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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Angelo Busani

    Editore:

    IPSOA

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    IMMOBILI 2022

    45. AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: PRESUPPOSTI SOGGETTIVI

    Mostra tutte le note
    INQUADRAMENTO GENERALE ► Affinché l’acquirente di un’immobile ad uso abitativo possa usufruire delle agevolazioni “prima casa” devono ricorrere alcuni presupposti soggettivi:
    - il beneficiario dell’agevolazione “prima casa” deve necessariamente essere una persona fisica;
    - l’acquirente deve rilasciare (in proprio, o tramite rappresentante legale o negoziale munito di una procura speciale o di una procura generale) determinate dichiarazioni nell’atto di acquisto, ovvero:
    1) di voler stabilire entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (ma solo qualora egli già non vi risieda);
    2) di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
    3) di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le stesse agevolazioni.
    RESIDENZA DELL’ACQUIRENTE ► Una delle condizioni per beneficiare delle agevolazioni “prima casa” è che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza (qualora non risieda già in detto Comune).
    Ai fini fiscali il termine per trasferire la residenza è ridotto a 12 mesi per coloro che per acquistare l’immobile sono ricorsi al credito, stipulando un contratto di mutuo, e intendano portare in detrazione dalla propria IRPEF lorda il 19% degli interessi passivi pagati unitamente alle rate di rimborso del mutuo.
    COMUNE DOVE L’ACQUIRENTE SVOLGE LA PROPRIA ATTIVITÀ ► L’agevolazione “prima casa” compete anche per l’acquisto della casa ubicata nel Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività. Il legislatore ha quindi parificato il caso:
    - di colui che acquista nel Comune ove abita; e
    - di colui che acquista nel Comune ove opera (che può essere un Comune diverso da quello dove abita).
    DIPENDENTE TRASFERITO ALL’ESTERO ► L’agevolazione compete anche all’acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro, il quale acquisti una casa ubicata nel Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui l’acquirente medesimo dipende.
    CITTADINO ITALIANO EMIGRATO ALL’ESTERO ► L’agevolazione “prima casa” spetta al cittadino italiano emigrato all’estero a condizione che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano.
    CITTADINO STRANIERO ► È perfettamente equiparata al cittadino italiano, la persona fisica che non abbia la cittadinanza italiana e che possa rendersi acquirente in Italia della proprietà di immobili o di diritti reali immobiliari, a condizione ricorra la “condizione di reciprocità”.
    APPARTENENTI ALLE FORZE DI POLIZIA E ALLE FORZE ARMATE ► Possono beneficiare delle agevolazioni “prima casa” coloro che appartengono alle Forze di Polizia e alle Forze Armate e, in questo caso, non deve ricorrere il requisito della residenza (per averla o trasferirla entro 18 mesi) nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato.

    CASI PARTICOLARI ► 1. Soggetti legalmente incapaci;
    2. Contratto a favore di terzo;
    3. Acquisto dei coniugi.
    RIFERIMENTI ► Comma 1, Nota II-bis all’art. 1, TP1 TUR.

    ► INQUADRAMENTO GENERALE

    Per ottenere le agevolazioni “prima casa” occorre che ricorrano una serie di condizioni poste nella Nota II-bis all’art. 1, TP1 TUR. A tale proposito, il co. 1, lett. a) del citato art. 1 sancisce che l’acquirente ha diritto all’agevolazione:

    • se:

      • risiede nel territorio del Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato; oppure, in alternativa:

      • stabilisce in detto Comune entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza e rende nell’atto di acquisto la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato;

      • acquista un’abitazione nel Comune in cui esso stesso acquirente svolge la propria attività;

      • si tratta di soggetto trasferito all’estero per ragioni di lavoro, il quale acquista un immobile ubicato nel Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende;

      • si tratta di cittadino italiano emigrato all’estero, il quale acquista l’immobile come prima casa sul territorio italiano;

    • se, inoltre, nell’atto di acquisto l’acquirente dichiara di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

    • se, infine, nell’atto di acquisto l’acquirente dichiara di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le stesse agevolazioni.

    ⊳ Sul punto si rinvia al cap. 42 “Agevolazioni prima casa”, paragrafo “3. Condizioni per l’agevolazione”, ove è trascritto il testo integrale della Nota II-bis, TP1, TUR.

    1.Acquirente persona fisica

    Il legislatore ha omesso di specificare che il beneficiario dell’agevolazione “prima casa” debba necessariamente essere una persona fisica considerandola una circostanza ovvia e ciò si ricava da diversi riferimenti contenuti nella normativa in esame: si parla, infatti, della «residenza» dell’acquirente, dello svolgimento da parte dell’acquirente della «propria attività», dello stato di coniugio o meno del soggetto acquirente, e così via.

    Invero, un’agevolazione finalizzata a incentivare l’acquisizione della proprietà della casa di abitazione non può non essere stata ipotizzata che per un beneficiario persona fisica (C.T.P. Milano 14.11.2011 n. 335).

    Attenzione

    Ne consegue che l’agevolazione in parola non possa essere applicata ad acquisti effettuati da soggetti diversi dalle persone fisiche, sia se dotati di personalità giuridica (per esempio, le società), sia se privi di personalità giuridica (per esempio, le associazioni non riconosciute o le società di persone, comprese le società semplici).

    2.Dichiarazioni richieste all’acquirente

    L’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” è subordinato al rilascio, da parte dell’acquirente (in proprio, o tramite rappresentante legale o negoziale munito di una procura speciale o di una procura generale) di determinate dichiarazioni «nell’atto di acquisto» e precisamente:

    • la dichiarazione di voler stabilire entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (ma solo qualora egli già non vi risieda);

    • la dichiarazione di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare;

    • la dichiarazione di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le stesse agevolazioni.

    La legge non richiede particolari altre dichiarazioni da parte dell’acquirente al fine dell’ottenimento dell’agevolazione “prima casa”, tuttavia, in talune circostanze esse sono opportune.

    Qualora l’acquirente sia proprietario di una casa preposseduta, dovrà assumere in atto l’impegno di alienarla entro un anno dal nuovo acquisto.

    ⊳ Sul punto si rinvia al cap. 42 “Agevolazioni prima casa”.

    Momento nel quale rendere le dichiarazioni - Caso della sentenza costitutiva (articolo 2932 del Codice civile)

    Le dichiarazioni in parola (utili al fine dell’avvalimento delle agevolazioni prima casa) possono essere rese, laddove difetti un atto pubblico di compravendita, come nel caso di acquisto per effetto di sentenza costitutiva (art. 2932 c.c.), nel momento della richiesta di registrazione della sentenza e nelle forme di cui al DPR 445/2000, art. 47, risultando la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà idonea a garantirne:

    • la certezza, quanto al relativo contenuto; e

    • la riferibilità soggettiva, quanto al loro autore (Cass. 27.2.2020 n. 5349).

    L’Agenzia delle Entrate (ris. 38/E/2021), nell’ambito delle attività di monitoraggio del contenzioso tributario sorte per controversie in materia di imposta di registro, spesso originate da richieste di rimborso non accolte, si è occupata di casi in cui era stato posto in discussione il momento in cui:

    • devono essere rese le dichiarazioni per richiedere le “agevolazioni prima casa” nei casi in cui il trasferimento dell’immobile avvenga con provvedimento giudiziale (previste dalla Nota II-bis) all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al DPR 26.4.86 n. 131);

    • deve essere formulata la dichiarazione di volersi avvalere del sistema del c.d. “prezzo-valore” per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per le cessioni di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze (art. 1 co. 497 L. 23.12.2005 n. 266).

    L’Ufficio ha chiarito che, sia la dichiarazione sul possesso dei requisiti che l’acquirente deve rendere per fruire dei benefici “prima casa”, ove il trasferimento immobiliare avvenga con provvedimento giudiziale, sia la richiesta per applicare la regola del “prezzo-valore”, possono essere fornite dal contribuente:

    • successivamente al giudizio; ma,

    • prima della registrazione dell’atto giudiziale.

    (Nello stesso senso Cass. 16.5.2018 n. 11907; per la sentenza di usucapione: Cass. 21.1.2021 n. 1270; 12.1.2017 n. 635; per la vendita forzata: Cass.19 aprile 2013, n. 9569; per la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c.: Cass. 3.2.2014 n. 2261).

    A tal fine occorre ricordare che il meccanismo del “prezzo-valore” può essere applicato anche alle vendite forzate immobiliari (come chiarito dalla Corte Costituzionale: n. 6/2014), da cui discende che la richiesta può essere formulata dall’acquirente anche nelle ipotesi in cui il trasferimento avvenga con provvedimento giudiziale, non essendo ostativa l’assenza di un notaio.

    La relativa richiesta può essere di regola effettuata ricorrendo alla forma della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (art. 47 DPR 445/2000).

    Infine, con riferimento al procedimento di registrazione, l’Ufficio ha ricordato che per perseguire finalità di semplificazione e di accelerazione della registrazione degli atti giudiziari, è stata sviluppata una apposita procedura ad accesso libero disponibile sul sito Internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it, attraverso la quale è possibile provvedere spontaneamente al pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio sugli atti ricevuti. È pertanto possibile ricorrere a detta procedura, tramite la quale si possono acquisire:

    • sia informazioni sulla liquidazione del provvedimento;

    • sia informazioni anagrafiche per la stampa completa del modello di pagamento F24;

    e tramite detta procedura è sempre possibile richiedere le agevolazioni “prima casa” o determinare la base imponibile con il sistema del “prezzo valore”. Il processo di registrazione, in generale, viene posto in essere solo a seguito del pagamento degli importi liquidati e la registrazione sarà eseguita in via automatizzata dal sistema, dopo l’avvenuto pagamento.

    3.Assenza delle dichiarazioni e decadenza

    La dichiarazione (di cui al co. 1, lett. a), della Nota II-bis all’art. 1, TP1) di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (ma solo qualora egli già non vi risieda) è richiesta «a pena di decadenza» dall’agevolazione per cui, occorre considerare come il rilascio di detta dichiarazione sia un presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione e che, dunque, in sua mancanza, l’agevolazione non possa essere concessa (e, se concessa, debba essere revocata).

    La legge non ripete analoga affermazione per le altre due dichiarazioni richieste all’acquirente (variamente inerenti la “impossidenza” di altre case da parte dell’acquirente), ma è abbastanza ovvio ritenere che la mancanza nell’atto di acquisto di una delle tre dichiarazioni (a meno di non “rimediare” a questa mancanza mediante la stipula di un atto integrativo) impedisca l’ottenimento dell’agevolazione.

    4.Dichiarazione mendace

    La legge dispone che, «in caso di dichiarazione mendace», l’acquirente deve scontare la differenza tra la tassazione agevolata e la tassazione ordinaria, gli interessi e la disposta sanzione salvo il caso in cui, se proprietario di altra abitazione, non si impegni a trasferirla entro un anno. In ogni caso, qualora non adempia a siffatto obbligo, la decadenza è postergata di un anno dalla data di acquisto.

    5.Data di riferimento delle dichiarazioni richieste all’acquirente

    L’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” è subordinato al rilascio, da parte dell’acquirente, «nell’atto di acquisto», di determinate dichiarazioni ma, dal momento che la legge non contiene espliciti riferimenti circa la data alla quale dette dichiarazioni debbono fare riferimento, se ne desume che si debba considerare la data in cui «l’atto di acquisto» viene stipulato (che di solito coincide con la data in cui si produce l’effetto traslativo).

    Qualora la data di stipula del contratto di compravendita e la data di verificazione dell’evento traslativo non coincidano (si pensi a un contratto cui siano apposti un termine iniziale o una condizione sospensiva), si può ritenere che le dichiarazioni in questione debbano essere comunque effettuate «nell’atto di acquisto» ma siano riferite non tanto alla data di stipula, quanto alla posteriore data in cui si verificherà l’effetto traslativo.

    6.Dichiarazioni in subordine

    Dal momento che la legge prescrive (co. 1, lett. a), della Nota II-bis all’art. 1, TP1) che l’acquirente ha diritto all’agevolazione se, alternativamente:

    • risieda «nel territorio del Comune» in cui è ubicato l’immobile acquistato; oppure, in alternativa

    • «stabilisca» in detto Comune «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» e renda «nell’atto di acquisto» la «dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato»;

    • venga acquistata un’abitazione nel Comune «in cui l’acquirente svolge la propria attività»;

    si deve ritenere sia valevole, al fine dell’ottenimento dell’agevolazione, una dichiarazione dell’acquirente che contenga una pluralità di dichiarazioni in subordine e ciò in quanto non pare esservi nella legge alcun ostacolo.

    7.Forma delle dichiarazioni dell’acquirente

    La legge non prescrive alcun requisito formale per le dichiarazioni dalla legge stessa richieste all’acquirente affinché questi ottenga l’agevolazione “prima casa”, tuttavia, dal momento che si tratta di dichiarazioni riferite ad un acquisto immobiliare, esse sono contenute in un atto notarile (e cioè un atto redatto in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata) o in un provvedimento giudiziario (ad esempio, una sentenza di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, ai sensi dell’art. 2932 c.c.; oppure, un decreto di trasferimento in sede in esito a una procedura di espropriazione forzata).

    Qualora l’atto di compravendita sia redatto nella forma della scrittura privata non autenticata (che contenga le dichiarazioni valevoli all’ottenimento dell’agevolazione “prima casa”) nessun dubbio pare esservi che, anche in tale ipotesi, l’agevolazione debba essere concessa.

    ► RESIDENZA DELL’ACQUIRENTE

    La legge prescrive che una delle condizioni per beneficiare delle agevolazioni “prima casa” sia che «l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» (lett. a) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1).

    Il concetto di “residenza” è esplicitato:

    • nell’art. 43 c.c., il cui co. 2 sancisce che «la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale» (per “dimora” intendendosi la casa di abitazione); nonché

    • nell’art. 3, DPR 30.5.89 n. 223, il cui co. 1 sancisce che «per persone residenti nel Comune s’intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel Comune».

    Attenzione

    La residenza è determinata non solo dall’elemento soggettivo della volontà di rimanere in un dato luogo, ma anche dal fatto oggettivo della stabile permanenza in quest’ultimo. Inoltre, “l’abitualità della dimora” non impone la continuità o la definitività, ma richiede la conservazione dell’abitazione in quel dato luogo ove il soggetto ritorna quando possibile, mostrando l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (Cass. 14.3.86 n. 1738).

    La nozione di “residenza” per la Cassazione n. 3841/2021

    La Corte di Cassazione (15.2.2021 n. 3841), occupandosi della richiesta di residenza da parte di un contribuente, presso un Comune ad alta vocazione turistica, ha individuato i requisiti necessari per richiederla. Ed ha precisato che il contribuente può dunque richiedere la residenza, seppure la sua permanenza nei locali non sia prevalente, purché sia intenzionato a dimorare stabilmente nel Comune.

    A tal fine i giudici hanno chiarito che, secondo la previsione dell’art. 43 c.c., la nozione di residenza di una persona - rilevante non solo ai fini della sua conservazione, ma anche per ottenere per la prima volta l’iscrizione nelle liste anagrafiche di un determinato comune - è determinata dall’abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per la permanenza in tale luogo per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo (c.d. elemento oggettivo), e dall’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari, affettive (c.d. “elemento soggettivo”).

    La Cassazione ha inoltre sottolineato che tale stabile permanenza ricorre anche quando una persona lavori o svolga altra attività fuori del comune di residenza, purché torni presso la propria abitazione abitualmente, in modo sistematico, una volta assolti i propri impegni (lavorativi o di studi) e sempre che mantenga ivi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

    Inoltre, la verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l’iscrizione anagrafica in un comune, prevista dalla legge al DPR 223/89, art. 19 deve avvenire, da parte degli organi a ciò preposti, con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l’esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato, con l’onere in capo al richiedente la residenza, di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui.

    Qualora venga spostato il luogo di dimora abituale, occorre effettuare il trasferimento della residenza ed a tal fine è necessario rendere una apposita dichiarazione all’ufficio anagrafe del Comune in cui viene stabilita la propria residenza, entro 20 giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti (art. 13, DPR 30.5.89 n. 223).

    In seguito, entro «due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni» di cambiamento di residenza «l’ufficiale d’anagrafe effettua le iscrizioni o le registrazioni delle variazioni anagrafiche dichiarate, con decorrenza dalla data della presentazione delle dichiarazioni», fermo restando che (art. 19, co. 2, DPR 30.5.89 n. 223) l’ufficiale stesso «è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato […]».

    Nel procedimento d’iscrizione anagrafica per trasferimento di residenza da altro Comune l’ufficiale d’anagrafe, effettuata l’iscrizione, provvede alla immediata comunicazione, con modalità telematica, al Comune di provenienza, dei dati relativi alle dichiarazioni rese dagli interessati, ai fini della corrispondente cancellazione anagrafica, da effettuarsi, con la medesima decorrenza di cui al co. 1, entro 2 giorni lavorativi (ai sensi dell’art. 18, co. 2, DPR 30.5.89 n. 223).

    Attenzione

    Si ritiene che la residenza cui fare riferimento sia quella anagrafica (e non quella fattuale) (circostanza ribadita in un consolidato orientamento giurisprudenziale confermato in Cass. 20.6.2001 n. 8377; Cass. 16.9.2015 n. 18188).

    Anche l’Amministrazione finanziaria pare essersi orientata in tal senso (circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.11.3, per la quale «non è sufficiente avere la dimora nel Comune dove si effettuerà l’acquisto agevolato ma occorre la residenza o l’intenzione di trasferirla entro 18 mesi»).

    1.Diciotto mesi

    Ai sensi della lett. a) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1) l’acquirente che già non abbia, all’atto dell’acquisto, la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, deve dichiarare «nell’atto di acquisto», a pena di decadenza, di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato e poi deve effettivamente trasferire la propria residenza in detto Comune entro diciotto mesi «dall’acquisto».

    Di regola, tale data coincide con quella del rogito notarile, ma potrebbe trattarsi anche di una data posteriore, ove si trattasse di un contratto recante la previsione di un effetto traslativo differito in epoca successiva rispetto alla data di stipula del contratto stesso.

    La Corte di Cassazione (1.12.2017, n. 28860) ha chiarito che il termine di 18 mesi per trasferire la residenza, nel caso in cui un contribuente si sia avvalso delle agevolazioni prima casa, decorre dalla data di registrazione dell’atto nel quale sono stati richiesti i benefici fiscali e non già dalla data di stipula.

    Nel senso di far decorrere i 18 mesi dalla data del rogito (e non dall’ultimazione dei lavori) si è invece espressa la Corte di Cassazione con ordinanza del 17.4.2018 n. 9433, con riferimento al caso di una casa in costruzione.

    Nell’ipotesi in cui l’immobile sia occupato, stante che ricorre una causa di forza maggiore, il termine per trasferire la residenza nell’immobile occupato decorre dalla registrazione del decreto di assegnazione e non già dall’atto. Nel valutare la tempestività dell’obbligo di trasferimento della residenza, occorre tener conto dell’esistenza di eventuali cause dovute a forza maggiore non prevedibili, e tali da sovrastare la volontà del contribuente di abitare nella prima casa entro i termini di legge. Rientrano nelle ipotesi gli ostacoli frapposti dalla persona che occupa senza titolo l’immobile all’esecuzione del rilascio (C.T.R. Lazio 4.6.2021 n. 2836).

    Attenzione

    La dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione della volontà di stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, espressa nell’atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo dell’acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale dichiarazione consegue l’onere per l’acquirente stesso di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di 18 mesi a pena di decadenza, nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato e di darne prova all’ufficio spontaneamente o a richiesta (circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 2.1.2).

    La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’obbligo di trasferire la residenza entro il predetto termine di 18 mesi rappresenta un onere a carico del contribuente (titolare di una situazione giuridica attiva in virtù della quale ha potuto beneficiare del regime agevolato), da adempiere entro il medesimo termine di decadenza di 18 mesi. Non rilevano a tal fine impedimenti sopravvenuti di sorta ove questi non rispetti l’impegno assunto (Cass. 10.2.2016 n. 2616).

    (Si considerino però i casi di c.d. “forza maggiore” di cui al successivo par. 2.). Il termine di 18 mesi concesso all’acquirente per stabilire la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato con i benefici fiscali è stato innalzato dagli originari 12 mesi con l’art. 33, co. 12, L. 23.12.2000 n. 388 che ha innovato la Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR.

    Qualora le parti abbiano stipulato un atto di compravendita di immobile per scrittura privata registrata presso l’Agenzia delle Entrate, nella quale l’acquirente abbia richiesto le agevolazioni prima casa e si sia impegnato a trasferire la propria residenza entro 18 mesi nel Comune ove si trova l’immobile acquistato, deve adempiere a siffatto obbligo considerando la scrittura privata, e non già l’atto pubblico notarile di conferma del contratto redatto al fine della trascrizione nei pubblici registri (Cass. 16.7.2020 n. 15181/20).

    1.1Mancato trasferimento entro diciotto mesi

    Secondo l’Agenzia delle Entrate (circ. 18/E, 29.5.2013, § 3.11) «il mancato trasferimento della residenza nel Comune entro 18 mesi comporta la decadenza dall’agevolazione anche nell’ipotesi in cui il soggetto ceda l’immobile prima che sia decorso il termine dei diciotto mesi».

    Attenzione

    Occorre osservare che, parte della giurisprudenza tributaria, ha però affermato che ha diritto all’agevolazione “prima casa” il contribuente che, entro 18 mesi dalla data dell’atto con il quale effettua l’acquisto dotato del beneficio fiscale, presenta domanda di trasferimento della propria residenza nel territorio del Comune nel quale si trova l’immobile acquistato, anche se ottiene il trasferimento della residenza dopo la scadenza del diciottesimo mese. (C.T.R. Lombardia 4.1.2016 n. 12/66/2016).

    Attenzione

    Decade dalle “agevolazioni prima casa” e perde il credito d’imposta (ex art. 7, L. 448/98) il contribuente che, in ipotesi di più acquisti a catena, venda la casa acquistata con le “agevolazioni prima casa” ed entro un anno ne compri un’altra ma non dimostri di avervi trasferito la residenza anagrafica e ciò siccome con la disciplina in esame il legislatore non ha inteso agevolare meri progetti di future (ed eventuali) sistemazioni abitative, ma attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazioni da parte di acquirenti (Cass. 8.7.2016 n. 13958; Cass. 30.4.2015 n. 8847).

    1.2Data dalla quale decorrono i diciotto mesi

    Nel caso in cui venga acquistata un’abitazione in corso di costruzione, con lavori ancora in atto al diciottesimo mese posteriore al rogito, i quali dunque impediscono il trasferimento della residenza, nonostante il contribuente trasferisca la residenza in detta casa nei 18 mesi successivi al termine dei lavori, egli perderebbe ugualmente l’agevolazione, in quanto occorre considerare, al fine del computo del decorso del predetto termine di 18 mesi, la data di stipula e non la data di fine lavori.

    Pertanto, qualora il contribuente non abbia trasferito la sua residenza nel Comune ove è ubicata la casa in corso di costruzione, entro 18 mesi dal contratto di acquisto, perderebbe l’agevolazione e l’Amministrazione avrebbe 3 anni di tempo, dalla scadenza di detto diciottesimo mese, per comminare la perdita dell’agevolazione (Cass. 5.2.2014 n. 2527; nel medesimo senso: C.T.P. Cagliari 20.1.2015 n. 44).

    Esiste un orientamento che, invece, fissa il decorso del termine di 18 mesi dal momento in cui l’immobile in corso di costruzione ed oggetto di compravendita sia divenuto effettivamente idoneo all’utilizzo ed al soddisfacimento dell’esigenza abitativa (C.T.R. Veneto 22.10.2007; C.T.P. Treviso 11.3.2010 n. 26).

    Occorre segnalare, infine, che diverse sentenze definiscono quale causa di “forza maggiore” l’esecuzione di lavori di costruzione o di ristrutturazione della casa oggetto di acquisto agevolato e che, per effetto del ricorrere di detta “forza maggiore” impeditiva del trasferimento di residenza, sanciscono la permanenza dell’agevolazione nonostante il mancato trasferimento della residenza. Si rinvia ai paragrafi successivi del presente capitolo in tema di “forza maggiore”.

    1.3Riduzione del termine da diciotto mesi a dodici mesi

    Quanto a coloro che finanziano l’acquisto della casa tramite un mutuo bancario ipotecario e intendono portare in detrazione dalla propria IRPEF lorda il 19% degli interessi passivi pagati unitamente alle rate di rimborso del mutuo, è condizione di detta detrazione il fatto che il soggetto finanziato adibisca la casa acquistata «ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto stesso» e che «l’acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell’anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo» (art. 15, co. 1, lett. b), DPR 22.12.86 n. 917).

    In ipotesi di accesso al credito, quindi, il termine di 18 mesi deve essere accorciato a 12 mesi.

    1.4Obblighi verso l’Amministrazione finanziaria

    In assenza di prescrizioni di legge, una volta ottenuta la residenza, l’acquirente che consegua l’agevolazione dichiarando di voler stabilire «entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza» nel Comune in cui è ubicato l’immobile oggetto del trasferimento, non deve darne dimostrazione all’Amministrazione.

    Qualora venga richiesto al contribuente di documentare l’adempimento dell’obbligo assunto di trasferire la residenza, questi può rendere la relativa dichiarazione sostitutiva inerente la propria residenza (artt. 43, 46, 47, co. 1, DPR 28.12.2000 n. 445).

    1.5Rispetto del termine di diciotto mesi

    Al fine del rispetto del termine di 18 mesi (concesso per il trasferimento della residenza nel Comune ove è situata la casa oggetto di acquisto agevolato) occorre far riferimento alla data della dichiarazione di trasferimento della residenza all’ufficio anagrafe del Comune ove la residenza viene fissata (e, quindi, non alla data in cui l’iscrizione del nuovo residente è materialmente effettuata dal Comune che riceve il nuovo residente) (art. 18, co. 2, DPR 30.5.89 n. 223) (circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.10).

    1.6Mantenimento della residenza nel Comune per un periodo minimo

    Una volta ottenuta la residenza nel Comune e, quindi, adempiuto l’obbligo di trasferirsi entro 18 mesi, non vi è alcuna previsione normativa circa la necessità del mantenimento della residenza anagrafica in detto Comune per un periodo minimo.

    La residenza può quindi essere trasferita altrove (nello stesso Comune o in altro Comune) anche immediatamente a meno che dal subitaneo ritrasferimento di residenza non possa desumersi (quale “presunzione grave, precisa e concordante”) che della norma agevolativa vi è stato un utilizzo volutamente “abusivo”, e cioè che nessuna seria motivazione il contribuente aveva per posizionare la sua residenza nel Comune ove è sito l’immobile acquistato con l’agevolazione, se non quella di appropriarsi del beneficio fiscale. Pertanto, un immediato ritrasferimento di residenza non dovrebbe intaccare l’agevolazione, specialmente se sia supportato da una fondata ragione.

    Attenzione

    In tema di “agevolazioni prima casa”, il cambio della residenza dopo la stipula dell’atto non costituisce causa di revoca dal beneficio fiscale siccome «il requisito della residenza, necessario per fruire dell’agevolazione, [deve sussistere e, quindi,] risulta oggettivamente limitato al momento della sua applicazione, senza che su di esso incida il successivo spostamento da parte dell’acquirente. Il mancato mantenimento della residenza non è infatti incluso fra le espresse cause di revoca e, peraltro, i successivi spostamenti della residenza non pregiudic[ano] le ragioni del fisco». (Cass. 15.7.2016 n. 14510).

    2.Mancato trasferimento della residenza per causa di “forza maggiore”

    Può accadere che il mancato trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto sia imputabile ad un evento indipendente dalla volontà del contribuente: si parla di “forza maggiore”.

    Per “forza maggiore” deve intendersi il sopravvenire di un impedimento oggettivo di entità tale da non poter essere fronteggiato, vale a dire un ostacolo all’adempimento della obbligazione, caratterizzato da inevitabilità e imprevedibilità non imputabili alla parte obbligata al trasferimento della residenza (Cass. 19.3.81 n. 1616; circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.11.3, «l’ipotesi della forza maggiore ricorre quando sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non potere essere evitato ovvero caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità»).

    Si tratta quindi di (Cass. 8.11.2019 n. 28838):

    • “un evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente di “abitare” nella prima casa entro il termine suddetto” (Cass. n. 7067/2014; n. 13177);

    • “un impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità (anche a titolo di colpa), inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento” (Cass. n. 16687/2021; Cass. n. 6076/2017; n. 13148/2016; n. 14399/2013; n. 864/2016 e n. 25/2016).

    Il principio di “forza maggiore” elaborato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle “agevolazioni prima casa” configura una regola generale immanente nell’ordinamento, consistente nell’inesigibilità di un comportamento per causa non imputabile a chi vi sia tenuto ed autonomo rispetto alla disciplina civilistica in tema di adempimento delle obbligazioni (art. 1256 c.c.).

    A tal fine, deve ritenersi valevole la regola dell’inesigibilità, con riferimento alle agevolazioni tributarie, quando il mancato adempimento dell’obbligazione deriva, non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma da una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, la quale prescinde dalla volontà del contribuente ed è tale da determinare una situazione di “forza maggiore”, rendendo inesigibile il comportamento richiesto (Cass. SS.UU. 23.4.2020 n. 8904).

    Motivazione dell’assenza di “forza maggiore”

    La Corte di Cassazione (16687/2021) ha chiarito che l’Amministrazione finanziaria che intende revocare le agevolazioni “prima casa” concesse ad un contribuente deve motivare la revoca argomentando in base all’assenza di “forza maggiore”.

    Il caso concreto ha riguardato il mancato trasferimento della residenza nel Comune ove era ubicata la casa di abitazione acquistata con il beneficio fiscale, da parte di un contribuente, entro il termine previsto dalla legge, ed il ricorso presentato da un contribuente avverso l’avviso di liquidazione e l’irrogazione di sanzioni in relazione alla maggiore imposta sostitutiva pagata su un mutuo erogato da una Banca. Secondo l’Ufficio il contribuente non aveva fornito idonea prova della causa di forza maggiore che avrebbe impedito il trasferimento della residenza entro il termine di 18 mesi.

    2.1Casi nei quali non ricorre la forza maggiore

    È stato escluso che ricorra la “forza maggiore” nei seguenti casi:

    • malattia dell’acquirente di breve durata (sciatalgia del contribuente) (C.T.R. Bolzano 23.2.2006 n. 39);

    • precarie condizioni di salute dell’acquirente (Cass. 17.10.2014 n. 22002);

    • mancanza di risorse finanziarie per il completamento dei lavori (C.T.R. Abruzzo 31.3.2008 n. 44);

    • riacutizzarsi di una malattia che si era già manifestata prima dell’acquisto immobiliare, il cui temporaneo e episodico riacutizzarsi risulta essere prevedibile (C.T.R. Lombardia n. 3477/1/2019 del 13.9.2019), posto che la causa di forza maggiore, idonea ad impedire la decadenza dalle agevolazioni prima casa nell’ipotesi in cui la parte acquirente non abbia trasferito la propria residenza nel Comune ove è situato l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto, deve essere sopravvenuta, imprevedibile e non addebitabile al contribuente;

    • la necessità di lavori di consolidamento delle fondazioni di edificio adiacente (Cass. 17.10.2014 n. 22002; 12.7.2017 n. 17225);

    • il contribuente sia stato privato della libertà personale a seguito del suo arresto (C.T.P. Savona 24.8.2011 n. 105);

    • il fatto di aver comprato una quota di comproprietà e non un’intera piena proprietà (C.T.R. Liguria 18.12.2013 n. 148);

    • il fatto che l’acquirente, a causa di separazione coniugale, abbia alienato la casa acquistata con l’agevolazione (prima di mettervi la propria residenza) e sia andato ad abitare altrove (Cass. 14.7.2014 n. 16082; Cass. 11.4.2014 n. 8620);

    • separazione coniugale (Cass. 11.4.2014 n. 8620);

    • mancato rilascio dell’appartamento da parte di un comodatario (C.T.R. Umbria 15.10.2010 n. 90);

    • il mancato rilascio dell’immobile da parte del conduttore (Cass. 2.4.2014 n. 7764; Cass. 28.6.2016 n. 13346; Cass. 12.5.2021 n. 12466);

    • la scoperta di vizi costruttivi dell’immobile successivamente al rogito (Cass. 22.5.2015 n. 10586);

    • la fatiscenza del fabbricato oggetto di acquisto agevolato, in quanto non conseguenza di un evento imprevisto e imprevedibile verificatosi successivamente, bensì conseguenza di una situazione precaria in cui versava l’immobile al momento dell’acquisto che non poteva essere ignorata da una persona di normale diligenza e avvedutezza (C.T.R. Toscana 6.11.2014 n. 2135; C.T.R. Liguria 8.1.2015 n. 18);

    • difficoltà economiche del contribuente lavoratore finito in Cassa Integrazione (CIG): tale evento non costituisce “forza maggiore” e il contribuente che non riesce a pagare il mutuo per sopravvenute difficoltà economiche imputabili alla CIG decade dal beneficio fiscale (Cass. 12.01.2017 n. 678);

    • acquisto di un immobile occupato, tenuto conto che colui che acquista siffatto bene si espone ai ritardi resi necessari dal dover intraprendere procedimenti giudiziali finalizzati al rilascio (Cass. 4.2.2005 n. 2266; Cass. 17.12.2015 n. 25437; Cass. 28.2.2018 n. 4591);

    • qualora l’acquirente non sia riuscito a trasferire la residenza nell’abitazione entro 18 mesi dalla data dell’acquisto immobiliare poiché l’immobile era concesso in locazione a terzi con un contratto di durata superiore a 18 mesi (Cass. 1.2.2019 n. 3095);

    • il rilascio tardivo da parte del Comune di una concessione edilizia in sanatoria che impedisce al contribuente acquirente di un immobile interessato da abuso edilizio di trasferirvi la residenza nei termini (Cass. 17.7.2021 n. 20355);

    • tardivo rilascio da parte del competente Ufficio comunale della certificazione per il conseguimento della residenza, a causa di inerzia e lungaggini (Cass. 15.2.2022 n. 4843).

    2.2Casi nei quali ricorre la forza maggiore

    Al contrario, sono stati considerati i seguenti casi nei quali è stata negata la decadenza dal beneficio fiscale, per non aver trasferito la residenza in termini, a causa di “forza maggiore”.

    Terremoto

    Particolare attenzione deve essere dedicata al terremoto, argomento dapprima affrontato dalla Amministrazione finanziaria con riferimento al caso di un soggetto che non riuscì a trasferire la propria residenza nel Comune ove era situata la casa oggetto di acquisto agevolato poiché, a causa di un terremoto, «un grande numero di fabbricati [era] stato gravemente danneggiato dal sisma» (ris. Agenzia delle Entrate 1.2.2002 n. 35/E).

    Secondo l’Amministrazione finanziaria si trattava di un caso di “forza maggiore” (e cioè un evento imprevedibile e inevitabile, non imputabile al contribuente) che giustificava il mantenimento della agevolazione e, quindi, non ne doveva essere dichiarata la decadenza, a condizione peraltro che il caso di “forza maggiore” fosse intervenuto in pendenza del termine di 18 mesi concesso al contribuente per trasferire la propria residenza (ris. Agenzia delle Entrate 35/E, 1.2.2002) (e cioè a condizione che detto termine non fosse già scaduto alla data in cui l’evento di “forza maggiore” si era verificato o che detto termine dovesse ancora iniziare a decorrere).

    La stessa Agenzia delle Entrate (ris. 1.2.2002 n. 35/E) aveva però precisato che «di norma non è sufficiente il verificarsi di un evento sismico per impedire a chiunque di trasferire la propria residenza in uno dei Comuni colpiti» (nel particolare caso esaminato dalla risoluzione «il danneggiamento non riguardava il solo immobile agevolato ma l’intero Comune di Foligno e tutti gli altri Comuni che [...] [erano] stati individuati come disastrati»; con la conseguente obiettiva carenza di immobili da adibire a propria dimora da parte del contribuente interessato).

    Attenzione

    Sempre con riferimento al caso del terremoto, la Corte di Cassazione (5.7.2019 n. 18091) ha chiarito che sussiste il diritto di richiedere le agevolazioni prima casa per l’acquisto di una seconda casa ubicata nello stesso Comune, nell’ipotesi in cui la casa preposseduta (acquistata senza agevolazioni prima casa) sia stata danneggiata dal sisma divenendo inagibile (e quindi, sia inidonea a soddisfare le esigenze abitative del contribuente). È a tal fine irrilevante il ritardo del contribuente nella ristrutturazione dell’immobile, sebbene inserito in un piano comunale rimasto ineseguito.

    Infiltrazioni d’acqua

    L’Amministrazione ha riconosciuto configurabile un caso di “forza maggiore” nell’accadimento di un evento riguardante esclusivamente la casa oggetto dell’acquisto agevolato, ovvero, l’esistenza di infiltrazioni d’acqua che la rendevano non abitabile (ris. Agenzia delle Entrate 140/E, 10.4.2008).

    Casi particolari individuati dalla giurisprudenza

    Anche nella giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, si riscontra un prevalente orientamento favorevole (Cass. 17.7.2013 n. 17442) a dare rilievo al verificarsi di eventi di “forza maggiore”. Ad esempio, la forza maggiore è stata riscontrata e ricorre in caso di:

    • comportamento omissivo del Comune nel rilasciare il certificato di abitabilità (C.T.C. 11.10.95 n. 3241; C.T.P. Roma 12.11.2007 n. 368; in senso contrario, C.T.R. Toscana 9.12.2003 n. 144; C.T.P. Aosta 24.1.2011 n. 9; Cass. 10.3.2015 n. 4800) e/o il certificato di residenza (C.T.R. Umbria 15.10.2010 n. 92; Cass. 5.9.2014 n. 18770; C.T.P. Varese 11.6.2015 n. 310);

    • ritardo del Comune nel rilascio del certificato di abitabilità a causa del mancato completamento delle opere di urbanizzazione primaria (fognature) dell’area sulla quale insiste l’immobile in contratto. Tenuto conto che il contribuente non può prevedere (nel momento in cui, in sede di stipula, si obbliga a trasferire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile in contratto entro 18 mesi dall’atto), che i lavori di completamento dell’immobile si prolunghino per diverso tempo, siccome ricorre un’ipotesi di oggettiva impossibilità e di forza maggiore, egli non decade dalle agevolazioni prima casa ove trasferisca la residenza nel Comune non appena siano conclusi i lavori di costruzione e sia rilasciato il certificato di abitabilità (C.T.R. Lombardia 28.09.2016 n. 4961);

    • espletamento di pratiche edilizie non prevedibili e resesi necessarie in seguito ad opere difformi eseguite dall’impresa costruttrice della casa acquistata con l’agevolazione (C.T.P. Verbania 30.1.2009 n. 4) (mentre, d’altro canto, non è stata ritenuta di “forza maggiore” la pendenza di una procedura di sanatoria di un edificio costruito con abusi edilizi) (Cass. 17.10.2005 n. 20066; Cass. 17.7.2021 n. 20355);

    • stato locativo o di occupazione abusiva dell’immobile acquistato (C.T.C. 2.4.96 n. 1497; C.T.R. Toscana 3.9.2015; in senso contrario: Cass. 28.3.2003 n. 4714; C.T.P. Pescara 16.5.2002 n. 65; C.T.R. Toscana 26.6.2007 n. 31; Cass. 2.4.2014 n. 7764; Cass. 11.6.2014 n. 13177); anche nell’ipotesi in cui l’immobile sia stato occupato abusivamente da soggetti terzi, per cui l’acquirente che ha usufruito delle agevolazioni “prima casa” non sia riuscito a trasferire la residenza entro 18 mesi dall’acquisto (C.T.R. Lombardia 14.4.2016 n. 2220/13/2016);

    • mancato trasferimento della residenza entro 18 mesi siccome l’immobile acquistato era occupato da cittadini extracomunitari (C.T.R. Milano - Lombardia 14.4.2016 n. 2220);

    • mancato rilascio dell’immobile all’asta (C.T.R. Lazio 12.7.2011 n. 557; C.T.P. Milano 31.1.2011 n. 11);

    • di occupazione senza titolo di un immobile nell’ambito di una procedura esecutiva ove, nel caso concreto, il termine per il trasferimento decorra dalla data di registrazione del decreto di assegnazione e non dalla stipula dell’atto (C.T.R. Lazio 4.6.2021 n. 2836);

    • contribuente che, dopo aver alienato la “prima casa” (anteriormente al decorso di 5 anni dall’acquisto agevolato), entro un anno si renda aggiudicatario di un nuovo immobile ad uso abitativo, ma il giudice emetta il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., dopo 1 anno e 7 giorni dalla data dell’alienazione (Cass. 9.3.2017 n. 6076);

    • impedimento derivante dal luogo di svolgimento del proprio lavoro da parte dell’acquirente (C.T.P. Salerno 12.3.98 n. 49; C.T.P. Salerno 18.2.99; C.T.P. Roma 12.11.2007 n. 368);

    • acquisto di un diritto (quale la nuda proprietà) che non attribuisce la facoltà di adibire il bene acquistato ad abitazione dell’acquirente (Cass. 25.1.2000 n. 797);

    • morte dell’acquirente (Cass. 25.1.2000 n. 797; RM 260369, 30.8.91);

    • lavori in corso nell’edificio oggetto di acquisto agevolato (C.T.P. Roma 12.11.2007 n. 368; C.T.R. Emilia-Romagna 9.1.2009 n. 5; C.T.P. Pisa 26.1.2009 n. 5; C.T.R. Toscana 25.2.2013 n. 26; C.T.P. Savona 29.4.2010 n. 66; Cass. 9.6.2010 n. 13800; in senso contrario al concretarsi di una causa di “forza maggiore” in ragione dell’esecuzione di lavori edili: mancata ultimazione di un appartamento in costruzione o in caso di protrazione di lavori di straordinaria manutenzione di un immobile già edificato (C.T.R. Sicilia 24.3.2011 n. 45; Cass. 12.7.2013 n. 17249; C.T.R. Liguria 16.12.2013 n. 169; C.T.R. Lombardia 30.1.2014 n. 556; Cass. 26.3.2014 n. 7067; Cass. 12.3.2015 n. 5015; Cass. 13.11.2015 n. 23227; Cass. 19.1.2016 n. 864; Cass. 27.4.2016 n. 8351; Cass. 24.6.2016 n. 13148; Cass. 23.1.2018 n. 1588; Cass. 8.11.2019 n. 28838);

    • infiltrazioni di acqua dall’appartamento soprastante (C.T.R. Lazio 16.12.2007 n. 168; C.T.P. Vercelli 5.2.2010 n. 16; in senso contrario Cass. 26.1.2010 n. 1392; ris. n. 140/E/2008);

    • grave stato di salute del contribuente (C.T.R. Puglia 21.10.2015); malattia del figlio del contribuente (C.T.R. Lombardia 26.4.2013 n. 44); infortunio domestico che abbia costretto il contribuente a letto, e necessaria sostituzione di un pacemaker in prossimità della scadenza del termine per trasferire la residenza (C.T.P. Ravenna n. 169/1/2019);

    • ritrovamento di reperti archeologici, impeditivo della prosecuzione di lavori di ristrutturazione (Cass. 7.6.2013 n. 14399);

    • smottamenti nel sedime del fabbricato e nella strada di accesso al fabbricato stesso, causati da abbondanti piogge, che non avevano consentito il completamento dei lavori di ristrutturazione dell’immobile (Cass. 11.9.2014 n. 19247);

    • reiterato rifiuto da parte degli istituti di credito alla concessione del prestito tempestivamente richiesto dal contribuente che, per non decadere dalle “agevolazioni prima casa”, deve reinvestire entro un anno dalla vendita infranquinquennale della casa acquistata con le agevolazioni “prima casa”. Non si tratta di un impedimento di tipo soggettivo siccome la situazione non è di per sé imputabile al contribuente, il quale nemmeno la può evitare (C.T.R. Lazio 6.7.2017 n. 4072/15/2017).

    Un atteggiamento “intermedio” è poi quello assunto dalla Cassazione in una interessante sentenza nella quale la “forza maggiore”, da un lato, è stata ritenuta irrilevante sotto il profilo dell’applicazione del regime tributario agevolato, mentre è stata ritenuta d’altro canto rilevante sotto il profilo dell’inapplicabilità della sanzione: in altri termini, verificatasi la causa di “forza maggiore”, il trasferimento andrebbe tassato con le imposte ordinariamente applicabili (e non con quelle agevolate), ma senza irrogazione di sanzioni: «l’applicazione dell’ordinario regime tributario nell’ipotesi del venir meno della finalità abitativa che abbia giustificato il godimento delle agevolazioni “prima casa”, diversamente dalla soprattassa a questa connessa, non ha natura sanzionatoria di una condotta dell’acquirente dell’immobile, solo rispetto alla quale potrebbe assumere significato esimente la forza maggiore, ma consegue alla sopravvenuta mancanza di causa del beneficio invocato all’atto della registrazione dell’acquisto» (Cass. 20.2.2003 n. 2552).

    Sulla base di quanto osservato finora, pare di potersi concludere che le condizioni perché sia riconoscibile la “forza maggiore” sono:

    • che «l’evento impeditivo [del trasferimento di residenza] sia oggettivo e non prevedibile (Cass. 22.5.2015 n. 10586) e tale da non poter essere evitato» (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18 marzo 2005, § 1.1) (e quindi non sia “imputabile” al contribuente); e:

    • che si tratti di evento sopravvenuto al contratto di acquisto, e cioè che esso si concreti in pendenza del termine entro il quale si dovrebbe verificare il fatto (nel caso in esame, il trasferimento della residenza, al quale la legge subordina il mantenimento dell’agevolazione). A tale proposito non dovrebbe essere un caso di “forza maggiore” l’esistenza di lavori - di costruzione o di ristrutturazione - in corso al momento del contratto di acquisto, a meno di dimostrare che essi si prolunghino straordinariamente per eventi che fossero imprevedibili al momento del contratto di acquisto. A tale proposito, la Corte di Cassazione ha confermato che non ricorre un’ipotesi di “forza maggiore” nell’ipotesi di mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione sì da non poter abitare l’immobile, atteso che elemento costitutivo per il mantenimento del beneficio fiscale conseguito con le agevolazioni prima casa è il trasferimento della residenza, non nella «prima casa», ma nel comune in cui essa si trova (Cass. 24.6.2016 n. 13148; 8.11.2019 n. 28838; 31.10.2019 n. 28061);

    • che si tratti di un evento tale da «impedire in modo assoluto e per tutto il tempo a disposizione, non solo la presenza nell’immobile, ma, in ogni caso, l’ottenimento del trasferimento della residenza anagrafica» (Cass. 26.1.2010 n. 1392).

    Verificandosi dunque l’evento di “forza maggiore”, non deve essere sicuramente applicata la sanzione irrogabile per il caso della decadenza dall’agevolazione a causa del mancato trasferimento della residenza; quanto al mantenimento della tassazione agevolata l’Amministrazione Finanziaria (ris. 35/E, 1.2.2002) ha di recente assunto un atteggiamento di favore nei confronti del contribuente ed affermato che il caso di “forza maggiore” legittima la permanenza della tassazione agevolata.

    3.Utilizzo come abitazione della casa oggetto di acquisto agevolato

    La normativa in tema di agevolazione “prima casa” non impone che l’acquirente fissi effettivamente la propria abitazione (e/o stabilisca la propria residenza) nella casa che egli acquista con l’agevolazione “prima casa” (circ. Agenzia delle Entrate 38/E, 12.8.2005, § 5; ris. Agenzia delle Entrate 86/E, 20.8.2010). Ciò che rileva è che l’abitazione acquistata sia solo “potenzialmente” utilizzabile come abitazione, senza dover necessariamente essere di fatto utilizzata come tale.

    Pare quindi che il legislatore abbia inteso solamente stabilire una certa connessione territoriale tra la casa e l’acquirente, per cui, essa deve essere ubicata:

    • nel Comune di residenza; o

    • nel Comune di svolgimento della sua attività; o

    • nel Comune in cui egli fissi la propria residenza entro breve tempo; o

    • nel Comune dove ha sede l’impresa da cui egli dipende (Cass. 25.6.2014 n. 14413),

    in modo che l’acquisto sia potenzialmente idoneo a divenire l’abitazione dell’acquirente.

    ► ACQUISTO NEL COMUNE OVE L’ACQUIRENTE SVOLGE LA PROPRIA ATTIVITÀ

    Come osservato, l’agevolazione “prima casa” compete anche per l’acquisto della casa ubicata nel Comune «in cui l’acquirente svolge la propria attività» (Nota II-bis, co. 1, lett. a), all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    Ai fini delle agevolazioni “prima casa”, il legislatore ha quindi parificato:

    • il caso di colui che acquista nel Comune ove abita; e

    • il caso di colui che acquista nel Comune ove opera (che può essere un Comune diverso da quello dove abita).

    Si pensi all’impiegato bancario che risiede nel Comune di Rho (MI) ma che lavora nel Comune di Milano.

    In questo caso il legislatore consente il ricorso al beneficio fiscale qualora il predetto soggetto intenda acquistare un appartamento nel Comune di Milano, ove svolge la propria attività lavorativa, nonostante sia residente in un altro Comune (in Provincia di Milano).

    Attenzione

    L’Agenzia delle Entrate (ris. 27.4.2017 n. 53/E) ha chiarito che, nel caso in cui un contribuente acquisti un’abitazione richiedendo le “agevolazioni prima casa” e dichiari che l’immobile si trova nel Comune dove svolge la sua attività lavorativa, ma poi emerga che in quel Comune non abbia effettivamente svolto attività lavorativa (nel caso concreto si è trattato di un avvocato che aveva aperto uno studio in un Comune nella prospettiva di lavorare per un certo cliente, ma avendo poi “perso” il cliente”, aveva chiuso lo studio senza avervi mai operato), può rettificare la dichiarazione in un atto successivo, affermando che la casa è ubicata nel Comune in cui esso stesso acquirente intende trasferire la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito (ciò vale qualora i 18 mesi dall’acquisto non siano ancora decorsi).

    ⊳ Si veda anche nel capitolo n. 49, par. “1.2 Inadempimento della promessa di trasferimento della residenza”, la risposta a question-time n. 5.11109 - aprile 2017).

    L’acquisto di un appartamento nel Comune ove un soggetto lavora può essere motivato dalla necessità di avere un “appoggio” abitativo poiché, ad esempio, egli ritorni in famiglia solo nei fine settimana o non tutte le sere.

    Comunque, non si deve trattare necessariamente di un acquirente che abbia la residenza in un altro Comune italiano, bensì, si può anche trattare di un acquirente che non abbia la residenza in Italia, per essere un cittadino italiano residente all’estero o per essere un soggetto non di nazionalità italiana.

    Il legislatore ha fatto genericamente riferimento all’«attività» svolta, senza specificare di quale attività si debba trattare.

    Si può così trattare, ad esempio:

    • di un’attività produttiva di reddito di lavoro dipendente;

    • di un’attività produttiva di reddito di lavoro autonomo;

    • di un’attività produttiva di reddito d’impresa;

    ma anche di attività non produttive di reddito: si pensi all’attività di uno studente.

    Si deve inoltre trattare di una attività svolta “attualmente”, vale a dire al momento in cui l’acquisto viene effettuato: non può trattarsi, dunque, di un’attività che l’acquirente andrà ad iniziare, e ciò anche se questo futuro inizio di attività avvenga nell’arco dei 18 mesi successivi alla data di stipula del contratto di acquisto (Cass. 18.11.2010 n. 23377; Cass. 12.10.2012 n. 17597).

    Nell’atto di acquisto l’acquirente dovrà dichiarare che la casa oggetto di acquisto è ubicata nel Comune «in cui l’acquirente svolge la propria attività»: si tratta peraltro di una dichiarazione non richiesta dalla legge, e tanto meno a pena di inconcedibilità dell’agevolazione (C.T.P. Chieti 10.12.98 n. 382), bensì, è opportuna.

    Può inoltre beneficiare delle agevolazioni prima casa anche il professionista che non svolge la sua attività in modo prevalente nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto agevolato, bensì, opera anche in più zone (Cass. 30.6.2016 n. 13416).

    Attenzione

    In tema di agevolazioni prima casa, il requisito previsto dalla legge in base al quale il beneficio fiscale compete ove il contribuente svolga la propria attività di studio o lavoro nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto, deve già sussistere al momento del rogito essendo irrilevante che la sede della propria attività in detto Comune venga trasferita dopo l’acquisto, seppur entro 18 mesi. Qualora infatti l’acquirente si impegni a trasferire nel Comune la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito e non adempia, decade dal beneficio fiscale e non può invocare a proprio favore di aver comunque ubicato in quel Comune la sede della propria attività lavorativa, entro il periodo di 18 mesi (C.T.P. Milano, 20.5.2016 n. 4512/46/2016).

    ► DIPENDENTE TRASFERITO ALL’ESTERO PER RAGIONI DI LAVORO

    La legge dispone che l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” compete pure all’acquirente «trasferito all’estero per ragioni di lavoro», il quale acquisti una casa ubicata nel Comune «in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui» l’acquirente medesimo «dipende» (Nota II-bis, co. 1, lett. a), all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    Si tratta di una norma finalizzata alla valorizzazione del lavoro prestato all’estero (rispetto a un acquisto immobiliare effettuato in Italia) con l’intento di volerlo, in qualche modo, “premiare” o “non sfavorire”.

    Può ricorrere al beneficio fiscale:

    • colui (cittadino italiano o straniero) che abbia la residenza in Italia e che, a causa del lavoro prestato all’estero, non potrebbe avvalersi della disciplina di favore concessa a beneficio dell’acquirente il quale compri una casa ubicata nel Comune «in cui l’acquirente svolge la propria attività» (Nota II-bis, co. 1, lett. a), all’art. 1, TP1 allegata al TUR) (in sostanza, la norma in commento parifica il caso di chi compra nel Comune in cui lavora e il caso di chi, lavorando all’estero, compra nel Comune ove è ubicato il suo datore di lavoro);

    • colui che non abbia la residenza in Italia (e che lavori all’estero alle dipendenze di un datore di lavoro con sede in Italia): e quindi sia al cittadino italiano, iscritto o meno all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), sia a un soggetto che non abbia la cittadinanza italiana; e cioè a chiunque, «per ragioni di lavoro» dipendente, sia stato «trasferito [dall’Italia] all’estero».

    Dal testo normativo si desume inoltre che:

    • il trasferimento all’estero deve essere avvenuto in considerazione di «ragioni di lavoro» (la legge non precisa se il rapporto di lavoro sia a tempo indeterminato, occasionale, stagionale, temporaneo, e se quindi per la concessione dell’agevolazione “prima casa” occorra la ricorrenza di una fattispecie di “stabile trasferimento”);

    • si deve trattare di un “trasferimento” all’estero motivato da un incarico di lavoro all’estero: si deve cioè trattare di un soggetto che prestava lavoro dipendente in Italia, il quale viene incaricato di prestarlo all’estero dal medesimo datore di lavoro;

    • si deve trattare del trasferimento all’estero di un soggetto che all’estero assuma la qualifica di “lavoratore dipendente” (o, più precisamente, di un soggetto che produce reddito di lavoro dipendente o ad esso assimilato) (circ. Agenzia delle Entrate 19/E, 1.3.2001, § 2.1.2: «l’ipotesi in argomento è riferibile al solo rapporto di lavoro subordinato - con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto - e che lo stesso può essere instaurato anche con un soggetto che non necessariamente rivesta la qualifica di imprenditore». Il medesimo concetto è ribadito in circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.11.3);

    • nel testo legislativo non vi è alcun riferimento alla cittadinanza o alla residenza del lavoratore trasferito;

    • il datore di lavoro deve “aver sede” o “esercitare la propria attività” in Italia: non si deve quindi trattare necessariamente di un datore di lavoro di nazionalità italiana;

    • non vi è alcun riferimento al tipo di attività che il datore di lavoro esercita (può trattarsi di un’attività imprenditoriale, professionale, artistica, di “non profit” e si può pensare pure al dipendente di una Pubblica Amministrazione chiamato a prestare all’estero la propria attività);

    • non vi è alcun riferimento alla forma giuridica adottata dal datore di lavoro per svolgere la propria attività (può trattarsi di una forma di esercizio dell’attività individuale, societaria, associativa, eccetera; così come può trattasi di una Pubblica Amministrazione);

    • il Comune in cui la casa oggetto di acquisto agevolato viene acquistata deve essere quello «in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende» colui che viene trasferito: quindi, non deve necessariamente trattarsi del Comune ove il datore di lavoro ha la sua sede legale o principale, ma può trattarsi anche del Comune ove il datore di lavoro in questione ha allocato la propria sede amministrativa, una sede produttiva, una filiale, una succursale, un punto vendita, un’unità locale, una sede secondaria, una stabile organizzazione, eccetera.

    Nell’atto di acquisto l’acquirente dovrà dichiarare che la casa oggetto di acquisto è ubicata nel Comune «in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui [egli, «trasferito all’estero per ragioni di lavoro»,] dipende».

    ► CITTADINO ITALIANO EMIGRATO ALL’ESTERO

    La legislazione in materia di agevolazione “prima casa” si occupa espressamente del caso del cittadino italiano non residente in Italia perché emigrato all’estero (e pertanto, di regola, iscritto all’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, disciplinata dalla L. 27.10.88 n. 470, e dal regolamento attuativo approvato con DPR 6.9.89 n. 323).

    I soggetti beneficiati da questa normativa ovviamente non hanno (più) residenza in Italia, essendo emigrati; ciononostante (probabilmente al fine di incentivare il loro rientro oppure il mantenimento di un legame con il nostro Paese) la legge appunto consente loro di comprare una casa in Italia, avvalendosi dell’agevolazione “prima casa”, senza dover trasferire la propria residenza in Italia, in ragione del particolare valore sociale riconosciuto al lavoro prestato all’estero e dall’emigrazione (circ. 2.3.94 n. 1).

    La regolamentazione di tale caso va inquadrata nell’intento del legislatore di conferire riconoscimento all’emigrazione, attribuendo un vantaggio a chi abbia lasciato il luogo d’origine.

    La Nota II-bis, co. 1, lett. a), all’art. 1, TP1) allegata al TUR prevede che l’agevolazione spetta al «cittadino italiano emigrato all’estero» a condizione «che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano».

    Nell’atto di acquisto l’acquirente dovrà dichiarare di essere «cittadino italiano emigrato all’estero».

    L’acquirente, inoltre, si deve mettere nella condizione di provare all’Amministrazione Finanziaria, ove ne sia richiesto, il fatto di essere un «cittadino italiano emigrato all’estero» (anche se, a dire il vero, la legge nulla dice in argomento). Ciò può essere fatto alternativamente:

    • mediante l’esibizione di documentazione proveniente dallo Stato di residenza, la quale attesti appunto la residenza in quello Stato; oppure:

    • mediante l’esibizione della documentazione attestante l’iscrizione all’AIRE; oppure, infine:

    • mediante una dichiarazione sostitutiva della certificazione di residenza rilasciata ai sensi dell’art. 46, DPR 28.12.2000 n. 445 (recante il “Testo unico della documentazione amministrativa”) (circ. 38/E, 12.8.2005, § 1). La Commissione Europea (24 gennaio 2019 n. IP/19/471) ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’UE per avere applicato un trattamento preferenziale, in materia di imposta di registro immobiliare, a favore dei cittadini italiani che vivono all’estero e che acquistano la loro prima abitazione sul territorio italiano.

    Essi, infatti, beneficiano delle medesime condizioni di coloro che sono residenti in Italia senza obbligo di soddisfare il requisito della residenza, contrariamente ai I cittadini di altri Stati membri che non beneficano di alcun trattamento preferenziale.

    Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) non ammette un tale trattamento discriminatorio, direttamente basato sulla cittadinanza.

    CASO - CITTADINO ITALIANO EMIGRATO ALL’ESTERO - COMODATO ALLA MADRE - ABITAZIONE PRINCIPALE - MANCATA DECADENZA DALLE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

    Il cittadino italiano emigrato all’estero (residente a Londra), iscritto all’AIRE, può acquistare un immobile ubicato in territorio italiano richiedendo le “agevolazioni prima casa”, pagando l’aliquota nella misura del 4% (n. 21), della Tabella A allegata al DPR 633/72), e consentendo alla madre di godere del bene, in forza di un contratto di comodato.

    In quanto cittadino italiano residente all’estero, non è tenuto a trasferire la residenza nel Comune entro diciotto mesi per evitare la decadenza dal beneficio fiscale.

    Inoltre, ove intenda procedere alla cessione infraquinquennale dell’immobile, dalla data di acquisto della casa in parola, non sorge plusvalenza nell’ipotesi in cui la casa sia stata effettivamente adibita ad abitazione principale del familiare comodatario.

    A tal fine l’Ufficio ha ribadito che per effetto del combinato disposto di cui all’art. 23 co. 1 lett. f) DPR 22.12.86 n. 917 (TUIR) e del successivo art. 67 TUIR co. 1 lett. b), “sono soggette ad imposizione le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari”.

    È quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 751 del 28.10.2021.

    CASO – CITTADINO ITALIANO RESIDENTE ALL’ESTERO CHE ABBIA OMESSO DI DICHIARARE DI ESSERE ISCRITTO ALL’AIRE

    L’Agenzia delle Entrate (risposta ad interpello 10.9.2020 n. 333) ha chiarito che il contribuente che abbia omesso di dichiarare nell’atto di acquisto di essere iscritto all’AIRE, pur avendone i requisiti, può mantenere l’agevolazione “prima casa” se dichiara entro 18 mesi in un atto integrativo (in rettifica del contratto di acquisto, prodotto per la registrazione presso l’Ufficio in cui è stato registrato l’atto di acquisto originario), che al momento del contratto di compravendita era cittadino italiano emigrato all’estero.

    In questo caso il contribuente può conservare le agevolazioni fiscali, senza decadere, senza dover trasferire la residenza.

    La condizione di emigrato all’estero non deve necessariamente essere documentata con un certificato di iscrizione all’AIRE, ma può essere autocertificata dall’interessato con una dichiarazione resa nell’atto di acquisto. Restano in ogni caso fermi gli altri requisiti di legge (assenza di altri diritti reali su immobili ubicati nello stesso Comune, novità nel godimento dell’agevolazione) (circ. 12.8.2005 n. 38/E).

    ► CITTADINO STRANIERO

    La persona fisica che:

    • non abbia la cittadinanza italiana; e che

    • possa rendersi acquirente in Italia della proprietà di immobili o di diritti reali immobiliari, a condizione che ricorra la “condizione di reciprocità” di cui all’art. 16, disp. prel. c.c.;

    è perfettamente equiparata al cittadino italiano.

    Nella legislazione in tema di agevolazione “prima casa” non si fa infatti distinzione alcuna sul punto se l’acquirente che domanda l’agevolazione abbia a meno la nazionalità italiana. (circ. Agenzia delle Entrate 38/E, 12.8.2005).

    Lo straniero, inoltre, è equiparato al cittadino italiano anche sotto il profilo delle dichiarazioni che la legge impone debbano essere rese quale presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione.

    ► SOGGETTI APPARTENENTI ALLE FORZE DI POLIZIA E ALLE FORZE ARMATE

    Un caso particolare riguarda il ricorso all’agevolazione “prima casa” da parte di soggetti appartenenti alla categoria degli appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate.

    Si tratta di soggetti alle prese con frequenti spostamenti per ragioni di servizio e, quindi, al legislatore è apparso troppo rigido imporre a costoro l’ordinario requisito della residenza per beneficiare dell’agevolazione “prima casa”. Essi possono usufruire delle agevolazioni “prima casa” anche qualora la loro condizione non soddisfi il requisito relativo alla “residenza” indicato nella nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR, cosicché, sono esonerati dalla necessità di avere la residenza - o di trasferirla entro 18 mesi - nel Comune ove è ubicata la casa di acquisto agevolato (art. 66, co. 1, L. 21.11.2000 n. 342).

    Rientrano nel perimetro dei soggetti facenti parte del «personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare, nonché da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile», le persone fisiche (indifferentemente di nazionalità italiana o straniera), dipendenti da entità legali di diritto italiano.

    Per esempio, soggetti appartenenti alle Forze Armate, cioè le Forze dell’Esercito Italiano, della Marina Militare, dell’Aereonautica Militare e dell’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria, il Corpo Forestale dello Stato, i Vigili del Fuoco eccetera.

    I soggetti in questione possono acquistare l’abitazione con l’agevolazione “prima casa” in qualsiasi Comune del territorio nazionale, e cioè indipendentemente sia dal luogo di loro residenza sia dal luogo in cui essi prestano servizio.

    Il beneficio concesso dal legislatore a coloro che svolgono servizio presso le Forze di Polizia e alle Forze Armate non si estende al coniuge cosicché, ove questi abbia richiesto le agevolazioni “prima casa”, decade dal beneficio fiscale nel caso in cui non trasferisca la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di convenzione entro 18 mesi (C.T.R. Lazio 25.9.2018 n. 6388).

    1.Condizione della residenza e detraibilità degli interessi passivi

    Dal momento che, come osservato:

    • l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” è concessa a questa categoria di soggetti senza che sia richiesta la condizione della residenza nel Comune ove sorge l’unità abitativa; e

    • dal momento che la legge concede la detraibilità degli interessi passivi in riferimento ai mutui ipotecari per l’acquisto o la costruzione di un immobile costituente unica abitazione di proprietà prescindendo dal requisito della dimora abituale (art. 66, co. 2, L. 21.11.2000 n. 342);

    è giocoforza ritenere che, in caso di alienazione infraquinquennale dell’abitazione acquistata con l’agevolazione, i soggetti in questione dovrebbero evitare la revoca dell’agevolazione stessa bensì acquistando un’altra casa entro un anno, ma senza però doverla adibire a propria abitazione principale (Nota II-bis, co. 4, all’art. 1, TP1 allegata al TUR).

    Invero, se la ragione della normativa in esame è quella di beneficiare coloro che, per ragioni di servizio, sono soggetti a frequenti e improvvisi trasferimenti d’imperio (e quindi a una corrispondente intensa attività di compravendita di abitazioni), non si vedrebbe perché il beneficio fiscale, fruibile sia in sede di acquisto che in sede di finanziamento di tale acquisto, non debba essere esteso anche al caso del “riacquisto” che impedisce la revoca dell’agevolazione precedentemente ottenuta e che pure consente di evitare l’applicazione della sanzione disposta per la intervenuta alienazione infraquinquennale (non seguita da un idoneo “riacquisto”).

    Si tratta tuttavia di una interpretazione che non trova suffragio nel testo normativo.

    ► CASI PARTICOLARI

    1.Minorenne e altri soggetti legalmente incapaci

    È possibile ricorrere alle agevolazioni “prima casa” anche nell’ipotesi in cui acquirente sia un minorenne o un altro soggetto legalmente incapace (minori, interdetti, inabilitati o beneficiari di amministratore di sostegno), qualora sussistano tutti i presupposti richiesti dalla legge.

    Sul punto la legislazione in materia nulla dispone.

    La possibilità che un minorenne acquisti una casa con l’agevolazione “prima casa” prescinde dalla situazione patrimoniale dei genitori in quanto i requisiti per l’ottenimento dell’agevolazione vanno individuati in capo al minorenne senza condizionamenti derivabili dai membri del nucleo familiare di cui egli fa parte (Cass. 21.9.99 n. 10196; Cass. 1.12.94 n. 10247).

    Analoghe considerazioni valgono per interdetti, inabilitati o beneficiari di amministratore di sostegno.

    Con particolare riferimento all’acquisto da parte del soggetto minorenne, dal momento che ai sensi dell’art. 324 c.c. i genitori sono titolari dell’usufrutto legale sui beni del minore, occorre considerare che la base imponibile al fine di determinare le imposte deve essere determinata con riferimento all’intera piena proprietà e non con riferimento alla proprietà gravata dal diritto di usufrutto legale (ai sensi dell’art. 324 c.c.): l’acquisto del diritto di usufrutto sul bene di proprietà del figlio è un effetto ex lege dell’acquisto operato dal figlio (con la conseguenza che l’acquisto del minorenne deve essere trascritto - per il diritto di piena proprietà - “contro” il venditore e “a favore” del minore stesso, e cioè senza menzione del diritto di usufrutto) (Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito tributario n. 66-2012/T, Prima casa - acquisto da parte di minore - base imponibile, in CNN Notizie, 7.2.2013).

    Infine, qualora si tratti di soggetti incapaci, dal momento che l’acquisto di una casa di abitazione rientra nel perimetro degli atti di straordinaria amministrazione, l’operazione dovrà essere subordinata al preventivo rilascio delle autorizzazioni giudiziali.

    Con particolare riferimento al requisito della residenza, occorre sottolineare che:

    • visto che uno dei requisiti principali per l’ottenimento dell’agevolazione è, di regola, quello della residenza (già acquisita o da acquisire) nel Comune ove è ubicato l’immobile da acquistare, va ricordato che:

      • ai sensi dell’art. 45, co. 2, c.c., «il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive»;

      • ai sensi dell’art. 45, co. 3, c.c., «l’interdetto ha il domicilio del tutore»;

    • è comunque possibile che il minorenne acquisti la “prima casa” nel Comune dove egli svolge la propria attività (è il caso dello studente) e quindi in un Comune diverso da quello di residenza (Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito tributario n. 135-2013/T, Prima casa - acquisto per figli minori - Comune di residenza, in CNN Notizie, 3.10.2013).

    Attenzione

    L’agevolazione spetta anche se l’immobile viene acquistato da un minore non emancipato o da altri incapaci purché sussistano tutti i requisiti richiesti dalla legge, compreso quello della residenza (circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.10).

    Con particolare riferimento all’acquisto da parte di soggetto legalmente incapace, si pone spesso il tema del reperimento delle risorse finanziarie (di cui l’incapace, specie il minorenne, spesso non dispone) occorrenti per sostenere il pagamento del prezzo d’acquisto.

    A tale proposito, l’art. 38, co. 4, DPR 29.9.73 n. 600, sancisce che l’«ufficio […] può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile».

    Ebbene, al fine di fornire la provvista al soggetto legalmente incapace, consentendogli di acquistare una casa da adibire ad abitazione, qualora egli non disponga di danaro per averlo (ad esempio, ricevuto da una successione o da una donazione) è possibile ricorrere a diversi schemi negoziali; per esempio: il contratto a favore di terzo (art. 1411 c.c.), oppure, l’adempimento del terzo (art. 1180 c.c.).

    Si tratta di schemi negoziali nei quali il pagamento del prezzo avviene da parte di un soggetto diverso dall’acquirente ai sensi dell’art. 1, co. 4-bis, DLgs. 31.10.90 n. 346, secondo il quale «ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto».

    2.Contratto a favore di terzo

    Le agevolazioni “prima casa” possono essere richieste anche nel caso in cui venga concluso un contratto a favore di terzo (di cui all’art. 1411 c.c.), qualora il terzo, effettivo acquirente dell’abitazione, sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge per richiedere e fruire del beneficio fiscale. (C.T.P. Forlì, 12.1.2018; C.T.P. Perugia, 164/07/2012; in senso contrario, C.T.R. Umbria, 359/01/2014). Si pensi al tradizionale caso dei genitori che hanno intestato un appartamento al figlio minore il quale, in occasione dell’acquisto, richiede il beneficio fiscale.

    3.Coniugi

    Estremamente frequente è il caso nel quale una coppia di coniugi acquisti un immobile ricorrendo alle agevolazioni “prima casa”.

    Occorre preliminarmente considerare che il regime patrimoniale dei coniugi può essere regolato dalla “separazione di beni”, per cui il patrimonio di ciascuno di essi è autonomo e indipendente da quello dell’altro, oppure, dal regime patrimoniale della comunione legale dei beni (divenuto il regime legale con la L. 19.5.75 n. 151).

    La comunione legale dei beni è caratterizzata dall’assenza di quote per cui i coniugi coniugati nel predetto regime legale saranno titolari dell’intero (o della quota) di un determinato bene senza che si possa distinguere quanto è da attribuire ad uno di essi e quanto è da attribuire all’altro.

    Qualora i coniugi Tizio e Tizia, coniugati in regime di separazione di beni, acquistino un appartamento in quote uguali tra loro, essi diventano proprietari dell’unità immobiliare in ragione di un mezzo ciascuno, in regime di comunione ordinaria. Ciò comporta che ciascuno di essi possa disporre della rispettiva quota in proprietà esclusiva senza richiedere il consenso dell’altro, trattandosi di un bene personale.

    Qualora i coniugi Tizio e Tizia, coniugati in regime di comunione legale di beni, acquistino un appartamento, essi diventano proprietari dell’unità immobiliare in ragione del diritto di intera proprietà o in ragione della minor quota di proprietà acquistata, bensì, in comunione legale, cosicché, ciascuno di essi non potrà disporre liberamente del bene in comunione legale senza il consenso dell’altro e, qualora lo faccia, l’atto è annullabile da parte dell’altro coniuge, entro il termine breve di un anno (ai sensi dell’art. 184 c.c.). In quest’ultimo caso non esiste quindi alcuna distinzione di quote in proprietà di un coniuge o dell’altro, trattandosi di un unicum.

    La materia degli acquisti dei coniugi, i quali si trovino nel regime patrimoniale di comunione legale dei beni, è regolata come segue nel Codice civile:

    • per l’art. 177, co. 1, lett. a), «costituiscono oggetto della comunione», tra l’altro, «gli acquisti compiuti dai due coniugi, insieme o separatamente durante il matrimonio»;

    • per l’art. 179, co. 1, lett. f), «non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge» acquirente «i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali […] purché ciò sia dichiarato all’atto dell’acquisto» e a condizione che (art. 179, co. 2) «tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge» (Cass., SS.UU., 28.10.2009 n. 22755).

    Attenzione

    È quindi rilevante il titolo in forza del quale è avvenuto l’acquisto (esempio: successione a causa di morte, donazione).

    Pertanto, i casi che concretamente possono presentarsi sono i seguenti:

    • entrambi i coniugi in comunione dei beni partecipano all’atto di acquisto di un dato bene, che pertanto viene sottoposto al regime di comunione legale dei beni (vi è poi da osservare lo speculare caso dei coniugi in separazione dei beni, che compiono un acquisto in comune, il quale diviene dunque oggetto di comunione ordinaria tra loro);

    • uno solo dei coniugi in regime di comunione dei beni partecipa all’atto di acquisto di un dato bene, che (a sensi del predetto art. 177, co. 1, lett. a), c.c.) diviene comunque sottoposto al regime di comunione legale (se si trattasse di un coniuge in separazione dei beni tale acquisto invece diverrebbe di titolarità esclusiva del coniuge acquirente);

    • entrambi i coniugi in regime di comunione legale dei beni partecipano all’atto di acquisto di un dato bene, che però (ai sensi dell’art. 179, co. 1, lett. f), c.c.) non diviene oggetto della comunione ma che diviene di esclusiva titolarità di uno solo dei due coniugi.

    Ora, la normativa in tema di agevolazione “prima casa” dispone che nell’atto di acquisto, l’acquirente, tra l’altro, debba (ai sensi lett. b) e c) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1) dichiarare:

    • (ai sensi della lett. b) «di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare»;

    • (ai sensi della lett. c) «di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni» di cui alla medesima lett. c) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR.

    Facendo riferimento ai signori Tizio e Caia, coniugi in regime di comunione legale dei beni, residenti a Milano, se ne ha che:

    1) l’agevolazione “prima casa” senz’altro spetta nelle seguenti ipotesi:

    • Tizio e Caia comprano oggi una casa a Milano; Tizio è già pieno ed esclusivo proprietario per eredità di una casa a Bari; Caia è già piena ed esclusiva proprietaria di una casa a Roma, donatale dai genitori, e di una casa a Forte dei Marmi, acquistata prima del matrimonio senza agevolazione “prima casa”;

    • Tizio e Caia comprano oggi una casa a Milano; Tizio è già comproprietario per la quota in ragione di due terzi di un’altra casa a Milano, ricevuta in eredità; Caia non è titolare di diritti reali su case;

    • Tizio e Caia comprano una casa a Milano; Tizio e Caia sono già comproprietari per la quota in ragione di un terzo ciascuno (l’altro terzo è di titolarità di Mevia, sorella di Caia) di una casa a Milano, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”;

    • Tizio e Caia comprano una casa a Milano; Tizio e Caia sono già nudi proprietari per la quota in ragione di metà ciascuno (l’usufrutto è di titolarità di Calpurnia, madre di Caia) di una casa a Milano, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”;

    2) l’agevolazione “prima casa” non spetta, ad esempio, nella seguente ipotesi: Tizio e Caia sono già comproprietari per la quota di metà ciascuno di una casa a Milano, acquistata con l’agevolazione “prima casa”; Tizio compra oggi una casa a Milano (come “bene personale”, escluso dalla comunione legale; all’atto di acquisto interviene Caia per prestare il proprio consenso alla non sottoposizione del nuovo acquisto alla comunione legale); Tizio non può avere l’agevolazione nonostante nel suo patrimonio egli non abbia la titolarità esclusiva di una casa nello stesso Comune, in quanto egli è titolare di una quota di comproprietà acquisita con l’agevolazione “prima casa”;

    3) l’agevolazione “prima casa” dovrebbe spettare: per l’acquisto a Milano di una abitazione da parte di Tizio (ma non da parte di Caia) se Tizio sia nudo proprietario per intero di una casa a Milano e Caia sia usufruttuaria per intero della medesima casa (Tizio non è infatti «titolare esclusivo […] dei diritti di proprietà […] di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare» mentre Caia è «titolare esclusivo […] dei diritti di […]usufrutto […] di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare»);

    4) l’agevolazione “prima casa” spetta infine per il 50% del valore imponibile. E cioè solo per la quota di acquisto riferibile al coniuge titolare dei presupposti per l’ottenimento dell’agevolazione; e non per la quota di acquisto riferibile al coniuge che non si trovi nelle condizioni per l’ottenimento dell’agevolazione nel seguente caso: Tizio e Caia comprano oggi una casa a Milano; Tizio è già pieno ed esclusivo proprietario di un’altra casa a Milano; Caia è già piena ed esclusiva proprietaria di una casa a Roma, donatale dai genitori, e di una casa a Forte dei Marmi, acquistata prima del matrimonio senza agevolazione “prima casa”. In sede di nuovo acquisto, l’agevolazione spetta dunque alla quota di acquisto di Caia ma non spetta alla quota di acquisto di Tizio, il quale trova impedimento nel fatto di già avere la titolarità esclusiva del diritto di proprietà su altra casa nel medesimo Comune (circ. Agenzia delle Entrate 38/E, 12.8.2005, § 2.1; Cass. 26.9.96 n. 8502; Cass. 4.4.96 n. 3159; Cass. 21.6.2001 n. 8463; ris. Agenzia delle Entrate 86/E, 20.8.2010).

    In merito all’espressione usata dal legislatore nella lett. c) del co. 1 della Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR per la quale l’acquirente non deve essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà «su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge» con le agevolazioni, occorre considerarne il significato.

    Il riferimento all’espressione «o dal coniuge» potrebbe essere letto nel senso di impedire il ricorso alle agevolazioni “prima casa” da parte di uno dei coniugi qualora l’altro sia già titolare di diritti acquistati con il beneficio dell’agevolazione “prima casa”.

    A ben vedere, invece, occorre ritenere la norma in esame finalizzata, non ad impedire l’acquisto agevolato a colui che, privo di preclusioni all’ottenimento dell’agevolazione, abbia come coniuge un soggetto già titolare di una casa comprata con l’agevolazione, ma ad impedire a colui che non possieda i requisiti per ottenere l’agevolazione l’espediente di sfruttare l’automatismo dell’acquisto in comunione legale, e quindi di consentire a un soggetto, già titolare di diritti acquistati in comunione legale con l’agevolazione “prima casa”, di effettuare un successivo acquisto ulteriormente agevolato.

    Attenzione

    L’«acquisto agevolato effettuato da uno dei coniugi in regime di comunione legale dei beni comporta l’esclusione dall’agevolazione per entrambi i coniugi di tutti i successivi acquisti di case di abitazione. Se, invece, il precedente acquisto agevolato è stato effettuato da uno dei coniugi in situazioni che permettono di escludere la comproprietà (art. 177 c.c.), l’altro coniuge, cioè quello che non ha fruito dell’agevolazione, può beneficiare del regime di favore per l’acquisto in comunione legale di una casa di abitazione non di lusso per la quota a lui attribuita in presenza delle condizioni c.d. “prima casa”» (circ. Agenzia delle Entrate 18/E, 29.5.2013, § 3.11.3).

    Il «precedente acquisto agevolato effettuato da uno solo dei coniugi in regime di comunione legale è ostativo alla fruizione delle agevolazioni per ambedue i coniugi. Tale interpretazione si ricava dalla lettera c) della nota II-bis che fa riferimento alla “casa acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni”, in regime di comunione legale» (Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, Studio n. 30/2005/T, Decadenza dalle c.d. “agevolazioni prima casa”, 18.3.2005, paragrafo 2.3).

    In conclusione, la finalità della norma è quella di impedire l’acquisto agevolato al coniuge che sia già titolare di diritti acquistati con il beneficio dell’agevolazione; tuttavia, essa non impedisce l’ottenimento dell’agevolazione al coniuge che non abbia nel proprio patrimonio la titolarità di diritti acquistati con l’agevolazione.

    Se poi questi acquisti l’immobile per l’intero, come “bene personale”, l’agevolazione si applica all’intero valore imponibile; se egli invece acquisti in comunione con l’altro coniuge - il quale, come detto, abbia già nel proprio patrimonio diritti immobiliari acquistati con l’agevolazione “prima casa” - l’agevolazione compete per la metà del valore imponibile, e cioè con riferimento all’acquisto del coniuge che non prepossieda diritti agevolati, mentre per l’altra metà del valore imponibile si procede applicando la tassazione ordinaria (Cass. 26.9.96 n. 8502; Cass. 21.6.2001 n. 8463; Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Toscana, Direttiva prot. n. 2003/42451/C2).

    Quanto, infine, alle dichiarazioni richieste dalla legge all’acquirente quale presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” (di cui alla Nota II-bis all’art. 1, TP1 allegata al TUR):

    • se entrambi i coniugi in regime di comunione legale dei beni partecipano al contratto ed entrambi beneficiano dell’agevolazione, ciascuno di essi deve rendere le prescritte dichiarazioni;

    • se uno solo dei coniugi in regime di comunione legale dei beni partecipa al contratto (per effetto del quale l’acquisto profitta anche all’altro coniuge, che pure si trovi nella situazione di poter beneficiare dell’agevolazione “prima casa”), il coniuge partecipante rende le prescritte dichiarazioni sia per sé sia (ai sensi dell’art. 180 c.c., quale atto di ordinaria amministrazione della comunione legale) con riferimento alla situazione patrimoniale dell’altro coniuge;

    • se uno solo dei coniugi in regime di comunione legale dei beni ha i requisiti per ottenere l’agevolazione:

      • qualora si segua la tesi che l’agevolazione compete per il 50% del valore trasferito (e cioè non compete per la quota riferibile al coniuge che non abbia i requisiti per l’ottenimento dell’agevolazione), non vi sono problemi se all’atto interviene il coniuge dotato dei requisiti richiesti (mentre è senz’altro più problematica la scena dell’intervento all’atto del solo coniuge non dotato dei prescritti requisiti, poiché in tal caso occorre immaginare che egli renda le dichiarazioni richieste per conto dell’altro coniuge);

      • qualora si segua la tesi che l’agevolazione compete per l’intero valore trasferito, le prescritte dichiarazioni dovrebbero poter essere rilasciate da uno qualsiasi dei due coniugi (Cass. 28.10.2000 n. 14237) il quale evidentemente deve, in tal caso, riferirsi alla situazione patrimoniale del coniuge che permette l’acquisto agevolato;

      • se l’acquisto sia effettuato come “bene personale” di uno dei coniugi, egli deve rendere le prescritte dichiarazioni con riferimento alla propria situazione patrimoniale, non essendo rilevante la situazione patrimoniale dell’altro coniuge.

    Attenzione

    Si segnala che recente giurisprudenza ha affermato che per poter usufruire delle “agevolazioni prima casa” è necessario che ciascun acquirente dichiari personalmente di volersi avvalere del beneficio fiscale e renda le dichiarazioni di essere in possesso delle condizioni soggettive di cui alla nota II-bis all’art. 1, Tariffa Parte Prima, allegata al TUR e ciò anche qualora l’acquisto si attui per effetto della comunione legale dei beni ed intervenga in atto uno solo dei coniugi. Pertanto, il coniuge che non partecipa all’atto né in proprio, né per procura, pur acquistando il bene per effetto della comunione legale, non può usufruire di benefici fiscali siccome questi ultimi non si estendono automaticamente a suo favore, cosicché, qualora la dichiarazione di volersi avvalere del beneficio fiscale sia stata resa dal solo coniuge intervenuto in atto, le agevolazioni fiscali devono essere revocate in ragione di un mezzo (C.T.R. Milano, 28.1.2016 n. 561).

    A tale proposito, la Corte di Cassazione, con riferimento ad un caso di acquisto di un’abitazione con le agevolazioni prima casa da parte di coniugi in regime di comunione legale dei beni, ha affermato che le dichiarazioni previste nella Nota II-bis posta in calce al TUR devono essere rese da parte di entrambi i coniugi, anche ove intervenga solo uno di essi nell’atto di acquisto. Ne consegue che, ove dette dichiarazioni non vengano rese da parte di entrambi, nemmeno per rappresentanza, deve essere revocato il beneficio fiscale concesso al coniuge non intervenuto in atto, il quale non ha reso dette dichiarazioni (Cass. 5.6.2018 n. 14326).

    3.1.Rifiuto del coacquisto

    Pendente il regime di comunione legale di beni, per evitare che il bene sia assoggetto al regime legale della comunione di beni, il coniuge non acquirente, ai sensi dell’ult. co. dell’art. 179 c.c., può intervenire nell’atto di acquisto e rendere la dichiarazione di “rifiuto del coacquisto”. Mediante siffatta attestazione uno dei coniugi dichiara che il bene acquistato è personale dell’altro coniuge.

    Sul punto la giurisprudenza ha però sottolineato come «la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, 2 comma, c.c., si ponga come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, 1 comma, lett. c), d) ed f), c.c., con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi» (Cass., SS.UU., 28.10.2009 n. 22755).

    Non è dunque di per sé sufficiente la mera dichiarazione di scienza con la quale viene manifestato di non voler acquistare il bene, bensì, deve esser fornita l’ulteriore prova che l’esclusione è motivata dal fatto che si tratti dell’acquisto di:

    «c) beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

    d) beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;

    […..]

    f) beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto».

    3.2.Acquisto da parte dei coniugi e requisito della residenza

    In merito al requisito della residenza dei coniugi, dal momento che l’acquisto effettuato da un coniuge produce effetti in capo all’altro coniuge in comunione legale dei beni per disposto di legge, solo il coniuge che stipula il contratto (e non anche l’altro coniuge in comunione legale, cui gli effetti del contratto profittano) dovrebbe avere i requisiti prescritti dalla legge e dovrebbe rilasciare le dichiarazioni richieste quale presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione (Cass. 28.10.2000 n. 14237; Cass. 8.9.2003 n. 13085; Cass. 28.1.2009 n. 2109; Cass. 1.7.2009 n. 15426; Cass. 28.6.2013 n. 16355; Cass. 23.12.2015 n. 25889; Cass. 28.6.2016 n. 1334; Cass. 22.6.2018 n. 16604).

    Tale tesi risulta confermata dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che, nel caso di coniugi in regime patrimoniale di comunione legale dei beni, ha dato rilevanza al «concetto di “residenza della famiglia” (art. 144 c.c.), quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi» medesimi.

    Alla luce di ciò, una volta provato che la casa oggetto di acquisto agevolato è destinata ad ospitare appunto la “residenza della famiglia”, non importerebbe poi che uno dei coniugi abbia altrove la propria residenza; i coniugi, infatti, «non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione, sicché un’interpretazione della legge tributaria, che del resto parla di residenza e non di residenza anagrafica, conforme ai principi del diritto di famiglia, porta a considerare la coabitazione con il coniuge acquirente come elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari» (Cass. 1.7.2009 n. 15426; Cass. 29.7.2015 n. 16026).

    In conseguenza di ciò, l’agevolazione competerebbe per l’intero valore imponibile della casa acquistata e quindi non solo per la “quota” di acquisto riferibile al coniuge “residente” ma anche per la “quota” di acquisto riferibile al coniuge non residente (Cass. 28.10.2000 n. 14237).

    Non decade pertanto dalle agevolazioni prima casa il coniuge in regime di comunione legale di beni che dopo aver acquistato un’abitazione destinata a residenza della famiglia, conservi la propria residenza in un altro Comune. Secondo la Cassazione (19.7.2019 n. 19594), infatti, in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l’acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, ai sensi dell’art. 2 della L. 118/85, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che il cespite acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in senso contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che congiunto dello stesso.

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