A» (art. 2, co. 1-bis) (Cons. Stato 13.12.2006 n. 7377).
In altri termini, il piano comunale degli impianti di distribuzione carburanti comporta una “variante” alla pianificazione urbanistica comunale, cosicché, se il piano dei distributori di carburante individua un’area da destinare a distributore di benzina, allora quell’area può essere utilizzata per costruire un distributore anche se il piano regolatore generale qualifichi detta area come “non edificabile” (perché agricola, perché destinata a verde pubblico o privato, eccetera). Insomma, in tali casi si tratta di un’area che, leggendo lo strumento urbanistico comunale, resta qualificata come inedificabile ma che diventa, nel caso concreto, edificabile proprio perché retinata come tale nel piano comunale degli impianti di distribuzione di carburante.
Attenzione
Un’area destinata ad ospitare la costruzione di un impianto di distribuzione di carburanti deve essere considerata come “area edificabile”, anche se detta area sia qualificata come “zona agricola” nello strumento generale di pianificazione comunale, in quanto tale destinazione deve essere intesa come “variante” allo strumento urbanistico generale, da parte del Comune.
Attenzione
Secondo Cass. 18.9.2009 n. 20097, «è soggetta ad IVA, e non all’imposta proporzionale di registro, la cessione di un’area inclusa in un piano di ristrutturazione della rete di distribuzione di carburante, approvato ai sensi dell’art. 2 del DLgs. 11.2.98 n. 32, poiché la possibilità, conseguente a detta approvazione, di rilascio immediato di provvedimenti per la realizzazione degli impianti, senza necessità di adottare gli ordinari procedimenti modificativi del piano regolatore generale, attribuisce all’approvazione l’effetto di rendere immediatamente edificabile l’area, sia pure con riferimento ad interventi di natura particolare (impianti di distribuzione di carburanti)». In altri termini, secondo la Cassazione, l’approvazione del piano di localizzazione degli impianti di distribuzione carburanti comporta un adeguamento automatico del piano regolatore generale: sulla sola base dell’approvazione del piano della distribuzione dei carburanti è dunque consentita l’adozione dei provvedimenti concessori o autorizzatori per la realizzazione dei distributori, il che presuppone, ovviamente, che il PRG si ritenga emendato senza necessità di adottare i formali procedimenti modificativi dello stesso.
Invece, secondo la ris. 6 del 7.1.2009, il contratto di compravendita avente ad oggetto un terreno agricolo da destinare all’attività commerciale di vendita di carburante per autoveicoli è soggetto ad imposta di registro con l’aliquota del 15% in quanto «a nulla rileva che sull’area in parola siano state effettuate, prima della vendita, opere di costruzione al fine di destinare l’area all’attività produttiva, posto che lo strumento urbanistico generale attualmente adottato dal Comune non ha recepito il cambio di destinazione del terreno».
2.Impianto fotovoltaico
L’impianto fotovoltaico è un apparato che sfrutta le radiazioni solari per la produzione di energia elettrica, attraverso l’effetto fotovoltaico, e cioè attraverso la capacità del macchinario in questione di trasformare la luce solare in energia elettrica: l’impianto consta di dispositivi, detti “moduli fotovoltaici” (i quali, a loro volta, «possono essere meccanicamente preassemblati a formare un pannello fotovoltaico» - ris. 3 del 6.11.2008), atti a captare l’energia solare e a trasformarla in corrente continua. L’impianto comprende un inverter, e cioè un macchinario che trasforma l’energia elettrica prodotta dal pannello da corrente continua a corrente alternata (e, dunque, per renderla idonea alle esigenze delle comuni apparecchiature elettriche) e un contatore, che è il dispositivo utile a controllare e contabilizzare la quantità di energia elettrica prodotta e poi eventualmente immessa nella rete cui l’impianto è connesso.
Attenzione
L’impianto può essere “in isola”, e cioè produce energia da accumulare e conservare in batterie, oppure, come accade più spesso, può essere un impianto “in rete”, cioè connesso o a una rete privata, e quindi produce energia destinata all’uso del produttore, o a una rete pubblica, attraverso la quale l’energia prodotta viene ceduta dal produttore a terzi.
Il pannello solare, utilizzato singolarmente o, come accade più spesso, unito ad altri, viene per lo più adagiato e fissato su una particolare struttura di sostegno, appositamente predisposta ove:
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negli impianti “a terra”, e cioè posati sul suolo o su un lastrico solare, essa può consistere in un reticolato formato da pali metallici verticali sormontati da binari orizzontali;
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i pali verticali della struttura di sostegno sono stabilizzati mediante loro infissione alla superficie su cui poggiano (il suolo o un lastrico solare) o mediante la realizzazione di plinti o altri basamenti.
L’impianto fotovoltaico appena descritto rientra nel novero dei beni immobili e, precisamente:
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è bene immobile la struttura di sostegno dell’impianto in quanto si tratta di un manufatto riconducibile entro il perimetro delle «altre costruzioni» e, comunque, nel novero di «tutto ciò che […] artificialmente è incorporato al suolo» (art. 812, co. 1, c.c.);
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non vale ad escludere la natura immobiliare della struttura di sostegno dell’impianto fotovoltaico la considerazione che si tratta di una unione suscettibile di essere rimossa e di una struttura che, una volta smontata, si rende utilizzabile altrove. L’art. 812 c.c., infatti, nel rendere la definizione di «beni immobili», ricomprende nel perimetro di siffatto termine anche beni connessi con il suolo «a scopo transitorio»: la natura immobiliare dell’entità unita al suolo può quindi ben essere temporanea.
Attenzione
La connessione del manufatto al suolo può avvenire per effetto del mero “appoggio” e, quindi, per il solo effetto del suo peso e della forza di gravità.
Sul punto: Cass. 9.5.62 n. 931; Cons. Stato 23.1.95 n. 97, Corte Cost. 20.5.2008 n. 162; circ. Agenzia del Territorio 4, 16.5.2006 ove si precisa che «nelle diverse definizioni di unità immobiliare sopra richiamate non si fa alcun riferimento ai materiali utilizzati, né ai sistemi di assemblaggio degli stessi. Detti materiali potranno quindi essere, per le costruzioni poste sulla terra ferma, di natura lapidea, di acciaio, ovvero di altra natura, e per quelle galleggianti, di natura lignea o ferrosa. Del pari l’assemblaggio delle componenti costruttive potrà avvenire con la chiodatura, l’imbullonatura, la saldatura, ovvero attraverso malte e calcestruzzi basati su reazioni chimico-fisiche dei relativi componenti».
Il singolo pannello fotovoltaico, in sé e per sé, è senz’altro un bene mobile, tuttavia, una volta imbullonato o incastrato nella struttura di sostegno atta a permettere l’installazione di un impianto fotovoltaico e, quindi, una volta ancorato nella sua struttura di sostegno, assume «senza dubbio» (art. 2, DM 2.1.98 n. 28) natura immobiliare per essere parte componente di un bene immobile.
Attenzione
L’Agenzia delle Entrate (circ. 12, 11.3.2011), allineandosi all’opinione già espressa dall’Agenzia del Territorio (ris. 3, 6.11.2008) ha confermato che l’impianto fotovoltaico ha natura di bene immobile e ciò dopo aver tentato per ben tre volte di negare tale circostanza (circ. 46, 19.7.2007; circ. 38, 11.4.2008; circ. 38, 23.6.2010). In particolare, parlando della imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale di cui all’art. 1, co. 16, L. 13.12.2010 n. 220, le Entrate hanno affermato che detta imposta «deve essere, inoltre, versata anche con riferimento ai contratti di leasing di impianti fotovoltaici censiti/da censire al catasto fabbricati come opifici industriali (cat. D1)».
Pertanto, non può più essere messo in dubbio che l’impianto fotovoltaico debba essere qualificato come “bene immobile” e che ad esso debba essere dunque applicato il regime giuridico (e il trattamento fiscale) conseguente a detta sua evidente natura.
3.Autorizzazione unica: variante allo strumento urbanistico
La «costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili [...] sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, [...] che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico», e ciò perché «gli impianti di produzione di energia elettrica» da fonte fotovoltaica «possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici» ex art. 12, co. 3, del DLgs. 29.12.2003 n. 387.
In altri termini: qualunque sia la destinazione urbanistica del territorio sul quale la Provincia o la Regione autorizzano il posizionamento dell’impianto fotovoltaico, questo può essere costruito in base alla predetta «autorizzazione unica», la quale consente tale costruzione a prescindere dalla fabbricabilità o meno dell’area in questione.
L’autorizzazione in esame rappresenta pertanto una «variante» dello strumento urbanistico comunale, rendendo “edificabile” (per la specifica costruzione di un impianto fotovoltaico) anche l’area che, per effetto della pianificazione comunale, non lo sarebbe, perché ad esempio classificata come “zona agricola” (a prescindere, poi, dal fatto che si possa continuare a utilizzare l’area in questione anche o solo per scopi agricoli).
Attenzione
Si è espressa in senso contrario la ris. 112/E del 28.4.2009 che ha affermato che, essendo «il terreno oggetto dello stipulando atto di costituzione del diritto di superficie [...] parte di una zona territoriale omogenea classificata E5, ossia di preminente interesse agricolo» «si ritiene, ai fini fiscali, che la costruzione dell’impianto fotovoltaico non comporti l’automatica classificazione del terreno sul quale lo stesso sorge quale “area edificabile”, disconoscendo, in tal modo, la destinazione urbanistica attribuita allo stesso terreno dal PRG».
In conclusione, dal disposto dell’art. 36, co. 2, DL 4.7.2006 n. 223, convertito in L. 4.8.2006 n. 248, che contiene la nozione di aree «fabbricabili», è facile discendere che:
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nel perimetro individuato da questa espressione normativa, rientrano sia le aree espressamente qualificate come “edificabili” dallo strumento urbanistico, sia le aree che devono considerarsi edificabili in base a una “variante” dello strumento urbanistico derivante dall’espletamento di un procedimento amministrativo cui la legge attribuisce l’efficacia di “variante”.
► EDIFICABILITÀ DEI SUOLI
Con la legge di Bilancio per l’anno finanziario 2018 (L. 27.12.2017 n. 205) è stata estesa l’agevolazione prevista nell’art. 20 della legge Bucalossi a:
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tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici; nonché,
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a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi.
Si tratta dell’assoggettamento degli atti di trasferimento all’imposta di registro in misura fissa e dell’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali, ai sensi dell’art. 32, co. secondo, DPR 601/73.
Edilizia residenziale sovvenzionata
L’Agenzia delle Entrate ha ricordato (risposta a interpello 7.1.2022 n. 6) che le agevolazioni di cui all’art. 32 del DPR 601/73 “si applicano solo agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale previsti al titolo IV della legge 22 ottobre 1971, n. 865, affidati ad istituti autonomi, cooperative edilizie, società con prevalente partecipazione statale, con esclusione di qualsiasi programma, sia pure introdotto da altro ente pubblico, quale una Regione”, esplicitando pertanto che la concessione del regime agevolato debba essere subordinata alla sussistenza di requisiti di natura soggettiva ed oggettiva (Cass. 30180/2017; 17282/2017; 23042/2016; 25171/2013; 28903/2008. Nello stesso senso: ris. 16.11.2007 n. 333/E).
Per quanto concerne il requisito soggettivo: l’art. 1 del DPR 30.12.72 n. 1035 e l’art. 1 della L. 24.12.93 n. 560, hanno individuato i soggetti legittimati a realizzare gli alloggi in attuazione di detti programmi. Tra i predetti soggetti sono stati inclusi anche gli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) e loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale. A tali istituti, il Titolo IV della L. 22.10.71 n. 865 (artt. 54 e 57) riserva un ruolo determinante per l’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale. Ai sensi dell’art. 93 del DPR 24.7.77 n. 616, ai predetti IACP sono subentrate le ATER (Aziende residenziali per l’edilizia residenziale pubblica). Inoltre, agli IACP (risposta 30.8.2019 n. 358), ai sensi dell’art. 93 del DPR 616/77, sono subentrati, a livello nazionale, enti aventi diversa denominazione, quali ATER, ACER, ALTER. Per quanto concerne il requisito oggettivo, “Sono considerati alloggi di edilizia residenziale pubblica gli alloggi costruiti o da costruirsi da parte di enti pubblici a totale carico o con il concorso o con il contributo dello Stato con esclusione degli alloggi costruiti o da costruirsi in attuazione di programmi di edilizia convenzionata o agevolata” (art. 1 co. 2 DPR 1035/72).
Inoltre, l’art. 1 del citato DPR 1035/72, nell’attuare i principi e i criteri fissati nell’art. 8 della L. 865/71:
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da una parte, ha ricompreso nella categoria dell’edilizia residenziale pubblica soltanto “gli alloggi costruiti o da costruirsi da parte di enti pubblici”;
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dall’altra, ha espressamente escluso “gli alloggi costruiti o da costruirsi in attuazione di programmi di edilizia convenzionata o agevolata”, alloggi realizzati, cioè, da privati operatori (ris. 9.3.85 n. 251276).
Ne consegue che l’edilizia residenziale oggetto dei programmi pubblici di cui al titolo IV, che beneficiano del regime fiscale agevolato, è quella c.d. “sovvenzionata”, ossia realizzata dai soggetti previsti nella L. 865/71, direttamente o indirettamente con fondi pubblici, per la creazione a costi ridotti di abitazioni da assegnare, a condizioni economiche particolarmente favorevoli, a cittadini con redditi bassi o che si trovino in condizioni economiche disagiate (circ. 9.7.99 n. 151).
Secondo l’Ufficio (risposta ad interpello n. 6/2022), è esclusa dall’agevolazione di cui all’art. 32 del DPR 601/73:
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l’edilizia “convenzionata”, ovvero quella diretta a far acquisire la proprietà della casa, per specifiche categorie di persone, attraverso prezzi calmierati in base a convenzioni stipulate con i comuni;
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l’edilizia “agevolata”, finalizzata alla costruzione di alloggi da destinare a prima abitazione, realizzata da privati con finanziamenti messi a disposizione dallo Stato o dalle Regioni, a condizioni di particolare favore, e con contributi in conto interessi e a fondo perduto.
Inoltre, la medesima disciplina (art. 32), trova applicazione con riferimento a tutte le convenzioni e atti di cui all’art. 40-bis della legge provinciale di Bolzano n. 13/97, per i quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e di riscossione ai sensi della normativa vigente o rispetto ai quali non sia stata emessa sentenza passata in giudicato.
Cessione di terreno a terzi per la realizzazione di obblighi posti nella Convenzione
L’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello 27.2.2020 n. 76) ha chiarito che il regime di favore (imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali ex art. 32 co. 2 DPR 601/73) di cui all’art. 20 co. 2 L. 10/77 (nel presupposto che sia riconducibile alle disposizioni di cui alla L. 10/77, e sia propedeutico alla concretizzazione della finalità trasformativa del territorio), opera anche nel caso di cessione di terreno:
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posta in essere da parte del soggetto (risultato non in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi necessari alla realizzazione del predetto intervento) che aveva originariamente stipulato con il Comune la convenzione urbanistica con la quale si impegnava alla realizzazione di un intervento di trasformazione urbana adottato con deliberazione del Consiglio Comunale;
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a favore di altro soggetto (una Cooperativa edilizia), in possesso dei prescritti requisiti.
In sostanza, il regime di favore (imposta di registro fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale) può trovare applicazione poiché l’atto di trasferimento realizza direttamente ed immediatamente la funzione di trasformazione del territorio, così come disciplinata dalla Convenzione stipulata tra il privato (proprietario dei terreni) e l’ente pubblico.
Inoltre, nel caso di specie, la Convenzione conteneva una clausola che legittimava la possibilità di trasferire a soggetti terzi tutti gli obblighi derivanti dalla medesima, trasmettendo alla Pubblica Amministrazione stessa copia delle relative note di trascrizione.
L’Amministrazione finanziaria ha a tal fine argomentato la propria posizione facendo presente che nel caso in esame il “trasferimento dei terreni” assumeva “ai fini dell’agevolazione in parola, la valenza di un evento negoziale strumentale all’articolazione della trasformazione del territorio, in quanto, in mancanza dello stesso trasferimento, non [sarebbe stato] possibile assolvere agli obblighi di trasformazione del territorio contratti con la convenzione”. Da tale presupposto doveva quindi discendere “una connessione funzionale con la finalità della trasformazione del territorio, proprio in quanto l’atto di trasferimento in parola trova la propria causa nella convenzione stipulata tra l’ente territoriale ed il soggetto attuatore”.
Transazione tra due Comuni - Inapplicabilità della normativa agevolata
L’agevolazione di cui all’art. 20, co. 2, L. 10/77 consistente nel pagamento dell’imposta di registro in misura fissa e nell’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale vale solo per gli atti «preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché [per] tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi», ed è quindi di stretta applicazione.
Ne consegue che detta agevolazione non possa essere applicata per analogia alla transazione tra due Comuni con cui questi ultimi definiscono una controversia pattuendo il trasferimento di un compendio immobiliare oggetto di contenzioso verso il pagamento di una somma di denaro.
Nel caso rappresentato, infatti, manca uno degli elementi costitutivi per beneficiare dell’agevolazione, consistente nell’esistenza di un “accordo o convenzione tra privati ed enti pubblici”, ovvero di “ atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi”.
È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello 341 del 13.5.2021.