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    Informazione

    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Angelo Busani

    Editore:

    IPSOA

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    IMMOBILI 2022

    10. SOGGETTI PASSIVI

    Mostra tutte le note
    DEFINIZIONE ► I soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari o titolari di diritti reali sull’immobile, e sui quali si considera conseguito il reddito derivante.
    ALTRI DIRITTI REALI ► Per gli immobili gravati da diritti reali di godimento diversi dalla proprietà, il reddito si considera conseguito dal soggetto titolare di diritti reali quali: diritto di usufrutto, diritto d’uso, diritto di abitazione e diritto di enfiteusi.
    DIRITTO DI USUFRUTTO ► L’usufrutto è un diritto reale consistente nella facoltà di godimento di un bene utilizzandolo a proprio vantaggio e potendone percepire anche i frutti. I limiti consistono nell’impossibilità al trasferimento della proprietà principale e il rispetto della destinazione economica impressa dal proprietario.
    DIRITTO D’USO ► L’uso è un diritto reale dal contenuto più limitato dell’usufrutto perché attribuisce al suo titolare il potere di servirsi del bene e, nel caso sia fruttifero, di raccoglierne i frutti, ma solo per quanto occorre per i bisogni propri e della propria famiglia.
    DIRITTO DI ABITAZIONE ► Il diritto di abitazione è un diritto reale di godimento su bene altrui. Il diritto di abitazione è più circoscritto del diritto d’uso: ha per oggetto una casa e consiste nel diritto di abitarla solo per i bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia.
    DIRITTO DI ENFITEUSI ► L’enfiteusi è un diritto reale di godimento su un fondo di proprietà altrui, urbano o rustico, secondo il quale il titolare (enfiteuta) ha la facoltà di godimento pieno sul fondo stesso, ma per contro deve migliorare il fondo stesso e pagare inoltre al proprietario un canone annuo in denaro o in derrate.
    CASIPARTICOLARI ► I casi particolari riguardano i titolari di diritti reali su immobili ma che non risultano soggetti passivi d’imposta.
    IMPATTO SUL REDDITO COMPLESSIVO ► Nei confronti delle persone fisiche, l’IRPEF viene determinata applicando al reddito complessivo le aliquote crescenti per scaglioni di imposta. Nella sua componente di derivazione immobiliare, il reddito delle persone fisiche è determinato in base alle norme previste per i redditi fondiari.
    RIFERIMENTI ► Artt. 179 co. 2, 324-325, 540 co. 2, 832, 957, 972, 978, 980, 1021, 1022 ss., 1024 c.c.; DPR 917/86, artt. 37 co. 4-bis, 67 co. 1, 71 co. 2, 187; DL 16/2012, art. 4 co. 12-quinquies; DPR 42/88, art. 19; L. 413/91, art. 11 co. 5.

    ► DEFINIZIONE

    I soggetti passivi di imposte dirette derivanti da immobili sono i soggetti titolari di redditi fondiari.

    I redditi fondiari sono i redditi inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato iscritti con attribuzione di rendita nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Questi redditi concorrono a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalla percezione.

    I redditi degli immobili sono cumulati con gli altri redditi del possessore e tassati secondo le aliquote previste per tale imposta. Poiché le aliquote IRPEF sono progressive, uno stesso reddito proveniente da immobili può essere tassato, quindi, in misura più o meno elevata a seconda del reddito complessivo nel quale è confluito.

    L’IRPEF sui fabbricati

    Dall’1.1.2012 l’IRPEF e le relative addizionali regionale e comunale non sono dovute sui fabbricati assoggettati all’Imposta municipale propria (IMU), a eccezione degli immobili concessi in locazione.

    ► ALTRI DIRITTI REALI CHE CREANO SOGGETTIVITÀ PASSIVA

    Il reddito derivante dai beni immobili si considera conseguito (e deve quindi essere dichiarato) dal soggetto titolare della piena proprietà (CM 10.6.93 n. 7/1106, risposta 5.11).

    La proprietà è il diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (art. 832 c.c.).

    Il nudo proprietario non è soggetto, in tali casi, ad alcun obbligo dichiarativo.

    Per gli immobili gravati da diritti reali di godimento diversi dalla proprietà, il reddito si considera conseguito (e deve quindi essere dichiarato) non già dal nudo proprietario, bensì dal soggetto titolare, a seconda del caso concreto:

    • del diritto di usufrutto (il soggetto viene denominato usufruttuario);

    • del diritto d’uso;

    • del diritto di abitazione;

    • del diritto di enfiteusi.

    ► DIRITTO DI USUFRUTTO

    L’usufrutto è il diritto di godere della cosa altrui, ritraendone i frutti, con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica (art. 978 ss. c.c.).

    L’usufrutto non ha carattere personale: può, quindi, essere ceduto, a titolo definitivo o per un determinato periodo temporale, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo (art. 980 c.c.).

    L’usufruttuario è tenuto alle spese relative alla custodia, all’amministrazione, alla manutenzione ordinaria della cosa.

    La durata dell’usufrutto non può eccedere:

    • la vita dell’usufruttuario, se riferita a persona fisica, oppure

    • i 30 anni, se riferita a persona giuridica.

    L’usufrutto si costituisce nei seguenti modi:

    • per legge (usufrutto legale artt. 324 - 325 c.c.);

    • per via giudiziale;

    • in caso di divisione dei beni della comunione legale tra coniugi;

    • per contratto;

    • per testamento;

    • per usucapione.

    L’usufrutto si può estinguere:

    • per decesso dell’usufruttuario;

    • per scadenza del termine previsto per la sua durata;

    • per mancato uso o prescrizione;

    • per consolidamento e confusione;

    • per perimento totale del bene;

    • per rinunzia da parte dell’usufruttuario;

    • per sentenza giudiziaria che rilevi abusi particolarmente gravi compiuti dall’usufruttuario nell’esercizio del proprio diritto.

    Attenzione

    La costituzione del diritto di usufrutto comporta lo spostamento della soggettività passiva d’imposta dal “nudo proprietario” all’usufruttuario, per cui sarà quest’ultimo obbligato a dichiarare il reddito e versare la relativa imposta.

    1.Usufrutto sui beni del figlio minore

    Per legge, i genitori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto sui beni del figlio minore.

    Tuttavia, non sono soggetti ad usufrutto legale:

    • i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;

    • i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un’arte o una professione;

    • i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l’usufrutto (tale condizione, tuttavia, non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima);

    • i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell’interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà (se uno solo di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta esclusivamente a questi);

    • le pensioni di reversibilità da chiunque corrisposte.

    I redditi soggetti ad usufrutto legale vanno dichiarati dai genitori unitamente ai redditi propri, mentre quelli sottratti ad usufrutto devono essere dichiarati con un modello separato, intestato al minore, ma compilato dal genitore esercente la potestà (cfr. Istruzioni al Modello 730/2022 e al Modello REDDITI PF 2022).

    2.Profilo fiscale della costituzione del diritto di usufrutto

    Sotto il profilo fiscale, il proprietario di beni immobili che vi costituisca a titolo oneroso il diritto di usufrutto in favore di terzi consegue una plusvalenza ex art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR (in tal senso, cfr. RM 12.1.93 n. 77/20), ovvero un reddito diverso.

    Qualora il proprietario agisca nell’esercizio di un’impresa commerciale, si configura una plusvalenza imponibile che concorre a formare il reddito d’impresa.

    3.Cessione del diritto d’usufrutto

    La cessione del diritto di usufrutto costituisce reddito:

    • se la cessione avviene da parte dell’usufruttuario (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR);

    • se la cessione/costituzione dell’usufrutto avviene da parte del pieno proprietario (art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR). In tal caso, il reddito conseguito risulta pari alla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla sua produzione (art. 71 co. 2 del TUIR), senza possibilità di ricorrere alla tassazione separata.

    Chiarimenti in merito si rinvengono nella RM 12.1.93 n. 77/020 e nella circ. Agenzia delle Entrate 6.11.2002 n. 81 (§ 2.1).

    L’impostazione riferita, accreditata dalla prassi ministeriale, non valorizza adeguatamente il fatto che l’art. 67 co. 1 lett. h) sembra possedere natura di norma di chiusura, adottata in un’ottica antielusiva.

    La parificazione da essa instaurata, ai fini della quantificazione del reddito imponibile, tra la concessione in usufrutto e la sublocazione (fattispecie in precedenza non tassata), lascia intendere che con la locuzione “concessione in usufrutto” il legislatore volesse in realtà riferirsi alla cessione pro tempore del diritto di usufrutto, (ammessa sul piano civilistico dall’art. 980 c.c.), essendo d’altronde di già tassata, a norma dell’art. 67 (allora, l’art. 81) co. 1 lett. b) e 9 co. 5 del TUIR, la costituzione e la cessione del diritto di usufrutto per l’intera residua sua durata.

    In tale prospettiva, la stessa RM 12.1.93 n. 77/20 appare contraddittoria, laddove richiama a fondamento della propria tesi l’art. 9 co. 5 del TUIR, che sancisce appunto l’equipollenza degli atti che costituiscono diritti reali immobiliari rispetto a quelli che ne determinano il trasferimento, legittimando per conseguenza l’imponibilità della costituzione dell’usufrutto e della sua cessione a norma dell’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR.

    In tale diversa prospettiva ermeneutica, che diverge da quella oggi accreditata dalla prassi, la cessione a titolo oneroso del diritto d’usufrutto su beni immobili operata dall’usufruttuario:

    • se disposta a titolo definitivo, per l’intera durata residua del diritto, genererebbe una plusvalenza immobiliare (art. 67 co. 1 lett. a) e b) del TUIR);

    • se disposta a titolo temporaneo (art. 980 c.c.), per un determinato lasso temporale che si esaurisce anteriormente alla scadenza del diritto (concessione in usufrutto), configurerebbe reddito ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR. La fattispecie non deve essere confusa con la semplice concessione in locazione dell’immobile operata dall’usufruttuario, ipotesi che configura in capo a quest’ultimo il conseguimento di un reddito fondiario (art. 37 co. 4-bis del TUIR).

    Qualora l’usufruttuario agisca nell’esercizio di un’impresa commerciale, in applicazione del principio contenuto nell’art. 9 co. 5 del TUIR, la cessione del diritto di usufrutto configura una plusvalenza imponibile, se oggetto della cessione è un immobile patrimoniale ex art. 90 TUIR o un immobile strumentale, oppure un ricavo, nel caso in cui materia di compravendita sia un bene merce al cui scambio è diretta l’attività d’impresa.

    La concessione temporanea del diritto di usufrutto, invece, genera componenti positivi di reddito che andranno contrapposti per competenza al costo (ad utilità pluriennale) sostenuto per l’acquisto del diritto.

    4.Valore del diritto d’usufrutto

    Per quantificare, ai fini delle imposte dirette, il valore da attribuire al diritto di usufrutto, è necessario fare riferimento ai criteri utilizzati per la determinazione dell’imposta di registro, ovvero all’applicazione dei coefficienti di cui al DPR 131/1986, come modificati dal DM 21.12.2021.

    ► DIRITTO D’USO

    L’uso è un diritto reale di godimento che consiste nel servirsi di un bene e, se quest’ultimo è fruttifero, di raccoglierne i frutti, limitatamente ai bisogni del soggetto che ne ha la titolarità e della sua famiglia (art. 1021 ss. c.c.).

    Il diritto d’uso non può essere ceduto e neppure dato in locazione, ma si estingue con la morte del suo titolare.

    Il titolare del diritto è tenuto alle riparazioni ordinarie nella misura percentuale di sfruttamento del bene a lui imputabile.

    Il diritto d’uso può essere acquisito per usucapione.

    Cessione del diritto d’uso

    La cessione del diritto d’uso, ancorché civilisticamente vietata (art. 1024 c.c.), è stata ammessa da un orientamento giurisprudenziale il quale ritiene che proprietario ed usuario possano convenire contrattualmente a una deroga del divieto civilistico (Cass. 6.7.84 n. 3974 e Cass. 31.7.89 n. 3565).

    Sotto il profilo fiscale, la cessione del diritto d’uso, qualora anche ammessa, non dovrebbe essere soggetta a imposizione, in quanto non risulta espressamente disciplinata. In alternativa (soluzione prudenziale), potrebbe configurarsene l’assoggettamento a imposizione come plusvalenza immobiliare (art. 67 co. 1 lett. a) e b) del TUIR), ovvero, al più, come reddito da assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR).

    Sulla questione, ad oggi, non constano tuttavia chiarimenti ufficiali.

    Se la cessione del diritto avviene nell’esercizio di un’impresa commerciale, in sede di determinazione del reddito d’impresa, il corrispettivo della cessione del diritto d’uso, così come avviene per quello della cessione del diritto di superficie, dovrebbe essere imputato quale componente positivo di reddito all’esercizio in cui si verifica il trasferimento del diritto stesso, e non ripartito in base alla durata del diritto. Parallelamente, i costi sostenuti per la realizzazione delle costruzioni delle quali viene ceduto il diritto dovrebbero essere immediatamente computabili ai fini della determinazione della plusvalenza/minusvalenza, e non dovrebbero essere ammortizzati (ris. Agenzia delle Entrate 7.8.2002 n. 272).

    ► DIRITTO DI ABITAZIONE

    Il diritto di abitazione è il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni del titolare del diritto stesso e di quelli della sua famiglia (art. 1022 ss. c.c.). L’oggetto del diritto consiste esclusivamente in una casa di abitazione e nelle sue pertinenze e non anche in locali commerciali o destinati ad attività produttive.

    Il diritto di abitazione non può essere ceduto, né la casa che ne è oggetto può essere data in locazione da colui che vi abita.

    Il titolare del diritto è tenuto al pagamento delle spese di manutenzione ordinaria.

    Cessione del diritto di abitazione

    La cessione del diritto di abitazione è civilisticamente vietata (art. 1024 c.c.).

    Tuttavia, qualora anche fosse ritenuta ammissibile (al riguardo, valgono le considerazioni già formulate rispetto alla cessione del diritto d’uso), sotto il profilo fiscale, non dovrebbe essere soggetta a imposizione diretta, in quanto non risulta espressamente contemplata dalla disciplina del TUIR. In alternativa (soluzione prudenziale), potrebbe tuttavia configurarsene l’assoggettamento a imposizione come plusvalenza immobiliare (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR), ovvero, al più, come reddito da assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR).

    Assegnazione della casa coniugale al coniuge

    Ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale propria, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione (art. 4 co. 12-quinquies del DL 16/2012). Pertanto, soggetto passivo IMU viene a essere in ogni caso il coniuge assegnatario, ancorché non titolare, neppure pro quota, del diritto di proprietà o di altro diritto reale sull’immobile (C.T.R. Bologna 10.1.2020 n. 88/11).

    Ai sensi di quanto statuito dal co. 741 lett. c) n. 4 dell’art. 1 della L. 160/2019, dal 1° gennaio 2020 è considerata abitazione principale “casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’IMU, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso”.

    Ne consegue che, in linea con quanto affermato dalla legge di Bilancio 2020 e dalla circ. 18 marzo 2020 n. 1/DF del MEF, il diritto reale di abitazione si costituisce soltanto ai fini dell’IMU e soltanto in capo al genitore affidatario dei figli, mentre, in assenza di affidamento dei figli minorenni, non viene a costituirsi alcun diritto reale e il soggetto passivo d’imposta risulta il titolare del bene, decadendo il beneficio esentivo IMU.

    ► DIRITTO DI ENFITEUSI

    L’enfiteusi è il diritto di godimento in favore del concessionario (enfiteuta) su un fondo che rimane di proprietà del concedente (art. 957 ss. c.c.).

    L’enfiteusi attribuisce all’enfiteuta lo stesso potere di godimento che spetta al proprietario concedente, salvo l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al proprietario un canone periodico.

    L’enfiteuta può anche mutare la destinazione del fondo, purché non lo deteriori; è tuttavia valido il patto che vieta le innovazioni.

    L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo; in ogni caso, non può essere inferiore a 20 anni.

    L’enfiteuta non può a sua volta concedere il fondo in enfiteusi.

    Cause di estinzione dell’enfiteusi

    Oltre alla prescrizione, alla consolidazione e alla scadenza del temine, anche l’affrancazione (diritto potestativo spettante all’enfiteuta di acquistare la proprietà del fondo mediante il pagamento di una somma di denaro pari a quindici volte il canone enfiteutico) e la devoluzione (ai sensi dell’art. 972 c.c., diritto spettante al concedente di liberare il fondo dall’enfiteusi allorché l’enfiteuta non adempia all’obbligo di migliorare il fondo, o sia in mora nel pagamento di almeno 2 anni di canone) sono cause di estinzione dell’enfiteusi.

    I diritti che creano soggettività passiva

    ► CASI PARTICOLARI

    In riferimento alla soggettività passiva alle imposte sui redditi, vengono passate in rassegna le ipotesi di casi particolari.

    Attenzione

    Non devono presentare la dichiarazione dei redditi i soggetti persone fisiche non obbligati alla tenuta di scritture contabili che, oltre a eventuali redditi esenti e redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, possiedano esclusivamente (art. 1 co. 4 del DPR 29.9.73 n. 600):

    • l’abitazione principale ed eventuali pertinenze, in quanto il reddito è interamente assorbito dalla deduzione dal reddito complessivo di cui all’art. 10 co. 3-bis del TUIR, ovvero

    • terreni e fabbricati, ivi inclusa l’abitazione principale ed eventuali pertinenze di quest’ultima, i cui redditi fondiari non eccedano l’importo di euro 500,00 (art. 11 co. 2-bis del TUIR).

    1.Immobili locati o concessi in comodato

    Il locatario (conduttore) e il comodatario, non vantando sull’immobile alcun diritto reale ma solamente un diritto personale, non sono tenuti a dichiarare i redditi relativi ai beni immobili locati o utilizzati in comodato (CM 8.10.76 n. 31/250873 e RM 7.6.80 n. 7/441).

    Per essi, il soggetto che consegue i redditi fondiari ed è tenuto a dichiararli è il locatore o comodante, vale a dire il proprietario, ovvero l’usufruttuario, ecc.

    Anche nel caso in cui il comodatario di un fabbricato stipuli, in veste di locatore, un contratto di sublocazione, dal punto di vista fiscale non viene a determinarsi un mutamento nella titolarità del reddito fondiario, rimanendo quest’ultimo imputato al titolare del diritto reale (es. proprietario, usufruttuario), che ha concesso l’immobile in comodato, cui fa capo anche l’obbligo di dichiarare il reddito del fabbricato nel quadro RB del modello REDDITI o 730 (ris. Agenzia delle Entrate 14.10.2008 n. 381 e 22.10.2008 n. 394).

    Nell’eventualità di sublocazione, si pensi al caso delle locazioni brevi ex art. 4 del DL 24.4.2017 n. 50, il sublocatore dovrà dichiarare il reddito percepito, nel quadro RL del Modello REDDITI PF.

    2.Immobili in comunione legale

    In caso di regime patrimoniale di comunione dei beni, i redditi fondiari degli immobili acquistati dopo il matrimonio concorrono a formare il reddito complessivo di ciascun coniuge in misura pari al 50% del loro ammontare, salvo diversa pattuizione ai sensi dell’art. 210 c.c., a nulla rilevando una diversa intestazione dei beni stessi (es. intestazione dell’immobile ad uno solo dei coniugi).

    L’annullamento del matrimonio da parte dell’autorità ecclesiastica non vanifica gli effetti del regime di comunione, obbligando i coniugi alla divisione in parti uguali dell’attivo e del passivo (Cass. 24.7.2003 n. 11467).

    Esclusione di beni acquistati da un coniuge dal regime della comunione legale

    L’acquisto di beni immobili o mobili effettuato dopo il matrimonio non rientra nella comunione se l’esclusione risulta dall’atto di acquisto, nel caso in cui allo stesso abbia preso parte anche l’altro coniuge, e a condizione che si tratti di uno tra i seguenti beni (art. 179 co. 2 c.c.):

    • beni destinati all’uso strettamente personale del coniuge;

    • beni destinati all’esercizio della professione del coniuge;

    • beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali di un coniuge o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

    È insorto un contrasto giurisprudenziale sulla natura e sugli effetti della dichiarazione resa dal coniuge in sede di acquisto di un immobile, al fine di escludere detto bene dalla comunione legale tra coniugi (Cass. SS.UU. sent. 28.10.2009 n. 22755).

    Secondo le Sezioni unite della Corte di Cassazione, l’intervento adesivo del coniuge non acquirente al momento del rogito non è di per sé sufficiente a escludere dalla comunione il bene che non sia effettivamente personale. La partecipazione all’atto costituisce uno dei presupposti di tale effetto limitativo, ma resta fermo che la dichiarazione resa circa la natura personale del bene deve coincidere con l’effettiva destinazione dello stesso. Se tale natura è dichiarata solo in ragione del futuro utilizzo che si intende attribuire al bene, è l’effettività di tale destinazione a determinarne l’esclusione dalla comunione, non essendo sufficiente la condivisa dichiarazione di intenti dei coniugi sulla futura destinazione.

    L’inesistenza del presupposto (natura personale del bene) può formare oggetto di una successiva azione di accertamento, fermo restando che, salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale, il sopravvenuto accertamento della comunione non è opponibile al terzo acquirente in buona fede del bene.

    Comunione familiare avente personalità giuridica

    La comunione familiare tra i discendenti e gli eredi degli antichi titolari di fondi di proprietà collettiva indivisa, che abbia ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica in base a legge regionale, è soggetta a IRES, non essendo qualificabile tra gli enti di natura pubblicistica (e in particolare, tra gli enti gestori di demanio collettivo) esclusi dall’applicazione dell’IRES ai sensi dell’art. 74 co. 1 del TUIR (ris. Agenzia delle Entrate 7.7.2010 n. 69).

    In merito alle attività svolte dall’ente, viene precisato che:

    • in caso di affitto di terreni ad uso agricolo, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo dell’affittuario (art. 33 del TUIR), mentre il reddito dominicale viene attribuito al possessore (art. 26 del TUIR);

    • ove i terreni vengano affittati per uso non agricolo, il reddito percepito è qualificabile quale reddito d’impresa nel caso in cui sussista il requisito della commercialità, mentre in caso contrario è considerato reddito diverso (art. 67 co. 1 lett. e) del TUIR);

    • per quanto riguarda l’attività di locazione di fabbricati, i canoni percepiti daranno luogo alla produzione di reddito fondiario o di reddito d’impresa, a seconda che l’attività assuma o meno il carattere della commercialità.

    3.Immobili oggetto di un Fondo patrimoniale

    I redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale di cui all’art. 167 c.c. sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei due coniugi (art. 4 co. 1 lett. b) del TUIR).

    Attenzione

    Il criterio di imputazione dei redditi statuito dall’art. 4 co. 1 lett. b) del TUIR prescinde dalla circostanza che ciascun coniuge sia titolare o meno di un diritto reale sul bene del fondo patrimoniale che genera il reddito e dalla misura cui spetta detto diritto. Si tratta quindi di una deroga, definita ex lege, alle regole ordinarie di imputazione dei redditi (circ. Agenzia delle Entrate 4.6.2012 n. 20, § 7).

    Tale presunzione è assoluta, e vale anche nel caso in cui la titolarità dei beni sia ripartita per quote differenziate tra i coniugi, oppure i beni appartengano a un terzo.

    In caso di cessazione del fondo e in presenza di figli minori, i redditi da esso derivanti sono imputati per l’intero ammontare al coniuge superstite o al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l’amministrazione del fondo (art. 4 co. 1 lett. b) del TUIR).

    In caso di stipula dell’atto di costituzione di un fondo da parte di un terzo, i redditi sono imputati al terzo sino al momento dell’accettazione da parte dei coniugi.

    4.Immobili gravati da diritto di abitazione a seguito di decesso del coniuge

    In caso di morte di uno dei coniugi, ai sensi dell’art. 540 co. 2 c.c., al coniuge superstite spetta il diritto di abitazione sulla residenza principale e sulle sue pertinenze in virtù degli artt. 818 e 983 c.c. (Cass. 4088/2012) (Istruzioni al Modello 730/2022 e al Modello REDDITI 2022 PF).

    Pertanto, l’obbligo dichiarativo del reddito dell’abitazione ricade interamente su quest’ultimo, il quale può fruire per intero della deduzione per l’abitazione principale.

    5.Immobili oggetto di intestazione fiduciaria

    In caso di intestazione fiduciaria, il reddito fondiario è sempre riferito al fiduciante, cui fa capo l’obbligo dichiarativo (parere DRE Emilia-Romagna 13.3.2003 n. 909-4280).

    6.Immobili sottoposti a sequestro cautelare

    I redditi derivanti dall’amministrazione di beni sequestrati e gestiti da un amministratore giudiziario sono determinati sulla base delle varie categorie reddituali e assoggettati a imposizione in base ai criteri ordinari.

    Ai fini dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta e del soggetto tenuto agli adempimenti fiscali, tali beni sono assimilati all’eredità giacente di cui all’art. 187 del TUIR e all’art. 19 del DPR 42/88 (CM 7.8.2000 n. 156/E).

    7.Alloggi delle cooperative a proprietà divisa

    Per l’alloggio che la cooperativa edilizia a proprietà divisa abbia assegnato in godimento al socio con apposito verbale di assegnazione, il soggetto tenuto a dichiarare il reddito fondiario (reddito di fabbricati) è quest’ultimo, ancorché non sia ancora stato stipulato l’atto di assegnazione in proprietà e, ancor prima, anche qualora l’assegnatario dell’alloggio non risulti ancora titolare di mutuo individuale (cfr. istruzioni al Modello REDDITI PF 2022 quadro RB).

    8.Alloggi degli IACP (oggi ATER)

    Analogamente, per l’alloggio dello IACP (oggi ATER) o analogo Ente che può essere riscattato o per il quale sia previsto un patto di futura vendita, il soggetto tenuto a dichiarare il reddito fondiario (reddito di fabbricati) è il rispettivo assegnatario (cfr. istruzioni al Modello REDDITI PF 2022 quadro RB).

    9.Immobili situati in Italia e di proprietà di non residenti

    Ove i soggetti non residenti possiedano (a titolo di proprietà o altro diritto reale) immobili situati nel territorio dello Stato, i redditi ritraibili da tali beni risulteranno soggetti a imposizione in Italia, salvo che le disposizioni convenzionali non prevedano diversamente.

    In merito, si osserva che gli artt. 6 e 13 del modello OCSE stabiliscono come la circostanza che gli immobili siano tassati nello Stato in cui sono situati non esclude che il loro reddito concorra comunque a formare il reddito complessivo del loro proprietario nello Stato in cui è residente quest’ultimo.

    In particolare, l’art. 23 del TUIR prevede espressamente una serie di criteri eterogenei per identificare quali redditi possano reputarsi prodotti nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti.

    In merito, si osserva che gli artt. 6 e 13 del modello OCSE stabiliscono come la circostanza che gli immobili siano tassati nello Stato in cui sono situati non esclude che il loro reddito concorra comunque a formare il reddito complessivo del loro proprietario nello Stato in cui è residente quest’ultimo.

    In particolare, l’art. 23 del TUIR prevede espressamente una serie di criteri eterogenei per identificare quali redditi possano reputarsi prodotti nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti.

    Si evidenzia che le proprietà immobiliari, come previsto dal paragrafo 1 dell’art. 22 Conv. OCSE, possono essere assoggettate a imposte patrimoniali oltre che nel Paese di residenza del possessore delle stesse anche nello Stato in cui sono situati gli immobili. In assenza di elementi da parte delle Convenzioni per evitare eventuali doppi prelievi, frequenti in ambito immobiliare, non resta che guardare alle disposizioni previste dalla disciplina nazionale, le quali presentano però criticità con riferimento al credito sulle imposte patrimoniali assolte all’estero. L’impianto normativo previsto dal DL 201/2011 sancisce la possibilità di detrarre dall’IVIE (imposta sul valore immobili situati all’estero) dovuta in Italia, fino a concorrenza di ciascun ammontare, un credito d’imposta ex art. 165 TUIR pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale estera versata (a titolo definitivo) nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui sono detenuti gli investimenti esteri.

    Il credito d’imposta non può, in ogni caso, superare l’imposta dovuta in Italia.

    Verifica dell’esistenza di una stabile organizzazione

    Il possesso di immobili in Italia da parte di soggetti esteri non configura di per sé l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia. La Corte di Cassazione, con sentenza 27.11.87 n. 8815, ne ha infatti escluso la ricorrenza quando il possesso dell’immobile si esaurisce nella mera gestione dello stesso.

    L’acquisto di un immobile nel territorio nazionale può configurare una stabile organizzazione solo se viene istituita un’autonoma e funzionale struttura nazionale, ulteriore rispetto alla società estera (RM 13.12.89 n. 460196).

    L’individuazione della stabile organizzazione assume una notevole rilevanza, in quanto l’immobile posseduto in Italia da un soggetto non residente concorre a formare il reddito di quest’ultimo:

    • partecipando alla formazione del reddito d’impresa, se configura (o è parte di) una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente;

    • generando redditi fondiari e redditi diversi, se non configura (e neppure è parte di) una stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente.

    10.Immobili oggetto di un trust

    In caso di immobili oggetto di un trust, il reddito fondiario è attribuito al trust oppure ai beneficiari, a seconda che essi siano o meno individuati nell’atto costitutivo.

    L’attribuzione della soggettività passiva, ai fini IRES, al trust, quale soggetto assimilato (a seconda dei casi) agli enti commerciali, agli enti non commerciali o agli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato, è stata disposta dall’art. 1 co. 74 della L. 296/2006, attraverso la modifica dell’art. 73 del TUIR. In particolare, l’art. 73 co. 2 del TUIR individua, ai fini della tassazione, due tipologie di trust (circ. Agenzia delle Entrate 6.8.2007 n. 48):

    • trust con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari (c.d. “trust trasparenti”);

    • trust senza beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (c.d. “trust opachi”).

    Attenzione

    È stato qualificato come trust opaco, in quanto trust di scopo (privo di beneficiario), il trust “costituito a favore di un soggetto disabile incapace di intendere e di volere, per assicurarne ‘l’assistenza necessaria vita natural durante’, in modo che ‘in nessun caso dovrà trascorrere la propria vita in Istituti di Assistenza per invalidi’”. L’Agenzia ritiene che, in tal caso, il soggetto disabile non possa essere qualificato beneficiario dei beni del trust in questione, “quanto piuttosto dell’assistenza in cui risiede lo scopo della costituzione del trust” (ris. Agenzia delle Entrate n. 278 del 4.10.2007).

    È comunque possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente (c.d. “trust misto”). Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l’atto costitutivo preveda che parte del reddito sia accantonata a capitale e parte sia attribuita ai beneficiari. In tal caso, il reddito accantonato sarà tassato direttamente in capo al trust, mentre il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, concorrerà alla formazione dell’imponibile di questi ultimi (ris. Agenzia delle Entrate 7.3.2008 n. 81).

    Si rileva, inoltre, che sia nel caso di trust trasparente che nel caso di trust opaco, il trustee (gestore) deve (circ. Agenzia delle Entrate 48/2007):

    • in primo luogo, determinare il reddito del trust;

    • in secondo luogo, indicare la parte di tale reddito:

      • attribuita al trust, sulla quale assolverà l’IRES;

      • eventualmente spettante a beneficiari individuati, sulla quale questi ultimi assolveranno le imposte sul reddito (e quindi, a seconda del loro profilo soggettivo, l’IRPEF o l’IRES).

    Attenzione

    Vi è, inoltre, una presunzione di residenza in Italia dei trust istituiti in Stati che non consentono lo scambio di informazioni ai fini fiscali quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che comporti il trasferimento della proprietà di immobili o di diritti reali immobiliari, nonché vincoli di destinazione sugli stessi (art. 73 co. 3 del TUIR).

    Trust opaco

    La soggettività passiva autonoma del trust - assunta quale regola generale dal “nuovo” art. 73 co. 1 del TUIR - comporta l’adozione, per la determinazione del reddito dei trusts residenti, delle norme previste per gli enti commerciali o degli enti non commerciali, a seconda dell’attività concretamente esercitata.

    Come ricordato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 48/2007, inoltre, i trusts opachi:

    • residenti in Italia sono tassati in relazione a tutti i redditi da essi (ovunque) prodotti, secondo il principio del world wide income;

    • non residenti sono tassati in relazione ai soli redditi prodotti in Italia.

    Trust trasparente

    Nel caso in cui i beneficiari del trust siano individuati, “i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali” (art. 73 co. 2 del TUIR).

    Il presupposto di applicazione dell’imposta è il possesso di redditi in capo al “beneficiario individuato”. Ciò significa, dunque, che è necessario che “il beneficiario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza” (circ. Agenzia delle Entrate 48/2007 (§ 4)).

    Attenzione

    In tal senso si è anche espressa la ris. Agenzia delle Entrate 5.11.2008 n. 425. Il discrimine tra tassazione in capo al trust e tassazione in capo ai beneficiari non dipende dal fatto che i beneficiari percepiscano i redditi durante la vita del trust, ma dalla mera circostanza di essere individuati come tali dall’atto istitutivo (si vedano anche i pareri DRE Liguria 24.7.2003 n. 19972 e 13.9.2004 n. 903-104).

    Per quanto riguarda la ripartizione tra i beneficiari dei redditi conseguiti dal trust, l’art. 73 co. 2 del TUIR prevede che venga effettuata in base alla quota di partecipazione al trust individuata:

    • nell’atto di costituzione;

    • o in altri documenti successivi.

    Qualora i beneficiari siano individuati, ma si ometta l’indicazione della “quota di partecipazione”, l’imputazione dei redditi è effettuata in parti uguali tra tutti i beneficiari.

    Redditi imputati al beneficiario

    I redditi imputati al beneficiario di trust, anche se non residente, costituiscono redditi di capitale (art. 44 co. 1 lett. g-sexies) del TUIR).

    Tale assunto vale anche per i redditi prodotti all’estero da parte del trust.

    La classificazione come redditi di capitale opera per i redditi imputati da trust trasparenti sia residenti che non residenti in Italia (circ. 27.12.2010 n. 61).Da tale qualificazione forzata dei redditi in capo al beneficiario (posto che essa opera indipendentemente dalla categoria reddituale di origine) consegue che, per quanto riguarda la determinazione del reddito, opera, in mancanza di un criterio espresso, la regola generale prevista dall’art. 45 del TUIR, ai sensi della quale i redditi di capitale sono determinati in base all’ammontare percepito nel periodo d’imposta, senza deduzione alcuna (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 27.12.2010 n. 61).

    Attenzione

    Inoltre, i redditi corrisposti a beneficiari non residenti da trust residenti subiscono comunque tassazione in Italia posto che essi sono “prodotti in Italia” ai sensi dell’art. 23 co. 1 lett. b) del TUIR. Tale lettera, infatti, consente di qualificare come prodotti in Italia i redditi di capitale “corrisposti da soggetti residenti nel territorio dello Stato” (circ. 48/2007 dell’Agenzia delle Entrate).

    Attenzione

    Va segnalato che a seguito dell’emanazione del DL n. 124/2019 e della modifica dell’art. 44 del TUIR, il Legislatore ha stabilito che siano da classificare come redditi di capitale sia quelli imputati a beneficiari residenti in Italia da trust trasparenti residenti e esteri che i redditi corrisposti a residenti italiani da trust opachi stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’art. 47-bis del TUIR.

    Trust meramente interposti

    I trust considerati “meramente interposti” non sono soggetti d’imposta.

    In sostanza, non possono essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni.

    Si evidenzia in merito la risposta data dall’Agenzia delle entrate all’interpello n. 381/2019 nella quale si precisa che un trust è considerato fiscalmente rilevante nell’ordinamento italiano solo se il potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui affidati dal disponente è effettivo. Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti.

    Attenzione

    Secondo l’Amministrazione finanziaria, si tratta dei trust in cui (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 27.12.2010 n. 61 e 10.10.2009 n. 43):

    • il disponente o il beneficiario possono far cessare liberamente il trust in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;

    • il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento sé stesso come beneficiario;

    • il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee;

    • il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato;

    • il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari;

    • il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati;

    • si configuri ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.

    ► IMPATTO SUL REDDITO COMPLESSIVO

    Nei confronti delle persone fisiche, l’IRPEF viene determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri di cui all’art. 10 del TUIR, le aliquote crescenti per scaglioni d’imposta(si rammenta che la L. 30.12.2021 n. 234 ha modificato, a partire dall’1.1.2022, suddette aliquote).

    Il reddito complessivo si ottiene come sommatoria dei redditi appartenenti alle categorie reddituali di cui all’art. 6 del TUIR (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa, redditi diversi).

    Determinata l’imposta lorda, si scomputano quindi le spese ammesse in detrazione, giungendo all’individuazione dell’imposta netta. Da quest’ultima sono poi scomputati gli eventuali crediti d’imposta.

    Il reddito generato dai beni immobili non relativi ad imprese commerciali può essere, a seconda dei casi:

    • stimato (c.d. reddito “figurativo”). Tale ipotesi ricorre:

      • in relazione al reddito dominicale ed al reddito agrario, per i terreni;

      • in relazione alla rendita catastale, per i fabbricati;

    • effettivo. Tale ipotesi ricorre, ad esempio, in relazione al canone di locazione.

    In concreto, per individuare la tipologia di reddito generato dall’immobile (figurativo o effettivo), occorre esaminare:

    • la qualificazione del proprietario;

    • l’utilizzo che viene fatto dell’immobile.

    Nella sua componente di derivazione immobiliare, il reddito delle persone fisiche è determinato in base alle norme previste per i redditi fondiari dal Capo II del TUIR (artt. 25 - 43) e per i redditi diversi dal successivo Capo VII (artt. 67 - 71).

    Le varie fattispecie di redditi fondiari e redditi diversi generati dai beni immobili posseduti dalle persone fisiche che allo stesso tempo non risultino:

    • né relativi ad imprese commerciali (art. 65 del TUIR);

    • né utilizzati per l’esercizio di un’arte o professione (art. 50 del TUIR),

    vengono riassunte nel prospetto che segue.

    SOGGETTI NON IMPRENDITORI
    Descrizione Categoria reddituale Determinazione
    Fabbricati locati(art. 37 co. 4-bis del TUIR) Redditi fondiari Maggiore tra canone ridotto del 5% e rendita catastale (1)
    Fabbricati non locati (art. 37 co. 1 del TUIR) Redditi fondiari Rendita catastale (2)

    SOGGETTI NON IMPRENDITORI
    Descrizione Categoria reddituale Determinazione
    Fabbricati soggetti a vincolo exDLgs. 42/2004 locati (art. 37 co. 4-bis del TUIR) Redditi fondiari Maggiore tra canone ridotto del 35% e rendita catastale ridotta del 50% (3)
    Fabbricati abitativi locati con contratti concordati (“3+2”, transitori per lavoro o per studenti universitari) Redditi fondiari Maggiore tra canone ridotto del 5% e rendita catastale. Tale reddito è ridotto del 30%
    Terreni utilizzati dal possessore o dall’affittuario per l’esercizio di attività agricole Redditi fondiari Reddito agrario (4)
    Terreni:non locati;locati per usi agricoli (art. 27 del TUIR) Redditi fondiari Reddito dominicale (5)
    Terreni:produttivi di redditi di natura fondiaria nondeterminabili catastalmente (art. 67 co. 1 lett. e) del TUIR);locati per usi non agricoli (art. 67 co. 1 lett. e) del TUIR) Redditi diversi Ammontare percepito nel periodo d’imposta
    Immobili concessi temporaneamente in usufrutto (art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR) Redditi diversi Differenza tra ammontare percepito nel periodo d’imposta e spese inerenti
    Immobili sublocati (art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR) Redditi diversi Differenza tra ammontare percepito nel periodo d’imposta e spese inerenti
    Immobili situati all’estero (art. 67 co. 1 lett. f) del TUIR) Redditi diversi Reddito rilevante nello Stato estero (se ivi imponibile) ovvero ammontare percepito ridotto del 15% (reddito ivi non imponibile)
    Plusvalenze a seguito di lottizzazione o di realizzazione di opere intese a rendere edificabili i terreni (art. 67 co. 1 lett. a) del TUIR) Redditi diversi PLUSVALENZA = corrispettivi percepiti - (INVIM + costo acquisto + altri costi inerenti al bene)
    Plusvalenze da cessione di immobili entro i 5 anni dall’acquisto o costruzione (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) Redditi diversi PLUSVALENZA = corrispettivi percepiti - (INVIM + costo acquisto o costruzione + altri costi inerenti)
    Plusvalenze da cessione di terreni edificabili (art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) Redditi diversi PLUSVALENZA = corrispettivi percepiti - (prezzo d’acquisto e costi inerenti rivalutati entrambi per l’indice ISTAT + INVIM)per terreni acquistati a titolo oneroso;PLUSVALENZA = corrispettivi percepiti - (dichiarato dell’atto di donazione o valore accertato e costi inerenti rivalutati entrambi per l’indice ISTAT + INVIM) per terreni acquistati per donazione

    SOGGETTI NON IMPRENDITORI
    Descrizione Categoria reddituale Determinazione
    Plusvalenze da espropriazione (art. 11 co. 5 della L. 30.12.91 n. 413 e art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR) Redditi diversi PLUSVALENZA = indennità o somme percepite - (prezzo d’acquisto e costi inerenti rivalutati entrambi per l’indice ISTAT + INVIM) per terreni acquistati a titolo oneroso; PLUSVALENZA = indennità o somme percepite - (dichiarato dell’atto di donazione o valore accertato e costi inerenti rivalutati entrambi per l’indice ISTAT + INVIM) per terreni acquistati per donazione
    (1) Ai fini delle imposte sui redditi, la rendita dei fabbricati risultante in Catasto deve essere rivalutata del 5%. La riduzione forfetaria concessa ai fini delle imposte dirette è pari al 5% del canone stesso (25% per i fabbricati siti in Venezia o nelle isole di Murano, Burano e della Giudecca). Per i fabbricati abitativi locati in base a contratti “concordati”, il reddito rileva soltanto per il 70% del suo ammontare. In relazione a tali redditi, resta salva, ricorrendone i presupposti, la facoltà di optare per il regime di imposizione sostitutiva di cui all’art. 3 del DLgs. 23/2011 (cedolare secca).
    (2) Ai fini delle imposte sui redditi, la rendita dei fabbricati risultante in Catasto deve essere rivalutata del 5%. Per i fabbricati abitativi non locati e tenuti a disposizione, occorre verificare l’applicabilità della maggiorazione di un terzo della rendita catastale prevista dall’art. 41 del TUIR. Dal periodo d’imposta 2012, l’IRPEF e le relative addizionali sui redditi fondiari degli immobili non locati sono sostituite dall’IMU.
    (3) L’assunzione, quale termine di confronto, del 50% della rendita catastale, previamente rivalutata del 5%, si desume dalla ris. Agenzia delle Entrate 31.12.2012 n. 114.
    (4) Ai fini delle imposte sui redditi, i redditi agrari risultanti in Catasto devono essere rivalutati del 70%, nonché, nel triennio 2013-2015, di un ulteriore 15% (ovvero 5%, per i terreni agricoli, ancorché non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e IAP iscritti alla previdenza agricola).
    (5) Ai fini delle imposte sui redditi, i redditi dominicali risultanti in Catasto sono rivalutati dell’80%, nonché, nel triennio 2013-2015, di un ulteriore 15% (ovvero 5%, per i terreni agricoli, ancorché non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e IAP iscritti alla previdenza agricola). Dal periodo d’imposta 2012, l’IRPEF e le relative addizionali sui redditi fondiari degli immobili non locati sono sostituite dall’IMU.

    Fine capitolo
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