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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Angelo Busani

    Editore:

    IPSOA

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    IMMOBILI 2022

    49. AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: REVOCA E DECADENZA

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    INQUADRAMENTO GENERALE ► Si possono verificare vicende che pregiudicano la possibilità per il contribuente di conservare le agevolazioni “prima casa” richieste.
    REVOCA O DECADENZA ► Per “decadenza” si intende la situazione di un soggetto che, a causa della propria inerzia, non può beneficiare del vantaggio che egli avrebbe avuto se invece non fosse stato inerte; per “revoca”, invece, si intende la situazione nella quale il beneficio fiscale viene meno a causa del tradimento delle aspettative che lo Stato aveva riposto sul contribuente concedendogli il beneficio fiscale.
    CONSEGUENZE DELLA REVOCA (E DECADENZA) DELL’AGEVOLAZIONE ► In caso di revoca dell’agevolazione a seguito di alienazione infraquinquennale della casa acquistata con l’agevolazione “prima casa”, (senza che sia effettuato un nuovo acquisto di abitazione entro un anno da detta alienazione) e in caso di mendacità delle dichiarazioni di “impossidenza” richieste dalla legge, all’acquirente quale presupposto per l’ottenimento del beneficio fiscale in parola sono dovute:
    - le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria;
    - una soprattassa pari al 30% delle stesse imposte.
    SOGGETTO OBBLIGATO AL PAGAMENTO ► In tema di imposta sul valore aggiunto la legge prevede espressamente che il recupero sia effettuato nei confronti degli acquirenti. Analogo espresso riferimento manca per quanto riguarda gli atti soggetti a imposta proporzionale di registro: tuttavia, in tale ambito occorre fare riferimento alla solidarietà tra i contraenti.
    PERDITA DEL BENEFICIO E CREDITO D’IMPOSTA ► In caso di perdita dell’agevolazione “prima casa”, il credito d’imposta non può formarsi o, se formato, deve essere cancellato:
    - sia se l’agevolazione “prima casa” non si renda applicabile all’atto di “riacquisto” (o, se applicata, venga poi annullata per mancanza dei presupposti, per revoca o decadenza);
    - sia se l’agevolazione “prima casa”, applicata all’acquisto dell’abitazione poi alienata, venga annullata (per carenza di presupposti, per revoca o sia oggetto di decadenza).
    REVOCA OTTENUTA SU ATTI IMPONIBILI A IVA ► In caso di revoca dell’agevolazione ottenuta in un trasferimento imponibile a IVA, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima.
    RAVVEDIMENTO ► Nel caso in cui si verifichi la perdita dell’agevolazione, ricorrendone i presupposti, il contribuente può accedere all’istituto del ravvedimento operoso.

    TERMINE PER ACCERTAMENTO DELLA PERDITA DEL BENEFICIO ► L’Amministrazione Finanziaria è titolare del potere di accertamento (volto a constatare la perdita dell’agevolazione), cosicché, in ipotesi di “decadenza” valgono le seguenti regole:
    1) l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta deve essere notificato entro 2 anni dal pagamento dell’imposta proporzionale;
    2) la maggiore imposta (diversa da quella dovuta per accertamento di maggior valore) che l’Ufficio può esigere deve invece essere richiesta dall’Ufficio medesimo «a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrenti dalla data:
    - della richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale;
    - di registrazione dell’atto, nel caso di imposta dovuta a seguito di accertamento dell’avvenuta occultazione di corrispettivo;
    - in cui è stata presentata la denuncia di eventi successivi alla registrazione se si tratta di imposta complementare;
    - della notificazione della decisione delle Commissioni tributarie;
    - in cui la decisione della Commissione Tributaria sia divenuta definitiva (nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta);
    - di registrazione dell’atto ovvero dalla data di presentazione della denuncia di eventi successivi alla registrazione se si tratta di imposta suppletiva.
    PAGAMENTO DI SANZIONI ► Qualora sia dovuto il pagamento di sanzioni, l’Amministrazione deve richiederlo a pena di decadenza nel termine stabilito per chiedere l’imposta cui le stesse si riferiscono e, se questa non è dovuta, nel termine di 5 anni dal giorno in cui è avvenuta la violazione.
    PRIVILEGIO SPECIALE IMMOBILIARE ► Il credito dello Stato per imposte (principali, complementari e sup-pletive), sanzioni e interessi di mora in tema di imposta di registro è assistito da privilegio speciale immobiliare.
    PRIVILEGIO PER I CREDITI DELLO STATO ► I crediti vantati dall’Amministrazione Finanziaria sono assistiti da privilegio speciale sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce, cosicché, lo Stato viene preferito nella soddisfazione di detti crediti relativamente ad ogni tributo indiretto.
    COVID-19: SOSPENSIONE DEI TERMINI ► In tema di “agevolazioni prima casa”, è stato sospeso fino al 31.12.2022 il decorso dei termini per evitare la decadenza dal beneficio fiscale. La sospensione ha riguardato:
    - i «termini previsti nella nota II-bis all’articolo 1» del TUR; nonché,
    - il «termine previsto dall’articolo 7» L. n. 448/1998, «ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa».
    PRIVILEGIO IN CASO DI REVOCA PARZIALE ► Si ha una revocabilità parziale dell’agevolazione “prima casa” nell’ipotesi del trasferimento di “parte” degli immobili acquistati con l’agevolazione prima del decorso del termine di 5 anni dalla data del loro acquisto.
    RIFERIMENTI ► Art. 1, secondo periodo e Nota II-bis, TP1 allegata al TUR.

    ► INQUADRAMENTO GENERALE

    Si possono verificare talune vicende che pregiudicano la possibilità per il contribuente di conservare le agevolazioni “prima casa” richieste. Tali eventi sono riconducibili ad una dimensione “patologica” del rapporto ed interessano:

    • sia l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” di cui all’art. 1, secondo periodo, TP1 allegata al TUR (atti traslativi a titolo oneroso);

    • sia l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” di cui all’art. 69, co. 3 e 4, L. 21.11.2000 n. 342, la quale effettua un espresso rinvio alla Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR (atti traslativi a titolo gratuito).

    Possono essere individuate le seguenti fattispecie:

    • Applicazione dell’agevolazione nonostante la mancanza originaria dei presupposti necessari per il suo conseguimento.

    Può accadere che:

    • una volta richieste le agevolazioni “prima casa”, emerga che la casa oggetto di acquisto agevolato sia censita in catasto in una delle categorie per le quali non è possibile l’avvalimento del beneficio fiscale (A/1, A/8 o A/9);

    • si accerti che l’acquirente non sia residente nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato.

    • Mancanza sopravvenuta di uno dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’agevolazione.

    Tale ipotesi si verifica quando l’acquirente non «stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato (non avendola già).

    In tale modo egli si rende inadempiente rispetto alla propria dichiarazione, di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (dichiarazione che la legge medesima dispone dover essere resa «a pena di decadenza») (di cui alla lett. a) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    • Mendacità delle dichiarazioni richieste dalla legge per l’ottenimento dell’agevolazione.

    La dichiarazione “mendace” consiste in una dichiarazione “falsa” e il falso è una alterazione della realtà esistente.

    Vale a dire:

    • la dichiarazione di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, qualora egli già non vi risieda (lett. a) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR);

    • la dichiarazione «di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare» (lett. b) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR);

    • la dichiarazione di «non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni» tempo per tempo vigenti dalla L. 22.4.82 n. 168 in avanti (lett. c) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    • Alienazione infraquinquennale dei beni acquistati con l’agevolazione “prima casa”, senza successivo acquisto infrannuale di una casa destinata ad abitazione principale.

    A tal proposito, la Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR, invero commina la revoca dell’agevolazione per il caso del «trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto» a meno che «il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale».

    Attenzione

    L’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, nella risposta al quesito tributario n. 287-2016/T del 16.1.2017, ha chiarito che, con riferimento alla vendita infraquinquennale, nonostante la disciplina in materia di IVA e quella in materia di imposta di registro utilizzino due espressioni differenti:

    • IVA: “rivendita”;

    • Imposta di registro: gli atti di trasferimento “a titolo oneroso o gratuito”;

    esse si devono interpretare nel medesimo modo, vale a dire nel senso generico di “alienazione”, senza considerare il tenore letterale delle norme.

    ► REVOCA O DECADENZA

    1.Decadenza

    Per “decadenza” si intende la situazione di un soggetto che, a causa della propria inerzia, non può beneficiare del vantaggio che egli avrebbe avuto se invece non fosse stato inerte.

    Ebbene, nonostante il legislatore faccia riferimento all’espressione “decadenza”, in particolar modo nella Nota II-bis, co. 1, lett. a), all’art. 1, TP1, e nell’art. 69, co. 4, L. 21.11.2000 n. 342, pare più appropriato, in certi casi, riferirsi all’espressione “revoca” anche se, come osservato, il legislatore non richiami tale termine.

    Nelle ipotesi sopraindicate si ha sempre la perdita dell’agevolazione a seguito di un provvedimento dell’Amministrazione la quale, accertato l’accaduto, dispone il recupero della differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata, oltre agli interessi, ma con la differenza che:

    • se si tratta propriamente di “revoca” dell’agevolazione (a causa di mendacità delle dichiarazioni di “impossidenza” o di alienazione infraquinquennale), la legge impone espressamente di irrogare la sanzione;

    • se si tratta invece propriamente di “decadenza” (a causa di non avvenuto trasferimento della residenza), nessuna sanzione si dovrebbe rendere applicabile a causa della mancanza, nella legge, di una previsione sanzionatoria in tale evenienza.

    Attenzione

    In altri termini:

    • in caso di “decadenza” propriamente intesa si prende atto che il contribuente non aveva diritto all’agevolazione e, quindi, viene ripristinata la stessa situazione che si sarebbe avuta se l’agevolazione non fosse stata concessa (ma non dovrebbe essere irrogabile alcuna sanzione);

    • in caso di “revoca” si constata il “tradimento” delle aspettative che lo Stato ha riposto sul contribuente concedendogli il beneficio (invero conseguito con il mendacio o sfruttato a fini speculativi, e cioè di subitanea rivendita, e per questo si irroga la sanzione).

    La decadenza dalle agevolazioni “prima casa” può essere la conseguenza di diversi eventi.

    La Corte di Cassazione (24.6.2016, n. 13145) con un’importante pronuncia ha affermato che per accertare l’esistenza dei presupposti per l’avvalimento delle agevolazioni prima casa e il rispetto della normativa in tema di imposta di registro (nella specie, per verificare la superficie di un immobile per il cui acquisto erano state chieste le agevolazioni fiscali per le case non «di lusso»), l’ufficio finanziario, purché autorizzato dalla competente Procura della Repubblica, può accedere nell’abitazione privata del contribuente, anche se lo stesso non sia imprenditore o professionista.

    1.1Decadenza dall’agevolazione per mancato trasferimento della residenza nel Comune entro 18 mesi

    La Nota II-bis, co. 1, all’art. 1, TP1 allegata al TUR dispone, quale presupposto per la concessione dell’agevolazione “prima casa”, che qualora l’acquirente non risieda nel Comune nel quale è ubicata la casa oggetto del suo acquisto, egli possa comunque ottenere l’agevolazione, ma a condizione che:

    • «stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» in detto Comune;

    • «nell’atto di acquisto» egli renda «la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato».

    Siffatta dichiarazione «deve essere resa, a pena di decadenza».

    La Corte di Cassazione (17.1.2018 n. 971) ha chiarito che il contribuente che abbia richiesto le agevolazioni prima casa in occasione di un acquisto, non ha diritto a conservare i benefici fiscali, i quali gli vengono revocati, qualora:

    • pur avendo provveduto a richiedere il trasferimento della residenza in termini;

    • sia riuscito ad ottenere detto trasferimento solo dopo i 18 mesi previsti dalla legge.

    Richiamando un proprio precedente (Cass. 14399/2010), la Suprema Corte ha precisato che «nessuna rilevanza giuridica può rivestire l’eventuale conseguimento della residenza in data successiva al termine fissato o il mancato accoglimento da parte del Comune di una domanda di trasferimento della residenza anteriormente formulata dall’interessato, in assenza dell’accertamento di vizi inficianti il provvedimento che respinga tale richiesta o attinenti al procedimento che lo origina, essendo necessaria, ai fini predetti, l’esatta identificazione della decorrenza degli effetti dell’iscrizione anagrafica».

    1.2Mancanza della dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato

    La mancanza nell’atto di acquisto della dichiarazione «di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato» non provoca un “vero e proprio” caso di «decadenza» in quanto siffatta dichiarazione è un presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” e la sua mancanza impedisce ab origine l’applicazione stessa dell’agevolazione.

    È probabilmente in questo senso che va intesa l’espressione secondo cui l’effettuazione di detta dichiarazione è prescritta «a pena di decadenza».

    Inoltre, dal momento che questa ipotesi non è qualificabile come un caso di «dichiarazione mendace», qualora, nonostante la mancanza della dichiarazione nell’atto di acquisto, l’atto stesso venga comunque beneficiato con la tassazione agevolata, il provvedimento dell’Ufficio che accerti la non concedibilità dell’agevolazione si deve limitare a disporre il recupero della differenza, con gli interessi, tra l’importo della tassazione ordinariamente dovuta e l’importo agevolato applicato in sede di registrazione, ma ovviamente senza applicazione di sanzione.

    1.3Inadempimento della promessa di trasferimento della residenza

    Nel caso dell’inadempimento della promessa di trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa”, entro 18 mesi dalla data del contratto di acquisto, si ha un’effettiva fattispecie di “decadenza” che consegue al decorso infruttuoso del termine di 18 mesi concesso, senza che l’interessato abbia adottato il comportamento cui era tenuto.

    Da questa decadenza dovrebbe derivare solo il recupero della differenza tra l’imposta calcolata in misura “ordinaria” e quella calcolata applicando l’agevolazione “prima casa” (oltre agli interessi dovuti su tale differenza), bensì, non dovrebbe derivare l’applicazione di alcuna sanzione.

    Attenzione

    In tema di agevolazioni prima casa, al fine di evitare la decadenza dal beneficio fiscale, non è sufficiente che il contribuente che in sede di rogito abbia assunto l’impegno di trasferire entro 18 mesi la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto, vi trasferisca invece la sede della propria attività lavorativa, in quanto il legislatore ha ammesso la possibilità di beneficiare delle agevolazioni prima casa solo ove l’acquirente svolga già al momento del rogito la propria attività in detto Comune, essendo invece irrilevante che il trasferimento della sede della propria attività lavorativa avvenga dopo l’atto di acquisto, seppur entro 18 mesi (C.T.P. Milano 20.5.2016 n. 4512/46/2016).

    Lo svolgimento dell’attività lavorativa nel Comune dove è ubicata l’abitazione (di cui all’art. 1, nota II-bis della Tariffa, Parte Prima, DPR 131/86) rileva solo per la concessione del beneficio, e non anche per impedirne la decadenza (mediante riacquisto nel comune ove il contribuente svolge attività lavorativa). Ciò in quanto le disposizioni in materia di agevolazioni prima casa hanno stretta interpretazione.

    È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 5 luglio 2021 n. 18939 la quale ha argomentato la propria posizione evidenziando che la differenza di disciplina trova giustificazione nell’intenzione del legislatore di favorire l’acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale (art. 47 co. 2 Cost.), anche a coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita e, al contempo, di evitare che l’agevolazione possa assecondare intenti speculativi, mediante la concessione del beneficio fiscale ad acquisti, rivendite e successivi acquisti, di fatto sganciati dalla soddisfazione di esigenze abitative (Cass. 28.6.2018 n. 17148), così rimarcando che, ai fini della rilevanza del nuovo acquisto effettuato nell’anno successivo alla rivendita infraquinquennale (sul piano della conservazione delle agevolazioni già godute), deve sussistere il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale, senza che sia sufficiente neppure l’intenzione di detta destinazione, come invece consentito dall’art. 1, nota II-bis, co. 1, lett. a) della Tariffa, Parte Prima, DPR n. 131/86 (Cass. 28.6.2018 n. 17148; e Cass. 28.6.2016 n. 13343; più in generale, Cass. 30.12.2019 n. 34572).

    Attenzione

    In alcuni casi si è però escluso che si verifichi la decadenza dalle agevolazioni fiscali, qualora il contribuente non abbia trasferito la residenza entro i 18 mesi previsti dalla legge.

    A tale proposito:

    • colui che abbia acquistato insieme al coniuge, in regime di comunione legale, un immobile usufruendo delle “agevolazioni prima casa” ma che, prima del decorso dei 18 mesi dall’acquisto, non abbia trasferito la residenza, non decade dal beneficio fiscale qualora prima di detto termine abbia ceduto all’altro coniuge i diritti a lui spettanti sull’immobile, in adempimento degli obblighi assunti in occasione della separazione consensuale omologata dal Tribunale (Cass. 21.9.2017 n. 22023);

    • il contribuente che si sia avvalso delle “agevolazioni prima casa” non decade dal beneficio fiscale qualora, nonostante nell’atto di acquisto di un immobile ad uso abitativo abbia assunto l’impegno di trasferire (entro 18 mesi) la propria residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato, ma entro il predetto termine non l’abbia trasferita, «sia inequivocabilmente dimostrato che in quel medesimo Comune [lo] stesso svolgeva […] la propria attività lavorativa autonoma o dipendente». Ciò vale «qualora in pendenza del termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza il contribuente si trovi nella condizione di non poter adempiere all’impegno assunto di trasferire la residenza» purché, entro i predetti 18 mesi dal rogito il contribuente rettifichi «la dichiarazione resa in atto, indicando di svolgere la propria attività lavorativa nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato». L’atto di rettifica deve essere «redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell’originario atto di acquisto e registrato ed impedirà il verificarsi della decadenza qualora risulti verificato che il contribuente svolge la propria attività nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato». (Risposta a question-time n. 5.11109 - aprile 2017).

    ⊳ Si veda il capitolo 45, par. “Acquisto nel Comune ove l’acquirente svolge la propria attività”.

    1.4Trasferimento della residenza dopo l’alienazione della casa acquistata con l’agevolazione

    Qualora l’acquirente, prima del decorso dei 18 mesi, alieni l’abitazione comprata con l’agevolazione senza ancora aver trasferito la propria residenza nel Comune ove è ubicata tale abitazione, ma trasferisca ugualmente la propria residenza nel Comune (ad esempio, in un appartamento che egli ottenga in locazione), pare potersi concludere che, dal momento che il trasferimento della residenza è avvenuto in ogni caso entro 18 mesi, ciò sia sufficiente ad escludere la decadenza dal beneficio fiscale.

    Qualora poi, a fronte dell’alienazione infraquinquennale, non proceda al “riacquisto” infrannuale, decadrà ma siffatto esempio è distinto rispetto a quello in esame del mancato trasferimento della residenza nel Comune entro 18 mesi. Cosicché:

    • il mancato trasferimento della residenza dovrebbe comportare solo il recupero della differenza d’imposta; mentre;

    • l’alienazione infraquinquennale comporta, in assenza del “riacquisto” infrannuale, anche l’applicazione della sanzione del 30% (Nota II-bis co. 4 all’art. 1 TP1).

    1.5Mancato trasferimento della residenza a causa di alienazione della casa acquistata con l’agevolazione e riacquisto infrannuale di una “abitazione principale”

    Può accadere che l’acquirente si impegni a trasferire la propria residenza entro 18 mesi e che, pendente detto termine, venda l’abitazione e proceda al “riacquisto” infrannuale di altra casa (in ipotesi, in altro Comune), destinandola ad “abitazione principale” (e, quindi, ponendovi la propria residenza).

    Un’interpretazione stringente della disciplina in esame porterebbe alla conclusione per la quale, il “riacquisto” infrannuale di altra abitazione ubicata in un altro Comune, bensì, il mancato trasferimento della residenza nel Comune ove era ubicato l’immobile sarebbe fattispecie idonea a impedire la revoca dell’agevolazione nel «caso di […] trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto», ma non a impedire il recupero della differenza d’imposta nel caso in cui i presupposti per la concessione dell’agevolazione “prima casa” fossero originariamente insussistenti o, se destinati a formarsi successivamente all’atto di acquisto, non siano poi venuti in essere (Consiglio nazionale del notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18.3.2005, § 3.10).

    Occorre tuttavia considerare una interpretazione maggiormente orientata a un’analisi sostanziale della situazione ovvero quella nella quale il contribuente proceda al secondo acquisto in un altro Comune (diverso da quello ove era ubicata la casa oggetto dell’alienazione infraquinquennale) ed entro 18 mesi vi trasferisca la residenza (salvo non si tratti del Comune ove questi aveva tuttora la residenza al momento dell’acquisto): in tale caso il requisito della residenza fissato dalla legge pare ugualmente soddisfatto potendosi pre-supporre così la mancata decadenza dal beneficio fiscale.

    In un simile contesto:

    • l’agevolazione di cui questi beneficiò in sede di primo acquisto non dovrebbe essere oggetto di decadenza (per mancanza del presupposto della residenza) o di revoca (per alienazione infraquinquennale); e

    • in sede di nuovo acquisto, oltre che poter beneficiare di nuovo dell’agevolazione “prima casa”, il contribuente in questione dovrebbe pure potersi avvalere del credito d’imposta che deriva dal “riacquisto” infrannuale (il cui presupposto è che si tratti di un acquisto beneficiato con l’agevolazione “prima casa” effettuato meno di un anno dopo l’alienazione di una abitazione a sua volta acquistata con l’agevolazione predetta, e ciò ai sensi dell’art. 7, co. 1 e 2, L. 448/98).

    Attenzione

    In senso contrario, vale a dire che ricorre un’ipotesi di decadenza dalle “agevolazioni prima casa” qualora il contribuente non abbia trasferito la propria residenza nel Comune ove si trova la casa oggetto del primo acquisto (ed abbia poi rivenduto il bene ed effettuato un nuovo acquisto in un altro Comune), si è espressa parte della giurisprudenza, facendo leva sul criterio «di stretta interpretazione» correlato alla residenza anagrafica, la quale rappresenta il presupposto che consente di beneficiare delle “agevolazioni prima casa”.

    Ebbene, qualora il contribuente abbia assunto l’impegno di trasferire la residenza ma, entro i termini di legge, non abbia fatto fede all’impegno assunto, egli decade dal beneficio fiscale (ove non ricorra un’ipotesi di forza maggiore) e ciò siccome «la realizzazione dell’impegno a trasferire la residenza», «costituisce un vero e proprio obbligo verso il fisco da parte del contribuente, […] poiché la residenza rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto, [per il quale] solo provvisoriamente è concesso dalla legge un differimento al momento della registrazione dell’atto».

    Ne consegue che, ove non venga trasferita la residenza nel Comune entro i termini di legge, il contribuente decade dalle agevolazioni “prima casa” anche qualora venda il primo immobile e ne acquisto uno nuovo in un altro Comune. (C.T.R. Roma, 29.12.2016 n. 9580/16).

    1.6Trasferimento infraquinquennale - Procedimento di separazione in corso - Articolo 19, L. 74/87 - Esenzione

    Il trasferimento infraquinquennale della casa acquistata dai coniugi con le “agevolazioni prima casa”, dopo la presentazione del ricorso per la separazione consensuale presso il Tribunale, ma prima dell’udienza di comparizione dei coniugi, non determina la decadenza dal beneficio fiscale in quanto trova applicazione il regime di esenzione dettato nell’art. 19 della L. 74/87 (Nuove norme sulla disciplina di casi di scioglimento del matrimonio).

    Con riferimento alle disposizioni agevolative previste per i casi di divorzio o di separazione, l’art. 19 della L. 6.3.87 n. 74 prevede un regime di esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa per «Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (...)».

    È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 651 dell’1.10.2021.

    A tale proposito, la Corte Costituzionale con sentenza del 10.5.99 n. 154 ha chiarito che le agevolazioni di cui alla citata L. 74/87 sono applicabili anche nell’ambito dei procedimenti di separazione.

    L’Ufficio ha precisato che al fine di evitare la decadenza dall’agevolazione è necessario che venga emanato dal Tribunale il decreto di omologazione dell’accordo di separazione consensuale e che tale atto, omologato dal Tribunale e notificato a cura dell’istante al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, preveda che l’accordo patrimoniale (relativo alla vendita della casa coniugale) sia elemento funzionale ai fini della risoluzione della crisi coniugale.

    Occorre infine osservare che la Corte di Cassazione, con ordinanza del 21.9.2017 n. 22023, ha affermato che con l’esenzione in parola il legislatore ha inteso favorire gli “atti e convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni immobili all’uno o all’altro coniuge.” Ciò, al fine “di favorire e promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l’adempimento delle obbligazioni che gravano sui coniugi” (cfr. Cass. 22.5.2002 n. 7493 e Cass. 17.2.2001 n. 2347).

    1.7Revoca della dichiarazione di voler trasferire la residenza entro 18 mesi

    Il contribuente che, una volta richieste le “agevolazioni prima casa” in un atto di acquisto, e una volta assunto l’impego di trasferire la residenza nel Comune ove si trova l’immobile acquistato entro 18 mesi dall’atto, si renda conto di non poter adempiere all’obbligo assunto (nel caso di specie a causa del notevole peggioramento di condizioni di salute e disabilità), può rinunciare alle “agevolazioni prima casa richieste”, inviando all’Agenzia delle Entrate un’istanza di revoca della dichiarazione di intenti di voler trasferire la residenza.

    In tale circostanza, l’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria deve riliquidare le imposte, e notificare al contribuente un nuovo avviso di liquidazione dell’imposta dovuta, oltre ad interessi legali, calcolati a decorrere dalla stipula dell’atto di compravendita.

    Secondo l’Agenzia delle Entrate, nella risposta ad interpello n. 4 del 7.1.2022, il contribuente, entro il termine originario di 18 mesi, tuttavia, può cambiare ulteriormente idea, e presentare un’istanza di “revoca” della precedente istanza di riliquidazione, purché risulti in ogni caso integrata la condizione di cui alla lettera a) della Nota II-bis.

    1.8Mancato trasferimento della residenza – Utenze

    Per conservare il beneficio fiscale delle agevolazioni prima casa non è sufficiente dimostrare di abitare nell’immobile producendo le bollette delle utenze. Occorre a tal fine dare la prova dell’effettivo cambio di residenza.

    È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza del 15.2.2022 n. 4839, ove è stato ribadito che "i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, previsti dal DL 22.5.93 n. 155, art. 16 (conv. in L. 19.7.93 n. 243), spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile." (Cass. 10072/2019; 1530/2012, 13345/2016).

    2.Revoca

    Per “revoca” si intende la situazione nella quale il beneficio fiscale viene meno a causa del tradimento delle aspettative che lo Stato aveva riposto sul contribuente concedendogli il beneficio fiscale.

    I provvedimenti di revoca delle agevolazioni sulla prima casa notificati dall’Amministrazione finanziaria ai contribuenti devono essere adeguatamente motivati (Cass. 18.2.2020 n. 4070).

    Ove manchi un’adeguata motivazione, essi sono nulli per difetto di motivazione. Il caso concreto ha riguardato un atto impositivo nel quale si faceva generico riferimento a “controlli d’ufficio”, le cui risultanze non erano state né allegate, né riprodotte.

    2.1Revoca dell’agevolazione per dichiarazione mendace

    Un altro caso indicato nella Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR è quello relativo alla revoca dell’agevolazione “prima casa” «in caso di dichiarazione mendace».

    In tale ipotesi, la citata norma dispone:

    • la revoca dalla tassazione agevolata;

    • l’applicazione degli interessi; e

    • l’applicazione di una sanzione.

    Il legislatore, pur facendo riferimento alla «dichiarazione mendace», omette di specificare quali siano le dichiarazioni il cui mendacio provoca quelle conseguenze.

    Nonostante il silenzio della legge, è in ogni caso possibile individuare quali siano le dichiarazioni cui il citato co. 4 si riferisce, ovverosia, quelle indicate nel co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1, lett. b) e c).

    In entrambi i casi si tratta infatti di dichiarazioni “di scienza” circa la non titolarità di altri immobili e, dunque, si tratta di dichiarazioni che si riferiscono ad una situazione di fatto e, in quanto tale, la dichiarazione può essere veritiera o mendace.

    La Nota II-bis, co. 1 lett. a) all’art. 1, TP1 allegata al TUR prevede inoltre che l’acquirente debba rendere la dichiarazione di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (qualora l’acquirente già non vi risieda) ma, dal momento che si tratta di una dichiarazione “di intenti”, essa non può essere qualificata come “dichiarazione mendace” ove l’intento in essa enunciato non si realizzi.

    Attenzione

    L’Agenzia delle Entrate (circ. 69/E, 14.8.2002) ha chiarito che «nel caso in cui l’intento dichiarato in atto sia reso inattuabile solo in un momento successivo alla compravendita, […] non si ravvisa, in detta ipotesi, l’elemento della falsità della dichiarazione, essenziale per la sanzionabilità della fattispecie».

    Attenzione

    Il contribuente che abbia beneficiato delle agevolazioni prima casa (in relazione ad un atto risalente all’anno 2002) e per ottenerle abbia dichiarato fal-samente che l’abitazione non aveva i requisiti di lusso, non può essere sanzionato in quanto, per effetto della modifica normativa di cui all’art. 10 del DLgs. 23/2011, la caratteristica “non di lusso” dell’abitazione e la conseguente dichiarazione non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento in quanto il parametro oggi rilevante è quello catastale (Cass. 8.2.2017 n. 3357).

    Da quanto detto si ricava che:

    Dichiarazione di voler stabilire«entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (Nota II-bis, co. 1, lett. a) all’art. 1, TP1, allegata al TUR) Nel caso in cui la dichiarazione non abbia attuazione:
    - il contribuente dovrebbe incorrere nella decadenza dalla concessa agevolazione cui consegue il recupero della differenza tra l’importo dell’imposta ordinaria e l’importo della imposta agevolata, oltre agli interessi;
    - non gli si dovrebbe applicare la sanzione di cui alla Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR.Si tratta di una promessa non adempiuta non di una dichiarazione mendace.
    Dichiarazione «di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare» (NotaII-bis, co. 1, lett. b) all’art. 1, TP1, allegata al TUR) Nel caso in cui la dichiarazione (circa la “impossidenza”) si riveli mendace:
    - si verificano i presupposti per la revoca dell’agevolazione con la conseguenza del recupero:della differenza tra l’importo dell’imposta ordinaria e l’importo della imposta agevolata;
    - degli interessi;
    - dell’applicazione della sanzione di cui alla Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR.
    Dichiarazione di «non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legalesu tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all’articolo […..]» (Nota II-bis, co. 1, lett. c) all’art. 1, TP1 allegataal TUR) Nel caso in cui la dichiarazione (circa la “impossidenza”) si riveli mendace:
    - si verificano i presupposti per la revoca dell’agevolazione con la conseguenza del recupero:
    - della differenza tra l’importo dell’imposta ordinaria e l’importo della imposta agevolata;
    - degli interessi;
    - dell’applicazione della sanzione di cui alla Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR.

    2.2Revoca dell’agevolazione per trasferimento infraquinquennale

    La Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1, commina la revoca dell’agevolazione per il caso del «trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto» a meno che «il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale».

    Si osservi che la vendita infraquinquennale di una sola quota dell’unità immobiliare acquistata con le agevolazioni prima casa, senza procedere al riacquisto entro un anno dall’alienazione, determina la decadenza parziale dalle agevolazioni in parola, dovendosi rispettare il principio di proporzionalità (Cass. 8.10.2018 n. 24658; CNN Studio n. 30/2005/T del 18.3.2005).

    In altri termini, l’agevolazione “prima casa” è concessa sul presupposto si tratti di un acquisto “stabile” e non effimero di una proprietà abitativa e, quindi, la ratio della disposizione va individuata nella volontà legislativa di evitare che la casa oggetto di acquisto agevolato venga immediatamente (o comunque dopo poco tempo) alienata:

    • sia a titolo oneroso, con intento speculativo da parte di compra e poi rivende;

    • sia a titolo gratuito, con ciò ponendo in essere un acquisto non “stabile” ma “temporaneo” o “transitorio”.

    La Corte di Cassazione (13.5.2021 n. 12813) ha chiarito che è sufficiente che il riacquisto infrannuale per evitare la decadenza dal beneficio fiscale avvenga con scrittura privata registrata (al fine di conferire data certa), non essendo a tal fine necessario l’adempimento della formalità della trascrizione, preordinata esclusivamente ad attribuire “effettività” e “stabilità” al trasferimento. Ne consegue che, ove manchi la trascrizione, l’Agenzia delle Entrate non può richiedere il pagamento della maggiore imposta.

    Riferimento al termine «trasferimento»

    Il legislatore fa riferimento al concetto di «trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo». Ebbene, l’utilizzo del concetto di «trasferimento» e la specificazione «a titolo oneroso o gratuito» impongono di comprendere in tale concetto qualsiasi tipologia di attività alienativa: ad esempio, compravendita, permuta, donazione, dazione in pagamento, conferimento in società, ecc.

    Occorre considerare che un “trasferimento” si può avere anche in fattispecie di minor frequenza, quali:

    • nel campo degli atti a titolo oneroso: la dazione in pagamento, la transazione, la costituzione di una rendita; e

    • nel campo degli atti a titolo gratuito: il patto di famiglia, il fondo patrimoniale “traslativo”, l’assoggettamento al regime di comunione legale dei beni, la dotazione di una fondazione o di un trust, ecc.

    Al contrario, fuoriescono da questo ambito, ad esempio: la divisione che abbia ad oggetto una abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa” da meno di 5 anni nonché l’istituzione di un vincolo di destinazione o di un trust “autodichiarato” aventi sempre ad oggetto una abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa” da meno di 5 anni (rientra invece nel concetto di «trasferimento» l’atto istitutivo di un trust con devoluzione dal disponente al trustee della proprietà di una abitazione comprata dal disponente stesso da meno di 5 anni).

    3.Casi di revoca o decadenza delle agevolazioni prima casa

    Frazionamento dell’immobile acquistato con le agevolazioni prima casa prima del decorso del quinquennio

    Il frazionamento dell’immobile acquistato con le agevolazioni prima casa mediante creazione di due distinti appartamenti e la loro successiva vendita prima del decorso di 5 anni determina la decadenza dal beneficio fiscale e legittima l’Amministrazione finanziaria ad agire per il recupero della maggiore imposta entro 3 anni dall’ultima delle due vendite (Cass. 23.1.2019 n. 3783).

    Caso del conferimento di immobile in trust

    Il trasferimento infraquinquennale della casa acquistata con le “agevolazioni prima casa” ad un Trust, senza procedere ad un nuovo acquisto infrannuale, determina la revoca dei benefici fiscali (“agevolazioni prima casa”) richieste dal contribuente al momento dell’acquisto. È fatto salvo il caso del Trust autodichiarato, ove il trustee ed il disponente sono la stessa persona.

    Si tratta del principio espresso dalla C.T.R. Lazio (sent. 5.2.2021 n. 716) riferita al caso di un minore al quale i genitori avevano donato un’abitazione, per la quale il donatario aveva richiesto le agevolazioni prima casa. Detto immobile però, prima del decorso di 5 anni dall’acquisto, era stato trasferito ad un Trust, in persona del trustee, vale a dire della sorella del disponente. Essendo il trustee soggetto diverso, secondo il Collegio Capitolino non si poteva conservare il beneficio fiscale.

    *****

    Con la sent. 716/2021 della CTR Lazio è stato quindi completamente “ribaltato” il principio prima sostenuto dalla C.T.P. di Savona, 26.10.2016 n. 559.

    In quell’occasione i giudici tributari liguri avevano affermato che il conferimento in trust di un immobile, per l’acquisto del quale l’acquirente-disponente aveva richiesto le “agevolazioni prima casa”, anteriormente al decorso del quinquennio, e senza procedere al riacquisto di un’altra abitazione entro l’anno successivo, non provoca la revoca del beneficio fiscale dal momento che dalla cessione dell’immobile al trust non deriva alcun arricchimento patrimoniale immediato del beneficiario, che si avrà solo alla scadenza del trust, quando si realizzerà il trasferimento a favore dei beneficiari finali. Il conferimento di beni in trust si deve infatti considerare un “atto neutro” dal momento che manca qualsiasi genere di corrispettivo e tenuto conto che ha già scontato le imposte di donazione e catastali in misura fissa.

    Caso della donazione simulata infraquinquennale della casa acquistata con le agevolazioni prima casa e mutuo dissenso

    Il trasferimento a titolo di donazione della casa acquistata con le “agevolazioni prima casa” anteriormente al decorso di 5 anni dall’acquisto, senza procedere al reinvestimento entro un anno dalla dismissione del bene, non impedisce la decadenza dal beneficio fiscale nemmeno se le parti abbiano dichiarato che si era trattato di donazione simulata, poiché “il negozio simulato ex art. 1414 c.c. non produce effetti tra le parti e, tuttavia, produce effetti nei confronti dei terzi in base all’art. 1415 c.c. secondo cui la simulazione non può essere opposta dalle parti contraenti ai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione”.

    Nemmeno consente di evitare la decadenza dal beneficio fiscale, l’atto di mutuo dissenso della donazione stipulato 2 anni dopo la donazione medesima, ma una volta notificato l’avviso di liquidazione

    L’atto di mutuo dissenso, quale atto contrario, riporta le parti alla situazione esistente prima della stipula dell’atto, ma senza effetti retroattivi, tuttavia, “l’effetto risolutorio attiene unicamente ai rapporti tra le parti e non già ai terzi, come si desume dall’art. 1373 c.c.” (Cass. 29.8.2018 n. 21312).

    Caso della donazione risoluzione per mutuo consenso di atto di donazione di immobile acquistato con le agevolazioni prima casa

    L’atto di risoluzione di una donazione immobiliare per “mutuo consenso” determina la “retrocessione” del bene donato nuovamente in capo all’originario donante e configura un nuovo contratto di donazione.

    Ne consegue che non decade dalle “agevolazioni prima casa” il contribuente (già donante) che medio tempo ha acquistato un nuovo immobile poiché nel momento del nuovo acquisto egli soddisfa i requisiti di cui alla Nota II-bis posta in calce all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al DPR 26.4.86 n. 131, vale a dire che non risulta possessore di altro immobile acquistato con le agevolazioni prima casa, posto che quest’ultimo è stato donato (cosicché se ne è spossessato).

    Il caso concreto ha riguardato:

    • una donazione stipulata in data 7.10.2005 dal contribuente ai genitori, avente ad oggetto un’abitazione acquistata in data 18.11.1998 con le agevolazioni “prima casa” (donazione poi risolta per mutuo consenso);

    • un successivo acquisto immobiliare, in data 13.1.2006, fruendo delle agevolazioni “prima casa” (Agenzia delle Entrate risposta ad interpello 29.10.2019 n. 443).

    Principio ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 77 del 2.2.2021.

    Nel medesimo senso, vale a dire che lo scioglimento per mutuo dissenso di una precedente donazione per la quale era stato richiesto il beneficio “prima casa” non determina la decadenza dal beneficio fiscale, si è pronunciata la Corte di Cassazione (ord. 21.6.2021 n. 17631), argomentando la propria posizione sul fatto che il contribuente che ha richiesto di avvalersi delle “agevolazioni prima casa”, al momento dell’avvalimento non ha reso alcuna dichiarazione mendace, non essendo proprietario di altri immobili.

    Eventualmente grava sull’Ufficio l’onere di provare che ricorre un’ipotesi di abuso del diritto.

    Si tratta del caso in cui un contribuente:

    • dona un’abitazione di sua proprietà;

    • acquista un’altra abitazione usufruendo delle agevolazioni prima casa;

    • risolve la precedente donazione, divenendo di nuovo proprietario della casa donata.

    I giudici hanno ritenuto che non assume rilievo la questione della decorrenza degli effetti della risoluzione consensuale del contratto, tenuto conto che:

    • sia che l’effetto retroattivo operi automaticamente;

    • sia che tale effetto costituisca oggetto di espressa pattuizione delle parti; esso comunque riguarda solo i loro rapporti interni.

    A tale proposito, l’articolo 1372 del Codice civile, dopo aver stabilito che il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto per mutuo consenso o per le cause ammessa dalla legge, precisa anche che il medesimo contratto, salvo ipotesi particolari previste dalla legge, non produce effetti rispetto ai terzi. E tale statuizione non può non riguardare anche l’accordo con il quale si risolve consensualmente il contratto già stipulato.

    *****

    Nel medesimo senso, dell’assenza di decadenza dalle agevolazioni “prima casa” il contribuente che stipuli un contratto di “mutuo dissenso” di una precedente donazione nella quale il donatario aveva richiesto le “agevolazioni prima casa”, si è pronunciata la Corte di Cassazione (30.4.2021 n. 11401) che ha argomentato la propria posizione affermando che, nel caso di specie, l’accordo risolutorio non ha «prodotto un effetto traslativo del bene, ma ha posto nel nulla l’atto di donazione con effetti retroattivi», sicché esso era da considerarsi «tamquam non esset», vale a dire come se non fosse mai stato stipulato. La ragione della mancata decadenza risiede quindi nel fatto che il mutuo dissenso cancella integralmente il negozio precedente.

    Caso della risoluzione di donazione immobiliare per mutuo consenso nell’ambito di un procedimento di negoziazione assistita

    La risoluzione di un contratto di donazione immobiliare per “mutuo consenso” dal marito alla moglie, stipulato nell’ambito di un accordo di negoziazione assistita, non determina la decadenza dalle “agevolazioni prima casa” richieste dal marito in occasione dell’acquisto di altro immobile ubicato nel medesimo comune ove si trova quello oggetto di donazione, in quanto occorre considerare la sussistenza del requisito dell’impossidenza al momento dell’acquisto della “prima casa”.

    In sostanza, occorre capire se l’efficacia del negozio risolutivo di una precedente donazione sia o meno retroattiva, stante che la risoluzione per “mutuo consenso” del precedente contratto di donazione comporta il riacquisto da parte del donante della proprietà dell’immobile abitativo, oggetto di donazione:

    • se retroattiva - c.d. “efficacia ex tunc” - è come se il contratto risolto (vale a dire il contratto di donazione originario) non fosse mai stato stipulato;

    • se non retroattiva - c.d. “efficacia ex nunc” - il contratto risolto determina la possidenza di un altro immobile in capo al contribuente nel momento stesso in cui esso si risolve.

    Ciò rileva nel caso in esame poiché in materia di “agevolazioni prima casa” è necessario che il contribuente che richiede il beneficio fiscale soddisfi il requisito dell’impossidenza di altro immobile di cui alla lettera b) della Nota 2-bis in calce all’articolo 1 TP1 secondo cui, al momento dell’acquisto, deve dichiarare: “di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare”.

    In sostanza:

    • se al negozio risolutivo viene attribuita efficaciaex tunc, nessuna ripercussione si produce sul successivo acquisto effettuato con le “agevolazioni prima casa”, posto che viene fotografata la situazione al momento dell’acquisto quando il contribuente soddisfava il requisito dell’impossidenza;

    • se al negozio risolutivo viene attribuita efficaciaex nunc, il contribuente che ha acquistato un altro immobile medio tempore, usufruendo delle “agevolazioni prima casa”, non si trova più nella condizione di impossidenza richiesta dalla legge.

    L’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello n. 158 del 28 maggio 2020) ha chiarito che nel caso di specie, ove il marito intendeva risolvere la donazione effettuata alla moglie solo in via temporanea, e nell’ambito di un procedimento di negoziazione assistita, considerando il programma negoziale, la risoluzione della donazione che aveva generato il requisito dell’impossidenza non avrebbe determinato la decadenza dalle “agevolazioni prima casa”.

    Peraltro, stante che il negozio risolutorio sarebbe stato stipulato nell’ambito di un accordo di separazione tra coniugi, avrebbe scontato l’applicazione del regime fiscale agevolato di cui all’articolo 19, della legge 6 marzo 1987 n. 74, secondo cui: «tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (...) sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa».

    Caso del trasferimento infraquinquennale nell’ambito di un accordo di separazione consensuale omologato

    L’alienazione della casa acquistata con le agevolazioni prima casa, anteriormente al decorso di 5 anni dall’acquisto, senza procedere al reinvestimento entro un anno, in adempimento di un obbligo assunto nell’accordo di separazione consensuale omologato, non determina la decadenza dalle agevolazioni prima casa. (C.T.P. Ravenna n. 115/1/18, che ribadisce quanto deciso da Cass. 29.3.2017 n. 8104). Il giudice tributario ha richiamato una precedente decisione della Suprema Corte (16.3.2016 n. 5156) nella quale, con riferimento alle agevolazioni tributarie, era stato ribadito che l’attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale, in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale, non costituisce una forma di alienazione dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici c.d. “prima casa”, ma una modalità di utilizzazione dello stesso correlata ai giudizi di separazione e di divorzio, che resta svincolata dalla corresponsione di alcun corrispettivo e, quindi, priva di intento speculativo. (Nello stesso senso si è pronunciata la C.T.R. Lazio con sent. 2540/21, 14.5.2021).

    La più recente giurisprudenza (Cass. 5156/2016; 860/2014; 22023/2017) ritiene irragionevole la decadenza dai benefici prima casa in quanto il trasferimento, avvenuto in attuazione dei patti di separazione, non manifesta, nella sostanza, un intento speculativo, essendo finalizzato a regolare i rapporti, successivi alla separazione, fra i coniugi, nell’ambito di un più generale assetto degli interessi delle parti, compreso quello eventuale dei figli.

    Caso del trasferimento infraquinquennale di immobile acquistato con le “agevolazioni prima casa” - Accordo di separazione siglato davanti all’Ufficiale di Stato civile

    Decade dalle “agevolazioni prima casa” il contribuente che abbia ceduto a terzi la casa acquistata con il beneficio fiscale prima del decorso di 5 anni, a seguito di un accordo di separazione siglato davanti all’ ufficiale di stato civile di un Comune italiano, ai sensi dell’art. 12 DL 132/2014, e non riacquisti un altro immobile entro un anno dalla cessione.

    Non è infatti possibile applicare al caso in esame quanto previsto nell’art. 19 della L. 6.3.1987 n. 74 in virtù del quale “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970 n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

    Si tratta dei chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 80 del 27.02.2020.

    L’Ufficio ha argomentato la propria posizione considerando l’istituto della separazione consensuale tramite accordo concluso innanzi al sindaco, quale ufficiale di stato civile (art. 12 DL 132/2014), il quale “non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”: la procedura in esame consiste in una modalità semplificata di separazione, in cui la presenza dei difensori non è obbligatoria, e che è soggetta a precise limitazioni.

    Ne consegue che eventuali pattuizioni aventi ad oggetto trasferimenti patrimoniali non possono essere considerate parte integrante della descritta procedura di separazione consensuale.

    Occorre infine osservare che l’art. 12 DL 132/2014 stabilisce che “I coniugi possono concludere, innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile a norma dell’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970 n. 898, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti. L’ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate. Allo stesso modo si procede per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale. L’atto contenente l’accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente comma. L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”.

    Caso della cessione del contratto prima del decorso dei 5 anni -Contratto di vendita con riserva di proprietà soggetto ad IVA

    Il contribuente che ha acquistato un’abitazione da una società costruttrice con contratto di vendita con riserva di proprietà, soggetta ad IVA, richiedendo le agevolazioni sulla prima casa e che, anteriormente al saldo del prezzo, col consenso della società venditrice, ceda il contratto ad un terzo, che quindi (contestualmente o successivamente) salderà l’ultima rata del prezzo ed acquisterà la proprietà dell’immobile, decade dalle agevolazioni prima casa ove il contratto venga ceduto prima del decorso del quinquennio previsto dalla legge per conservare dette agevolazioni.

    Resta salva la possibilità del cessionario di scontare il tributo, in presenza delle condizioni previste dalla legge, ove l’atto di cessione del contratto avvenga tra due soggetti che non esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo (e sia quindi soggetto alla disciplina del tributo di registro: ai sensi dell’art. 31, DPR 131/86 la cessione del contratto è soggetta all’imposta con l’aliquota propria del contratto ceduto).

    In base alla disciplina IVA, la vendita con riserva di proprietà è considerata cessione di beni e, nel caso in cui l’oggetto sia costituito da un immobile, la vendita si considera effettuata al momento della stipulazione del contratto, anche se gli effetti traslativi (ai fini civilistici) si realizzano posteriormente (art. 2 co. 2 n. 1 e art. 6 co. 1 DPR 26.10.72 n. 633).

    Sotto il profilo fiscale, prevale la “fictio iuris” secondo cui gli effetti della vendita con riserva di proprietà si realizzano in maniera definitiva sin dalla stipula del contratto, essendo irrilevante il successivo trasferimento della proprietà con il pagamento dell’ultima rata del prezzo concordato, con la conseguenza che l’imposta si applica sull’intero prezzo pattuito tra le parti per vendita. (Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato nella risposta al quesito tributario n. 165-2016/T).

    Caso della cessione del contratto prima del decorso dei 5 anni -Contratto di vendita con riserva di proprietà soggetto ad imposta di registro

    In caso di vendita infra quinquennale a rate, ai sensi dell’art. 1523 del Codice civile (con riserva della proprietà), di immobili acquistati con le agevolazioni prima casa, il venditore decade dal beneficio fiscale se non effettua un riacquisto di altra casa entro un anno dall’atto della rivendita (e non già entro un anno da quando viene pagata l’ultima rata di prezzo, e quindi trasferita la proprietà).

    Analogamente, decade dalle agevolazioni fiscali relative all’imposta sostitutiva sul mutuo.

    Occorre a tal fine distinguere:

    • il profilo civilistico della vendita a rate (ex art. 1523 del Codice civile), ove il trasferimento della proprietà avviene con il pagamento dell’ultima rata di prezzo;

    • dal profilo fiscale, ove l’art. 27, co. terzo, TUR sancisce che “non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore”.

    Ne consegue che in caso di vendita a rate, con riguardo all’imposta di registro dovuta, l’effetto traslativo si considera realizzato al momento della stipula e non con il pagamento dell’ultima rata.

    È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello del 24.9.2020 n. 409 riferita al caso di un contribuente che aveva venduto con riserva della proprietà alcuni immobili (acquistati il 4.12.2015, usufruendo delle agevolazioni fiscali), per i quali il pagamento del prezzo era stato dilazionato in dodici rate, con acquisto da parte del compratore del diritto di proprietà sugli stessi a seguito del pagamento dell’ultima rata, avente scadenza 1.12.2019.

    Caso dell’errata indicazione nella nota di trascrizione del codice di trascrizione della dichiarazione di nomina nel primo acquisto agevolato - assenza del requisito di impossidenza

    Al fine di stabilire se ed in quali limiti un determinato atto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivo al contenuto della nota di trascrizione, unico strumento funzionale, ex lege, alla conoscenza, per gli interessati, del contenuto, dell’oggetto e del destinatario dell’atto.

    A tale proposito, le indicazioni riportate nella nota devono consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota, viene depositato presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

    Ne consegue che decade dalle agevolazioni prima casa il contribuente che acquisti un nuovo immobile (anno 2005) richiedendo nuovamente le agevolazioni prima casa, qualora:

    • abbia già acquistato un immobile con richiesta dei benefici prima casa (anno 2003), e con riserva della facoltà di nomina di altro soggetto beneficiario; e,

    • abbia effettuato nel termine di cui all’art. 1402 c.c., la dichiarazione di nomina del “riservatario”;

    ove la dichiarazione di nomina sia stata erroneamente codificata nella nota di trascrizione:

    • con codice generico “100”: “dichiarazione di comando”; e non,

    • con il codice specifico “130”: “dichiarazione di nomina”;

    e la trascrizione sia stata effettuata:

    • contro i danti causa del contraente “nominante” e a favore della persona nominata;

    • e non direttamente contro il contraente “nominante” e a favore della persona nominata;

    come previsto nella circ. dell’Agenzia delle Entrate n. 24/E del 17.6.2015 in tema di Pubblicità Immobiliare.

    In un simile caso, infatti, vale a dire ove la dichiarazione di nomina sia stata erroneamente codificata nella nota di trascrizione, il contribuente risulta tuttora proprietario del primo immobile.

    A nulla vale la successiva rettifica (anno 2009) della trascrizione indicando come soggetto “contro” il contraente riservante e il codice specifico previsto per la dichiarazione di nomina (poiché eseguita una volta acquistato il primo immobile).

    Nel caso concreto, la decadenza dal beneficio prima casa (con riferimento al secondo acquisto, avvenuto nell’anno 2005) era stata eccepita dall’Amministrazione finanziaria, per carenza del requisito dell’impossidenza (posto che dai Pubblici Registri il contribuente risultava tuttora proprietario dell’immobile acquistato nell’anno 2003) (Cass. 17.7.2019 n. 19189).

    Caso della realizzazione di un’opera abusiva dopo l’acquisto - Non determina decadenza

    In tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, la realizzazione di un’opera abusiva in assenza di titolo autorizzativo, o in contrasto con lo stesso ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, in epoca successiva alla stipula dell’atto di acquisto, non determina la decadenza dall’agevolazione fiscale, atteso che le disposizioni in tema di decadenza sono, per loro natura, di stretta interpretazione, e non trovano applicazione nell’ipotesi in cui l’abuso edilizio (nella specie, una veranda) sia conseguito alla data di registrazione dell’atto.

    L’art. 49 del DPR 380/2001 (già L. 17.8.42 n. 1150, art. 41-ter) dispone infatti che l’acquisto di immobili interessati da interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici, ma occorre osservare che tale norma si riferisce al caso in cui l’abuso sia precedente all’atto di acquisto e non successivo (Cass. 4.3.2016 n. 4351).

    Caso di abitazione pre-posseduta acquistata per ½ a titolo oneroso e per ½ gratuito - Rivendita entro un anno solo della quota acquistata a titolo oneroso

    Il contribuente che abbia acquistato una casa, a titolo oneroso, richiedendo le agevolazioni “prima casa”, pur essendo proprietario di un’altra casa pre-posseduta, acquistata anni addietro:

    • per metà, in forza di atto a titolo gratuito, per donazione; e

    • per l’altra metà, in forza di atto a titolo oneroso, per vendita, beneficiando delle agevolazioni “prima casa”;

    al fine di ottemperare a quanto previsto nel co. 4-bis della Nota II-bis posta in calce al TUR (che consente di acquistare una nuova abitazione chiedendo le agevolazioni “prima casa”, a condizione sia “alienato entro un anno dalla data dell’atto” la casa pre-posseduta), deve alienare solo la quota della metà acquistata a titolo oneroso.

    Con riferimento alla restante quota, acquistata a titolo gratuito, occorre osservare che trova applicazione l’art. 69, co. 3 e 4, L. 342/2000, e che la titolarità di un diritto acquistato con l’agevolazione in parola (di cui all’articolo 69, co. 3 e 4, della L. 342/2000) non esclude la possibilità di fruire del regime di favore “prima casa” nell’ipotesi di successivo acquisto a titolo oneroso di altra abitazione. A tale proposito, l’Agenzia delle Entrate con circ. del 7.5.2001 n. 44 ha chiarito che «l’applicazione dell’agevolazione in argomento [articolo 69, commi 3 e 4, legge n. 342/2000] non preclude la possibilità, in sede di successivo acquisto a titolo oneroso di altra abitazione, di fruire dei benefici previsti dall’articolo 1, comma 1, quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, per la diversità dei presupposti che legittimano l’acquisto del bene in regime agevolato» (cfr. circ. n. 18/E del 29.5.2013, al paragrafo 5.4 e ris. 4.7.2017 n. 86/E).

    Ne consegue che per evitare la decadenza dal beneficio fiscale, il contribuente debba procedere entro un anno dal nuovo acquisto alla vendita della casa preposseduta solo per riferimento alla quota della metà, acquistata a titolo oneroso.

    Infine, l’Ufficio ha chiarito che la suddetta alienazione può essere realizzata sia con atto a titolo gratuito, sia con atto a titolo oneroso.

    Si tratta dei chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 228 del 2 aprile.

    Caso della revoca dalle “agevolazioni prima casa” - Casa preposseduta - Istanza per cambio di destinazione d’uso non perfezionata

    Decade dalle agevolazioni prima casa il contribuente che, già proprietario di una casa in un Comune, ne abbia acquistata un’altra richiedendo le “agevolazioni prima casa”, sul presupposto di aver presentato, con riguardo alla casa preposseduta, un cambio di destinazione d’uso da abitazione in ufficio. Per evitare la revoca del beneficio fiscale a nulla rileva che 3 anni prima del rogito di acquisto della nuova abitazione, il contribuente avesse presentato istanza per cambio di destinazione d’uso, e che detto procedimento non si fosse perfezionato. Nel caso di specie manca il requisito dell’impossidenza di altra casa adibita ad abitazione ubicata nello stesso Comune, cosicché le agevolazioni prima casa devono essere revocate.

    È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 23.4.2021 n. 10864. I giudici hanno infatti ricordato che i “benefici fiscali “prima casa” di cui all’art. 1, nota II bis, lett. b), della Tariffa allegata al DPR 26.4.86 n.131, spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base a risultanze certificate, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto o uso di altro immobile ubicato nel medesimo Comune, senza che, a tal fine, possano rilevare situazioni di fatto contrastanti con le risultanze del dato anagrafico” (Cass. 26.3.2014 n. 7069).

    4.Plusvalenza immobiliare - Il termine di 5 anni

    Il termine di 5 anni preso in considerazione dal legislatore per considerare un acquisto “stabile” è anche quello cui riferirsi ai fini della plusvalenza immobiliare, la quale è dovuta in caso di cessione a titolo oneroso dell’immobile.

    Ciò si ricava da quanto disposto dall’art. 67, co. 1, lett. b), DPR 22.12.86 n. 917, secondo cui «sono redditi diversi […] b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari».

    Attenzione

    Deve essere tassata ai fini della plusvalenza (art. 67, co. 1, DPR 917/86) l’operazione di acquisto di un’unità immobiliare (nella quale l’acquirente ha trasferito la residenza per un breve periodo), rivenduta prima del decorso dei 5 anni e ciò siccome emerge l’intento speculativo, nel caso concreto dimostrato anche dai bassi consumi risultanti dalle utenze domestiche (Cass. 13.7.2016 n. 14270).

    Attenzione

    Nell’ipotesi in cui un immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” da un soggetto IRPEF venga venduto prima del decorso del quinquennio dall’acquisto, ove detto immobile sia in parte adibito ad abitazione principale del venditore ed in parte locato a terzi, la parte di prezzo relativa a quest’ultima porzione genera plusvalenza (art. 67, co. 1, lett. b), DPR 22.12.86 n. 917 - «redditi diversi»), ove vi sia una differenza positiva tra il valore d’acquisto e il prezzo di vendita.

    La plusvalenza deve infatti essere ripartita in due quote:

    • una (non imponibile a IRPEF) riferita alla porzione dell’immobile adibita ad abitazione del contribuente o di un suo familiare; e

    • l’altra (imponibile) riferita alla porzione dell’immobile destinata ad abitazione di soggetti diversi dal contribuente o di suoi familiari (nel caso di specie i locatari del contribuente).

    Qualora il contribuente pretenda di considerare l’intera plusvalenza non imponibile per il fatto che una porzione dell’immobile è adibita a sua abitazione principale, incorre nel reato di dichiarazione infedele ove vi sia il superamento della soglia di punibilità dell’art. 4 del DLgs. 74/2000 (Cass. pen. 7.9.2016 n. 37169).

    Calcolo del quinquennio

    Per calcolare il quinquennio di cui alla Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR occorre considerare le regole dettate in tema di prescrizione e, precisamente:

    • in merito al dies a quo, ovvero il giorno dal quale decorre detto termine annuale, si deve considerare il contenuto dell’art. 2963, co. 2, c.c., secondo cui «non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine» (art. 2963, co. 2, c.c.);

    • in merito al dies ad quem, ovverosia il giorno dal quale spira il termine annuale concesso dalla legge per il “riacquisto” occorre considerare sempre il contenuto dell’art. 2963, co. 2, c.c., per il quale il termine scade «con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale».

    Pertanto, se l’acquisto è datato 9.6.2015, il dies a quo sono le ore 00.01 del 10.6.2015 e il dies ad quem sono le ore 24.00 del 10.6.2020.

    5.“Riacquisto” infrannuale con effetto esimente dalla revoca dell’agevolazione

    Per evitare la revoca dalle agevolazioni prima casa il contribuente che trasferisce la casa acquistata con il beneficio fiscale prima dei 5 anni deve procedere al reinvestimento entro un anno dall’alienazione.

    A tal fine, la Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR, commina la revoca dell’agevolazione per il caso del «trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto» a meno che «il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale» (Cass. 15.2.2013 n. 3749).

    La possibilità concessa dal legislatore di procedere al “riacquisto” entro un anno dalla vendita infraquinquennale va individuata nell’intento del legislatore di evitare la decadenza a scapito di chi, per le più svariate ragioni, si trovi a (dover o voler) cambiare casa prima del decorso del quinquennio dal precedente acquisto.

    Ebbene, chi dimostri (mediante un “riacquisto” entro un anno) che l’alienazione della casa acquistata da meno di 5 anni è stata preordinata all’acquisto di un’altra casa destinata ad «abitazione principale», costui (oltre a potersi avvalere dell’agevolazione “prima casa” in sede di nuovo acquisto, ove ve ne siano i presupposti) può evitare la revoca dell’agevolazione che deriverebbe dall’alienazione infraquinquennale della casa precedentemente acquistata con il beneficio “prima casa”.

    Attenzione

    Si deve trattare della alienazione di una abitazione che sia stata acquistata con l’agevolazione “prima casa”, e non di un acquisto che non abbia beneficiato dell’agevolazione “prima casa” «a causa di dichiarazione mendace originariamente o per fatti sopravvenuti, quale la mancata definitiva realizzazione dell’intento di stabilire la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile» (Cass. 15.2.2013 n. 3749).

    Attenzione

    Il contribuente che abbia acquistato un’abitazione usufruendo delle agevolazioni “prima casa” e che, in sede di separazione consensuale, trasferisca l’immobile all’altro coniuge prima del decorso di 5 anni, senza riacquistare un’altra abitazione entro un anno, non decade dal beneficio fiscale. La causa del trasferimento risiede nell’adempimento di una condizione posta nell’ambito del procedimento di separazione consensuale e, quindi, trattandosi di un atto diretto a sistemare globalmente i rapporti fra i coniugi, nella prospettiva di una definizione tendenzialmente stabile della crisi, esso non può essere qualificato come “dispositivo” in senso stretto e non rileva ai fini della decadenza. Al contrario, detto trasferimento rientra entro il perimetro di quelli esenti, ai sensi dell’art. 19 della L. 74/87, salva la possibilità in capo all’Amministrazione finanziaria di dimostrare si tratti di un atto retto da finalità elusive (Cass. 28.6.2016 n. 13340).

    Il mancato riacquisto infrannuale di un immobile in caso di vendita infraquinquennale della casa preposseduta acquistata con le agevolazioni prima casa non determina la decadenza dal beneficio fiscale qualora l’impossibilità di procedere al riacquisto sia dipeso da causa imputabile al venditore.

    Nel caso di specie si era trattato di un costruttore che aveva ottenuto il frazionamento del mutuo ipotecario iscritto sull’immobile in contratto dopo più di un anno (quindi oltre il termine previsto dalla norma per il reinvestimento).

    Si osservi che l’art. 8 del DLgs. 122/2005 (TAIC - Tutela degli acquirenti di immobili da costruire) impedisce al notaio di stipulare l’atto ove non sia stata prima frazionata l’ipoteca iscritta sull’immobile da costruire (C.T.R. Roma 8.1.2019 n. 203).

    5.1Caratteristiche del riacquisto

    1) Il “riacquisto” deve essere successivo all’alienazione e non anteriore (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 389/2 del 30.12.95, § G, secondo cui non «è possibile che l’atto di acquisto sia anteriore a quello di vendita»).

    *

    2) La legge non qualifica ulteriormente il termine «acquisto» e quindi pare potersi trattare:

    • sia di un acquisto “a titolo oneroso”;

    • sia di un acquisto “a titolo gratuito” (ad esempio: una donazione).

    Attenzione

    In senso conforme: Cass. 13.11.2015 n. 23219 e ris. Agenzia delle Entrate 49/E, 11.5.2015, secondo cui «si deve ritenere che in caso di rivendita dell’immobile acquistato con i benefici prima casa, il riacquisto a titolo gratuito di altro immobile - entro un anno dall’alienazione - è idoneo ad evitare la decadenza dal beneficio».

    In senso contrario: circ. Agenzia delle Entrate 6/E, 26.1.2001 secondo cui «si ritiene che il mancato riacquisto a titolo oneroso dell’immobile da parte del contribuente configura l’ipotesi di decadenza dalla agevolazione prevista dal richiamato comma 4 della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, del testo unico dell’imposta di registro, in quanto, ai fini della disposizione sopra richiamata, la causa di esclusione dalla decadenza trova giustificazione nell’investimento necessario per acquistare un nuovo immobile prima casa da adibire a propria abitazione principale.

    A tale conclusione si perviene dalla interpretazione logico-sistematica della norma in quanto il legislatore quando ha inteso riferirsi ai trasferimenti a titolo gratuito lo ha fatto espressamente».

    Pur ammettendosi la rilevanza dell’acquisto a titolo gratuito ai fini di impedire la revoca dell’agevolazione, pare inevitabile limitare l’ambito degli acquisti a titolo gratuito (con effetto esimente rispetto alla perdita dell’agevolazione) a quelli di natura “volontaria” (quali, appunto, la donazione), escludendo cioè gli acquisti “incidentali” (quale l’acquisto che si abbia a seguito dell’apertura di una successione a causa di morte) per il motivo che la legge palesemente si riferisce alla sequenza di una alienazione seguita dal compimento di un atto d’acquisto, e non all’acquisto che derivi da un fatto (quale il decesso di un soggetto oppure, come nel caso dell’usucapione, il possesso e il decorso di un certo periodo di tempo).

    *

    3) Il termine «acquisto» evoca un effetto traslativo già verificato e non un effetto in attesa di verificazione, come, ad esempio, accade nel caso di stipula di un contratto preliminare (C.T.P. Varese 21.6.2013 n. 93; Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 389/2 del 30.12.95, § G, secondo cui «relativamente al limite temporale di un anno per l’acquisto si può aggiungere che entro tale termine deve essere stipulato o autenticato l’atto notarile di acquisto o presentata per la registrazione la scrittura privata non autenticata; o, in caso di atto giudiziario esso deve essere pubblicato o emanato entro l’anno. Non è sufficiente la sottoscrizione di un preliminare, anche se registrato entro l’anno, né è possibile che l’atto di acquisto sia anteriore a quello di vendita»).

    Pertanto, per evitare la perdita dell’agevolazione occorre la stipula di un contratto definitivo e non è sufficiente l’assunzione di un obbligo a contrarre; né assume rilevanza il fatto che l’acquirente abbia pagato per intero il prezzo dovuto al venditore o che il venditore abbia emesso fattura per l’intero prezzo o abbia effettuato la consegna della casa (C.T.R. Lombardia 30.1.2014 n. 556; Cass. 29.7.2014 n. 17151; ris. Agenzia delle Entrate 66/E, 3.5.2004; circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.11).

    *

    4) In merito all’oggetto del “riacquisto”, dal momento che il legislatore nella Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR, si riferisce genericamente al termine «acquisto», a condizione che si tratti dell’«acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale», esso può concernere:

    • sia il diritto di proprietà piena, nuda o superficiaria (per intero o pro-quota). Secondo C.T.R. Lazio 19.3.2008 n. 15, l’acquisto della nuda proprietà non sarebbe incompatibile con il fatto che l’acquirente debba destinare l’abitazione oggetto di “riacquisto” a propria “abitazione principale”. Posizione disattesa dalla Corte di Cassazione (28.6.2018 n. 17148) che ha invece chiarito che l’acquisto, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con le agevolazioni prima casa (e prima del decorso del termine di 5 anni), del diritto di nuda proprietà di un altro immobile, non evita la decadenza dalle agevolazioni fiscali per aver dismesso il bene prima del decorso del predetto termine infraquinquennale. Un simile nuovo acquisto (del diritto di nuda proprietà) non assume infatti rilevanza ai fini del mantenimento dell’agevolazione fruita, a nulla rilevando la destinazione dell’immobile oggetto di acquisto ad abitazione principale del contribuente.

      Secondo i giudici, “l’atto necessario affinché il contribuente eviti la decadenza dell’agevolazione cd. prima casa di cui ha fruito in precedenza” deve essere “rappresentato da un titolo idoneo a consentirgli l’uso e il godimento di un’abitazione in via piena ed esclusiva”, e ciò non accade in caso di acquisto del diritto di nuda proprietà poiché il nudo proprietario non può fruire della casa, contrariamente all’usufruttuario;

    • il riacquisto entro un anno dall’alienazione infraquinquennale del solo diritto di abitazione non evita la decadenza dalle agevolazioni prima casa (Cass. 11.6.2020 n. 11221): in questo caso, le condizioni per evitare la decadenza non coincidono con le condizioni richieste per l’applicazione dell’agevolazione sul nuovo acquisto.

    • sia anche i diritti reali di godimento (anche qui, per intero o pro-quota). Secondo la circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 2.2.11 «qualora due coniugi in regime di separazione abbiano acquistato, ciascuno per proprio conto, due immobili fruendo entrambi dell’agevolazione c.d. “prima casa” ed entro il quinquennio li rivendano ed acquistino congiuntamente per quote, entro un anno dalla precedente vendita, un immobile da adibire a propria abitazione principale, godono dell’agevolazione c.d. “prima casa” in quanto la norma (comma 4 della citata nota II-bis) non esclude la possibilità di riacquistare un immobile anche per quote».

    *

    5) Se l’alienazione infraquinquennale della casa acquistata con l’agevolazione sia effettuata da un soggetto, il quale poi benefici di un acquisto effettuato dal suo coniuge in regime di comunione legale dei beni, dovrebbe maturare una fattispecie di “riacquisto” (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18.3.2005, § 3.8).

    Un “riacquisto” con effetto esimente dalla revoca dell’agevolazione precedentemente ottenuta si ha nel caso in cui due coniugi abbiano effettuato un’alienazione infraquinquennale di un immobile acquistato in regime di comunione legale dei beni con l’agevolazione “prima casa” e poi uno solo di essi abbia proceduto (in regime di comunione legale dei beni) all’acquisto di altro immobile da destinare ad abitazione principale (Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito tributario n. 160-2011/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa” in caso di riacquisto entro l’anno di altro immobile da parte di uno solo dei coniugi in comunione legale, in CNN Notizie, 10.5.2012).

    *

    6) L’atto di “riacquisto” infrannuale idoneo ad evitare la revoca dell’agevolazione di cui il contribuente ha beneficiato quando acquistò la casa poi alienata, nel silenzio della legge, può avvenire:

    • sia qualora al nuovo acquisto venga applicata la tassazione con l’agevolazione “prima casa”;

    • sia qualora l’acquirente si trovi nelle condizioni per ottenere l’agevolazione “prima casa” (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18.3.2005, § 3.3, secondo il quale «il riacquisto può riguardare un immobile per il quale non vengono richiesti i benefici; infatti, la norma non richiede un riacquisto agevolato»).

    *

    7) La legge, infatti, richiede “solamente” che per l’acquirente si tratti dell’acquisto di altro immobile «da adibire a propria abitazione principale»: ciò che non incide sulla tassazione dell’atto di “riacquisto”.

    La legge concede l’esimente dalla revoca (per intervenuta alienazione infraquinquennale) del trattamento fiscale agevolato di cui il contribuente ha beneficiato in sede di acquisto della “prima casa” (poi appunto alienata) se entro un anno da tale alienazione egli proceda all’«acquisto» di un altro «immobile da adibire a propria abitazione principale» (fa eccezione il caso del «cittadino italiano emigrato all’estero», per il quale è sufficiente, al fine di maturare l’esimente dalla revoca dell’agevolazione, l’acquisto di una abitazione, senza che ne occorra anche la destinazione a sua “abitazione principale”) (Cass. 21.5.2014 n. 15617).

    Evita la decadenza il contribuente che acquista un nuovo immobile entro un anno dalla vendita infraquinquennale, senza che sia necessario che egli fissi la residenza in tale secondo immobile o lo adibisca ad abitazione principale (Agenzia delle Entrate, risposta ad interpello del 27.9.2021 n. 627).

    *

    8) Il “riacquisto” assume efficacia esimente rispetto alla revoca dell’agevolazione che conseguirebbe all’alienazione infraquinquennale dei beni acquistati con l’agevolazione “prima casa” qualora si tratti dell’«acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale» (Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    Pertanto, appare da escludere che la revoca dell’agevolazione sia evitata nel caso della vendita di una casa acquistata con l’agevolazione “prima casa” e successivo “riacquisto” (beneficiato o meno con l’agevolazione “prima casa”) di una unità immobiliare da destinare a pertinenza della «abitazione principale» del contribuente.

    Secondo l’Agenzia delle Entrate (ris. 1.2.2008 n. 30/E) «nell’ipotesi di vendita nel quinquennio dell’immobile agevolato, l’acquisto di un bene diverso dalla casa da destinare ad abitazione principale non soddisfa le condizioni poste dalla norma per la conferma dell’agevolazione “prima casa”. Ciò posto, si deve escludere la conferma del beneficio nell’ipotesi prospettata dall’interpellante, che riguarda il riacquisto di un box da destinare a pertinenza della casa di abitazione. La decadenza dal beneficio “prima casa” comporta il mancato riconoscimento del credito d’imposta di cui all’art. 7 della L. 448/98 (circ. 38/2005), in quanto requisito essenziale per fruire del credito in parola è che agli atti di acquisto degli immobili (quello acquistato e rivenduto e quello acquistato successivamente), competa il regime agevolato di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR». Identicamente circ. 29.5.2013, 18/E § 3.11.2.

    Nel gennaio 2010 Tizio compra con l’agevolazione “prima casa” una abitazione con un’autorimessa di pertinenza; nel marzo 2011 Tizio compra un’altra casa, senza agevolazione, destinandola a propria “abitazione principale”; nel giugno 2012 Tizio aliena la casa e l’autorimessa comprate nel 2010; nel gennaio 2013 Tizio compra un’autorimessa da destinare a pertinenza della sua “abitazione principale”, comprata nel 2011: evidentemente, l’acquisto di questa autorimessa - seppur destinata a corredo della «abitazione principale» del contribuente in questione - non impedisce la revoca dell’agevolazione “prima casa” di cui Tizio aveva beneficiato nel 2010.

    In ipotesi di alienazione infraquinquennale di una pertinenza di un edificio abitativo acquistata con l’agevolazione “prima casa”, la revoca dell’agevolazione dovrebbe essere evitata nel caso di “riacquisto”, entro un anno dall’alienazione, di un altro bene da destinare a pertinenza della “abitazione principale” dell’acquirente (per la considerazione che le pertinenze seguono il medesimo regime giuridico del bene a cui servizio od ornamento esse sono destinate). Occorre però osservare che l’Amministrazione ha invece ritenuto che, nel caso di vendita di una autorimessa acquistata con l’agevolazione “prima casa” e di immediato “riacquisto” di un’altra autorimessa, seppur a questo “riacquisto” possa applicarsi l’agevolazione “prima casa”, esso non vale né ad impedire la perdita dell’agevolazione sul primo acquisto né alla maturazione del credito d’imposta (di cui all’art. 7, L. 448/98) in quanto sia per evitare la perdita dell’agevolazione ottenuta sul primo acquisto sia per ottenere la maturazione del credito d’imposta occorrerebbe che oggetto di “riacquisto” fosse necessariamente un fabbricato abitativo.

    *

    9) Secondo l’Amministrazione Finanziaria, soddisfa il requisito del “riacquisto” infrannuale pure l’ipotesi della costruzione di una «abitazione principale» su un’area di proprietà del soggetto che abbia alienato nel quinquennio la casa acquistata con le agevolazioni “prima casa” (CTR Piemonte 1.3.2010 n. 21).

    Acquisto di terreno sul quale viene realizzato, entro un anno, un fabbricato da utilizzare come abitazione principale

    Secondo l’Agenzia delle Entrate (ris. 44/E, 16.3.2004) «occorre precisare che all’acquisto di terreni non si applica, in ogni caso, il regime di favore previsto per la “prima casa”, in quanto l’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, del Testo unico, espressamente stabilisce l’applicazione dell’aliquota del 3% “se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione non di lusso”. Tuttavia, è da ritenere confermata l’agevolazione fruita al momento dell’acquisto del fabbricato ceduto, nel caso in cui sul terreno acquistato venga realizzato, entro un anno dalla vendita, un fabbricato utilizzabile come abitazione principale. In altri termini, si ritiene che per non incorrere nella decadenza dal beneficio c.d. “prima casa”, non è di per sé sufficiente l’acquisto entro un anno del terreno, richiedendosi a tal fine che - entro l’anno dall’alienazione - venga ad esistenza il fabbricato destinato ad abitazione principale. Non è necessario che il fabbricato sia ultimato: è sufficiente che lo stesso entro l’anno venga ad esistenza, cioè acquisti rilevanza dal punto di vista urbanistico; deve quindi esistere almeno un rustico comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e deve essere stata completata la copertura (art. 2645-bis comma 6 c.c.)».

    Tale posizione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella ris. 13/E del 26.1.2017 avente ad oggetto “Permanenza dell’agevolazione “prima casa” in caso di vendita infraquinquennale e costruzione entro un anno su terreno già di proprietà di un immobile da adibire ad abitazione principale (art. 1 della Tariffa, parte I, Nota II-bis, DPR n. 131 del 1986)”.

    La ratio dell’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria va individuata nell’intento di non voler creare disparità di trattamento tra:

    • chi effettua il reinvestimento del ricavato dalla vendita di una abitazione acquistando la titolarità di un’altra «abitazione principale» mediante un’attività negoziale; e

    • chi vi provvede direttamente mediante un’attività “materiale”, e cioè costruendo la casa su un terreno già di sua proprietà.

    Costruzione di una nuova abitazione da parte di un contribuente su un terreno in sua proprietà

    La necessità che il fabbricato acquisti rilevanza dal punto di vista urbanistico è stato peraltro confermato dalla giurisprudenza che ha affermato che: il contribuente che entro un anno dalla vendita infraquinquennale dell’abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa, costruisca una nuova abitazione su un terreno di sua proprietà (essendo irrilevante se sia stato acquisto prima o dopo l’alienazione della prima abitazione), evita la decadenza dal beneficio fiscale in quanto acquista la proprietà della costruzione realizzata ed incorporata su detto terreno a titolo originario, in forza di accessione (ex art. 934 c.c.). Per conservare il beneficio fiscale è però necessario dare concreta attuazione al proposito di adibire effettivamente il nuovo immobile a propria abitazione principale ed è indispensabile che, entro un anno dalla vendita del primo immobile, il fabbricato costruito «acquisti rilevanza dal punto di vista urbanistico», ossia, è necessario che nell’edificio sia stato eseguito «il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura» (Cass. 16.9.2016 n. 18211).

    Costruzione mediante contratto di appalto di una nuova abitazione da parte di un contribuente su un terreno in sua proprietà

    Secondo Cass. 27.11.2015 n. 24253 in «tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa, il contribuente che nel quinquennio abbia rivenduto l’immobile evita la decadenza non solo se entro l’anno successivo acquisti un nuovo immobile, da adibire ad abitazione principale, ma anche se, tramite un appalto, realizzi su un proprio terreno, acquistato prima o dopo l’alienazione infraquinquennale, la propria abitazione principale, di cui diventa proprietario in virtù del principio dell’accessione, atteso che l’art. 1, nota II bis della parte prima della tariffa allegata al d.p.r. n. 131 del 1986 non distingue tra acquisti a titolo originario e derivativo» (nello stesso senso Cass. 1.7.2016 n. 13550).

    Nel senso che evita la decadenza dalle agevolazioni, di cui all’art. 1, Nota II-bis, parte prima della tariffa allegata al DPR 131/86, il contribuente che alieni l’immobile acquistato con il beneficio fiscale prima del decorso dei 5 anni e realizzi su un terreno di sua proprietà un fabbricato destinato ad abitazione principale, si è espressa anche Cass. 12.3.2015 n. 8847. Si può ritenere che qualora il “riacquisto” sia concretato da un’attività “materiale” (e cioè dall’esecuzione di lavori edili finalizzati alla costruzione della «abitazione principale» del contribuente in questione), esso possa consistere in uno qualsiasi dei seguenti eventi:

    • nell’affidamento in appalto delle opere occorrenti;

    • nell’esecuzione in economia dei lavori occorrenti;

    • in interventi di nuova costruzione o di “recupero” di un manufatto preesistente.

    “Venuta ad esistenza”

    L’Amministrazione Finanziaria ha precisato che la nuova casa, entro un anno dalla alienazione della casa acquistata con l’agevolazione “prima casa”, deve essere, se non proprio completamente “ultimata”, almeno giunta a quello stadio di realizzazione che consenta di ritenerla “venuta ad esistenza” (sul concetto di “venuta ad esistenza”: art. 1472 c.c., in tema di vendita di cosa futura; art. 2645-bis c.c., in tema di trascrizione del contratto preliminare di compravendita immobiliare, con particolare riferimento al co. 6, del seguente tenore: «si intende esistente l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura») (ris. Agenzia delle Entrate 44/E, 16.3.2004; circ. 18/E, 29.5.2013, § 3.11.3).

    Dal momento che il termine di un anno per la realizzazione dei lavori di costruzione è apparso troppo breve per consentire la “venuta ad esistenza” di una nuova costruzione, si è ritenuto sufficiente che entro l’anno venga iniziato l’iter per ottenere le prescritte abilitazioni (e che, se tali abilitazioni sussistano, sia pure avvenuto l’inizio dei lavori) e che la realizzazione del rustico possa essere eseguita nel termine decadenziale concesso all’Amministrazione finanziaria per effettuare i propri controlli.

    Infine, nella fattispecie in esame di vendita della “prima casa” e di successiva costruzione di una nuova casa, l’atto acquisitivo dell’area (avendo a oggetto un terreno e non un’abitazione) non può ovviamente beneficiare dell’agevolazione “prima casa” e non può determinare il sorgere di alcun credito d’imposta (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18.3.2005, § 3.7.). Nell’ipotesi in esame nella quale il “riacquisto” avviene mediante la costruzione di una nuova «abitazione principale» (identicamente per il caso di lavori di ristrutturazione), non ha rilievo la data di acquisizione dell’area su cui la casa viene costruita, ovvero, non ha rilievo che l’acquisto dell’area sia intervenuto prima o dopo l’alienazione infraquinquennale della casa acquistata con l’agevolazione “prima casa”.

    Per l’Amministrazione (circ. Agenzia delle Entrate 38/E, 12.8.2005, § 5.2) è rilevante solo che entro un anno dalla vendita vi sia la “venuta ad esistenza” della nuova «abitazione principale».

    6.Riacquisto per evitare la revoca dell’agevolazione e utile per il credito d’imposta

    La revoca dell’agevolazione “prima casa” produce riflessi anche per quanto concerne il credito d’imposta.

    Ebbene, presupposto affinché si origini il credito d’imposta è che vi sia stata l’alienazione di una abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa” (art. 1, secondo periodo, TP1) qualora si tratti di un acquisto agevolato a titolo oneroso o a titolo originario.

    La disciplina del credito d’imposta e quella della revoca dell’agevolazione “prima casa” sono interconnesse tra loro per cui:

    • se per l’acquisto della casa poi alienata si verifichi la revoca dal beneficio della aliquota agevolata, il credito d’imposta per “riacquisto” non può sorgere in quanto l’acquisto originario non è (più) un acquisto agevolato (circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 1.1);

    • se il credito sia stato comunque utilizzato, il contribuente deve versare all’erario una somma di denaro di importo corrispondente al credito (senza peraltro applicazione di sanzioni per l’abusivo utilizzo del credito; ma con l’applicazione delle sanzioni per il versamento ritardato delle imposte abusivamente compensate con il credito non spettante al contribuente) (circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 1.7);

    • dal momento che il sorgere del credito d’imposta è subordinato al fatto che anche nell’atto di “riacquisto” sia applicata l’agevolazione “prima casa” (circ. Agenzia delle Entrate 1.3.2001 n. 19/E § 1.1), qualora intervenga la revoca dell’agevolazione di cui l’acquirente abbia beneficiato in sede di “riacquisto”, ciò impedisce di ritenere il credito legittimamente formato (con le medesime conseguenze appena viste in tema di abusivo utilizzo del credito da parte del contribuente).

    7.Riacquisto all’estero - Ammissibile se avviene in un Paese che abbia stipulato con l’Italia una Convenzione di cooperazione amministrativa in materia fiscale

    Il riacquisto infrannuale non deve riguardare per forza una casa ubicata nel territorio italiano, bensì secondo l’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello n. 65 del 20.02.2020) può riguardare anche un’altra abitazione ubicata in Svizzera, quindi all’estero. Ciò in quanto la Svizzera ha stipulato con l’Italia una Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio (firmata il 9.3.1976 e ratificata con l. n. 943/1978, poi modificata con Protocollo del 23.2.2015, ratificato con l. n. 69/2016), la quale regola lo scambio di informazioni

    Il nuovo articolo 27 di detta Convenzione (che recepisce lo standard OCSE elaborato nell’Update to Article 26 of the OECD Model Tax Convention and its Commentary del 2012 e incluso nell’articolo 26 del Modello OCSE dal 2014), ammette che le autorità competenti degli Stati contraenti scambino informazioni per applicare le disposizioni convenzionali o “per l’amministrazione o l’applicazione del diritto interno relativo alle imposte di qualsiasi natura o denominazione riscosse per conto degli Stati contraenti, delle loro suddivisioni politiche o enti locali nella misura in cui l’imposizione prevista non sia contraria alla Convenzione”. In conformità agli standard di trasparenza promossi dall’OCSE, la Convenzione consente un’assistenza amministrativa che non è limitata né ai soli soggetti residenti in Italia o in Svizzera (articolo 1), né alle imposte considerate nel Trattato (articolo 2) tra le quali, peraltro, non sono incluse le imposte oggetto dei benefici “prima casa”.

    Pertanto, si può confermare l’esistenza di un Trattato di reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale tra Italia e Svizzera attivabile anche ai fini dei benefici prima casa.Il contribuente dovrà fornire all’Ufficio la documentazione comprovante il diritto a fruire dell’agevolazione, il quale deve poter essere verificabile da parte dell’Amministrazione finanziaria mediante gli “strumenti di cooperazione amministrativa” citati nella circolare 31/E del 2010. Occorre infine osservare che già nella citata circolare n. 31/E-2010 l’Ufficio aveva chiarito che la decadenza si poteva evitare anche acquistando un immobile fuori dal territorio italiano a condizione “sussistano strumenti di cooperazione amministrativa che consentono di verificare che effettivamente l’immobile ivi acquistato sia stato adibito a dimora abituale”.

    7.1Riacquisto all’estero - Documenti probatori dimora abituale

    Della possibilità di evitare la decadenza dalle agevolazioni prima casa in caso di vendita infraquinquennale, effettuando un acquisto all’estero, si è occupata l’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 126 del 24.2.2021, nella quale l’Ufficio ha chiarito che il riacquisto all’estero non importa decadenza ove:

    • sia effettuato entro un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato sito in Italia;

    • la nuova abitazione sia destinata a dimora abituale del contribuente, e tale circostanza possa essere dimostrata presentando all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente, adeguata documentazione.

    A tale proposito, il contribuente dovrà inviare la documentazione comprovante il diritto a non decadere dall’agevolazione all’Ufficio competente, il quale valuterà se sussistono i presupposti per il contribuente di avvalersi degli strumenti di cooperazione amministrativa concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale tra gli stati membri del Consiglio d’Europa e i paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico -OCSE.

    Rappresenta documentazione a tal fine probatoria, ferma restando la valutazione del competente ufficio accertatore:

    • la copia del rogito notarile di acquisto dell’abitazione sita all’estero;

    • a documentazione comprovante la dimora abituale nell’immobile acquistato all’estero, come fatture di fornitura di luce, acqua o gas, con riferimento al medesimo immobile.

    Detti documenti dovranno essere muniti di “apostille” e tradotti in lingua italiana (Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961).

    Infine, tale documentazione potrà essere inviata tramite posta elettronica certificata (PEC) ovvero raccomandata A/R all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate ove è stato registrato l’atto di acquisito dell’immobile sito in Italia.

    ► TRASFERIMENTI SOGGETTI AD IVA E AD IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI A DONAZIONI

    Le considerazioni formulate circa la sospensione dei termini indicati nella nota II-bis si possono estendere anche ai trasferimenti soggetti a IVA e a quelli soggetti ad imposta sulle successioni e donazioni, per i quali il contribuente si sia avvalso delle agevolazioni prima casa, posto che entrambe le discipline richiamano la nota II-bis. Si tratta:

    • dell’art. 21, Parte II della Tabella A allegata al DPR n. 633/72 che, al fine dell’applicazione dell’aliquota agevolata, sottopone la misura agevolata alla presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis (IVA);

    • dell’art. 69, co. 4, L. 21.11.2000 n. 342, che richiama a sua volta la nota II-bis (imposta sulle successioni e donazioni).

    ► SOSPENSIONE DEI VERSAMENTI E PROROGA AL 16.9.2020 -RATEIZZAZIONE

    L’Agenzia delle Entrate nella circolare del 20.8.2020 n. 25/E (DL 19.5.2020 n. 34, convertito dalla L. 17.7.2020 n. 77, recante: «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19») ha risposto ad un quesito (§ 3.7.4 Quesito n. 4) sul tema dell’applicabilità dell’art. 149, DL 34/2020(vertente sulla sospensione dei versamenti delle somme dovute a seguito di atti di accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e di recupero dei crediti d’imposta), e sulla proroga al 16.9.2020 dei termini di versamento delle somme dovute, agli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro per intervenuta decadenza dai benefici «prima casa».

    In particolare, nel quesito formulato veniva richiesto all’Ufficio se un avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro per decadenza dei benefici «prima casa», a seguito di auto-denuncia del contribuente, notificato dall’Ufficio prima dell’8.3.2020 e, quindi, definibile nel periodo compreso tra il 9 marzo ed il 31.5.2020:

    • rientri nelle disposizioni di cui all’art. 149 (Sospensione dei versamenti delle somme dovute a seguito di atti di accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e di recupero dei crediti d’imposta e proroga al 16.9.2020);

    • benefici della possibilità di rateizzazione (di cui all’art. 149, co. 5), secondo cui i “versamenti prorogati dalle disposizioni di cui al presente articolo [149] sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o, a decorrere dal medesimo giorno del mese di settembre 2020, mediante rateazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con scadenza il 16 di ciascun mese”.

    L’Ufficio ha chiarito che è possibile fruire della proroga del versamento al 16 settembre degli importi dovuti nei casi di avviso di liquidazione della maggiore imposta a seguito della riliquidazione da parte dell’ufficio dell’atto di compravendita a seguito della presentazione di una istanza del contribuente per la revoca della dichiarazione di intenti espressa in atto, presentata sia prima sia dopo il decorso dei termini per la decadenza.

    L’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio per consentire al contribuente il pagamento dell’imposta non versata in sede di registrazione rientra tra quelli previsti dalla lett. g), co. 1, art. 149, DL 34/2020, ovvero tra gli «avvisi di liquidazione emessi in presenza di omesso, carente o tardivo versamento dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986 n. 131».

    Pertanto, a seguito dell’istanza del contribuente che dichiara, ad esempio, di non poter adempiere all’obbligo di trasferimento della residenza entro diciotto mesi nell’immobile acquistato (come previsto dalla ris. 31.10.2011 n. 105/E), l’Ufficio procede alla notifica dell’avviso di liquidazione dell’imposta dovuta e si configura, in caso di scadenza del versamento dovuto nel periodo 9 marzo - 31 maggio, la fattispecie di proroga al 16.9.2020 con la possibilità di rateizzare gli importi dovuti.

    ► CONSEGUENZE DELLA REVOCA (E DECADENZA) DELL’AGEVOLAZIONE

    La legge si occupa solo delle conseguenze che derivano nei casi di “mendacità delle dichiarazioni” e di “alienazione infraquinquennale”, ma nulla dice circa le ipotesi di “applicazione dell’agevolazione nonostante la mancanza originaria dei presupposti necessari per il suo conseguimento” e “mancanza sopravvenuta di uno dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’agevolazione”.

    Ebbene, in caso di revoca dell’agevolazione a seguito di alienazione infraquinquennale della casa acquistata con l’agevolazione “prima casa” (senza che sia effettuato un nuovo acquisto di una “abitazione principale” entro un anno da detta alienazione) e in caso di mendacità delle dichiarazioni di “impossidenza” richieste dalla legge all’acquirente quale presupposto per l’ottenimento del beneficio fiscale in parola:

    • «sono dovute» (Nota II-bis co. 4 all’art. 1 TP1 allegata al TUR):

      • «le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria»;

      • «una soprattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte»;

    • «se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve»:

      • «recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata»;

      • «irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima»;

    • «sono dovuti gli interessi di mora di cui al co. 4 dell’art. 55 del presente testo unico».

    È, inoltre, impedita l’originazione del credito di imposta di cui all’art. 7 co. 1 L. 448/98.

    Ebbene, nonostante il legislatore non abbia regolamentato espressamente le ipotesi di:

    • applicazione dell’agevolazione nonostante la mancanza originaria dei presupposti necessari per il suo conseguimento,

    • mancanza sopravvenuta di uno dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’agevolazione,

    ciò non toglie che esse siano sanzionabili al pari di quelle di:

    • mendacità delle dichiarazioni richieste dalla legge per l’ottenimento dell’agevolazione,

    • alienazione infraquinquennale dei beni acquistati con l’agevolazione “prima casa”, senza successivo acquisto infrannuale di una casa destinata ad abitazione principale,

    ed è a tale proposito possibile ricostruire il prospetto che segue.

    a) Nel caso di mancanza originaria dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’agevolazione, nel cui ambitoè ricompresa l’assenza«nell’atto di acquisto» delle dichiarazioni prescritte dalla legge: - le conseguenze non sono dettate dalla legge; tuttavia,
    - si verifica la perdita dell’agevolazione da parte del contribuente.
    Da ciò consegue:
    - il recupero, da parte dell’Amministrazione, della differenza tra l’importo dell’imposta calcolata con l’applicazione dell’agevolazione e quello calcolato senza applicare l’agevolazione, con l’aggiunta degli interessi su detta differenza;
    - in questa ipotesi non si dovrebbe rendere irrogabile alcuna sanzione, per il fatto che la legge non contempla queste fattispecie quali presupposti per l’applicazione di una sanzione.
    Sul punto:
    - C.T.R. Lombardia 19.2.2013 n. 27, secondo la quale «è illegittima la sanzione irrogata per l’indebita fruizione dei benefici prima casa da parte del soggetto acquirente di un’abitazione di lusso in quanto, stante l’assoggettamento “ab origine” di tale tipologia immobiliare alla tassazione ordinaria, il relativo mendacio non può essere punito in quanto riguardante unicamente la compravendita di abitazioni non di lusso».
    - Identicamente: C.T.R. Lombardia 19.2.2013 n. 36.
    b) Nel caso della mancanza sopravvenuta di uno dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’agevolazione, e cioè il non avvenuto trasferimento della residenza da parte dell’acquirente, nonostante l’assunto impegno in tal senso da parte del medesimo: - le conseguenze dovrebbero essere identiche a quelle illustrate al punto precedente.
    Il non mantenimento della “promessa” di trasferimento della residenza è da ricondurre all’inadempimento o all’inattuazione degli impegni assunti e, quindi, non dovrebbe condurre a qualificare quella promessa in termini di “dichiarazione mendace”.
    In tal senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate (circ. 69/E, 14.8.2002), ove si legge che «nel caso in cui l’intento dichiarato in atto sia reso inattuabile solo in un momento successivo alla compravendita, […] non si ravvisa, in detta ipotesi, l’elemento della falsità della dichiarazione, essenziale per la sanzionabilità della fattispecie».
    Come sopra detto, infatti, il mendacio è configurabile solo:
    - per le dichiarazioni dell’acquirente di “impossidenza”, di cui alle lett. b) e c) la Nota II-bis all’art. 1 TP1 allegata al TUR;
    - non anche per quella di cui alla lett. a) Nota II-bis all’art. 1 TP1 allegata al TUR.

    c) Nel caso della mendacità delle dichiarazioni richieste dalla legge per l’ottenimento dell’agevolazione, ovvero, quellec.d. di “impossidenza”, di cui alle lett. b) e c) Nota II-bis all’art. 1 TP1 allegata al TUR): - la legge stabilisce le conseguenze, prescrivendo che«sono dovute» la differenza tra le «imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria» e quelle versate in misura agevolata, oltre agli «interessi dimora», e «una soprattassa pari al 30 per cento» su detta differenza.
    d) Nel caso della alienazione infraquinquennale, senza che ricorra l’esimente del “riacquisto” infrannuale: - la legge stabilisce le conseguenze, prescrivendo che«sono dovute» la differenza tra le «imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria» e quelle versate in misura agevolata, oltre agli «interessi dimora», e «una soprattassa pari al 30 per cento» su detta differenza.
    (Le conseguenze sono quindi dettate dalla legge e sono identiche a quelle illustrate al punto precedente).

    ► SOGGETTO OBBLIGATO AL PAGAMENTO

    In tema di imposta sul valore aggiunto la legge prevede espressamente che il recupero sia effettuato «nei confronti degli acquirenti».

    Analogo espresso riferimento manca per quanto riguarda gli atti soggetti a imposta proporzionale di registro, tuttavia, in tale ambito occorre fare riferimento all’art. 57, co. 1, TUR, che dispone la solidarietà tra i contraenti, nonché, all’art. 57, co. 4, TUR che rende la disciplina dell’imposta complementare (tale è la natura della differenza d’imposta di registro) dovuta a causa della revoca di un’agevolazione, «l’imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa». (Sulla qualificazione in termini di “imposta complementare” dell’imposta dovuta in caso di decadenza da agevolazioni: Cass. 6.3.2003 n. 3301; RM 260211 del 20.12.90; Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 211-bis dell’11.3.94; Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 61/2001/T del 13.7.2001).

    Attenzione

    Occorre però osservare che, recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha affermato che anche la parte venditrice è solidalmente responsabile della maggiore imposta dovuta per il caso del mancato conseguimento dell’agevolazione “prima casa” richiesta dall’acquirente di un’abitazione, ma negata dal Fisco per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Nel caso concreto, oggetto di un contratto di compravendita immobiliare, in relazione al quale l’acquirente aveva richiesto le “agevolazioni prima casa”, era stato un appartamento che, secondo l’Amministrazione finanziaria, aveva le caratteristiche “di lusso” (DM 2.8.69 - normativa in vigore fino all’1.1.2014: da questa data occorre invece riferirsi alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e per il quale non era quindi possibile richiedere il trattamento fiscale agevolato. Ebbene, tenuto conto che la decadenza dalle agevolazioni “prima casa” può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente (come nel caso di specie, ove era stato accertato che l’abitazione aveva le caratteristiche di lusso), anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità ove siano assenti i presupposti per la concessione del beneficio fiscale (Cass. 30.11.2016 n. 24400).

    Sanzioni

    La sanzione, pari al 30% della differenza tra l’imposta calcolata in modo “ordinario” e l’imposta assolta applicando l’agevolazione, è «riferibile» solo «alla persona fisica che ha commesso […] la violazione» (art. 2, co. 2, DLgs. 18.12.97 n. 472), individuabile nella persona dell’acquirente, in quanto soggetto che ha esercitato il diritto potestativo di domandare l’agevolazione, nonché, soggetto cui, nella più parte dei casi (mendacità delle dichiarazioni di “impossidenza”; inadempimento dell’obbligo di trasferimento della residenza, alienazione infraquinquennale seguita da mancato riacquisto infrannuale) è imputabile l’intervenuta revoca dell’agevolazione.

    ► PERDITA DELL’AGEVOLAZIONE E CREDITO D’IMPOSTA

    Il credito d’imposta non può formarsi o, se formato, deve essere cancellato:

    • sia se l’agevolazione “prima casa” non si renda applicabile all’atto di “riacquisto” (o, se applicata, venga poi annullata per mancanza dei presupposti, per revoca o decadenza);

    • sia se l’agevolazione “prima casa”, applicata all’acquisto dell’abitazione poi alienata, venga annullata (per carenza di presupposti, per revoca o sia oggetto di decadenza).

    Qualora il credito d’imposta sia già stato “utilizzato”, deve essere sostituito con un versamento in denaro di pari importo, oltre agli interessi e all’eventuale sanzione per ritardato pagamento. (circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 1.7).

    ► REVOCA DELL’AGEVOLAZIONE OTTENUTA SU ATTI IMPONIBILI A IVA

    Il co. 4 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR, tratta separatamente il caso della revoca dell’agevolazione ottenuta in un trasferimento imponibile a IVA e il caso della revoca dell’agevolazione di cui abbia beneficiato un atto soggetto a imposta proporzionale di registro.

    Con riferimento alla revoca dell’agevolazione ottenuta in un trasferimento imponibile a IVA, la legge afferma che «se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima».

    Quest’ultima espressione normativa è frutto dell’art. 41-bis, co. 5, DL 30.9.2003 n. 269, il quale sostituì il previgente testo normativo eliminando la pregressa disparità di trattamento tra gli atti soggetti a imposta proporzionale di registro (ove, oltre all’irrogazione della sanzione, si sanciva il recupero delle «imposte […] nella misura ordinaria») e quelli imponibili a IVA, ove venivano qualificate come «penalità»:

    • sia la «differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata»;

    • sia l’aumento del 30% di detta differenza (comminato a mo’ di sanzione) (CM 1/E del 2.3.94 n. 1/E; Cass. 23.3.2007 n. 7163).

    Attenzione

    Oggi vi è una completa equiparazione tra gli atti imponibili a IVA e quelli soggetti a imposta proporzionale di registro, sotto il profilo delle conseguenze della revoca dell’agevolazione.

    In entrambi i casi:

    • la legge dispone il recupero della differenza tra l’importo dell’imposta calcolata applicando le regole “ordinarie” e quello dell’imposta calcolata applicando la disciplina agevolativa;

    • vi è la previsione della sanzione pari al 30% di detta differenza (circ. Agenzia delle Entrate 28/E, 21.6.2004);

    • si applica lo stesso termine di decadenza in ordine all’esperibilità dell’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione, vale a dire quello dettato dall’art. 76, co. 2, TUR (C.T.P. Reggio Emilia 1.4.2010 n. 52).

    ► RAVVEDIMENTO

    In taluni casi, verificatasi la perdita dell’agevolazione, ricorrendone i presupposti, il contribuente può accedere all’istituto del “ravvedimento operoso”.

    Per dar seguito al procedimento in esame, la violazione non deve essere stata «già constatata e comunque non [devono essere iniziati] accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza» (art. 13, DLgs. 18.12.97 n. 472, c.d. “ravvedimento”).

    In presenza di siffatti presupposti, la sanzione è ridotta:

    • a un decimo del minimo «nei casi di mancato pagamento del tributo […], se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della […] commissione» della violazione (art. 13, co. 1, lett. a), DLgs. 472/97); con un’ulteriore riduzione pari a «un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo» se il versamento sia effettuato «con un ritardo non superiore a quindici giorni» (art. 13, co. 1, secondo periodo, DLgs. 472/97);

    • a un ottavo del minimo, «se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene […] entro un anno dall’omissione o dall’errore» (art. 13, co. 1, lett. b), DLgs. 472/97).

    In particolare:

    • detti termini (di 15 e 30 giorni e di un anno) «decorrono dal giorno in cui si è verificata la decadenza dall’agevolazione» (ris. 105/E, 31.10.2011);

    • il pagamento della sanzione ridotta «deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno» (art. 13, co. 2, DLgs. 472/97);

    • qualora l’imposta debba essere pagata dopo una liquidazione effettuata dall’Ufficio, «il ravvedimento si perfeziona con l’esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione» (art. 13, co. 3, DLgs. 472/97).

    Qualora il contribuente intenda ricorrere al “ravvedimento operoso”, egli è tenuto a presentare una apposita istanza all’Ufficio presso il quale è stato registrato l’atto per il quale venne domandata l’agevolazione; con tale istanza il contribuente dichiara, a seconda dei casi, l’originaria mancanza dei presupposti per l’ottenimento dell’agevolazione o l’intervenuto inadempimento dell’onere di “riacquisto” infrannuale o l’intervenuto inadempimento dell’obbligo di trasferimento della residenza, e richiede la riliquidazione dell’imposta e l’applicazione della sanzione in misura ridotta.

    Una volta ricevuta l’istanza, l’Ufficio procede alla riliquidazione dell’imposta e alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta, degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita per il quale venne applicata l’agevolazione e della sanzione dovuta, quale ridotta appunto per effetto dell’istituto del ravvedimento operoso (rispetto alla sua ordinaria misura pari al 30% della maggiore imposta applicabile).

    A seguito della liquidazione operata dall’Ufficio, il contribuente può alfine perfezionare il ravvedimento con il pagamento della maggiore imposta, della sanzione e degli interessi, nel termine di 60 giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione.

    ► TERMINE PER L’ACCERTAMENTO DELLA PERDITA DELL’AGEVOLAZIONE

    In ipotesi di “decadenza” dall’agevolazione “prima casa”, l’Amministrazione Finanziaria è titolare del potere di accertamento della perdita dell’agevolazione, ai sensi dell’art. 76, TUR.

    Dal momento che si tratta di “decadenza” i termini che riguardano la materia non sono soggetti a cause di interruzione o di sospensione, per ragioni di certezza dei rapporti tra Stato e soggetti obbligati.

    Le regole che disciplinano questa decadenza sono dunque le seguenti:

    • l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta di cui all’art. 52, co. 1, TUR (e cioè dell’imposta dovuta a seguito di accertamento di maggior valore), deve essere notificato «entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale» (art. 76, co. 1-bis, TUR);

    • la maggiore imposta (diversa da quella dovuta per accertamento di maggior valore) che l’Ufficio può esigere (e l’eventuale correlativa sanzione: art. 76, co. 4, TUR) deve invece essere richiesta dall’Ufficio medesimo «a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrenti» (art. 76, co. 2, TUR) (Cass., SS.UU., 21.11.2000 n. 1196; circ. Agenzia delle Entrate 38/E, 12.8.2005):

      • dalla data della «richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale» (art. 76, co. 2, lett. a), TUR);

      • dalla data «di registrazione dell’atto», nel caso di imposta dovuta a seguito di accertamento dell’avvenuta «occultazione di corrispettivo» (art. 76, co. 2, lett. b), TUR);

      • dalla data «in cui è stata presentata la denuncia di cui all’art. 19, se si tratta di imposta complementare» (art. 76, co. 2, lett. b), TUR);

      • dalla «data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie» (art. 76, co. 2, lett. b), TUR) (si tratta evidentemente di un caso nel quale è stato proposto ricorso e sono dovuti pagamenti all’erario in base a dette decisioni);

      • dalla data in cui la decisione della Commissione tributaria sia «divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta» (art. 76, co. 2, lett. b), TUR) (anche in questa ipotesi si tratta di pagamenti dovuti in base a dette decisioni);

      • dalla data «di registrazione dell’atto ovvero dalla data di presentazione della denuncia di cui all’art. 19, se si tratta di imposta suppletiva» (art. 76, co. 2, lett. c), TUR).

    Attenzione

    La Corte di Cassazione (ordinanza 23.11.2017 n. 28006) ha chiarito che il termine triennale di decadenza del potere dell’Ufficio per il recupero dell’imposta nella misura ordinaria, va individuato nel giorno della scadenza dell’anno successivo all’alienazione, perché solo allo spirare di tale termine, senza avere effettuato un nuovo acquisto, il contribuente perde, in via definitiva, il diritto all’agevolazione, provvisoriamente goduta sul primo acquisto.

    Termine di decadenza di 3 anni e unità immobiliare da accorpare

    Si segnala che la Corte di Cassazione (14.6.2017 n. 14857) ha chiarito che, stante la natura complementare (Cass. 31.1.2017 n. 2400; Cass. 5.12.2005 n. 26407) dell’imposta di registro liquidata dall’Ufficio a seguito dell’accertata insussistenza dei presupposti del trattamento agevolato (agevolazioni “prima casa”), nell’ipotesi in cui un contribuente abbia acquistato una nuova unità immobiliare avvalendosi delle agevolazioni prima casa, da accorpare ad un’altra già in sua proprietà, in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 2964 c.c., il termine di decadenza di 3 anni entro il quale l’Amministrazione finanziaria può esercitare il potere di accertamento decorre:

    • dalla data di registrazione dell’atto di compravendita con il quale il contribuente abbia acquistato la seconda unità immobiliare da annettere a quella preposseduta,

    • e non dalla data di presentazione della pratica di accatastamento DO.C.FA, con la quale vengono fuse catastalmente le due unità immobiliari.

    Di recente la Corte di Cassazione (Cass. 12.6.2020 n. 11322) ha chiarito che le agevolazioni “prima casa” possono essere concesse anche per l’acquisto di abitazioni contigue da accorpare in un’unica unità immobiliare ed il beneficio compete anche al contribuente che, entro il termine triennale di decadenza corrispondente a quello concesso all’ufficio per l’esercizio dei poteri di accertamento (art. 76, DPR 131/86), proceda all’unificazione di dette unità immobiliari, non essendo necessario che entro lo stesso termine egli provveda anche all’accatastamento dell’unica unità abitativa realizzata.

    Termine di decadenza di 3 anni e immobile in costruzione

    Qualora l’oggetto di un acquisto per il quale il contribuente si sia avvalso delle “agevolazioni prima casa” sia un immobile in costruzione, il termine di 3 anni entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve espletare il procedimento di accertamento per constatare l’esistenza dei requisiti per usufruire del beneficio fiscale decorre dall’ultimazione dei lavori, poiché è in quel momento che sono certe le caratteristiche dell’immobile (C.T.R. Basilicata, 1.3.2017 n. 150).

    ► PAGAMENTO DI SANZIONI

    Qualora sia dovuto il pagamento di sanzioni, l’Amministrazione deve richiederlo «a pena di decadenza, nel termine stabilito per chiedere l’imposta cui le stesse si riferiscono e, se questa non è dovuta, nel termine di cinque anni dal giorno in cui è avvenuta la violazione» (art. 76, co. 4, TUR).

    Il legislatore ha omesso di specificare quale sia il termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria possa pretendere il pagamento dell’imposta complementare e, tale silenzio, ha generato opinioni contrastanti:

    • per alcuni, occorrerebbe fare riferimento all’ordinario termine prescrizionale decennale;

    • per altri, la pretesa dell’Amministrazione non potrebbe essere esplicata posteriormente al triennio di decadenza di cui all’art. 76, co. 2, TUR.

    Quest’ultima tesi ha prevalso in giurisprudenza (Cass., SS.UU., 21.11.2000 n. 1196; Cass. 17.9.98 n. 9280; Cass. 29.3.2006 n. 7295) e negli orientamenti dell’Amministrazione finanziaria, cosicché, l’Ufficio deve notificare l’avviso di liquidazione entro il termine decadenziale di 3 anni decorrente dal giorno in cui l’attività di accertamento è concretamente espletabile.

    ► PRIVILEGIO SPECIALE IMMOBILIARE IN CASO DI PERDITA DELL’AGEVOLAZIONE

    Il credito dello Stato per imposte (principali, complementari e suppletive), sanzioni e interessi di mora dovuti ai sensi della legislazione in tema di imposta di registro è assistito da privilegio speciale immobiliare (art. 56, co. 4, TUR).

    Il privilegio è, in linea generale, una causa legittima di prelazione a favore del creditore, accordata dalla legge in considerazione della particolare natura del credito privilegiato. Ciò significa che, nell’esecuzione forzata cui i beni del debitore siano sottoposti, il creditore privilegiato è preferito agli altri creditori (secondo le regole oltre illustrate) nella soddisfazione del proprio credito.

    Ai sensi dell’art. 56, co. 4, TUR, il privilegio «si estingue con il decorso di cinque anni dalla data di registrazione».

    ► PRIVILEGIO PER I CREDITI DELLO STATO

    In merito ai privilegi che hanno i crediti dello Stato (e per esso l’Amministrazione Finanziaria) si dispone che «hanno […] privilegio i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto, […] sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce» (art. 2772 c.c.).

    Entro il perimetro della norma rientrano anche i crediti che vanta lo Stato in ipotesi di perdita delle agevolazioni prima casa.

    Il credito (nascente quindi dalla perdita del beneficio fiscale) viene calcolato in base alle seguenti regole:

    • considerando la differenza tra l’imposta calcolata applicando l’agevolazione “prima casa” e l’imposta calcolata in modo “ordinario”;

    • aumentando l’importo dei dovuti interessi e dell’eventuale sanzione.

    Tale fattispecie può derivare dai seguenti comportamenti:

    • dichiarazione mendace dell’acquirente in ordine al Comune di residenza o dall’inadempimento dell’obbligo di trasferire entro diciotto mesi dall’atto di acquisto la sua residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto del suo acquisto agevolato;

    • dichiarazioni mendaci dell’acquirente;

    • alienazione infraquinquennale (non seguita da “riacquisto” infrannuale).

    Attenzione

    Dato che lo Stato esercita il privilegio «in pregiudizio dei diritti (Cass. 11.5.78 n. 2294; Cass. 3.4.1979 n. 1878) che i terzi hanno […] acquistato sugli immobili» (oggetto di acquisto agevolato) successivamente al sorgere del privilegio stesso (art. 2772, co. 4, c.c.), se detti immobili vengono alienati si pone un problema di cautela per il loro acquirente.

    ► PRIVILEGIO IN CASO DI REVOCA PARZIALE DELL’AGEVOLAZIONE

    Si ha una revocabilità parziale dell’agevolazione “prima casa” nell’ipotesi del trasferimento di “parte” (e cioè di porzioni dell’insieme, di diritti pro quota o di diritti parziari) degli immobili acquistati con l’agevolazione «prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto» (Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    Si pensi al caso di Tizio che, acquistata la proprietà di un ampio appartamento, ne alieni una porzione materiale oppure una quota di comproprietà oppure ancora un diritto reale “minore”, oppure, al caso dell’acquisto, con l’agevolazione “prima casa”, di un appartamento e di un’autorimessa e alla successiva alienazione infraquinquennale della sola autorimessa.

    Si osservi come tutti i beni oggetto dell’originario acquisto (e non solo quelli la cui alienazione provoca la revoca parziale dell’agevolazione) siano gravati dal privilegio in parola, in quanto non appare plausibile di comprimere la garanzia dello Stato solo a una parte dei beni che furono oggetto dell’atto cui venne applicata la tassazione più favorevole rispetto a quella “ordinaria”.

    ► COVID-19: SOSPENSIONE DEI TERMINI

    In tema di “agevolazioni prima casa”, è stato sospeso fino al 31 marzo 2022 il decorso dei termini per evitare la decadenza dal beneficio fiscale.

    I termini previsti dalla legge hanno quindi iniziato nuovamente a decorrere dal 1° aprile 2022.

    La sospensione ha riguardato:

    • i «termini previsti nella nota II-bis all’articolo 1» del TUR; nonché,

    • del «termine previsto dall’articolo 7» L. 448/98, «ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa».

    L’ulteriore proroga è stata prevista dall’art. 3, co. 5 septies, L. 25 febbraio 2022, n. 15, di conversione del DL n. 228/2021.

    Precedentemente era stata disposta la proroga dall’1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021, (art. 3, “Proroga di termini in materia economica e finanziaria”, co. 11-quinquies, legge n. 21/2021, di conversione del DL “Milleproroghe” n. 183/2020, in vigore dall’1° marzo 2021).

    Prima ancora, era stata disposta la sospensione dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020 (art. 24, “Termini agevolazioni prima casa”, DL “Liquidità” n. 23/2020, e successiva legge di conversione n. 40/2020, in vigore dal 6 giugno 2020). Più precisamente la sospensione ha riguardato:

    • i «termini previsti nella nota II-bis all’articolo 1» del TUR ((circ., n. 9/E/2020, par. 8.1):

      • il periodo di 18 mesi dall’acquisto della prima casa entro il quale il contribuente deve trasferire la residenza nel comune in cui è ubicata l’abitazione (co. 1, lett. a);

      • il termine di un anno entro il quale il contribuente che ha trasferito l’immobile acquistato con i benefici “prima casa” nei cinque anni (c.d. “alienazione infraquinquennale”) successivi alla stipula dell’atto di acquisto deve procedere all’acquisto di un altro immobile da destinare a propria abitazione principale (co. 4, ultimo periodo);

      • il termine di un anno entro il quale il contribuente che abbia acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale deve procedere alla vendita dell’abitazione ancora in suo possesso (c.d. “abitazione preposseduta”) (comma 4-bis), purché quest’ultima sia stata, a sua volta, acquistata usufruendo dei benefici “prima casa”. (Circostanza confermata dall’AE nella risposta ad interpello n. 310/2020); nonché,

      • il «termine previsto dall’articolo 7» L. n. 448/98, «ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa». Si tratta del termine di un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con le «agevolazioni prima casa», entro il quale è necessario procedere al riacquisto di altra casa di abitazione al fine del riconoscimento di un credito d’imposta fino a concorrenza dell’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato (art. 7, co. 1, L. n. 448/98). Ciò vale sia per gli atti soggetti ad imposta di registro, sia per quelli soggetti ad IVA;

    L’intervento è assai significativo, posto che il decorso di detti termini, senza dar seguito agli adempimenti previsti, determina la revoca o la decadenza dalle agevolazioni prima casa, da cui sorge il diritto dell’Amministrazione finanziaria ad ottenere il pagamento delle «imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché [di] una sovrattassa pari al 30% delle stesse imposte» (co. 4 della nota II-bis).

    L’Agenzia delle entrate (circ. n. 8/E/2022) ha chiarito che ai fini della decorrenza dei termini stabiliti dalla legge per fruire dei benefici “prima casa”, non si tiene conto del periodo antecedente l’entrata in vigore della norma, compreso tra il 1° gennaio 2022 ed il 28 febbraio 2022, nel senso che la sospensione dei termini deve ritenersi operante anche in relazione a tale periodo, ancorché anteriore rispetto alla data di entrata in vigore della proroga in commento.

    Ne consegue che ha diritto al rimborso il contribuente che, ritenendosi decaduto dal beneficio “prima casa” per inutile decorso dei termini decadenziali nel periodo sopra indicato (1° gennaio - 28 febbraio 2022, ossia prima della proroga dei termini di sospensione, disposta, come detto, con la L. n. 15/2022), abbia versato le maggiori somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

    Applicazione della sospensione al termine per l’alienazione della casa preposseduta

    Come sopra anticipato, la sospensione si applica anche al termine di un anno entro il quale il contribuente che abbia acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale deve procedere alla vendita dell’abitazione ancora in suo possesso (c.d. “abitazione preposseduta”) (co. 4-bis della Nota II bis in calce all’art. 1, TP1, allegata al TUR), purché quest’ultima sia stata, a sua volta, acquistata usufruendo dei benefici “prima casa”.

    E’ quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello del 4.9.2020 n. 310

    Il caso sottoposto all’Agenzia ha riguardato un acquisto di casa di abitazione effettuato il 29 aprile 2019, per il quale quindi il termine annuale sarebbe decorso durante il periodo di sospensione (23 febbraio 2020 – 31 dicembre 2020): tuttavia, a causa dello stallo del mercato immobiliare il contribuente non era riuscito a trasferire a terzi la casa preposseduta. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito quindi che tra i termini oggetto di sospensione è compreso quello di un anno entro il quale il contribuente che abbia acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale, deve procedere alla vendita dell’abitazione preposseduta (co. 4-bis, Nota II-bis).

    Applicazione della sospensione dei termini – Asta giudiziaria

    L’operatività della sospensione dei termini è stata confermata anche nella risposta ad interpello dell’11 settembre 2020 n. 345 riferita al caso di un contribuente che aveva acquistato, tramite asta giudiziaria, in data 16 maggio 2019, un appartamento fruendo delle agevolazioni “prima casa”, pur essendo proprietario di un altro immobile che si era impegnato a vendere entro un anno. Con riferimento alla casa preposseduta il contribuente aveva ricevuto una proposta di acquisto subordinata però alla condizione sospensiva dell’ottenimento del mutuo bancario da parte della promissaria acquirente che però, a causa delle restrizioni determinate dal Covid-19, non era riuscita ad ottenere. Ebbene, secondo l’Ufficio per tale fattispecie opera il periodo di sospensione dei termini previsto dall’art. 24 del DL n. 23/2020 (23 febbraio 2020 – 31 dicembre 2020), cosicché nessuna decadenza si è configurata e i termini riprenderanno a decorrere dal giorno 1° gennaio 2021.

    Inapplicabilità della sospensione

    L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che:

    • il periodo di sospensione non si applica al termine quinquennale in pendenza del quale non è possibile trasferire per atto a titolo oneroso o gratuito, l’immobile acquistato con i benefici fiscale senza evitare la decadenza dall’agevolazione “prima casa” (co. 4, Nota II-bis in calce all’art. 1 TP1 allegata al TUR); (circ. n. 9/E/2020, par. 8.2.1). Una diversa interpretazione, infatti, risulterebbe in contrasto con la ratio della norma, in quanto arrecherebbe un pregiudizio al contribuente che vedrebbe allungarsi il termine per non incorrere nella decadenza dall’agevolazione fruita;

    • la sospensione dei termini di cui al “DL Liquidità” e al “DL Milleproroghe”, non riguarda il termine di tre anni previsto per l’accorpamento degli immobili destinati a “prima casa” (risposta ad interpello n. 235/2021). A tal fine occorre ricordare che la Corte di Cassazione (12 giugno 2020 n. 11322) ha deciso che, in tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa” spettano anche nel caso di accorpamento di più unità immobiliari finitime costituenti nel loro insieme un’unica abitazione, purché entro il termine triennale di decadenza, corrispondente a quello concesso all’Amministrazione finanziaria per l’esercizio dei poteri di accertamento, si verifichi l’effettiva unificazione di dette unità immobiliari, il cui onere probatorio grava sul contribuente, senza necessità che, entro lo stesso termine, si sia provveduto anche all’accatastamento dell’unica unità abitativa così realizzata;

    • la sospensione non è applicabile ai termini di decadenza previsti per l’ultimazione di immobili trasferiti in corso di costruzione che, una volta realizzati, presentino le caratteristiche di case di abitazione riconducibili in una categoria catastale diversa da A1, A8 e A9 (risposte a interpello nn. 39/2021 e 23/2021).

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