DEFINIZIONE ► | Gli immobili possono essere strumentali per destinazione o per natura. Rientrano tra gli immobili strumentali quelli concessi in uso ai dipendenti. |
STRUMENTALI PER DESTINAZIONE ► | Sono strumentali per destinazione gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore. |
STRUMENTALI PER NATURA ► | Sono strumentali gli immobili che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, ancorché non utilizzati ovvero dati in locazione o comodato. |
IN USO AI DIPENDENTI ► | Sono considerati strumentali i fabbricati relativi all’impresa da questa concessi in uso a propri dipendenti che, per esigenze di lavoro, abbiano trasferito la loro residenza anagrafica nel Comune in cui prestano la loro attività. |
IN BILANCIO ► | Gli immobili strumentali sono iscritti tra le immobilizzazioni materiali, alla voce
B.II.1 dello Stato patrimoniale (terreni e fabbricati), e costituiscono oggetto di
ammortamento. Nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello deiterreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va scorporato aifini dell’ammortamento, anche in base a stime. Per gli anni 2020 e 2021 è prevista la facoltà di sospensione degliammortamenti. |
REDDITO DI IMPRESA ► | Gli immobili strumentali partecipano alla formazione del reddito d’im-presa secondo
le risultanze del Conto economico, ed in particolare: - tramite le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla loro vendita (voci A.5 o B.14 del CE); - tramite i proventi derivanti dalla loro locazione (voce A.5 del CE); - tramite i componenti negativi ad essi afferenti, quali ad esempio: a. quote di ammortamento (B.10); b. spese di manutenzione (B.14); c. assicurazione (B.7); d. interessi passivi (C.17). |
LEASING IMMOBILIARE ► | Per i beni in leasing, sono deducibili le quote di ammortamento dei beni concessi in leasing finanziario, in capo all’impresa concedente e dei canoni di leasing finanziario, da parte dell’impresa utilizzatrice. La disciplina della deducibilità dei canoni dipende dalla data di stipula del contratto. |
RIVALUTAZIONE BENI D’IMPRESA ► | La rivalutazione ex art. 110 DL 104/2020 (Decreto Agosto) riguarda i beni immobili risultanti nei bilanci
2019 e 2020, esclusi gli immobili “merce”. Gli effetti decorrono: - dal 2021, con riguardo all’ammortamento sui maggiori valori; - dal 2024, ai fini del calcolo della plusvalenza in caso di realizzo. La rivalutazione può essere eseguita anche nel bilancio 2021, con riferimento ai beni non rivalutati nel 2020 ed esclusivamente a fini civilistici, senza possibilità di riconoscimento fiscale. |
RIFERIMENTI ► | DPR 917/86 artt. 43 86 101 e 102. |
► DEFINIZIONE
Sono immobili strumentali (art. 43 co. 2 del TUIR) quelli appartenenti alle seguenti categorie:
-
immobili strumentali per destinazione;
-
immobili strumentali per natura;
-
immobili concessi in uso ai dipendenti (strumentalità pro tempore, limitata ad un massimo di tre periodi d’imposta).
► IMMOBILI STRUMENTALI PER DESTINAZIONE
Sono strumentali per destinazione gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore (art. 43 co. 2 del TUIR).
Occorre, quindi, verificare l’utilizzo dell’immobile in via esclusiva, non rilevando le ipotesi di utilizzo promiscuo, in parte per finalità imprenditoriali ed in parte per l’uso personale o familiare del possessore.
Rientrano in tale nozione gli immobili che hanno come unico impiego quello di essere “direttamente utilizzati” nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, senza risultare idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti (circ. Agenzia delle Entrate 1.6.2016 n. 26/E).
Attenzione
Quando, rispetto ad un medesimo fabbricato, ricorrono i presupposti per configurare entrambe le tipologie di strumentalità (per destinazione e per natura), prevale quella per destinazione, in quanto la destinazione di un immobile già strumentale per natura a sede dell’impresa determina un’ulteriore specificazione della sua qualità di bene strumentale (circ. Agenzia delle Entrate 18.6.2001 n. 57).
1.Locazione a terzi del bene immobile
La locazione a terzi del bene immobile ne esclude la strumentalità per destinazione, in quanto non consente di configurare l’utilizzo in via esclusiva per l’esercizio dell’impresa.
Si considerano “non strumentali per destinazione” quegli immobili che, pur concorrendo alla determinazione del reddito d’impresa che la società consegue, si caratterizzano per il fatto di costituire beni oggetto dell’attività d’impresa e di essere suscettibili di produrre un loro autonomo reddito attratto al reddito d’impresa, quali in generale gli immobili locati a terzi (circ. Agenzia delle Entrate 1.6.2016 n. 26/E).
I fabbricati concessi in locazione a terzi possono essere:
-
strumentali per natura;
-
immobili patrimoniali.
2.Abitazione utilizzata come ufficio
La strumentalità per destinazione è configurabile, ad esempio, con riferimento all’unità immobiliare destinata ad ufficio amministrativo e/o commerciale che non risulti accatastata nella categoria A/10 (nel qual caso si configura anche la strumentalità per natura), bensì in categorie che contraddistinguono le unità immobiliari abitative (es. A/2).
3.Terreni
Possono presentare il requisito della strumentalità per destinazione anche i terreni, a condizione che partecipino ad un processo produttivo, come avviene nel caso di un terreno permanentemente adibito da imprese edili a deposito di materiale (RM 16.2.82 n. 7/1579).
In dettaglio, all’immobile rappresentato dal nudo terreno può riconoscersi la qualità di bene strumentale solo quando venga sottratto alla sua connaturale destinazione per essere utilizzato nel contesto di un determinato processo produttivo, mentre, per contro, qualora lo sfruttamento del terreno resti circoscritto nell’ambito della sua naturale funzione (attività agricola), essendo dunque oggetto e non strumento dell’attività imprenditoriale, esso non può essere qualificato come bene strumentale bensì come fattore di produzione in quanto suscettibile di dar luogo a reddito (Cass. 1.4.96 n. 2990 e RM 16.2.82 n. 7/1579).
Nel senso di definire strumentali i terreni posseduti da una società esercente attività agricola e destinati a coltivazione nell’ambito di tale attività, si vedano invece le C.T.C. 27.4.91 n. 3270 e 3.5.91 n. 3486, nonché la CM 10.4.91 n. 11/9/358.
3.1Terreni coltivati o adibiti all’allevamento
I terreni appartenenti a società (di persone o di capitali) ed enti commerciali, coltivati o adibiti all’allevamento, si considerano:
-
immobili strumentali per destinazione, con tassazione “a costi e ricavi”, se utilizzati direttamente dalla società o ente commerciale per l’esercizio dell’attività agricola;
-
immobili patrimoniali, se concessi in affitto a terzi che li coltivano.
Nel primo caso, la cessione di tali terreni genera plusvalenze o minusvalenze. Nel secondo caso, è comunque esclusa l’applicabilità dei criteri fondiari (art. 90 co. 1 del TUIR).
Le società agricole possono optare per l’imposizione dei redditi su base catastale, ai sensi dell’art. 32 del TUIR (art. 1 co. 1093 e 1095 della L. 27.12.2006 n. 296).
Ai fini dell’esercizio dell’opzione, occorre (art. 2 del DLgs. 29.3.2004 n. 99):
-
possedere per oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’art. 2135 c.c.;
-
possedere nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola”.
Sono escluse dalla normativa in questione le spa, che devono in ogni caso determinare il reddito secondo il bilancio, mentre sono ammesse a fruire del beneficio le società cooperative.
I terreni coltivati o adibiti all’allevamento, di proprietà di società semplici, enti non commerciali ed enti e società non residenti senza stabile organizzazione in Italia, concorrono invece a formare il reddito di questi ultimi in forma di reddito fondiario.
⊳ Si veda il cap. 11 “Terreni dei soggetti non imprenditori“.
3.2Terreni non coltivati
I proventi immobiliari di tali terreni, che rientrano tra gli immobili patrimoniali, concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base ai criteri fondiari (reddito dominicale rivalutato).
⊳ Si veda il cap. 28 “Immobili patrimoniali“.
3.3Esclusione dei terreni dall’ammortamento
I terreni, salvo rare eccezioni, non risultano ammortizzabili, in quanto rispetto ad essi difetta il requisito della deperibilità e, quindi, dell’utilizzazione limitata nel tempo (CM 17.5.2000 n. 98/E, risposta 1.1.2, OIC n. 16).
Sono ammortizzabili soltanto le aree soggette a deperimento effettivo, quali (DM 31.12.88):
-
i terreni adibiti a cava per le imprese che fabbricano cemento (aliquota 8%);
-
le piste di atterraggio degli aeroporti (aliquota 1%);
-
i terreni adibiti a sedime ferroviario (aliquota 1%);
-
i terreni adibiti ad autostrada (aliquota 1%).
4.Immobili in leasing
Per le società di leasing, gli immobili concessi in locazione finanziaria sono strumentali per destinazione, in quanto costituiscono i mezzi necessari alla società di leasing per lo svolgimento della propria attività ed il conseguimento degli scopi sociali (RM 27.4.77 n. 9/648 e RM 2.12.91 n. 445585).
5.Alloggio del custode
L’unità immobiliare abitativa (abitazione del custode) annessa ad un opificio industriale è un immobile strumentale e, in quanto tale, è soggetta ad ammortamento (RM 4.2.82 n. 9/885).
6.Fabbricati utilizzati quali abitazioni del personale
Si tratta di unità immobiliari abitative site all’interno dell’area produttiva dell’impresa.
I fabbricati di civile abitazione dati in uso ai dipendenti rappresentano un’ipotesi di immobili patrimoniali, salvo il caso in cui si configura la strumentalità pro tempore ex art. 43 co. 2 del TUIR (si veda oltre).
In giurisprudenza si è tuttavia riconosciuta la strumentalità dei fabbricati inclusi nel perimetro aziendale utilizzati quali abitazioni del personale dell’impresa (C.T.C. 18.3.94 n. 761).
7.Abitazioni concesse in locazione da immobiliari di gestione
Si tratta degli immobili di civile abitazione oggetto di mera locazione.
La semplice attività di locazione, quand’anche svolta da un’impresa, non consente di qualificare come strumentali i beni immobili dati in godimento. Tali immobili sono pertanto qualificati come patrimoniali.
Pertanto, le relative spese (es. di manutenzione, ristrutturazione) imputate al Conto economico non sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa (art. 90 co. 2 del TUIR).
► IMMOBILI STRUMENTALI PER NATURA
Si considerano strumentali gli immobili che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, ancorché non utilizzati ovvero dati in locazione o comodato (secondo periodo dell’art. 43 co. 2 del TUIR).
Attenzione
La strumentalità per natura degli immobili ha quindi carattere oggettivo, non rilevando l’utilizzazione o meno degli stessi per l’esercizio dell’impresa.
1.Impossibilità di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni
La locuzione “non suscettibile di altra destinazione senza radicali trasformazioni” ha suscitato un acceso dibattito.
Secondo un primo indirizzo, rientrerebbero nella nozione di immobili strumentali per natura gli immobili per i quali il cambiamento di destinazione richieda una concessione o un’autorizzazione amministrativa.
Ad avviso di un diverso orientamento, peraltro maggioritario, conta, invece, la struttura edilizia, rilevando la circostanza che per modificare la destinazione commerciale del fabbricato si debbano apportare rilevanti modifiche materiali all’immobile.
2.Rilevanza della classificazione catastale
Si considerano strumentali per natura gli immobili classificati o classificabili in Catasto (RM 3.2.89 n. 3/330, circ. Agenzia delle Entrate 10.4.2019 n. 8/E):
-
nei gruppi:
-
C (unità immobiliari a destinazione ordinaria, commerciale e varia);
-
B (unità immobiliari per uso di alloggi collettivi);
-
D (immobili a destinazione speciale);
-
E (immobili a destinazione particolare);
-
-
nella categoria A/10 (uffici e studi privati).
A titolo esemplificativo, sono strumentali per natura gli immobili adibiti a stazione di servizio (categoria catastale E/1), anche se dati in locazione a terzi (C.T.C. 7.7.89 n. 4729).
► STRUMENTALITÀ PRO TEMPORE DEI FABBRICATI CONCESSI IN USO AI DIPENDENTI
Sono considerati strumentali i fabbricati relativi all’impresa da questa concessi in uso a propri dipendenti che, per esigenze di lavoro, abbiano trasferito la loro residenza anagrafica nel Comune in cui prestano la loro attività (art. 43 co. 2 e art. 95 co. 2 del TUIR).
1.Natura dei fabbricati
La norma prescinde dalla categoria catastale di appartenenza del fabbricato. Tuttavia, considerata la destinazione di cui si discute (assegnazione in uso ai dipendenti), si desume che può trattarsi per lo più di fabbricati abitativi (categorie catastali appartenenti al gruppo A, esclusi gli A/10), che normalmente, per le imprese commerciali, costituiscono immobili patrimoniali.
2.Ubicazione dei fabbricati
L’immobile deve collocarsi nel Comune in cui si svolge l’attività lavorativa.
3.Profilo soggettivo dei dipendenti trasferiti per motivi di lavoro
La strumentalità “pro tempore” è riconosciuta rispetto ai fabbricati dati in uso ai lavoratori dipendenti trasferitisi per motivi di lavoro, siano questi ultimi cittadini italiani o stranieri, e a prescindere dalla circostanza che la residenza di provenienza sia situata in Italia o all’estero.
Inoltre, ai fini dell’agevolazione in oggetto, è ininfluente che i dipendenti siano neo-assunti ovvero vengano trasferiti da altre sedi.
Esclusione dall’agevolazione
Dovrebbero essere esclusi dall’agevolazione i fabbricati concessi in uso ai percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, quali i collaboratori coordinati e continuativi o gli amministratori.
Sono esclusi dall’agevolazione i fabbricati concessi in uso a dipendenti che:
-
trasferiscano la propria residenza, ma nell’ambito dello stesso territorio comunale;
-
trasferiscano la propria residenza in un altro comune non coincidente con quello di svolgimento della loro attività.
Il requisito della strumentalità non viene esteso ai fabbricati destinati ad alloggio dei dipendenti in trasferta temporanea (ai quali si applica l’art. 95 co. 2 del TUIR).
4.Durata triennale della strumentalità
La natura di immobile strumentale è riconosciuta “pro tempore”, vale a dire limitatamente al periodo d’imposta in cui il lavoratore dipendente trasferisce la residenza ed ai due successivi.
Il triennio contemplato dalla norma (“periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due successivi”) costituisce un limite massimo. Qualora, oltre tale termine, l’immobile risulti ancora concesso al medesimo dipendente, si renderà applicabile la disciplina di parziale deducibilità.
La norma non prevede nemmeno un periodo minimo di permanenza: pertanto, qualora entro lo scadere del triennio previsto il dipendente lasci l’unità immobiliare che gli è stata concessa in locazione, da quel momento la stessa non potrà più essere considerata strumentale, ovvero, se assunta in locazione, i canoni e le spese di manutenzione non potranno più essere integralmente dedotti.
Qualora tuttavia l’immobile venga nuovamente concesso ad un dipendente che abbia trasferito la propria residenza, torneranno ad essere applicabili, per la medesima unità immobiliare, la natura di immobile strumentale “pro tempore” è nuovamente riconosciuta (ris. Agenzia Entrate 3.7.2002 n. 214).
5.Implicazioni fiscali della strumentalità nel triennio
Nel corso dei tre periodi d’imposta così individuati, i fabbricati in questione divengono strumentali, concorrendo quindi alla formazione del reddito d’impresa in base alle risultanze del Conto economico (costi e ricavi). In particolare, dal lato dei componenti negativi di reddito, nei tre periodi d’imposta, le spese risultanti in CE sono ammesse in deduzione per l’intero ammontare, sempre che siano rispettati i principi di inerenza e competenza di cui all’art. 109 del TUIR. Decorso il terzo periodo d’imposta di applicazione del regime di strumentalità pro tempore, l’immobile torna a configurarsi come “patrimoniale”.
6.Irrilevanza per le società immobiliari
La convenienza del regime agevolativo temporaneo è subordinata al fatto che gli immobili di civile abitazione rappresentino, in capo alle società commerciali che li possiedono, immobili patrimoniali, per i quali a regime non è ammessa alcuna deduzione. Si tratta infatti delle normali condizioni in cui versa la quasi generalità delle società commerciali.
Fanno eccezione le società immobiliari di costruzione e compravendita, rispetto alle quali le unità immobiliari abitative costituiscono normalmente immobili merce (es. appartamenti realizzati da una società di costruzione).
Nulla impedisce che alcune di esse siano distolte dalla loro destinazione al mercato per essere destinate ai dipendenti. In tale ipotesi:
-
a nulla varrà, in termini di maggiori deduzioni esperibili, il passaggio pro tempore da immobile merce ad immobile strumentale;
-
i costi relativi all’immobile (spese di gestione, di manutenzione, ecc.), quali risultano dal Conto economico, possono essere integralmente dedotti, nel rispetto del principio di inerenza di cui all’art. 109 co. 5 del TUIR.
Attenzione
Se la destinazione dell’immobile merce ad alloggio per i dipendenti non ha natura temporanea (se cioè non viene posta in essere nelle more della sua vendita), si rende opportuna una delibera del Consiglio di amministrazione volta a riclassificare l’unità immobiliare di civile abitazione da immobile merce ad immobile patrimonio (nell’Attivo dello Stato patrimoniale, si attua il passaggio dal magazzino alle immobilizzazioni materiali). A seguito del passaggio da magazzino a patrimonio, l’appartamento, conformemente al disposto di cui all’art. 90 del TUIR, è tassato in base ai criteri fondiari, con conseguente indeducibilità dei costi ad esso afferenti risultanti dal CE, fatta eccezione per le spese di manutenzione, nei limiti dell’art. 95 co. 2 del TUIR.
In tal caso, anche la società immobiliare potrebbe avvalersi con vantaggio del regime agevolativo legato al riconoscimento della strumentalità pro tempore.

► RAPPRESENTAZIONE IN BILANCIO
1.Stato patrimoniale
Sotto il profilo civilistico, gli immobili strumentali (per destinazione, per natura, “pro tempore”) vengono iscritti tra le immobilizzazioni materiali, alla voce B.II.1 dello Stato patrimoniale (terreni e fabbricati), e costituiscono oggetto di ammortamento.
Quanto al costo di iscrizione, rileva il costo di acquisto, ovvero il valore di produzione (per gli immobili prodotti internamente), al netto degli ammortamenti.
Tali immobili non possono essere rivalutati, salvo che sussistano contemporaneamente le seguenti condizioni (art. 2423 co. 5 c.c.):
-
eccezionalità del caso;
-
necessità della deroga al fine di garantire una rappresentazione veritiera e corretta.
Sono inoltre fatti salvi gli effetti di rivalutazioni disposte da leggi speciali.
2.Conto economico
Le eventuali plusvalenze o minusvalenze generate dalla cessione di un immobile strumentale vanno iscritte, indipendentemente dalla natura ordinaria o straordinaria dell’operazione, rispettivamente nella voce A.5 e nella voce B.14 del Conto economico (documento OIC 12 aggiornato a dicembre 2016).
Attenzione
L’art. 6 co. 6 lett. g) del DLgs. 139/2015 ha modificato gli schemi di bilancio e in particolare, modificando l’art. 2425 del codice civile con decorrenza dall’1.1.2016, ha soppresso nel Conto economico la macro-categoria E relativa ai proventi e agli oneri straordinari, i quali devono essere riclassificati secondo le voci ordinarie dello stesso.
Per i bilanci redatti antecedentemente al 2016 la riclassificazione di tali plusvalenze prevedeva l’iscrizione:
-
alla voce A.5 del Conto economico, se la cessione dell’immobile è dettata dal suo deperimento, intervenuto nel corso dello svolgimento dell’attività produttiva, e dalla conseguente necessità di sostituirlo;
-
alla voce E.20, se la cessione dell’immobile non è dettata dal suo deperimento nel normale svolgimento dell’attività produttiva, bensì da un ridimensionamento dell’attività, ovvero da una riconversione produttiva.
Nessuna variazione invece con riguardo alla classificazione degli eventuali fitti attivi derivanti dalla locazione di immobili strumentali (per natura), i quali vanno iscritti nella voce A.5 del Conto economico.
3.Nota integrativa
Nella Nota integrativa occorre fornire le seguenti indicazioni:
-
i criteri di valutazione (il principio base è quello del costo);
-
l’importo e la natura dei singoli elementi di ricavo o di costo (comprese le plusvalenze e minusvalenze) di entità o incidenza eccezionali (precedentemente iscrivibili alle voci E.20 e E.21);
-
l’importo delle eventuali rivalutazioni economiche effettuate nell’esercizio, con la motivazione della deroga al principio base di valutazione e l’indicazione della sua influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico;
-
il criterio seguito per l’eventuale rivalutazione monetaria, la legge speciale che l’ha determinata, l’importo della rivalutazione al lordo e al netto degli ammortamenti e l’effetto sul patrimonio netto;
-
il metodo e i coefficienti di ammortamento usati per determinare la quota di competenza dell’esercizio;
-
i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo originario, le precedenti rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti ad altra voce, le alienazioni avvenute nell’esercizio, le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuate nell’esercizio;
-
l’inclusione o meno, nel costo, della quota delle spese generali di fabbricazione, nel caso di beni prodotti internamente;
-
distintamente, per ciascuna voce, l’eventuale capitalizzazione degli oneri finanziari e l’ammontare complessivo capitalizzato, distinto da quello relativo all’esercizio;
-
i gravami esistenti sulle immobilizzazioni materiali, quali ipoteche, ecc.;
-
i cambiamenti dei piani di ammortamento e della vita utile dei cespiti ed i relativi effetti e motivazioni;
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gli eventuali impegni significativi assunti con i fornitori per l’acquisizione delle immobilizzazioni;
-
i criteri di valutazione dei cespiti non usati destinati all’alienazione o temporaneamente non usati, ma destinati ad usi futuri;
-
l’ammontare dei cespiti non in uso o utilizzati in misura sensibilmente inferiore alla loro normale possibilità di utilizzazione;
-
le ragioni e l’ammontare dell’eventuale svalutazione apportata;
-
l’ammontare delle immobilizzazioni materiali acquistate durante l’esercizio da controllate, collegate e consociate, se di ammontare rilevante;
-
in caso di destinazione di immobilizzazioni alla vendita, con loro riclassificazione in un’apposita voce dell’attivo circolante: le ragioni del mutamento di destinazione dei cespiti e del conseguente trasferimento dalle voci relative alle immobilizzazioni materiali alle voci dell’attivo circolante, il criterio di valutazione adottato, l’eventuale effetto del cambiamento del criterio di valutazione sul risultato economico dell’esercizio;
-
le eventuali modifiche ai criteri di valutazione precedentemente adottati (es. eventuale differenza nelle componenti dei costi indiretti di produzione considerati per la determinazione della quota da imputare al costo delle immobilizzazioni), con l’opportuna motivazione ed indicazione dell’influenza sulla situazione patrimoniale, finanziaria e sul risultato economico dell’esercizio.
4.Processo di ammortamento
Il criterio posto alla base dell’ammortamento civilistico è quello della suddivisione del costo dei beni ad utilità pluriennale in ragione della loro residua possibilità di utilizzazione (documento OIC 16).
Il criterio della residua possibilità di utilizzazione è legato non alla “durata fisica” delle immobilizzazioni, bensì alla loro “durata economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sarà di utilità per l’impresa.
Attenzione
Se il presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile risulta uguale o superiore al costo dell’immobilizzazione, come può accadere per alcuni fabbricati, il bene non viene ammortizzato.
In caso si rendano opportune modifiche ai criteri di ammortamento ed ai coefficienti applicati, deve esserne data notizia nella Nota integrativa.
Dal punto di vista fiscale, i coefficienti di ammortamento sono indicati dal DM 31.12.88.
4.1Edificazione di un terreno posseduto in diritto di superficie
In caso di edificazione di un terreno posseduto in diritto di superficie ex artt. 952 ss. c.c., l’ammortamento del fabbricato strumentale realizzatovi deve essere compiuto nell’arco del minor periodo tra:
-
quello di residua possibilità di utilizzazione della costruzione, e
-
quello di residua durata del diritto di superficie.
4.2Terreni
Dal punto di vista civilistico, i terreni non sono oggetto di ammortamento, salvo abbiano un’utilità destinata ad esaurirsi nel tempo, come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche.
Nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento, anche in base a stime (documento OIC 16).
In particolare, il valore del terreno è determinato come differenza residua dopo aver prima scorporato il valore del fabbricato.
Tale criterio deve essere adottato ad esempio nei casi in cui (circ. Assonime 23.12.2005 n. 69, § 6.2):
-
sull’area venga successivamente costruito - in economia o in appalto - il fabbricato da utilizzare per l’attività;
-
si proceda all’acquisizione di un unico “corpo” (fabbricato e terreno anti-stante) con un prezzo indiviso in atto.
Terreni agricoli
Con riferimento ai terreni agricoli, dovrebbero essere ammortizzati alcuni terreni adibiti a frutticoltura che, dopo un certo numero di anni, perdono progressivamente la loro capacità produttiva fino a richiedere l’eliminazione delle piantagioni e, dopo una pausa di riposo, la ripiantumazione. Ciò accade, per esempio, agli agrumeti e ai vigneti.
4.3Scritture contabili
Tecnicamente, la rilevazione degli ammortamenti può essere eseguita: “in conto”:

ovvero “fuori conto”:

La modalità “fuori conto” è preferibile nell’ipotesi della redazione del bilancio in forma abbreviata, posto che, in questo caso, dalle voci B.I (“Immobilizzazioni immateriali”) e B.II (“Immobilizzazioni materiali”) dell’attivo devono essere detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni.
4.4Spese sostenute per migliorie su immobili di terzi
I costi sostenuti per migliorie e le spese incrementative su beni di terzi presi in locazione dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali” laddove le stesse non siano separabili dai beni; in caso contrario, le stesse spese sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali”, nella specifica categoria di appartenenza (documento OIC 24).
Qualora l’impresa realizzi una piscina su un terreno di terzi, le relative spese di costruzione sono capitalizzabili e iscrivibili nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali”; ciò in quanto l’opera realizzata, essendo inseparabile dal terreno cui accede, non può essere iscritta in bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata (ris. Agenzia delle Entrate 16.3.2009 n. 65).
L’ammortamento di tali costi si effettua nell’arco del minor periodo tra:
-
il periodo di utilità futura delle spese sostenute, e
-
quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore.
Attenzione
I costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi sono cancellati dal bilancio nel caso in cui il contratto di locazione (o leasing) cui si riferiscono cessi prima della scadenza originariamente pattuita. Il relativo importo è rilevato direttamente a Conto economico, salvo il caso in cui la cassazione del contratto dipenda dall’acquisto del bene da parte della società. In questa ipotesi, l’importo iscritto tra le “Immobilizzazioni immateriali” viene riclassificato tra le “Immobilizzazioni materiali” ad aumento del costo del bene acquisito, nel limite del valore recuperabile del bene.
In considerazione della crisi generata dalla pandemia da Covid-19 e dell’im-patto economico per le imprese, il legislatore nel 2020 si è occupato anche dei profili inerenti i possibili impatti sulla rappresentazione dei valori di bilancio.
Con DL 14.8.2020 n. 104 (c.d. “Decreto Agosto”), così come modificato in sede di conversione dalla L. 13.10.2020 n. 126, sono state introdotte due misure volte a mitigare gli effetti negativi della crisi sulla rappresentazione di bilancio: la rivalutazione straordinaria dei beni materiali e immateriali e delle partecipazioni dell’impresa (art. 110 DL 104/2020,) e la sospensione dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali (art. 60 co. da 7-bis a 7-quinquies DL 104/2020).
4.5Sospensione dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali nei bilanci 2020 e 2021
I soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali, nell’esercizio in corso alla data del 15.8.2020 (data di entrata in vigore del DL 14.8.2020 n. 104, c.d. “Decreto Agosto”), possono, anche in deroga all’art. 2426, co. 1 n. 2), del codice civile, non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato (art. 60 co. da 7-bis a 7-quinquies DL 104/2020).
Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, si tratta dell’esercizio 2020.
Il regime derogatorio è stato esteso anche ai bilanci relativi all’esercizio 2021, ma solo per i soggetti che, nell’esercizio in corso al 15.8.2020 (esercizio chiuso al 31.12.2020 per i soggetti “solari”) non hanno effettuato il 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali (L. 30.12.2021, n. 234, art. 1 c. 711).
I soggetti interessati
La sospensione degli ammortamenti riguarda tutte le società che non adottano, nella redazione del bilancio, i principi contabili internazionali. Si tratta di tutte quelle società che redigono il bilancio secondo norme e principi contabili diversi da quelli IAS/IFRS.
Rientrano dunque (cfr. Assonime, circolare 11.2.2021 n. 2):
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le società che redigono il bilancio secondo le norme del Codice civile e dei corrispondenti principi contabili OIC;
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gli intermediari non IFRS che redigono il bilancio secondo le regole del DLgs. 136/2015;
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e le imprese di assicurazione che non seguono nella redazione del bilancio d’esercizio i principi contabili internazionali.
Possono avvalersi della sospensione degli ammortamenti anche le società che rientrano nella categoria delle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.) e utilizzano lo schema semplificato di redazione del bilancio, senza la redazione di nota integrativa. In tal caso, gli obblighi informativi da assolvere nella nota integrativa sono assolti in calce allo stato patrimoniale.
La facoltà di deroga si applica anche alle società tenute a redigere il bilancio consolidato secondo le disposizioni del DLgs. 127/91. Le disposizioni si applicano al bilancio consolidato redatto dalla capogruppo, anche nell’ipotesi in cui essa non si sia avvalsa della deroga nel proprio bilancio d’esercizio. In tale situazione, il bilancio consolidato recepisce gli effetti della deroga con riferimento alle sole società consolidate che hanno utilizzato la deroga (cfr. OIC, bozza documento Interpretativo n. 9 “Legge 13 ottobre 2020 n. 126 -Disposizioni transitorie in materia di principi di redazione del bilancio - sospensione ammortamenti”).
I cespiti oggetto di sospensione degli ammortamenti
La sospensione degli ammortamenti può riguardare in termini generali le immobilizzazioni materiali e le immobilizzazioni immateriali. È possibile applicare la deroga:
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a singoli elementi delle immobilizzazioni;
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a gruppi di immobilizzazioni;
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oppure all’intera voce di bilancio.
Applicazione della sospensione degli ammortamenti
La società può non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.
La sospensione dell’ammortamento può essere integrale, oppure può consistere in una riduzione della quota annuale prevista nel piano di ammortamento originario.
La quota di ammortamento non effettuata è imputata al Conto economico relativo all’esercizio successivo e con lo stesso criterio sono differite le quote successive, prolungando quindi per tale quota il piano di ammortamento originario di un anno.
Attenzione
Il prolungamento di un anno del periodo di ammortamento non può essere considerato un effetto di natura automatica derivante dall’utilizzo della deroga all’ammortamento delle immobilizzazioni ma deriva dalla concreta valutazione sulla sussistenza di una estensione dell’utilizzazione nel tempo del cespite da parte dell’impresa rispetto al piano di ammortamento originario. Alla luce di tali indicazioni, non è possibile un prolungamento del piano di ammortamento (cfr. OIC, bozza documento Interpretativo n. 9 e Assonime, circolare 11.2.2021 n. 2):
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quando il bene viene dismesso;
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quando la vita utile è necessariamente legata alla durata della produzione nel cui ambito il bene è utilizzato;
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quando la vita utile è necessariamente legata al contratto di utilizzo e il bene è destinato a fuoriuscire dal patrimonio aziendale al momento di scadenza contrattuale.
Costituzione della riserva indisponibile
I soggetti che si avvalgono della sospensione degli ammortamenti devono costituire una riserva indisponibile, come segue:
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destinando utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata;
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in caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della suddetta quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili;
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in mancanza, la riserva è integrata, per la differenza, accantonando gli utili degli esercizi successivi.
Informazioni nella Nota integrativa
La nota integrativa dà conto delle ragioni della deroga, nonché dell’iscrizione e dell’importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.
Tra le ragioni che possono indurre una società ad avvalersi della deroga rientrano tanto la chiusura parziale dello stabilimento quanto l’intento di ridurre o evitare una perdita operativa registrata per effetto della pandemia (cfr. OIC, bozza documento Interpretativo n. 9 “Legge 13 ottobre 2020 n. 126 -Disposizioni transitorie in materia di principi di redazione del bilancio - sospensione ammortamenti”).
Effetti sulla determinazione del reddito di impresa
Per i soggetti che si avvalgono della sospensione degli ammortamenti, la deduzione ai fini IRES della quota di ammortamento non effettuata è ammessa alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli artt. 102, 102-bis e 103 TUIR, a prescindere dall’imputazione al Conto economico.
In materia di IRAP, ai fini della determinazione del valore della produzione netta (di cui agli artt. 5, 5-bis, 6 e 7 DLgs. 446/97), la deduzione della quota di ammortamento non effettuata è ammessa a prescindere dall’imputazione al Conto economico.
È pertanto ammessa la deduzione della quota di ammortamento sospesa ai fini civilistici, nei limiti previsti dalla disciplina IRES ed IRAP, indipendentemente dalla sua imputazione a Conto economico.
Il redattore del bilancio deve valutare le conseguenze in termini di disallineamento tra valore contabile e valore fiscale del bene e stanziamento di imposte differite.
► CONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA
Gli immobili strumentali partecipano alla formazione del reddito d’impresa secondo le risultanze del Conto economico, ed in particolare:
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tramite le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla loro vendita (voce A.5 ovvero B.14 del CE);
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tramite i proventi derivanti dalla loro locazione (voce A.5 del CE);
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tramite i componenti negativi ad essi afferenti, quali:
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quote di ammortamento (B.10);
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spese di manutenzione (B.14);
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assicurazione (B.7);
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interessi passivi (C.17).
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1.Plusvalenze/minusvalenze su fabbricati strumentali
Sono suscettibili di generare plusvalenze che concorrono a formare il reddito d’impresa (art. 86 del TUIR):
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la cessione a titolo oneroso;
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il risarcimento, anche in forma assicurativa, conseguito a fronte della perdita o del danneggiamento;
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l’assegnazione ai soci o la destinazione a finalità extraimprenditoriali,
di fabbricati e terreni non costituenti immobili merce (che sono invece produttivi di ricavi ai sensi dell’art. 85 del TUIR).
1.1Determinazione
Le plusvalenze/minusvalenze risultano pari alla differenza tra:
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il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione;
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e il costo non ammortizzato del bene, vale a dire il costo sostenuto per l’acquisizione del bene, ridotto in ragione degli ammortamenti dedotti nei vari periodi d’imposta in cui il processo di ammortamento ha avuto corso.
Il costo storico, da assumere al netto delle quote di ammortamento, consiste nel costo di acquisto o di costruzione (es. prezzo di acquisto pagato), aumentato degli oneri accessori di diretta imputazione (es. parcella notarile, provvigioni dell’intermediario immobiliare, imposte di registro, ipotecaria e catastale pagate in relazione all’acquisto).
Il costo fiscalmente riconosciuto dei beni immobili d’impresa può essere adeguato anche in base alle leggi speciali di rivalutazione periodicamente emanate (es. in base all’art. 1 co. 940 e ss. della L. 145/2018).
Nel caso in cui gli ammortamenti civili e gli ammortamenti fiscali divergano a qualsiasi titolo, la plusvalenza fiscale è determinata avendo riguardo agli ammortamenti fiscalmente dedotti.
Si ipotizzi un immobile di costo pari a 100.000,00.

Nella situazione prospettata, il bene ha un costo non ammortizzato “civile” di 60.000,00 e un costo fiscalmente riconosciuto di 72.000,00.
Qualora il bene sia ceduto nel corso del T5 ad un corrispettivo di 75.000,00, ipotizzando che non vengano effettuati ammortamenti nell’esercizio di cessione, emergeranno:
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una plusvalenza contabile di 15.000,00 (= 75.000,00 - 60.000,00);
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una plusvalenza fiscale di 3.000,00 (= 75.000,00 - 72.000,00),
“riconciliate” in sede di dichiarazione attraverso una variazione in diminuzione di 12.000,00, che rappresenta proprio gli ammortamenti a suo tempo non dedotti.
Si ricorda che, a seguito dell’entrata in vigore della L. 244/2007 (Finanziaria 2008), che ha soppresso le deduzioni extracontabili, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007 (2008 per i soggetti “solari”), è possibile dedurre fiscalmente l’ammortamento nel limite dell’importo stanziato in Conto economico.
In sede di calcolo della plusvalenza, occorre infine dedurre i lavori futuri, certi ed oggettivamente determinabili, quali le opere di urbanizzazione rimaste a carico del cedente (RM 22.10.81 n. 9/2940).
Autoconsumo o destinazione a finalità extraimprenditoriali
Nel caso di assegnazione o destinazione a finalità extraimprenditoriali, in luogo del corrispettivo conseguito si assume il valore normale dell’immobile alla data della cessione (artt. 86 co. 3, 110 co. 2 e 9 co. 3 del TUIR).
La determinazione del valore normale avviene facendo riferimento al prezzo o corrispettivo mediamente praticato:
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per i beni della stessa specie o similari;
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in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione;
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nel tempo e nel luogo in cui i beni sono stati acquistati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
Ai fini della determinazione del prezzo mediamente praticato si fa riferimento:
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ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi;
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alle mercuriali, ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali;
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tenendo conto degli eventuali sconti d’uso praticati.
⊳ Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al cap. 79 “Accertamento dei trasferimenti immobiliari”.
Costo non ammortizzabile riferibile al terreno - Rilevanza
Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza (art. 36 co. 7 del DL 223/2006).
La cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera comunque un’unica plusvalenza (ovvero minusvalenza) pari alla differenza tra (circ. Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11, § 9.5):
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il corrispettivo pagato;
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il costo fiscalmente riconosciuto dell’area (non ammortizzabile), comprensiva di fabbricato.
Lo scorporo del valore del terreno rispetto a quello del fabbricato rileva infatti solo ai fini della determinazione della quota (riferibile al fabbricato) che può essere ammortizzata, e non anche ai fini della relativa plusvalenza (ovvero minusvalenza) di cessione.
Si consideri un fabbricato commerciale acquistato nell’esercizio T1 per un importo di 100.000,00, contabilizzato unitariamente al terreno sottostante, le cui quote indeducibili sono determinate nella misura del 20% del costo complessivo dell’investimento.

Qualora il fabbricato sia ceduto a terzi nell’esercizio T6 per un corrispettivo di 90.000,00, e in tale esercizio non vengano stanziati ammortamenti:
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il bilancio evidenzia una plusvalenza pari a (90.000,00 - 85.000,00) = 5.000,00;
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qualora si determinasse il costo fiscale residuo dell’immobile nella misura di 88.000,00 (somma di 68.000,00 - costo non ammortizzato del fabbricato - e 20.000,00 - costo non ammortizzabile del terreno), la plusvalenza fiscale sarebbe pari a 2.000,00;
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occorrerebbe, quindi, effettuare una variazione in diminuzione pari a 3.000,00, che recupera esattamente le variazioni in aumento operate negli esercizi da T1 a T5.
Attenzione
Il riconoscimento della natura temporanea, e non permanente, delle variazioni effettuate comporta l’iscrizione della fiscalità differita attiva (IRPEF/IRES e IRAP), ricorrendo le condizioni previste dal documento OIC 25 (ragionevole certezza di conseguire, negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee, utili sufficienti a “coprire” le suddette differenze).
1.2Facoltà di rateizzazione
Le plusvalenze, se conseguite in relazione a immobili posseduti per un periodo non inferiore a 3 anni, concorrono a formare il reddito, a scelta del contribuente (art. 86 co. 4 del TUIR):
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per l’intero ammontare nel periodo d’imposta in cui sono state conseguite;
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ovvero in un massimo di cinque quote costanti su altrettanti periodi d’imposta, a partire da quello in cui sono state conseguite.
Per gli immobili posseduti dal cedente per un periodo inferiore a 3 anni, le plusvalenze concorrono a formare il reddito d’impresa, per il loro intero ammontare, nel periodo d’imposta in cui sono conseguite.
Attenzione
La plusvalenza si considera conseguita nel periodo d’imposta in cui viene stipulato il rogito notarile di compravendita dell’immobile o, se diverso e successivo, nel periodo d’imposta in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale (art. 109 co. 2 lett. a) del TUIR).
Modalità di esercizio dell’opzione
La scelta deve essere operata in sede di dichiarazione dei redditi. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, la plusvalenza concorre a formare il reddito d’impresa, per il suo intero ammontare, nell’esercizio in cui è stata realizzata.
La scelta per il frazionamento va esercitata:
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nel Modello REDDITI SC, righi RS126-RS127;
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nel Modello REDDITI SP, righi RS7-RS8;
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nel Modello REDDITI PF, righi RS2-RS3.
1.3Imputazione temporale delle plusvalenze su immobili vincolati
Per gli immobili di interesse storico-artistico, vincolati ai sensi del DLgs. 22.1.2004 n. 42, sussiste il diritto di prelazione in favore dello Stato.
In pendenza del termine per l’esercizio della prelazione, l’atto di alienazione resta condizionato e all’alienante è vietato effettuare la consegna della cosa (art. 61 co. 4 del DLgs. 42/2004).
Pertanto, l’imputazione del ricavo/plusvalenza derivante dalla cessione deve avvenire non all’atto del trasferimento, bensì allo scadere del termine per la prelazione.
1.4Atti assimilati alle cessioni
Sono assimilati alle cessioni, ai sensi dell’art. 9 co. 5 del TUIR, gli atti a titolo oneroso che comportano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento (es. usufrutto, superficie), ivi comprese le servitù.
Alle plusvalenze realizzate mediante vendita di beni patrimoniali sono quindi assimilate altresì quelle realizzate attraverso:
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il conferimento;
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la permuta;
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la datio in solutum.
1.5Vendita con riserva di proprietà
I corrispettivi delle cessioni di beni immobili con riserva di proprietà si considerano conseguenti alla stipulazione dell’atto (art. 109 co. 2 del TUIR).
In tale momento la norma individua il periodo d’imposta nel quale per il cedente, a seconda della natura del bene, emerge il ricavo oppure la plusvalenza (ris. Agenzia delle Entrate 1.8.2008 n. 338).
Locazioni con patto di riscatto vincolante
La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà (art. 109 co. 2 del TUIR).
1.6Cessione dell’usufrutto
In sede di determinazione delle plusvalenze conseguite mediante la costituzione a titolo oneroso, in favore di terzi (es. altra società), di diritti reali di godimento su immobili di proprietà, si pone il problema di individuare la quota del costo fiscale non ammortizzato dell’immobile (riferito alla proprietà piena) da imputare al diritto costituito.
Una possibile soluzione è quella di far ricorso ai coefficienti stabiliti dalla Tabella allegata al DPR 131/86 per la valutazione del diritto di usufrutto.
Con riferimento alla data della costituzione del diritto, quindi:
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si determina il valore normale dell’immobile (ai sensi dell’art. 9 co. 3 del TUIR);
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si determina il valore normale dell’usufrutto:
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applicando i coefficienti definiti in funzione dell’età del beneficiario (se si tratta di un diritto vitalizio costituto in favore di una persona fisica);
-
ovvero tenendo conto della durata del diritto (se si tratta di un diritto costituito per un tempo determinato);
-
-
si esegue il rapporto tra:
-
il valore del diritto (es. usufrutto, superficie, ecc.);
-
e quello della piena proprietà.
-
In capo all’impresa che costituisce sull’immobile di sua proprietà il diritto reale di godimento in favore di altri, il costo fiscale non ammortizzato rileva in proporzione a tale rapporto.
Per differenza, si ottiene la quota di costo fiscale non ammortizzato da riferire alla nuda proprietà.
Concessione di immobili in usufrutto pro tempore con facoltà di acquisirne la proprietà
A determinate condizioni, la concessione dell’usufrutto su immobili strumentali per natura potrebbe non costituire il presupposto per il conseguimento di plusvalenze, bensì di ricavi.
Segnatamente, la sua concessione a terzi per un tempo determinato, accompagnata dalla facoltà, riconosciuta all’usufruttuario, di acquisire la proprietà del bene ad un prezzo già determinato, non genera plusvalenze imponibili, in quanto “il diritto di usufrutto si concretizza nell’uso dei beni, al pari della locazione, messi a disposizione dell’impresa usufruttuaria da altra impresa. Pertanto, ai fini di una corretta rilevazione contabile delle operazioni connesse all’usufrutto, occorre far riferimento ai criteri valevoli per la locazione finanziaria” (RM 13.9.84 n. 9/1740, riferita a beni mobili - autoveicoli - ma portatrice di un principio che pare potersi estendere alla generalità dei beni relativi all’impresa).
In buona sostanza, il corrispettivo pattuito per la concessione temporanea dell’immobile strumentale in usufrutto costituisce un ricavo, in analogia a quanto si verifica in capo alla società concedente rispetto ai canoni di leasing. Tali ricavi vanno imputati al reddito d’impresa del concedente per competenza, in contrapposizione ai correlativi costi, rappresentati dalle quote annue di ammortamento degli immobili oggetto di usufrutto, che continuano a venire dedotte dal concedente.
Attenzione
Una disciplina particolare trova applicazione nel caso in cui l’immobile strumentale sia parte di un’azienda (o di un ramo aziendale) concessa in usufrutto. In tal caso, opera l’art. 102 co. 8 del TUIR, in base al quale, per le aziende date in affitto o in usufrutto, le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario.
Anche per gli immobili strumentali compresi in aziende concesse in affitto o in usufrutto, comunque, l’ammortamento torna competenza del proprietario concedente, anziché dell’usufruttuario (affittuario), quando il contratto di usufrutto (affitto) deroghi espressamente all’obbligo di mantenimento in efficienza dei beni ammortizzabili dell’azienda data in usufrutto (affitto) sancito dall’art. 2561 c.c.
Costituzione o cessione a titolo definitivo del diritto di usufrutto
La plusvalenza, determinata in base all’art. 86 del TUIR, torna a configurarsi anche rispetto al diritto di usufrutto:
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in capo all’impresa concedente, allorché questa:
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costituisca in capo all’usufruttuario il diritto di usufrutto;
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ceda all’usufruttuario la nuda proprietà dell’immobile;
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in capo all’impresa usufruttuaria, allorché questa ceda a titolo definitivo il diritto di usufrutto.
1.7Costituzione di un diritto di superficie
La costituzione del diritto di superficie non intacca la proprietà del suolo ma impedisce che la stessa si espanda a ciò che insiste sopra il suolo (o sotto di esso). Non rappresenta una cessione in senso proprio, ma una costituzione di un diritto reale di godimento per la quale non è possibile individuare un costo storico, poiché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione (ris. Agenzia delle Entrate 28.4.2009 n. 112).
Il corrispettivo per la costituzione del diritto di superficie su un bene patrimoniale o strumentale rappresenta un componente positivo di reddito imponibile quale plusvalenza, dal momento che si tratta della costituzione di un diritto reale e non di un diritto personale di godimento.
Con riguardo al requisito del possesso per un triennio, ai fini della possibilità di rateizzazione della plusvalenza, si calcola tenendo conto del periodo di possesso dell’immobile. Ne consegue che se l’immobile sul quale viene costituito il diritto di superficie è posseduto da più di 3 anni, l’impresa che è concedente potrà scegliere di rateizzare la plusvalenza conseguita in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto.
1.8Cessione di beni in sede di concordato preventivo
Le plusvalenze realizzate a fronte della cessione di beni immobili nell’ambito di un concordato preventivo con cessio bonorum non costituiscono materia imponibile e in quanto tali non concorrono alla formazione del reddito d’impresa. Tale esclusione ricorre non soltanto in presenza di cessione diretta dei beni ai creditori concordatari, ma anche riguardo alle vendite effettuate dal commissario giudiziale nei confronti di soggetti terzi allo scopo di ottenere i mezzi liquidi per soddisfare detti creditori (ris. Agenzia delle Entrate 1.3.2004 n. 29).
1.9Spin off immobiliari
Le scissioni societarie effettuate sulla base dei valori contabili ex art. 173 del TUIR (es. spin off immobiliari), in quanto operazioni neutrali sotto il profilo fiscale, non costituiscono occasione per il conseguimento di plusvalenze imponibili sugli immobili aziendali, salvo che non se ne provi l’intento elusivo (ris. Agenzia delle Entrate 22.3.2007 n. 58, 23.3.2001 n. 33 e 23.3.2001 n. 32, pareri comitato consultivo norme antielusive 22.3.2007 n. 12 e 16).
1.10Minusvalenze
Nell’ipotesi in cui venga conseguita una minusvalenza, quest’ultima è ammessa in deduzione dal reddito d’impresa soltanto se realizzata mediante:
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la cessione a titolo oneroso;
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il risarcimento anche assicurativo per la perdita o il danneggiamento dell’immobile strumentale o patrimoniale.
Indeducibilità delle minusvalenze derivanti da assegnazione ai soci
Non è ammessa in deduzione dal reddito d’impresa la minusvalenza conseguita all’atto dell’assegnazione dell’immobile strumentale o patrimoniale ai soci o della sua destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (art. 101 co. 1 del TUIR).
2.Immobili strumentali per natura concessi in locazione
Gli immobili strumentali per natura, se concessi in locazione a terzi, concorrono a formare il reddito d’impresa del locatore in base alle risultanze del Conto economico (canoni attivi, spese condominiali e di gestione, ecc.).
Per le imprese individuali, l’ipotesi è configurabile soltanto con riferimento agli immobili strumentali per natura indicati in inventario come relativi all’impresa.
3.Ammortamento
Per i beni immobili strumentali (per destinazione e per natura) sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa quote di ammortamento determinate in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione dei coefficienti determinati dal DM 31.12.88 al costo fiscale dei beni (art. 102 co. 2 del TUIR).
Le società che locano o concedono in uso fabbricati strumentali per natura, quali negozi, capannoni, ecc. (tipicamente, le società di gestione immobiliare), devono effettuarne l’ammortamento applicando il coefficiente del 3% previsto rispetto al loro settore di attività e non con quello corrispondente all’attività dell’impresa locataria o utilizzatrice (ris. Agenzia delle Entrate 9.4.2004 n. 56).
Attenzione
Quella che deriva dall’applicazione dei coefficienti ministeriali costituisce la misura massima dell’ammortamento ordinario deducibile ai fini fiscali.
Super-ammortamenti ex L. 208/2015 e successive proroghe -Inapplicabilità
La legge di Stabilità per il 2016 ha introdotto la nuova disciplina dei super-ammortamenti per gli investimenti in beni strumentali nuovi acquisiti a partire dal 15.10.2015 e fino al 31.12.2016. Successivamente, ne è stata disposta la proroga al 31.12.2017 (L. 232/2016), al 31.12.2018 (art. 1 co. 29 e 34 della L. 205/2017) e poi al 31.12.2019 (art. 1 DL 34/2019). Il beneficio consiste in una maggiorazione del costo fiscale di acquisizione del 30%(40% nel 2017) ai soli fini della deducibilità degli ammortamenti e dei canoni di leasing.
Sono però oggettivamente esclusi i fabbricati e le costruzioni.
3.1Terreni
Sotto il profilo fiscale, così come sotto quello civilistico, i terreni non sono ammortizzabili, in quanto non vanno soggetti a deperimento o consumo.
A tale principio fanno eccezione:
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i terreni adibiti a cava per le imprese che fabbricano cemento (ammortizzabili, ai fini fiscali, con aliquota 8%, ai sensi del DM 31.12.88, Gruppo VIII, Specie 4/b);
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le piste di atterraggio degli aeroporti (aliquota 1%, ai sensi del DM 31.12.88, Gruppo XVIII, Specie 1, 2 e 3);
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i terreni adibiti a sedime ferroviario (aliquota 1%, ai sensi del DM 31.12.88, Gruppo XVIII, Specie 4 e 5);
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i terreni adibiti ad autostrada (aliquota 1%, ai sensi del DM 31.12.88, Gruppo XVIII, Specie 4 e 5).
L’ammortamento dei terreni è previsto per particolari attività, che operano in regime di concessione nel settore del trasporto aereo, marittimo, ferroviario, nonché della costruzione e gestione delle autostrade, strade e superstrade. Per le imprese operanti in tali settori, al termine della concessione, l’intera proprietà dei beni in concessione va devoluta gratuitamente all’ente concedente. Pertanto, in questo caso, i terreni non hanno un valore di recupero per il concessionario e la loro inclusione in tabella è giustificata dalla necessità di consentire la deduzione del loro costo attraverso il processo di ammortamento. Si tratta, comunque, di eccezioni che confermano la regola generale che non consente l’ammortamento del bene strumentale terreno (ris. Agenzia delle Entrate 23.2.2004 n. 19).
3.2Fabbricati
Sono ammortizzabili i fabbricati che presentano il requisito della strumentalità, per destinazione o per natura (art. 102 del TUIR).
Inoltre, sono ammortizzabili:
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l’alloggio del custode annesso all’opificio industriale (RM 4.2.82 n. 9/885);
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i fabbricati inclusi nel perimetro aziendale ed adibiti ad abitazione di personale specializzato ed applicato con speciali mansioni al servizio dell’impresa (C.T.C. 18.3.94 n. 761).
Prefabbricati con un grado di usura inferiore alle strutture murarie tradizionali
I prefabbricati, qualora abbiano un grado di usura inferiore alle strutture murarie tradizionali, possono essere ammortizzati con lo stesso coefficiente previsto per queste ultime (RM 17.10.75 n. 9/50056).
3.3Ammortamento in misura inferiore all’aliquota ordinaria
È possibile effettuare l’ammortamento in misura inferiore a quello derivante dall’applicazione dell’aliquota di ammortamento ordinaria, purché nel rispetto delle regole civilistiche di redazione del bilancio.
Attenzione
Non è ammessa in via generalizzata la possibilità di calcolare discrezionalmente gli ammortamenti fiscali, in misura diversa dagli ammortamenti civilistici e, quindi, in modo avulso dalle indicazioni di bilancio, stante il principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato del Conto economico enunciato all’art. 83 del TUIR (ris. Agenzia delle Entrate 17.6.2005 n. 78/E).
In caso, dunque, di ammortamenti fiscali inferiori a quelli civilistici, è esclusa la possibilità di dedurre dal reddito dei futuri esercizi il minore ammontare (rispetto a quello civilistico) degli ammortamenti non dedotti in precedenza, attraverso variazioni in diminuzione che non troverebbero legittimità nel sistema delle norme sul reddito di impresa.
Le minori quote di ammortamento, eseguite comunque nel rispetto dei criteri civilistici di bilancio, sono deducibili negli esercizi successivi, fermo restando il limite massimo per ogni esercizio dei coefficienti ministeriali.
Occorre ricordare inoltre che la variazione dei criteri civilistici di ammortamento da un anno a quello successivo deve essere adeguatamente motivata nella Nota integrativa del bilancio.
Per i soggetti che hanno effettuato, in base all’art. 67 co. 4 del TUIR in vigore fino al 31.12.2003, ammortamenti in misura inferiore al 50% del coefficiente tabellare, la differenza tra la deduzione effettuata ed il 50% dell’ammortamento massimo rileva solo all’atto della cessione del bene (determinando una minore plusvalenza o una maggiore minusvalenza), senza poter essere dedotta a titolo di ammortamento (ris. Agenzia delle Entrate 22.4.2005 n. 51).
3.4Costo fiscale dell’immobile rilevante ai fini dell’ammortamento
Nel costo fiscale dei beni immobili strumentali per l’esercizio dell’impresa, che si considera al lordo delle quote di ammortamento, si comprendono anche (art. 110 co. 1 del TUIR):
-
gli oneri accessori di diretta imputazione (es. consulenze legali e spese notarili inerenti l’acquisto di un immobile). Queste spese vanno, quindi, ad incrementare il costo dell’immobile strumentale, e vengono dedotte tramite il processo di ammortamento, a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene. Non rileva il fatto che esse siano sostenute nell’esercizio antecedente a quello dell’acquisto dell’immobile stesso. Una diversa imputazione può essere prospettata solo in caso di mancata realizzazione dell’acquisto cui erano funzionali (Cass. 29.9.2003 n. 14477);
-
gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge (art. 110 co. 1 lett. b) del TUIR).
È consentita la capitalizzazione anche di oneri finanziari di natura diversa da quelli derivanti dai c.d. “mutui di scopo”.
Le imprese che, ricorrendone i requisiti civilistici, contabilizzano gli interessi passivi a incremento del costo del bene strumentale devono effettuare la capitalizzazione di tali oneri anche ai fini tributari (circ. Agenzia delle Entrate 18.6.2008 n. 47, § 5.4).
Attenzione
Per le imprese che si sono avvalse della rivalutazione degli immobili ex art. 1 co. 889 e ss. della L. 208/2015, il maggior valore dei beni è riconosciuto ai fini fiscali (redditi e IRAP) dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2017 (2017 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). Le imprese che hanno effettuato la rivalutazione del valore degli immobili nel bilancio al 31.12.2015 possono pertanto effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2017.
In caso di rivalutazione degli immobili ex art. 1 co. 556 e seguenti della L. 232/2016, il maggior valore dei beni è riconosciuto ai fini fiscali (redditi e IRAP) dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2018 (2018 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). In tal caso, l’impresa che effettua la rivalutazione del valore degli immobili nel bilancio al 31.12.2016, può effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2018.
In caso di rivalutazione degli immobili ex art. 1 co. 940 e seguenti della L. 145/2018, il maggior valore dei beni è riconosciuto ai fini fiscali (redditi e IRAP) dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2020 (2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). In tal caso, l’impresa che effettua la rivalutazione del valore degli immobili nel bilancio al 31.12.2018, può effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2020.
In caso di rivalutazione degli immobili ex art. 1 co. 696 e seguenti della L. 160/2019, il maggior valore dei beni è riconosciuto ai fini fiscali (redditi e IRAP) dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2021 (2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). In tal caso, l’impresa che effettua la rivalutazione del valore degli immobili nel bilancio al 31.12.2019, può effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2021.
Da ultimo, in caso di rivalutazione degli immobili ex art. 110 DL. 104/2020, il maggior valore dei beni è riconosciuto ai fini fiscali (redditi e IRAP) dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2020 (2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). In tal caso, l’impresa che effettua la rivalutazione del valore degli immobili nel bilancio al 31.12.2020, può effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2021.
Infine, in caso di rivalutazione nel bilancio del secondo esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2019 (bilancio al 31.12.2021, per i soggetti “solari”), l’operazione ha effetto solo ai fini civilistici (art. 110, comma 4-bis del DL 104/2020, inserito con DL 41/2021).
Costo fiscale dell’immobile oggetto di “rivalutazione dei beni d’impresa”
Norma di riferimento | Beni immobili rivalutabili | Riconoscimento ai fini fiscali del maggior valore dei beni immobili |
---|---|---|
Rivalutazione beni d’impresa exL.208/2015 art. 1 co. 889 e seguenti | Beni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa (“immobili merce”), risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31.12.2015 | Dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2017 (2017 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). |
Rivalutazione beni d’impresa exL.232/2016 art. 1 co. 556 e seguenti | Beni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa (“immobili merce”), risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31.12.2016 | Dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2018 (2018 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). |
Norma di riferimento | Beni immobili rivalutabili | Riconoscimento ai fini fiscali del maggior valore dei beni immobili |
---|---|---|
Rivalutazione beni d’impresa exL.145/2018 art. 1 co. 940 e seguenti | Beni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa (“immobili merce”), risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31.12.2017 | Dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2020 (2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). |
Rivalutazione beni d’impresa exL.160/2019 art. 1 co. 696 e seguenti | Beni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa (“immobili merce”), risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31.12.2018 | Dal periodo d’imposta in corso all’1.12.2021 (2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). |
Rivalutazione beni d’impresa ex art. 110 DL. 104/2020 | Beni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa (“immobili merce”), risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31.12.2019 | Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (2021 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). |
Rivalutazione beni d’impresa ex art. 110 DL. 104/2020, co.4-bis (inserito con DL 41/2021) | Beni non rivalutati nel bilancio precedente e senza la possibilità di affrancamento del saldo attivo e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali. | Non è previsto il riconoscimento ai fini fiscali del maggior valore dei beni. |
⊳ Per approfondimenti in materia di rivalutazione ex L. 232/2016 e successive leggi si veda il paragrafo “Rivalutazione degli immobili d’impresa”.
3.5Sospensione degli ammortamenti 2020 e 2021 ed effetti fiscali
Per i soggetti che si avvalgono della sospensione degli ammortamenti (prevista con DL 104/2020, art. 60, co. da 7-bis a 7-quinquies), la deduzione ai fini IRES della quota di ammortamento non effettuata è ammessa alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli artt. 102, 102-bis e 103 TUIR, a prescindere dall’imputazione al Conto economico.
In materia di IRAP, ai fini della determinazione del valore della produzione netta (di cui agli artt. 5, 5-bis, 6 e 7 DLgs. 446/97), la deduzione della quota di ammortamento non effettuata è ammessa a prescindere dall’imputazione al Conto economico.
È pertanto ammessa la deduzione della quota di ammortamento sospesa ai fini civilistici, nei limiti previsti dalla disciplina IRES ed IRAP, indipendentemente dalla sua imputazione a Conto economico.
⊳ Per approfondimenti si veda il precedente paragrafo 4.5 “Emergenza Covid-19: sospensione degli ammortamenti” nella sezione “Rappresentazione in bilancio”.
4.Scorporo del valore delle aree
Ai fini della deducibilità dell’ammortamento dei fabbricati strumentali, il costo deve essere assunto al netto di quello riferibile (art. 36 co. 7 DL 4.7.2006 n. 223):
-
alle aree occupate dalla costruzione;
-
alle aree che ne costituiscono pertinenza.
La quota parte del costo dei fabbricati strumentali riferita ai terreni sui quali essi insistono ed a quelli pertinenziali non è infatti fiscalmente ammortizzabile. Non si applica il principio di derivazione rafforzata di cui all’art. 83 TUIR alle disposizioni fiscali che prevedono la scomposizione del costo di acquisto dell’immobile e dell’area (risposta Agenzia delle Entrate in occasione dell’incontro con la stampa specializzata il 7 febbraio 2019).
Attenzione
Le spese incrementative e le rivalutazioni devono essere imputate al fabbricato, e non all’area. Di conseguenza, dette spese risultano interamente deducibili (ammortizzabili).
La disciplina dello scorporo del valore del terreno:
-
si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 4.7.2006 (data di entrata in vigore del DL 223/2006);
-
deve essere utilizzata anche ai fini della determinazione degli ammortamenti e dei canoni di leasing deducibili dei fabbricati acquisiti nei periodi d’imposta precedenti.
Essa non sortisce tuttavia effetti retroattivi in quanto, qualora anche in periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 4.7.2006 siano stati dedotti ammortamenti per un ammontare complessivo superiore al costo fiscale del fabbricato considerato al netto della componente dell’area, non si determina la ripresa a tassazione dell’eccedenza dedotta (Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11, § 9.1).

4.1Individuazione del valore del terreno (da scorporare)
Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato e di quelle ad esso pertinenziali, che deve essere scorporato dal costo fiscale del fabbricato assunto a base per il computo dell’ammortamento deducibile, viene determinato in base a criteri diversi a seconda che, rispettivamente:
-
l’area sia stata oggetto di un acquisto autonomo e precedente rispetto a quello del fabbricato;
-
l’area sia stata acquistata unitamente al fabbricato (o meglio, come pertinenza di quest’ultimo), ancorché l’atto indichi separatamente il corrispettivo del fabbricato e del terreno.
Acquisto anteriore del “nudo terreno”
Si tratta del caso di acquisto del solo terreno:
-
con un atto autonomo;
-
prima dell’edificazione del fabbricato (in economia o tramite appalto a terzi).
In tal caso, il costo effettivo sostenuto per l’acquisto dell’area deve essere sottratto dal costo del fabbricato fiscalmente ammortizzabile.
Attenzione
L’art. 36 co. 7 del DL 223/2006 si riferisce alle aree in precedenza “acquistate” (termine che dovrebbe sottintendere un atto a titolo oneroso in cui vi sia un corrispettivo pagato dalla parte). Tuttavia, si ritiene che il medesimo principio di valorizzazione debba essere applicato ai casi in cui l’area “nuda” sia acquisita ad altro titolo (es. terreni pervenuti mediante conferimenti o fusioni). In tali casi, potrebbe esservi una divergenza tra gli importi indicati nelle scritture contabili e i costi di acquisizione in capo al dante causa (soggetto conferente, società incorporate o fuse), dovute ad imputazione di disavanzi di fusione o a rivalutazioni derivanti dall’acquisizione dei valori di perizia da parte della società conferitaria. Per tali beni (si ribadisce, pervenuti all’avente causa come aree non ancora edificate), si deve ritenere che il costo non ammortizzabile coincida con il relativo valore di iscrizione in contabilità, anche se superiore al costo effettivo di acquisizione in capo al dante causa. Un eventuale disavanzo di fusione imputato all’area, infatti, non ha potuto generare ammortamenti deducibili, non determinando così “distorsioni” nell’applicazione della nuova norma.
Per i fabbricati costruiti su aree acquisite anteriormente all’edificazione, in economia o in appalto, non è espressamente previsto che il costo delle aree debba emergere dal bilancio. La valutazione in base al corrispettivo indicato nell’atto di vendita sarà, quindi, possibile anche nei casi:
-
di imprese in contabilità semplificata;
-
di imprese che acquisiscono il terreno all’inizio dell’esercizio e che, nell’esercizio stesso, iniziano la costruzione dell’edificio.
Con particolare riferimento alla seconda casistica, il costo non ammortizzabile è costituito dal costo effettivo di acquisizione dell’area (rilevabile dal rogito notarile), e non dal costo esposto in bilancio, superiore in quanto comprensivo di costi interamente imputabili al fabbricato e, quindi, ammortizzabili una volta ultimato il fabbricato stesso.
Attenzione
Terreni acquistati prima del 4.7.2006
La rilevanza del costo di acquisto del nudo terreno opera anche per gli acquisti effettuati nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 4.7.2006 (vale a dire, per i contribuenti aventi periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, fino al 2005), a condizione che si tratti di un acquisto avente ad oggetto la sola area, in vista della successiva costruzione del fabbricato (circ. Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11, § 9.2).
Acquisto del terreno con demolizione del fabbricato
Il costo di acquisto del terreno rileva anche nel caso in cui oggetto di anticipato, autonomo acquisto sia un terreno già utilizzato per la costruzione o che risulti libero a seguito della demolizione del fabbricato che lo occupava. Il fabbricato edificato successivamente su tale terreno risulta ammortizzabile per un importo pari al costo di edificazione sostenuto (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.4). Se il fabbricato preesistente e quindi demolito era un bene strumentale funzionante:
-
il valore dell’area ed il valore del fabbricato sono determinati applicando i criteri di cui all’art. 36 co. 7 del DL 223/2006 (confronto tra il valore dell’area eventualmente esposto in bilancio al momento dell’acquisto e quello che si ottiene applicando i coefficienti del 20% o 30% al costo complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area);
-
il costo residuo del fabbricato demolito - come sopra determinato - è deducibile ai sensi dell’art. 102 co. 4 del TUIR (deducibilità del costo residuo dei beni non completamente ammortizzati nell’esercizio della loro eliminazione);
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le spese di bonifica relative alla demolizione del fabbricato preesistente, capitalizzate insieme ai costi della nuova costruzione, sono da imputare al terreno e ne incrementano il valore fiscalmente riconosciuto.
Acquisizione di aree con rudere sovrastante
Nel caso in cui, unitamente al terreno, venga acquistato un rudere ivi insistente, il costo d’acquisto deve essere interamente imputato al terreno. Infatti, il rudere, non essendo un bene funzionante, non può essere ammortizzato (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.4).
Acquisto del terreno unitamente al fabbricato
L’acquisto congiunto del terreno e del fabbricato, ancorché in atto siano distintamente evidenziati i corrispettivi pagati per il terreno e per il fabbricato, non consente comunque di assumere quale valore rilevante ai fini dello scorporo il corrispettivo ivi indicato per il terreno. In tale ipotesi, infatti, non si configura un acquisto anteriore ed autonomo del terreno. Pertanto, il valore del terreno da scorporare deve essere individuato secondo i criteri che seguono.
Il valore del terreno, che deve essere scorporato dal costo fiscalmente ammortizzabile del fabbricato, risulta pari al maggior valore tra:
-
quello separatamente esposto in bilancio per il terreno nell’anno di acquisto;
-
e quello ottenuto applicando al costo fiscale complessivo del fabbricato la percentuale forfetaria del:
-
30% (per i fabbricati industriali);
-
20% (per gli altri fabbricati strumentali).
-
Terreno iscritto in bilancio separatamente dal fabbricato
Occorre confrontare:
-
il valore al quale il terreno risulta iscritto nel bilancio relativo all’esercizio in corso alla data dell’acquisto;
-
e il 30% (fabbricati industriali), ovvero il 20% (altri fabbricati) del costo complessivo (somma del costo del terreno e di quello del fabbricato).
Se il primo elemento del confronto non risulta inferiore al secondo, il valore del terreno da scorporare è quello iscritto in bilancio nell’anno del suo acquisto. Viceversa, se il primo elemento del confronto risulta inferiore al secondo, il valore del terreno da scorporare è pari al 30% (fabbricati industriali), ovvero al 20% (altri fabbricati) della somma del costo del terreno e di quello del fabbricato.
Terreno non iscritto in bilancio separatamente dal fabbricato
Qualora il terreno non sia stato iscritto in bilancio separatamente dal fabbricato, il valore del terreno da scorporare è sempre pari al 30% (fabbricati industriali), ovvero al 20% (altri fabbricati) del costo complessivo del fabbricato (comprensivo del costo del terreno).
Pertanto, il costo fiscale complessivo del fabbricato rileva ai fini del calcolo dell’ammortamento deducibile in misura pari:
-
al 70% (per i fabbricati industriali);
-
all’80% (per gli altri fabbricati strumentali).
Acquisto di un fabbricato in corso di costruzione
Nel caso di acquisto di fabbricato in corso di costruzione, il criterio forfetario di scorporo del valore dell’area si applica esclusivamente laddove il fabbricato possa essere identificato quale “edificio significativo” ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. ovvero si tratti di un rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia completata la struttura (ris. Agenzia delle Entrate 12.11.2008 n. 434). In presenza di un edificio significativo, il valore complessivo del fabbricato a cui applicare l’art. 36 co. 7 del DL 223/2006 deve essere comprensivo dei costi incrementativi sostenuti per renderlo pienamente funzionale, ovvero di quelli sostenuti fino all’entrata in funzione del bene nel ciclo produttivo (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1).
Imprese in contabilità semplificata
Per le imprese in contabilità semplificata, la mancanza di un bilancio impone l’adozione automatica delle percentuali forfetarie.

Si ipotizzi che un opificio industriale sia stato acquistato ad un corrispettivo indistinto (fabbricato comprensivo di area) pari ad euro 2.000.000,00. Attraverso le opportune operazioni di stima, viene indicato in bilancio un costo riferibile all’area pari a 720.000,00 euro:
-
il costo fiscalmente non ammortizzabile è pari a 720.000,00 euro, in quanto tale valore è superiore a quello ottenuto applicando la percentuale del 30% al costo complessivo di 2.000.000,00 di euro (600.000,00 euro);
-
se, come dovrebbe avvenire in base a corretti principi contabili, sul costo riferibile all’area non vengono stanziate quote di ammortamento, non vi saranno disallineamenti tra valori civilistici e valori fiscali, in quanto il costo attribuibile al fabbricato (1.280.000,00 euro) viene ammortizzato sia in bilancio che ai fini fiscali (nell’esempio sotto riportato, con aliquote sia civilistica che fiscale pari al 3%).

Si ipotizzi ora che, in relazione all’opificio industriale di cui all’esempio precedente, acquistato ad un corrispettivo indistinto (fabbricato comprensivo di area) pari ad euro 2.000.000,00, le operazioni estimative conducano ad individuare in euro 500.000,00 il valore da riferire al terreno:
-
il costo fiscalmente non ammortizzabile sarebbe in tal caso pari a 600.000,00 euro (importo ottenuto applicando la percentuale del 30% al costo complessivo di 2.000.000,00 di euro), in quanto tale valore è superiore a quello effettivamente iscritto in bilancio (500.000,00 euro);
-
posto che gli ammortamenti civilistici sono calcolati sull’importo di 1.500.000,00 euro, ciascun esercizio sarà interessato da una ripresa fiscale derivante dalla indeducibilità di una parte del costo che, in bilancio, è riferito al fabbricato (occorrerebbe, quindi, gestire un ulteriore doppio binario civile-fiscale, in quanto parte del costo assegnato al fabbricato è considerato non rilevante ai fini fiscali).

Fabbricati già posseduti e contabilizzati unitariamente al terreno ante 2006
Per determinare il costo riferibile alle aree rispetto a fabbricati già posseduti e contabilizzati unitariamente al terreno nei periodi d’imposta anteriori a quello di entrata in vigore della disciplina (periodo d’imposta in corso al 4.7.2006), occorre:
-
prendere in considerazione il valore lordo dell’immobile nel bilancio relativo all’esercizio anteriore a quello nel corso del quale è entrata in vigore la disciplina, vale a dire, per i contribuenti “solari”, nel bilancio relativo al 2005, chiuso al 31.12.2005;
-
sottrarre da questo importo la parte riferibile alle spese incrementative (anch’esse, per coerenza, assunte in base al relativo valore lordo) e alle rivalutazioni effettuate, utilizzando i prospetti obbligatori della Nota integrativa, nonché il registro dei beni ammortizzabili (o il libro degli inventari, qualora tenuto in luogo di quest’ultimo); le spese incrementative e le rivalutazioni sono infatti interamente imputabili al fabbricato, e non al terreno, e sono quindi deducibili per l’intero ammontare;
-
applicare alla differenza così ottenuta (la quale, si ribadisce, di regola coincide con il costo di acquisizione maggiorato degli oneri accessori) le percentuali del 20% o del 30%.
Fabbricati già posseduti e contabilizzati separatamente dal terreno ante 2006
In tal caso, la quota di costo non ammortizzabile viene valutata in base al maggior valore tra:
-
il valore attribuito alle aree nel bilancio 2005;
-
il valore ottenuto applicando le percentuali forfetarie del 20% o del 30% al costo complessivo dell’investimento immobiliare esposto nel medesimo bilancio, al netto delle spese incrementative e degli ammortamenti.
4.2Fabbricati interessati dall’obbligo dello scorporo del valore dell’area
Si considerano fabbricati, e vanno perciò soggetti alla disciplina in esame (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.2):
-
gli immobili siti in Italia che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel Catasto Edilizio Urbano e che allo scopo risultino classificabili in una delle categorie catastali previste con riferimento agli immobili a destinazione ordinaria (gruppo A, B e C), speciale (gruppo D) e particolare (gruppo E);
-
nonché gli immobili siti all’estero aventi carattere similare.
La disciplina in esame interessa esclusivamente i fabbricati relativi all’impresa che risultino strumentali, sia per natura che per destinazione (circ. Agenzia delle Entrate 4.8.2006 n. 28, § 26).
Non importa quali siano i criteri di contabilità adottati per la redazione del bilancio (principi contabili nazionali o internazionali), né che un bilancio manchi del tutto (es. imprese in contabilità semplificata, per le quali rilevano i valori degli immobili indicati nei registri relativi ai beni ammortizzabili o nel registro IVA acquisti) (circ. Agenzia delle Entrate 1/2007, § 7.2).
Attenzione
Gli impianti e i macchinari infissi al suolo rientrano nella nozione di fabbricato solo se, per la loro struttura e le loro caratteristiche, costituiscono un’unità immobiliare iscrivibile nel Catasto Urbano, in quanto rientrante nelle categorie catastali anzidette.
Beni esclusi
Esulano dall’ambito applicativo della disciplina (circ. Agenzia delle Entrate 4.8.2006 n. 28, § 26, e circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.2):
-
gli impianti e i macchinari, ancorché infissi al suolo, che non costituiscano fabbricati iscritti o iscrivibili nel Catasto Edilizio Urbano; anche per tali impianti e macchinari, non costituenti fabbricati, le quote di ammortamento risultano indeducibili per la parte corrispondente al costo del terreno, con la sola differenza che quest’ultimo verrà individuato secondo criteri diversi da quelli forfetari stabiliti dall’art. 36 co. 7 del DL 223/2006;
-
gli immobili “merce”.
Impianti fotovoltaici che costituiscono beni immobili: scorporo del valore del terreno ai fini dell’ammortamento
In relazione agli impianti fotovoltaici qualificabili come beni immobili autonomamente accatastabili, ai fini dell’ammortamento degli stessi si deve applicare la disciplina dello scorporo del valore del terreno prevista dal DL 223/2006 art. 36 (circ. Agenzia delle Entrate 19.12.2013 n. 36/E, § 6).
Occorre innanzi tutto distinguere tra:
-
i costi relativi alla componente immobiliare, iscritti alla voce “Fabbricati”;
-
i costi riguardanti la componente impiantistica, iscritti alla voce “Impianti e Macchinari”.
La determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (disposizione sui cosiddetti “imbullonati”, di cui alla L. 208/2015 art. 1 co. 21).
Non sono più oggetto di stima, a titolo esemplificativo, i pannelli fotovoltaici (ad eccezione di quelli integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni) e gli aerogeneratori (rotori e navicelle) (circ. Agenzia delle Entrate 1.2.2016 n. 2/E).
Inoltre, per gli impianti fotovoltaici dichiarati autonomamente in catasto, vanno considerate, tra le componenti immobiliari oggetto di stima per gli impianti a terra, il suolo, gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali eventuali recinzioni, platee di fondazione, viabilità, ecc., posti all’interno del perimetro dell’unità immobiliare (circ. Agenzia delle Entrate 13.6.2016 n. 27/E).
Tanto, premesso, una volta individuato il costo complessivo dell’impianto, sul quale calcolare le quote di ammortamento deducibili, questo deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dall’impianto medesimo.
Anche in relazione a tali “immobili”, il costo da attribuire alle predette aree, nell’eventualità che non siano già state acquistate autonomamente in precedenza, è pari al maggiore tra:
-
il valore separatamente esposto in bilancio nell’anno di acquisto;
-
il valore ottenuto applicando il 20% o - per i fabbricati industriali - il 30% al costo di acquisto complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area.
Attenzione
In particolare, gli impianti fotovoltaici costituiscono sempre fabbricati industriali, in quanto destinati alla produzione del bene energia mediante la conversione delle radiazioni solari, a prescindere dalla classificazione catastale. Pertanto, il costo da attribuire all’area sulla quale insistono detti impianti è pari al maggiore tra il valore separatamente esposto in bilancio e quello ottenuto applicando il 30% al costo di acquisto complessivo dell’immobile comprensivo del valore dell’area.
In caso di acquisizione del solo diritto di superficie sul terreno sottostante l’impianto:
-
se il diritto è acquistato a tempo determinato, la disciplina dello scorporo non è applicabile, perché il superficiario non acquista la proprietà del terreno ma solo un diritto;
-
se il diritto è acquistato a tempo indeterminato, la disciplina dello scorporo è invece applicabile, perché la costituzione del diritto di superficie a tempo indeterminato è assimilabile all’acquisto in proprietà del terreno.
Immobili di proprietà di società di leasing - Inapplicabilità dello scorporo
La disciplina dello scorporo non si applica con riferimento agli ammortamenti degli immobili di proprietà delle società di leasing che vengono concessi agli utilizzatori in locazione finanziaria (ris. Agenzia delle Entrate 20.9.2007 n. 256). Nel caso della locazione finanziaria, infatti, nella sostanza i costi sostenuti per l’acquisizione dei fabbricati costituiscono per la società concedente non immobilizzazioni materiali, ma crediti verso l’utilizzatore da ridurre all’atto del pagamento di ciascuna rata.
La problematica che ha originato la risoluzione n. 256/2007 risiede nel fatto che l’art. 102 co. 7 del TUIR prevede, per le società di leasing, l’ammortamento del costo sostenuto per i beni concessi in locazione finanziaria e che, conseguentemente, l’adozione letterale dei principi contenuti nell’art. 36 co. 7 del DL 223/2006 avrebbe esteso il regime di deducibilità limitata anche ai fabbricati acquisiti da tali società. Sotto un profilo sostanziale, tuttavia, gli ammortamenti operati dalle società di leasing hanno natura di ammortamenti finanziari, differente da quella degli ammortamenti operati dalle imprese utilizzatrici; risulterebbe, quindi, incoerente l’obbligo di applicare le norme introdotte dal DL 223/2006 in capo alle prime.
Le disposizioni sulla deducibilità limitata degli ammortamenti si applicano, invece, in capo al concedente nel caso del leasing operativo.
Fabbricati non “cielo-terra”
La disciplina dello scorporo del valore delle aree interessa indistintamente (circ. Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11, § 9.3, e circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.2):
-
sia i fabbricati che hanno uno sviluppo verticale limitato ad un solo livello, e non si articolano quindi in più piani (c.d. fabbricati “cielo-terra”, quali ad esempio, tipicamente, i capannoni industriali o commerciali);
-
sia le singole unità immobiliari site ai piani (non “cielo-terra”).
È il caso, ad esempio, dell’unità immobiliare censita in Catasto nella categoria A/10 che occupa un piano di una palazzina di quattro piani fuori terra e, quindi, non insiste direttamente sul terreno.
Fabbricati industriali
Per i “fabbricati industriali”, il costo del terreno viene determinato in misura pari al 30% (anziché al 20%) del costo fiscale del fabbricato. Pertanto, il costo fiscale complessivo di tali fabbricati risulta deducibile (tramite l’ammortamento) solo per il 70% (anziché per l’80%).
Con la locuzione in esame, si intendono i fabbricati destinati alla produzione o trasformazione di beni, a prescindere dalla classificazione catastale o contabile ad essi attribuita.
Attenzione
Non rientrano, quindi, tra i fabbricati industriali gli immobili destinati ad un’attività commerciale, quali ad esempio negozi, locali destinati al deposito o allo stoccaggio di merci (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007, § 7.2).
Fabbricato destinato ad uso promiscuo
Nel caso in cui il fabbricato venga destinato ad uso promiscuo (es. fabbricato utilizzato per attività produttiva, nonché come magazzino e deposito), il criterio da utilizzare è quello della prevalenza: l’intero immobile può quindi considerarsi industriale qualora gli spazi, espressi in metri quadri, utilizzati per l’attività di produzione o trasformazione siano prevalenti rispetto a quelli destinati ad altra attività (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007, § 7.2 e ris. Agenzia delle Entrate 19.12.2007 n. 383).
Occorre pertanto verificare se la superficie del fabbricato è destinata all’attività di produzione e/o trasformazione di beni per almeno il 50% + 1 dei mq. In caso di riscontro positivo, il costo fiscale da riferire all’area è pari al 30% del costo complessivo del fabbricato. Diversamente, la percentuale del costo del fabbricato riferita all’area è quella del 20%.
Qualora parte della superficie del fabbricato risulti invece destinata promiscuamente sia ad attività industriale che ad attività diverse (es. di servizi), per individuare in quale misura la superficie debba essere imputata, rispettivamente, all’attività industriale e alle altre attività, occorre adottare criteri oggettivi (ris. Agenzia delle Entrate 19.12.2007 n. 383).
Ad esempio, è possibile basarsi sulla suddivisione della superficie utilizzata promiscuamente e sulla sua imputazione, rispettivamente, alla superficie destinata all’attività industriale ed a quella destinata ad altre attività, in proporzione al numero di addetti impegnato su detta superficie in ciascuna di tali attività.
Fabbricati concessi in godimento a terzi
Per i fabbricati concessi in godimento a terzi, a titolo di locazione, anche finanziaria, ovvero in comodato, la natura di fabbricato industriale deve essere individuata in ragione del concreto utilizzo dell’immobile effettuato dall’utilizzatore (circ. 16.2.2007 n. 11, § 9.6).
Quanto al periodo d’imposta in cui verificare l’effettivo utilizzo effettuato dall’utilizzatore, occorre distinguere:
-
per i fabbricati acquisiti o costruiti dopo l’entrata in vigore della norma, l’utilizzo rilevante ai fini della classificazione del fabbricato tra quelli industriali o meno deve essere verificato con riferimento al periodo di imposta in cui il bene è entrato in funzione;
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per i fabbricati già posseduti in precedenza, rileva l’utilizzo del bene nel periodo di imposta precedente a quello in corso al 4.7.2006 (vale a dire, per i contribuenti “solari”, nel 2005).
Una volta accertato, nell’esercizio così individuato, l’utilizzo cui il fabbricato viene adibito dal locatario, comodatario, ecc., e definita la natura di fabbricato industriale o meno, detta qualificazione non può essere in seguito modificata in caso di variazioni intervenute nell’utilizzo del fabbricato, e neppure in caso di intervenuta variazione catastale della destinazione d’uso.
Diritto di superficie
L’Agenzia delle Entrate (ris. 5.7.2007 n. 157 e, relativamente al leasing che conduca al riscatto della mera proprietà superficiaria, ris. 27.7.2007 n. 192) ha chiarito che, in caso di fabbricati posseduti in base ad un diritto di superficie (art. 952 c.c.):
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se tale diritto è costituito a tempo indeterminato, esso viene di fatto assimilato all’acquisto in proprietà del terreno, con la conseguenza che trova applicazione lo scorporo relativo alla componente riferibile all’area, ai sensi dell’art. 36 co. 7 del DL 223/2006, mediante applicazione delle percentuali forfetarie al costo di acquisto del diritto superficiario;
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se, invece, tale diritto è costituito a tempo determinato, in mancanza della titolarità del terreno, la disciplina dello scorporo non è applicabile, con la conseguenza che il costo di acquisto del diritto superficiario rileva per la sua interezza, a prescindere dal fatto che il corrispettivo sia corrisposto:
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in forma di canone periodico (iscritto nella voce B.8 del Conto economico dell’impresa che ha acquisito il diritto di superficie);
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ovvero in un’unica soluzione (iscritto tra le immobilizzazioni immateriali ed ammortizzato in base alla durata del diritto).
-
Fa tuttavia eccezione il caso in cui il diritto di superficie, ancorché costituito a tempo determinato, sia iscritto in bilancio ad incremento del costo del fabbricato. In tale ipotesi, trova applicazione la disciplina dello scorporo del valore del terreno di cui all’art. 36 co. 7 del DL 223/2006.
4.3Effetti sulla deducibilità delle spese di manutenzione degli immobili strumentali
Lo scorporo del valore delle aree ai fini del calcolo del costo fiscale ammortizzabile dei fabbricati strumentali comporta anche la riduzione del plafond cui commisurare, ai sensi dell’art. 102 co. 6 del TUIR, la deducibilità delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione (circ. Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11, § 9.5).
Il limite di deducibilità di tali spese è pari, in ogni periodo d’imposta, al 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio del periodo stesso dal registro dei beni ammortizzabili. L’eccedenza non è spesabile nell’esercizio, ma è deducibile in quote costanti nei cinque esercizi successivi.
5.Spese di manutenzione
Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che non sono considerate incrementative del valore dell’immobile, sono deducibili in misura pari al 5% del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili, quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili (art. 102 co. 6 del TUIR).
L’eventuale eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi.
Nell’ipotesi in cui le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione siano imputate ad aumento del costo del bene, ai fini fiscali gli ammortamenti vanno calcolati sull’intero valore del bene così incrementato (CM 17.5.2000 n. 98/E, § 1.1.3).
Sono escluse dai criteri di deducibilità previsti dall’art. 102 co. 6 del TUIR:
-
le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione e restauro delle cose vincolate ai sensi del DLgs. 29.10.99 n. 490 e del DPR 30.9.63 n. 1409, per le quali operano le disposizioni di cui all’art. 100 co. 2 lett. e) del TUIR;
-
le spese su beni di terzi.
Del costo dei suddetti beni non si tiene, quindi, conto nella determinazione del limite percentuale del 5%.
Immobili danneggiati
Le perdite di valore dei beni derivanti da eventi indipendenti dalla volontà dell’impresa, quali, gli eventi naturali calamitosi, determinano una sopravvenienza passiva fiscalmente deducibile pari al costo non ancora ammortizzato dei beni medesimi.
Resta ferma l’indeducibilità di eventuali svalutazioni.
Dal punto di vista contabile, il documento OIC 16 prevede la rilevazione di una sopravvenienza passiva per il dato residuo contabile, alla voce B.14 del Conto Economico, mentre i costi di riparazione vanno addebitati al Conto economico. Se l’impresa beneficia di risarcimenti, questi devono essere rilevati tra le sopravvenienze attive, voce A.5 del Conto economico.
Nell’ipotesi in cui l’immobile abbia subìto solo danneggiamenti, senza essere completamente distrutto, i costi sostenuti per il ripristino vanno considerati deducibili con le regole ordinarie delle manutenzioni che non incrementano il valore del cespite (RM 8.4.78 n. 46). Pertanto, la deducibilità avviene nel rispetto del tetto del 5% dei cespiti detenuti all’inizio dell’esercizio, rinviando ai cinque esercizi successivi la deduzione dell’eccedenza.
Immobili in leasing - Esclusione dalla formazione del plafond di deducibilità
Gli immobili strumentali ammortizzabili acquisiti mediante contratto di leasing finanziario concorrono alla determinazione della base di computo della percentuale forfetaria del 5%, solo se gli stessi, in conformità alle corrette regole di contabilizzazione previste dai principi contabili di riferimento, risultano iscritti nell’attivo del bilancio e, conseguentemente, nel registro dei beni ammortizzabili all’inizio dell’esercizio (circ. Agenzia delle Entrate 27.6.2011 n. 29, § 1.3).
È il caso dei soggetti che rilevano i beni acquisiti in leasing attraverso il metodo c.d. “finanziario”, cioè, in linea di massima, i soggetti che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS.
5.1Imprese di nuova costituzione
Per le imprese di nuova costituzione, il calcolo della quota di spese deducibili va effettuato, per il primo esercizio, con riferimento ai beni esistenti a fine esercizio (art. 102 co. 6 del TUIR).
5.2Immobili strumentali ceduti o acquistati nel corso dell’esercizio
Si considera il costo iniziale risultante all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili.
Ne deriva che si tiene conto degli importi relativi ai beni ceduti nel corso dell’anno, ma non invece di quelli dei beni acquistati nel corso dello stesso anno.
5.3Contratti di manutenzione a corrispettivi periodici
I compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per assistenza e manutenzione di determinati beni sono deducibili nell’esercizio di competenza (art. 102 co. 6 del TUIR).
Attenzione
Gli immobili oggetto del contratto non concorrono alla determinazione del plafond delle spese deducibili.
6.Spese sostenute su immobili di terzi
Le spese per il miglioramento, trasformazione od ampliamento di beni di terzi concessi in locazione, uso o comodato, qualora si estrinsechino in opere non suscettibili di autonoma utilizzabilità, non sono iscrivibili tra le immobilizzazioni materiali, non potendo le opere realizzate essere rimosse al termine del periodo di utilizzo.
Le spese in esame, iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, costituiscono oneri pluriennali e più precisamente “spese relative a più esercizi” di cui al co. 1 dell’art. 108 del TUIR, deducibili nei limiti della quota civilisticamente imputabile a ciascun esercizio (ris. Agenzia delle Entrate 27.12.2005 n. 179 e 19.12.2007 n. 383).
Ad esempio, le spese di costruzione di una piscina su di un terreno di terzi sono capitalizzabili e iscrivibili nella voce “altre immobilizzazioni immateriali”, in quanto l’opera realizzata, essendo inseparabile dal terreno cui accede, non può essere iscritta in bilancio come bene ammortizzabile proprio dal soggetto che l’ha effettuata (ris. Agenzia delle Entrate 16.3.2009 n. 65).
7.Interessi passivi
Gli interessi passivi sono deducibili dal reddito d’impresa entro i limiti ed alle condizioni statuiti dagli artt. 61 (soggetti IRPEF) e 96 (soggetti IRES) TUIR.
In relazione all’acquisto o costruzione degli immobili strumentali, fino al periodo di imposta in corso al 31.12.2018 gli interessi passivi risultavano essere pienamente deducibili, in quanto l’art. 96 del TUIR escludeva espressamente dal proprio ambito applicativo gli interessi passivi compresi nel costo dei beni cui si riferiscono ai sensi dell’art. 110, co. 1, lett. b) dello stesso TUIR. La capitalizzazione degli oneri finanziari può essere effettuata quando ricorrono tutte le seguenti condizioni nei limiti applicabili alla specifica fattispecie (OIC 16):
-
la capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa con riguardo ad oneri effettivamente sostenuti, oggettivamente determinabili, entro il limite del valore recuperabile del bene;
-
sono capitalizzabili solo gli interessi maturati su beni che richiedono un periodo di costruzione significativo;
-
sono capitalizzabili gli interessi sui fondi presi a prestito specificatamente per finanziare la costruzione del bene (c.d. “finanziamento di scopo”).
Il nuovo art. 96 TUIR, interamente riscritto con DLgs. 29.11.2018 n. 142 art. 1 e in vigore dal 12.1.2019, prevede invece che il meccanismo del ROL si applichi agli interessi passivi ed agli oneri finanziari assimilati, compresi quelli inclusi nel costo dei beni ai sensi dell’art. 110 co. 1 lett. b).
Pertanto, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2018, gli interessi passivi e gli oneri finanziari, anche se capitalizzati nel costo degli immobili strumentali in base all’art. 2426 del c.c. e nel rispetto delle condizioni stabilite dal Principio contabile OIC 16, rientrano nelle regole generali di deducibilità stabilite dall’art. 96 del TUIR e dunque:
-
sono deducibili sino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi finanziari assimilati,
-
per la parte eccedente, sono deducibili entro il limite corrispondente al 30% del Risultato Operativo Lordo (ROL).
Tale disposizione si applica dal periodo di imposta 2019, ferma restando l’integrale deducibilità, attraverso il processo d’ammortamento, degli interessi passivi inclusi nel costo fiscale degli immobili strumentali acquisiti entro il periodo d’imposta 2018.
In sintesi:
Interessi passivi relativi agli immobili “strumentali” | Disciplina in vigore sino al periodo di imposta 2018 | Disciplina in vigore dal periodo di imposta 2019 |
---|---|---|
Interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione | Interamente deducibili, qualora iscritti in bilancio ad aumento del costo degli stessi immobili. | Deducibili ex art. 96 TUIR (sino a concorrenzadegli interessi attivi e, per l’eccedenza, entro il 30% del ROL). |
8.Concessione di beni immobili in godimento a soci o familiari dell’imprenditore
Costituisce reddito diverso in capo al socio o al familiare dell’imprenditore la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni (anche immobili) dell’impresa (art. 67 co. 1 lett. h-ter) del TUIR).
Tale disciplina riguarda i beni immobili strumentali, gli immobili merce e i c.d. “immobili meramente patrimoniali”, di proprietà dell’impresa o posseduti per effetto di un diritto reale di godimento (uso, usufrutto, ecc.), nonché quelli detenuti in locazione o in leasing (circ. Agenzia delle Entrate 15.6.2012 n. 24 e circ. CNDCEC 2.2.2012 n. 27/IR, § 3).
Per ciò che attiene al trattamento fiscale in capo alla società concedente, i costi relativi agli immobili dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile.
► LEASING IMMOBILIARE
Una modalità alternativa alla costruzione in economia o all’acquisto presso terzi di beni immobili, anche in appalto, consiste nel leasing immobiliare.
Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’art. 106 T.U. 1.9.93 n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo (definizione contenuta nella L. 4.8.2017 n. 124 art. 1 co. 136; la definizione di contratto di locazione finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale - cosiddetto leasing abitativo - è invece contenuta nella L. 28.12.2015 n. 208 art. 1 co. 76).
Tale modalità d’investimento risulta praticata, in particolare, in relazione ai beni immobili strumentali.
Per i beni in leasing, l’art. 102 co. 7 del TUIR definisce i criteri di deducibilità:
-
delle quote di ammortamento dei beni concessi in leasing finanziario, in capo all’impresa concedente;
-
dei canoni di leasing finanziario, da parte dell’impresa utilizzatrice.
1.Impresa concedente
1.1Ammortamento dei beni concessi in leasing
La società concedente che applica i principi contabili interni deduce in ogni periodo d’imposta una quota di ammortamento determinata in base al relativo piano di ammortamento finanziario.
Le quote di ammortamento “finanziario” sono idealmente variabili, essendo i canoni composti dalla quota di capitale per ammortamento del prezzo del bene e dalla quota comprendente interessi passivi, spese e margine di utile della società.
Risulta pertanto tassabile la differenza tra:
-
i canoni attivi di leasing di competenza (in quanto provento imponibile);
-
la quota di ammortamento finanziario di competenza (in quanto onere deducibile).
Tale differenza coincide, in linea di massima, con l’importo degli interessi attivi.
Il medesimo effetto fiscale viene ottenuto dalle imprese che applicano gli IAS/ IFRS le quali, imputando direttamente a Conto economico soltanto gli interessi attivi, si vedono automaticamente delimitata l’imposizione solo su questa componente netta (relazione ministeriale di accompagnamento al DLgs. 38/2005).
Attenzione
Il metodo di ammortamento finanziario è applicabile soltanto alle operazioni di leasing finanziario e non a quelle di leasing operativo, anche se tali ultime operazioni sono realizzate con le modalità prescritte dalla Banca d’Italia (ris. Agenzia delle Entrate 12.8.2003 n. 175).
Pertanto, per i beni concessi in locazione operativa, la società concedente deve applicare la disciplina ordinaria (art. 102 co. 2 del TUIR).
Si ricorda che il leasing operativo si caratterizza per il fatto di coinvolgere solamente due soggetti (concedente e utilizzatore), diversamente dal leasing finanziario, operazione che presuppone - almeno sul piano economico - la partecipazione di tre soggetti, ossia il fornitore, il concedente e l’utilizzatore.
1.2Trattamento del c.d. “maxicanone”
Qualora il contratto di leasing preveda un “maxicanone” iniziale, occorre stabilire come tale importo debba essere ripartito nel corso della durata del contratto.
Il principio di competenza economica richiede di imputare i ricavi all’esercizio di pertinenza, indipendentemente dalla data dei relativi incassi (Banca d’Italia nota 9.2.96 n. 34762, in risposta all’Assilea). Secondo tale impostazione:
-
il maxicanone riferibile al primo periodo di validità del contratto deve essere imputato tra i ricavi di tale periodo, con rilevazione in contropartita tra gli oneri dell’esercizio di una quota di ammortamento del bene di pari importo; pertanto, il valore del bene da ammortizzare nei successivi esercizi sarà ridotto dell’intero maxicanone;
-
il maxicanone relativo all’intera durata del contratto di leasing deve essere ripartito nei diversi esercizi tra i ricavi attraverso la tecnica dei risconti passivi.
Dall’altro lato, è esclusa la possibilità per l’utilizzatore di portare in deduzione il maxicanone per intero nel primo esercizio.
1.3Ammortamento anticipato - Inammissibilità
In capo all’impresa concedente, per i beni concessi in locazione finanziaria, non è ammessa alcuna maggiore deduzione a titolo di ammortamento anticipato.
1.4Ammortamento inferiore a quello finanziario (recupero all’atto del riscatto)
Nel caso in cui l’impresa concedente abbia ammortizzato il bene in misura inferiore a quella ordinaria, la differenza non ammortizzata concorre alla determinazione della plus/minusvalenza conseguita in caso di riscatto o di restituzione del bene all’impresa concedente e sua successiva cessione o eliminazione dal processo produttivo.
Infatti, la plusvalenza o la minusvalenza da cessione-eliminazione è determinata confrontando il costo residuo non ammortizzato con il corrispettivo o l’indennizzo o il valore normale del bene. A tal fine, non rileva il fatto che, in uno o più esercizi, l’ammortamento sia stato effettuato per un importo inferiore a quello determinato in base all’art. 102 co. 7 del TUIR.
1.5Risoluzione anticipata del contratto
Se il contratto viene risolto anticipatamente, il bene restituito non può più essere ammortizzato fino a quando non sarà oggetto di un nuovo contratto di locazione finanziaria, venendo meno la partecipazione del bene al processo produttivo.
In caso di stipula di un altro contratto, la quota di ammortamento viene calcolata sulla base del costo non ammortizzato, al netto del prezzo di riscatto concordato con il nuovo utilizzatore.
La quota di ammortamento costante del primo contratto, relativa all’esercizio in cui il bene è nuovamente concesso in locazione, non è ammessa in deduzione.
Invece, l’eventuale costo residuo dei beni concessi in leasing può essere portato in deduzione nell’esercizio in cui avviene l’eliminazione degli stessi dal processo produttivo.
2.Impresa utilizzatrice
2.1Deducibilità dei canoni di leasing
La deducibilità dei canoni di leasing in capo al locatario è ammessa qualora il contratto preveda una determinata durata minima, fissata dal TUIR, diversa a seconda che si tratti di beni mobili o di beni immobili.
La previsione di una durata minima fiscale del contratto risponde all’esigenza di evitare manovre elusive da parte dell’impresa utilizzatrice mediante la deduzione dei canoni per l’acquisizione della disponibilità del bene in un arco temporale notevolmente più breve rispetto a quello occorrente per l’ammortamento dello stesso bene se acquistato a titolo di proprietà (RM 4.12.2000 n. 183/E e ris. Agenzia delle Entrate 10.5.2004 n. 69).
In pratica, il legislatore tende in tal modo ad assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni del mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà e in leasing (relazione ministeriale al DL 27.4.90 n. 90, che ha modificato l’originaria formulazione dell’art. 102 co. 7 del TUIR).
Alla luce di tale circostanza, ai canoni derivanti da un contratto di leasing finanziario deve essere assicurato, in via di principio, lo stesso trattamento che si renderebbe applicabile al costo sostenuto per l’acquisto diretto del bene da parte della società utilizzatrice.
Con specifico riferimento ai leasing immobiliari, i limiti fiscali di durata sono stati modificati più volte.
Attenzione
La disciplina della deducibilità dei canoni muta in funzione della data di stipula del contratto, pertanto l’esatta collocazione temporale della stipula del contratto di leasing immobiliare diviene operazione delicata e assai rilevante.
Regole di deducibilità dei canoni di leasing
Periodo stipula contratto | Periodo di durata contrattuale ai fini della deducibilità dei canoni di locazione finanziaria | Durata minima |
---|---|---|
Fino al 3.12.2005 | / | 8 anni |
Dal 4.12.2005 al31.12.2007 | non inferiore alla metà del periodo di ammortamento fiscale di cui al DM 31.12.88 | non inferiore ad 8 anni, né superiore a 15 anni |
Dall’1.1.2008 al 28.4.2012 | non inferiore a due terzi del periodo di ammortamento fiscale di cui al DM 31.12.88 | non inferiore ad 11 anni, né superiore a 18 anni |
Dal 29.4.2012 al31.12.2013 | non inferiore a due terzi del periodo di ammortamento fiscale di cui al DM 31.12.88 | qualora l’applicazione della regola sopracitata (2/3 del periodo di ammortamento) determini un risultato inferiore a 11 anni ovvero superiorea 18 anni, la deduzione è ammessa per un periodo, rispettivamente, non inferiore a 11 anni ovvero pari almeno a 18 anni |
Dal 1.1.2014 | non inferiore alla metà del periodo di ammortamento di cui al DM 31.12.88 | 12 anni |
Per i contratti di leasing immobiliare stipulati dall’1.1.2014 (data di entrata in vigore della L. 147/2013), a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deducibilità dei canoni dal reddito d’impresa del locatario finanziario è riconosciuta (art. 102 co. 7 TUIR):
-
per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento fiscale dell’immobile (c.d. “ammortamento tabellare”), risultante dall’applicazione dei coefficienti di ammortamento fiscale di cui al DM 31.12.88;
-
in ogni caso, per un periodo non inferiore a 12 anni.
Anche per i lavoratori autonomi, in relazione ai contratti di leasing stipulati dal 1.1.2014, la deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali è ammessa (art. 54 co. 2 TUIR):
-
per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel DM 31.12.88;
-
in caso di beni immobili, per un periodo non inferiore a 12 anni.
Novazione del contratto
Qualora le pattuizioni di un contratto di leasing immobiliare già in corso di esecuzione vengano modificate in misura tale da configurare novazione contrattuale ai sensi dell’art. 1230 ss. c.c., si applica la nuova durata minima richiesta ai fini della deducibilità dei canoni di leasing dalla normativa vigente alla data della novazione (circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2006 n. 10, § 10.1).
Data di conclusione del contratto - Individuazione
Il contratto si intende concluso alla data in cui, sotto il profilo giuridico, si può ritenere definitivamente intervenuto l’accordo di locazione finanziaria, ancorché alla stessa data il locatario non abbia ancora acquisito la disponibilità dell’immobile. Infatti, l’acquisizione della disponibilità dell’immobile preso in leasing da parte del locatario può anche avvenire in un momento successivo alla conclusione del contratto, così come avviene:
-
se una società di leasing stipula un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un immobile di cui sia soltanto promissaria acquirente, non avendo ancora stipulato il rogito notarile. In tal caso, la data rilevante per discernere quale sia la disciplina da applicare in merito alla deducibilità dei canoni è quella della stipulazione del contratto di leasing, e non quella (successiva) in cui viene stipulato l’atto di acquisto con il terzo venditore, né quella in cui l’immobile viene materialmente consegnato al locatario finanziario (circ. Agenzia delle Entrate 13.2.2006 n. 6, § 7.2);
-
rispetto al leasing appalto, quando, al fine di individuare la data di stipulazione del contratto e conseguentemente la disciplina applicabile in materia di deducibilità dei canoni di leasing, rileva il momento della stipula del contratto, momento in cui viene individuata l’opera che il locatore si obbliga a far realizzare e consegnare, mentre risultano ininfluenti le vicende relative alla consegna dell’opera. La data di consegna dell’opera appaltata per essere concessa in leasing esplica invece rilevanza ai fini della determinazione della durata del contratto di leasing (circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2006 n. 10, § 10.1 e circ. Agenzia delle Entrate 13.2.2006 n. 6, § 7.3).
Il leasing appalto si configura allorché oggetto del leasing sia un immobile che deve essere costruito da un terzo appaltatore secondo le istruzioni del locatario e viene acquisito in proprietà dalla società di leasing, che si impegna a concederlo in locazione finanziaria al locatario medesimo.
Contratti stipulati dall’1.1.2014
Determinazione della durata minima
Per individuare la durata minima del leasing immobiliare da indicare nel contratto ai fini della deducibilità dei canoni dal reddito d’impresa dell’utilizzatore, occorre:
-
calcolare la metà del periodo di ammortamento tabellare;
-
verificare la corrispondenza del risultato ottenuto all’intervallo di durata minima di 12 anni.
Calcolo della metà del periodo di ammortamento tabellare
Per determinare la durata minima del contratto di leasing immobiliare atta a fondare il diritto del locatario a dedurre i canoni di leasing dal proprio reddito d’impresa, occorre in primo luogo computare la metà del periodo di ammortamento tabellare.
A tal fine, si procede come segue:
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si individua il coefficiente di ammortamento stabilito dal DM 31.12.88 rispetto al settore di attività proprio dell’impresa locataria finanziaria utilizzatrice (circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2006 n. 10, § 10); in ogni caso, si prescinde dalla circostanza che il locatario finanziario utilizzi l’immobile preso in leasing in un settore di attività diverso da quello nel quale opera usualmente ovvero non lo utilizzi direttamente, ma lo conceda in locazione a terzi;
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in caso di cessione del contratto di leasing, continuano a trovare applicazione i coefficienti riferibili al primo locatario (cedente il contratto), sempre che la modifica negoziale sia tale da non dare luogo ad un nuovo contratto di locazione finanziaria (circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2006 n. 10, § 10);
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sulla base di tale coefficiente, si computa il periodo di ammortamento tabellare; in sede di computo del periodo di ammortamento tabellare non si tiene conto della riduzione del coefficiente di ammortamento alla metà per il primo esercizio prevista dall’art. 102 co. 2 del TUIR (CM 16.7.98 n. 188/E, risposta 6 in materia di reddito d’impresa);
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si assume quindi la metà del periodo di ammortamento tabellare.
Tale valore, rappresenta in prima battuta la durata minima del contratto di leasing immobiliare.
In merito ai criteri da seguire per individuare la durata del contratto di leasing al fine di verificarne la congruità ex art. 102 co. 7 del TUIR:
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la durata contrattuale è quella prevista dal contratto, e non quella effettiva, che può risultare inferiore (es. a causa del riscatto anticipato dell’immobile, cfr. RM 4.12.2000 n. 183/E);
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si assume quale data iniziale (circ. Agenzia delle Entrate 13.3.2006 n. 10, § 10):
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quella in cui viene stipulato il contratto;
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ovvero, se successiva, quella in cui il bene immobile viene consegnato e decorre l’obbligo di pagamento dei canoni (tipico è in tal senso il caso del c.d. “leasing appalto”).
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Attenzione
Rispetto al leasing appalto:
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al fine di individuare la data di stipulazione del contratto e conseguentemente la disciplina applicabile in materia di deducibilità dei canoni di leasing, rileva il momento della stipula del contratto;
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ai fini della determinazione della durata del contratto di leasing, rileva invece la data di consegna dell’opera appaltata per essere concessa in leasing.
Corrispondenza all’intervallo di durata minima del contratto di leasing
Una volta calcolata la metà del periodo di ammortamento tabellare, occorre verificare che tale durata (espressa in numero di anni), risulti comunque non inferiore al minimo di 12 anni.
Qualora invece risulti inferiore, la durata minima contrattuale è di 12 anni.
Si ipotizzi che il leasing immobiliare abbia ad oggetto un immobile cui corrisponde un’aliquota di ammortamento fiscale pari al 10%.
In tal caso, l’ammortamento tabellare ha durata pari a 120 mesi (10 anni).
La metà dell’ammortamento tabellare risulta quindi pari a 60 mesi (5 anni). Tale durata risulta inferiore a 12 anni, che rappresenta la “durata minima” prevista ai fini della deducibilità dei canoni.
Pertanto, ai fini della deducibilità dei canoni dal reddito d’impresa dell’utilizzatore, è comunque necessario che il contratto di leasing risulti stipulato per una durata non inferiore a 144 mesi (12 anni). In altri termini, i canoni di leasing:
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sono indeducibili se il contratto reca una durata inferiore a 144 mesi (12 anni);
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sono deducibili se il contratto reca una durata pari o superiore a 144 mesi (12 anni).
Si ipotizzi infine che il leasing immobiliare abbia ad oggetto un immobile cui corrisponde un’aliquota di ammortamento fiscale pari al 3%.
In tal caso, l’ammortamento tabellare ha durata pari a 400 mesi (33 anni e 4 mesi).
La metà dell’ammortamento tabellare ha quindi durata di 200 mesi (16 anni e 8 mesi).
Tale durata supera i 12 anni.
Pertanto, ai fini della deducibilità dei canoni è sufficiente che il contratto di leasing risulti stipulato per una durata non inferiore a 12 anni.
Leasing di beni immobili stipulati dal 29.4.2012 al 31.12.2013
Per i contratti di leasing immobiliare stipulati dal 29.4.2012 al 31.12.2013, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deducibilità dei canoni dal reddito d’impresa del locatario finanziario è riconosciuta:
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per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento fiscale dell’immobile (c.d. “ammortamento tabellare”), risultante dall’applicazione dei coefficienti di ammortamento fiscale di cui al DM 31.12.88;
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in ogni caso, qualora l’applicazione della regola sopracitata determini un risultato inferiore a 11 anni ovvero superiore a 18 anni, la deduzione è ammessa per un periodo, rispettivamente, non inferiore a 11 anni ovvero pari almeno a 18 anni.
Ciò significa che:
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se la durata del contratto è inferiore a quella “minima fiscale” (i suddetti due terzi), per ciascun esercizio occorre effettuare apposite variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi;
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solo se la durata effettiva è (almeno) pari a quella minima fiscale vi è pieno allineamento tra l’ammontare dei canoni iscritto a Conto economico e quello dedotto ai fini fiscali (fatte salve variazioni in aumento derivanti da altre norme, quali quelle riguardanti la quota interessi e la “quota terreno” dei leasing immobiliari).
Recupero delle quote non dedotte in vigenza del contratto
La variazione in aumento che si registra se la durata effettiva del contratto è inferiore a quella minima fiscale ha natura temporanea, e non permanente. Ne deriva lo stanziamento in bilancio della fiscalità differita attiva.
L’eccedenza non dedotta viene recuperata sotto forma di variazioni in diminuzione una volta terminato il contratto (circ. Agenzia delle Entrate 29.5.2013 n. 17).
Se la durata contrattuale coincide con quella minima ai fini della deducibilità fiscale, i canoni sono deducibili con lo stesso ritmo con cui sono imputati a Conto economico.
Se la durata contrattuale è superiore a quella minima ai fini della deducibilità fiscale, i canoni sono deducibili sulla base dell’imputazione a Conto economico. Se la durata contrattuale è inferiore a quella minima ai fini della deducibilità fiscale, i canoni sono deducibili in un arco temporale maggiore rispetto a quello di imputazione a Conto economico. Si verifica in tal caso un disallineamento tra i valori civili e fiscali delle quote di competenza di ciascun esercizio, con la necessità di effettuare le corrispondenti variazioni in aumento del reddito in sede di dichiarazione dei redditi.
Nell’ipotesi in cui, alla scadenza del contratto di leasing, l’impresa utilizzatrice eserciti il diritto di riscatto del bene, le quote dei canoni non dedotte durante la vita contrattuale, in quanto riprese a tassazione mediante le corrispondenti variazioni in aumento effettuate in sede di dichiarazione dei redditi, sono deducibili in via extra-contabile, al termine del contratto, per l’importo annuale del canone fiscalmente deducibile (circ. Agenzia delle Entrate 29.5.2013 n. 17).
In tal modo, si determina, ai soli fini fiscali, la continuazione extra-contabile della deduzione dei canoni relativi a un bene oramai dell’impresa, fino al riassorbimento dei valori sospesi.
Attenzione
Ad avviso della circ. Assonime n. 14/2012 (§ 4.1), le eccedenze non dedotte dovrebbero essere riconosciute in un’unica soluzione, tramite un’apposita variazione in diminuzione, all’atto dell’“abbandono” del contratto stesso.
Secondo la tesi alternativa fornita da Assonime, peraltro, l’eccedenza non dedotta dovrebbe costituire elemento aggiuntivo del costo fiscale del bene, da far valere ai fini delle successive vicende reddituali (ammortamenti, plusvalenze, ecc.); ad avviso dell’Associazione, parrebbe del tutto asistematico continuare -anche se solo ai fini fiscali - a dedurre canoni di locazione rispetto ad un bene ormai di proprietà dell’impresa.
Attenzione
Deve essere sottolineato come, seguendo questa impostazione, il recupero delle eccedenze non dedotte in costanza di rapporto di leasing risulta quanto più lungo è il processo di ammortamento del bene (se questo non viene medio tempore ceduto a terzi).
2.2Deducibilità del c.d. “maxicanone”
L’impresa locataria non può dedurre integralmente il “maxicanone” di leasing nel primo esercizio, ma lo stesso deve essere frazionato su tutta la durata del contratto di locazione finanziaria mediante il ricalcolo dei canoni periodicamente corrisposti alla società di leasing.
2.3Canoni di prelocazione
Ai canoni di prelocazione si applica il medesimo trattamento contabile applicabile ai canoni di leasing “ordinari” (circ. Agenzia delle Entrate 22.7.2009 n. 38).
2.4Imprese che applicano gli IAS/IFRS
Per i soggetti che applicano gli IAS/IFRS, un bene acquistato in leasing deve essere considerato alla stregua di un qualsiasi bene strumentale acquisito in proprietà. In altri termini, il bene acquisito in leasing finanziario e iscritto nel bilancio dell’utilizzatore secondo lo IAS 17 si considera ai fini delle imposte dirette come appartenente al locatario.
In particolare, secondo le regole vigenti, le imprese IAS/IFRS:
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recuperano il costo sostenuto per il bene acquisito in leasing in un periodo di tempo più lungo e di durata pari all’intero periodo di ammortamento (il locatario, infatti, non deduce più i canoni, ma gli ammortamenti);
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non devono sottostare, per i contratti stipulati a partire dall’1.1.2014, all’obbligo di rispettare la durata minima del contratto di 12 anni.
2.5Capitalizzazione dei canoni di leasing - Ammissibilità ed effetti
È legittima, da parte delle imprese che redigono il bilancio in base alle disposizioni interne, la capitalizzazione dei canoni di leasing (e quindi, di fatto, l’iscrizione del bene in leasing) nello Stato patrimoniale del locatario (Corte di Cassazione sentenza 26.5.2003 n. 8292).
Quanto agli effetti fiscali di tale comportamento contabile:
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i canoni rilevati nell’attivo rappresentano un costo effettivamente sostenuto e debitamente contabilizzato;
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la patrimonializzazione non legittima la deduzione delle quote di ammortamento del bene ricevuto in leasing da parte dell’impresa utilizzatrice, in quanto la stessa deduzione, “allo stato dell’attuale legislazione, deve essere strettamente collegata all’aspetto giuridico formale dell’operazione” e, quindi, è ammessa soltanto in capo al concedente (ris. Agenzia delle Entrate 18.11.2003 n. 211).
2.6Indeducibilità della quota parte dei canoni relativa ai terreni
I limiti alla deducibilità degli ammortamenti dei fabbricati strumentali che insistono su terreni si applicano anche alla quota capitale dei contratti di leasing immobiliare (art. 36 co. 7-bis del DL 223/2006).
Pertanto, i canoni relativi a fabbricati condotti in leasing devono essere ripresi a tassazione nella misura del 20% o del 30%.
In pratica, per determinare l’ammontare indeducibile, salvo quanto oltre precisato in merito al leasing-appalto ed al lease back, occorre:
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in primo luogo, separare dal totale dei canoni di leasing imputati per competenza al periodo d’imposta la quota interessi (deducibile ai fini IRPEF/ IRES secondo le ordinarie regole, indeducibile ai fini IRAP);
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successivamente, sulla quota capitale complessiva di competenza del periodo d’imposta, applicare le percentuali forfetarie del:
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30% (fabbricati industriali);
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20% (altri fabbricati).
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Attenzione
La deducibilità dal reddito d’impresa (ai fini dell’IRPEF e dell’IRES) della quota di interessi passivi implicita nei canoni di leasing si estende così anche alla componente riferibile al costo del terreno, in analogia a quanto avverrebbe qualora l’acquisto del fabbricato strumentale, anziché tramite un contratto di locazione finanziaria, fosse effettuato direttamente, acquisendo un finanziamento da un soggetto esterno, es. istituto di credito (circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.6).
Peraltro, la deducibilità di tali interessi dal reddito d’impresa avviene entro i limiti posti dagli artt. 61 (soggetti IRPEF) e 96 (soggetti IRES).
Determinazione della parte di canone riferibile agli interessi passivi
La quota di interessi impliciti desunta dal contratto di leasing è soggetta alle regole previste dall’art. 96 del TUIR.
Per esigenze di semplificazione, i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali IAS/IFRS, possono fare riferimento al criterio di individuazione forfetaria degli interessi impliciti dettato, ai fini dell’IRAP, dall’art. 1 del decreto ministeriale 24.4.1998 (circ. Agenzia delle Entrate 21.4.2009 n. 19, § 2.2.3).
In sintesi, la quota capitale del canone di competenza dell’esercizio è pari a quanto indicato nella seguente formula:

Soggetti che adottano gli IAS/IFRS
I soggetti che adottano i principi contabili internazionali devono fare riferimento alla quota di interessi passivi ordinariamente imputata a Conto economico, a seguito della contabilizzazione dell’operazione in conformità allo IAS 17, se maggiore rispetto a quella desunta dal contratto.
Acquisto anteriore e autonomo dell’area da parte della società dileasing (leasing appalto, lease back)
La determinazione dell’ammontare indeducibile della quota capitale dei canoni di leasing si semplifica nel caso - assai frequente nella prassi - in cui la società di leasing non acquisti un fabbricato già ultimato, al fine di concederlo in locazione finanziaria, bensì acquisti l’area su indicazione del locatario e quest’ultimo, successivamente, si rende firmatario del contratto di appalto con la società edile che effettuerà i lavori di costruzione, con operazione finanziata anch’essa con il leasing (c.d. “leasing-appalto”).
In tal caso, la quota capitale dei canoni di leasing del fabbricato strumentale risulta indeducibile dal reddito d’impresa del locatario proporzionalmente al rapporto tra:
-
il costo di acquisto dell’area, desumibile dall’atto di acquisto e dalla contabilità della società di leasing;
-
e il costo complessivo del fabbricato (comprensivo del costo di acquisto dell’area e del totale dei costi sostenuti per la costruzione).
Ad esempio, se:
-
il costo di acquisto dell’area sostenuto dalla società di leasing è pari ad euro 70.000,00;
-
i costi di costruzione del capannone commerciale da realizzarvi ammontano ad euro 480.000,00;
-
la quota capitale dei canoni di leasing non ammessa in deduzione sarà pari al 12,73%, in quanto 70.000,00/(70.000,00 + 480.000,00) = 0,1273.
Analogamente si procede in caso di lease back avente ad oggetto l’area sulla quale si andrà ad edificare il fabbricato strumentale oggetto del leasing. Se la società di leasing acquista l’area presso il futuro locatario per poi concedergli un leasing appalto relativo al fabbricato da erigervi, i parametri che dettano la misura proporzionale in cui le quote capitale dei canoni di leasing risultano deducibili, secondo i criteri già evidenziati, sono di nuovo il costo sostenuto dalla società di leasing per acquistare l’area edificabile presso il locatario e il costo complessivo del fabbricato (costi di costruzione + costo dell’area).
Il costo di acquisto dell’area da parte della società di leasing rappresenta il valore da imputare all’area, in luogo di quello individuato sulla base delle percentuali forfetarie, ogni qual volta detto acquisto si colloca in termini di autonomia e anteriorità rispetto alla costruzione del fabbricato. Si tratta di quello che l’Amministrazione finanziaria definisce “regola dall’acquisto autonomo” (ris. Agenzia delle Entrate 8.8.2007 n. 211).
Nel caso in cui si ceda ad una società di leasing un’area comprensiva di “due vecchi fabbricati” e di un fabbricato in fase di costruzione, in sede di riacquisto è possibile applicare la regola dell’acquisto autonomo solo nell’ipotesi in cui tali fabbricati non siano idonei a configurare un “edificio significativo” (ris. Agenzia delle Entrate 25.8.2009 n. 237).
Per edificio significativo si intende un edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura (ris. Agenzia delle Entrate 12.11.2008 n. 434).
Decorrenza
Il regime di deducibilità parziale dei canoni di leasing dei fabbricati strumentali si applica anche ai contratti stipulati anteriormente e quindi già in essere alla data di entrata in vigore del DL 223/2006 (4.7.2006), ma solo con riferimento ai canoni maturati a decorrere dal periodo d’imposta in corso a tale data (art. 36 co. 8 del DL 262/2006, conv. L. 286/2006 e circ. Agenzia delle Entrate 19.1.2007 n. 1, § 7.6).
In base a tale norma, per ciascun immobile strumentale, le quote di ammortamento dedotte fino al periodo di imposta 2005, calcolate sul costo complessivo (fabbricato + terreno), sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato.
2.7Risoluzione anticipata del contratto o riscatto anticipato del bene
In caso di riscatto anticipato del bene prima del decorso del periodo minimo di durata prescritto dall’art. 102 co. 7 del TUIR, non si ravvisa alcun intento elusivo (RM 4.12.2000 n. 183/E).
Infatti, tale riscatto comporta soltanto una riduzione del numero dei canoni stabilito nel contratto di locazione finanziaria e non ha alcun riflesso sull’ammontare dei canoni già portati in deduzione, purché il contratto preveda una durata non inferiore a quella stabilita dallo stesso art. 102 co. 7 del TUIR.
L’espressione “durata del contratto” deve intendersi riferita alla durata del contratto “prevista” e non a quella “effettiva”.
2.8Cessione del contratto di leasing
La cessione del contratto di leasing genera in capo al cedente una sopravvenienza attiva, pari alla differenza tra (art. 88 co. 5 del TUIR):
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il valore normale del bene;
-
e il valore attualizzato dei due seguenti aggregati:
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i canoni non ancora pagati, relativi alla residua durata del contratto;
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il prezzo stabilito per il riscatto.
-
Se il leasing riguarda fabbricati strumentali, la sopravvenienza attiva deve essere diminuita anche della quota capitale dei canoni, già pagati, indeducibile poiché riferibile al terreno (circ. Agenzia delle Entrate 21.6.2011 n. 28). Ciò al fine di garantire la sostanziale equivalenza fiscale tra l’acquisizione del bene in proprietà e in leasing.
2.9Trattamento del corrispettivo di acquisto del contratto di leasing
In caso di acquisto di un contratto di leasing immobiliare in corso di esecuzione, ai fini della deducibilità del relativo costo, è necessario, in primo luogo, calcolare la sopravvenienza attiva imponibile conseguita dall’impresa che cede il contratto (ris. Agenzia delle Entrate 8.8.2007 n. 212), secondo i criteri evidenziati nel paragrafo precedente.
Per l’ammontare corrispondente a detta sopravvenienza attiva, il corrispettivo pagato dall’impresa cessionaria del contratto di leasing rappresenta un costo sospeso, che va aggiunto al valore del bene che sarà iscritto nell’attivo dello Stato patrimoniale all’atto del riscatto, andando a formare, unitamente a quest’ultimo, il costo fiscale rilevante ai fini dell’ammortamento.
L’eventuale differenza tra il corrispettivo pagato per l’acquisto del contratto e la sopravvenienza imponibile conseguita dal cedente, invece, costituisce per l’impresa cessionaria un costo pluriennale, deducibile pro quota negli esercizi di residua durata del contratto di leasing, ai sensi dell’art. 108 co. 3 del TUIR.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, non sono possibili suddivisioni che si basino su criteri forfetari difformi da quello illustrato.
Ad esempio, non è ammessa l’imputazione del corrispettivo pagato per il 50% a costo sospeso, da ammortizzare una volta riscattato il bene, e per il restante 50% a costo pluriennale, deducibile negli esercizi di durata residua del contratto.
Conseguentemente, se non viene operata la predetta distinzione, il corrispettivo deve essere considerato per intero alla stregua di un costo sospeso da imputare al costo fiscale del bene nell’esercizio del riscatto, da ammortizzare a decorrere da tale esercizio (ris. Agenzia delle Entrate 8.8.2007 n. 212).

2.10Leasing aventi ad oggetto terreni edificabili
Il trattamento fiscale dei canoni di leasing pagati in relazione ad un contratto di locazione finanziaria afferente un’area fabbricabile deve ricalcare quello del costo che si sarebbe sostenuto qualora, in luogo del contratto di leasing, si fosse posto in essere un mero acquisto immobiliare (ris. Agenzia delle Entrate 23.2.2004 n. 19).
Si tratta del già esaminato corollario del principio di neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà e in leasing.
Siccome, nell’analogia instaurata tra acquisto in proprietà e in leasing, le quote di ammortamento del bene acquistato in proprietà tengono il posto dei canoni di leasing, occorre osservare che:
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i terreni non sono ammortizzabili, in quanto hanno una durata illimitata nel tempo (in tal senso, vengono richiamate la CM 10.4.91 n. 11, la CM 17.5.2000 n. 98/E, la RM 11.7.96 n. 113 e la RM 16.2.82 n. 7/1579). Inoltre, il DM 31.12.88 non prevede un’aliquota di ammortamento ad hoc per i terreni, fatta eccezione per talune fattispecie particolari (terreni destinati a cava, autostrada, ecc.);
-
di conseguenza, mantenendo l’analogia tra quote di ammortamento e canoni di leasing, occorre concludere per l’indeducibilità dei canoni di locazione finanziaria versati a fronte dell’acquisto di terreni fabbricabili destinati alla realizzazione di impianti industriali.
La deduzione è ammessa soltanto, nei limiti statuiti dagli artt. 61 e 96 del TUIR, con riferimento alla componente del canone che riflette gli interessi passivi, vale a dire il costo del reperimento di mezzi finanziari esterni. Infatti, la deduzione degli interessi passivi (nei limiti predetti) sarebbe ammessa anche nell’ipotesi di acquisto del terreno in proprietà effettuato tramite il previo ottenimento di finanziamenti da terzi.
Per individuare la componente del canone rappresentata dagli interessi passivi è possibile riferirsi alle indicazioni fornite ai fini dell’IRAP (art. 1 del DM 24.4.98, CM 12.11.98 n. 263/E).
2.11Lease back
Il contratto di lease back è ritenuto lecito, salvo che si configurino anomalie tali da far presumere l’intento elusivo delle parti (CM 30.11.2000 n. 218/E, Cass. 16.10.95 n. 10805, Cass. 19.7.97 n. 6663, Cass. 7.5.98 n. 4612, Cass. 28.7.2000 n. 9944, Cass. 10.5.2017 n. 11449).
Tali anomalie sono così riassumibili (circ. DRE Lombardia 24.5.2002 n. 20):
-
presenza di una situazione di debito preesistente o contestuale alla vendita tra cedente e cessionario del bene poi concesso in leasing;
-
permanenza del bene nella disponibilità della società di leasing;
-
mancanza di interesse dell’apparente venditore-utilizzatore ad usare il bene oggetto di leasing;
-
sproporzione tra valore elevato del bene e prezzo esiguo pagato dalla società di leasing al venditore-utilizzatore;
-
particolare esosità del tasso di interesse applicato all’operazione;
-
elaborazione di vincoli contrattuali che impongono all’utilizzatore la corresponsione di tutti i canoni fino alla scadenza del contratto, anche nell’ipotesi in cui sia risolto anticipatamente; facoltà concessa all’utilizzatore di sub-locare il bene.
Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, il trattamento dell’operazione di lease back si desume dalla sua scomposizione nelle due operazioni in cui idealmente si articola:
-
la cessione del bene alla società di leasing;
-
la concessione del bene in leasing al cedente.
Cessione del bene alla società leasing
La cessione del bene alla società di leasing comporta:
-
in capo al cedente, il realizzo di una plusvalenza imponibile ex art. 86 del TUIR o di una minusvalenza deducibile ex art. 101 del TUIR;
-
in capo alla società di leasing, la deducibilità delle quote di ammortamento del bene, ai sensi dell’art. 102 co. 7 del TUIR.
L’operazione rientra tra quelle ricomprese nell’art. 2425-bis, co. 4, c.c., in base al quale “le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione” e da ciò consegue che, da un punto di vista contabile, la plusvalenza realizzata dalla società a seguito della vendita del terreno debba essere:
-
imputata a Conto economico a partire dal momento in cui decorrere il contratto di locazione finanziaria (ossia dopo circa 2 anni dalla cessione del terreno);
-
ripartita durante la durata del contratto stesso.
Con riferimento al profilo fiscale, a seguito della modifica dell’art. 83 del TUIR (ad opera dell’art. 13-bis DL 30.12.2016 n. 244, emanato a seguito delle nuove modalità di contabilizzazione introdotte dall’1.1.2016 con il DLgs 18.8.2015 n. 139) è stato previsto che “per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (...) e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’art. 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili” (ris. Agenzia delle Entrate 23.6.2017 n. 77/E).
L’art. 83 del TUIR contiene pertanto, per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile, regole di determinazione del reddito coerenti con le modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter. Ne deriva che assume rilievo, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, la rappresentazione contabile - sintetizzabile nei concetti di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale -così come regolamentata dai principi contabili nazionali.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate con la ris. n. 77/E del 23.6.2017 si è occupata della plusvalenza derivante da un’operazione di sale and lease back (compravendita con locazione finanziaria) ed ha chiarito che detta operazione assume rilevanza ai fini fiscali se posta in essere da una società e strutturata mediante:
-
la vendita di un terreno edificabile alla società di leasing, e;
-
la stipula di un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto il terreno ceduto e il fabbricato costruito con il finanziamento della società di leasing;
nell’ambito della quale il contratto di locazione finanziaria decorre dopo circa 2 anni dalla cessione del terreno, ossia dopo il tempo necessario per la costruzione del fabbricato finanziato dalla società di leasing (“sale and lease back in costruendo”.
Secondo l’Ufficio, la plusvalenza realizzata dalla Società concorre alla formazione del reddito:
-
ripartita in funzione della durata del contratto di locazione finanziaria;
-
a partire dal momento in cui inizia a decorrere il contratto di locazione finanziaria.
In conclusione, secondo l’Ufficio, alla luce della formulazione dell’art. 83 del TUIR, deve ritenersi che la medesima imputazione temporale prevista in ambito civilistico per l’operazione di “sale and lease back” in esame debba assumere rilevanza anche ai fini fiscali.
Concessione del bene in leasing al cedente
La concessione del bene in leasing al cedente comporta:
-
in capo alla società di leasing, il conseguimento di ricavi imponibili (canoni di leasing, imputati all’esercizio secondo le regole generali di cui all’art. 109 del TUIR);
-
in capo all’impresa utilizzatrice, la deducibilità degli stessi canoni ex art. 102 co. 7 del TUIR.
2.12Cessione a terzi del diritto di riscatto
In caso di cessione a terzi del diritto di riscatto, il costo residuo dei canoni non ancora dedotti rappresenta una componente negativa da contrapporre all’eventuale componente positiva quale la sopravvenienza determinata in occasione della cessione stessa (Agenzia delle Entrate circ. 29.5.2013 n. 17).
Attenzione
Ciò significa che la sopravvenienza attiva di cui all’art. 88 co. 5 del TUIR, determinata quale differenza tra il valore normale del bene e la somma tra il prezzo del riscatto e i canoni ancora da corrispondere (entrambi attualizzati), deve essere ridotta dell’ammontare delle variazioni in aumento effettuate sino al momento della cessione.
Diversamente, nota l’Agenzia, si verrebbe a creare un’asimmetria impositiva tra l’immediata tassazione della sopravvenienza attiva e il recupero dilazionato nel tempo dei disallineamenti sospesi.
2.13Deducibilità della quota interessi
La quota di interessi passivi desunta dal contratto è soggetta alle regole dell’art. 96 del TUIR (art. 102 co. 7 del TUIR).
Occorre ripartire il canone di leasing lungo la durata minima fiscale del contratto nella sua unitarietà (quota capitale e quota interessi). Le limitazioni di cui all’art. 96 del TUIR si applicano alla relativa quota interessi (circ. Agenzia delle Entrate 29.5.2013 n. 17).
È possibile continuare a fare riferimento, per la determinazione degli interessi impliciti, ai criteri forfetari previsti dal DM 24.4.98. In tal caso, però, la quota interessi va calcolata ripartendo in modo lineare gli interessi totali non in base alla durata contrattuale, bensì in base alla “durata minima fiscale”.
2.14.Beni in leasing: inapplicabilità della sospensione degli ammortamenti 2020 e 2021
La norma che consente la sospensione degli ammortamenti nei bilanci 2020 e 2021 (art. 60 co. da 7-bis a 7-quinquies DL 104/2020; art. 1, co. 711, L. 234/2021) non trova applicazione con riferimento ai beni in leasing.
I soggetti che redigono il bilancio secondo le disposizioni del codice civile, destinatari della norma derogatoria, iscrivono infatti i beni in leasing secondo il “metodo patrimoniale”, contabilizzando i canoni di leasing e non il bene acquisito.
► RIVALUTAZIONE DEGLI IMMOBILI D’IMPRESA
1.Rivalutazione dei beni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2019
Le società di capitali e gli enti commerciali residenti nei territori dello Stato che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, in deroga a quanto disposto dall’art. 2426 del c.c. e di ogni altra disposizione oggi vigente, rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni di controllo, ad esclusione degli immobili al cui scambio e produzione è diretta l’attività d’impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31.12.2019 (DL 14.8.2020 n. 104, art. 110).
In dettaglio, si tratta dei soggetti individuati dall’art. 73 co. 1 lett. a) e b) del TUIR:
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le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento CE 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento CE 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
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gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.
Possono beneficiare dell’agevolazione anche i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (art. 110 co. 8 DL 104/2020).
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di rivalutazione di cui alla L. 342/2000, artt. 11, 13, 14 e 15, nonché il decreto del Ministro delle Finanze 13.4.2001 n. 162, il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 19.4.2002 n. 86, e l’art. 1 co. 475, 477 e 478 L. 311/2004.
Con riferimento alla procedura di rivalutazione dei beni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2018, cfr. art. 1 co. 696 ss. della L. 27.12.2019 n. 160; si veda anche la circ. Agenzia delle Entrate 10.4.2019 n. 8/E § 2.6, riferita alla procedura di rivalutazione di cui alla precedente L. 30.12.2018 n. 145 art. 1 co. 940 ss.).
1.1Immobili rivalutabili
La rivalutazione in commento riguarda i beni d’impresa e le partecipazioni di controllo, ad esclusione degli immobili al cui scambio e produzione è diretta l’attività d’impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31.12.2019, nonché in quello dell’esercizio in corso al 31.12.2020, anno in cui avviene la rivalutazione.
Quanto ai beni immobili, in particolare, si tratta di quelli:
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risultanti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2019;
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diversi dagli immobili “merce”, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, in quanto questi ultimi sono esclusi dalla rivalutazione per espressa disposizione di legge.
Pertanto, la rivalutazione può essere eseguita in relazione agli immobili “patrimonio” ed agli immobili “strumentali”.
Possono essere rivalutati i beni in proprietà o posseduti a titolo di altri diritti reali (es. usufrutto).
Per quanto riguarda i beni detenuti in leasing, la rivalutazione non è possibile, salvo il caso in cui sia stato esercitato il diritto di riscatto entro l’esercizio in corso alla data del 31.12.2019.
Sono inoltre escluse le aree fabbricabili.
La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo e pertanto nel bilancio o rendiconto riferito all’esercizio in corso al 31.12.2020, può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.
Attenzione
Rispetto alle precedenti norme in materia di rivalutazione dei beni d’impresa, è stato eliminato il vincolo della rivalutazione per categorie omogenee.
Per i soggetti in contabilità semplificata, la rivalutazione è consentita a condizione che venga redatto un apposito prospetto bollato e vidimato, da presentare, a richiesta, all’Amministrazione finanziaria, con evidenza dei prezzi di costo e della rivalutazione compiuta (circ. Agenzia delle Entrate 27.4.2017 n. 14/E, emanata in vigenza di precedente rivalutazione dei beni di impresa, prevista dalla L. 232/2016 art. 1 co. 556-563).
Le imprese che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all’esercizio in corso al 31.12.2019, se approvato successivamente al 14.10.2020, data di entrata in vigore della L. 13.10.2020 n. 126, di conversione del DL 104/2020). In tal caso, però, è condizione necessaria che i beni d’impresa e le partecipazioni oggetto di rivalutazione risultino dal bilancio dell’esercizio precedente.
1.2Imposta sostitutiva sul saldo attivo di rivalutazione
Contabilmente, il saldo attivo di rivalutazione deve essere imputato al capitale o in un’apposita riserva che ai fini fiscali è considerata in sospensione d’imposta.
Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP e di eventuali addizionali nella misura del 10%.
Il versamento deve avvenire con le stesse modalità previste per il versamento dell’imposta sostitutiva sul maggior valore.
1.3Imposta sostitutiva sul maggior valore
Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (e pertanto a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2020; per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, si tratta del 2021).
L’imposta è sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP e di eventuali addizionali ed è fissata nella misura del 3% per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.
Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, pertanto è possibile eseguire:
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la rivalutazione con efficacia esclusivamente civilistica;
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la rivalutazione con efficacia sia civilistica sia fiscale.
1.4Versamenti
Le imposte sostitutive sono versate in un massimo di tre rate di pari importo di cui:
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la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
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le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.
Per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare (che eseguono la rivalutazione nel bilancio chiuso al 31.12.2020), il pagamento dell’imposta sostitutiva per intero o della prima rata andava effettuato entro il 30.6.2021. Il contribuente può, in alternativa, versare l’imposta sostitutiva entro il trentesimo giorno successivo al predetto termine maggiorandola dello 0,40% a titolo di interesse, così come previsto dall’art. 17 del DPR 435/2001.
Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi della sezione I del capo III del DLgs. 9.7.97 n. 241.
L’esercizio dell’opzione per la rivalutazione dei beni d’impresa è perfezionato con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva (circ. Agenzia delle Entrate 27.4.2017 n. 14/E).
A tal fine, doveva essere compilata l’apposita sezione XXIV del quadro RQ del Modello REDDITI 2021.
L’omesso, insufficiente e/o tardivo versamento della relativa imposta sostitutiva non rileva ai fini del perfezionamento della rivalutazione. In tal caso, l’imposta sostitutiva non versata è iscritta a ruolo ai sensi degli artt. 10 e ss. DPR 29.9.73 n. 602, fermo restando la possibilità per il contribuente di avvalersi del cosiddetto “ravvedimento operoso” ai sensi dell’art. 13 DLgs. 472/97.
1.5Effetti fiscali
Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.
Pertanto, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2020 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, si tratta del 2021), i maggiori valori rilevano i fini della deducibilità degli ammortamenti o del computo del valore dei cespiti ai fini del calcolo del plafond di deducibilità delle spese di manutenzione ordinaria.
Attenzione
Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.
L’impresa che effettua la rivalutazione nel bilancio al 31.12.2020 può:
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effettuare l’ammortamento sui maggiori valori a partire dal 2021;
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calcolare la plusvalenza in caso di realizzo, tenendo conto del valore rivalutato, a partire dall’1.1.2024.
Qualora l’impresa ceda il bene rivalutato nel triennio 2021-2023, la plusvalenza si calcola tenendo conto del valore prima della rivalutazione.
2.Rivalutazione nel 2021
La rivalutazione può essere eseguita anche nel bilancio relativo all’esercizio immediatamente successivo (co. 4-bis DL 104/2020, aggiunto con art. 1-bis DL 41/2021) e pertanto:
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nel bilancio al 31.12.2021, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare;
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nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2021, per i contribuenti “non solari” (ad esempio, nel caso di società con esercizio che si chiude al 30 giugno di ogni anno, la rivalutazione può essere eseguita nel bilancio al 30.6.2022).
La rivalutazione nel 2021 può essere eseguita:
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con esclusivo riferimento ai beni non rivalutati nel bilancio precedente;
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ai soli fini civilistici e pertanto senza la possibilità di affrancamento del saldo attivo e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali.