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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Angelo Busani

    Editore:

    IPSOA

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    IMMOBILI 2022

    9. FISCALITÀ URBANISTICA

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    INQUADRAMENTO GENERALE ► La legislazione in materia di fiscalità immobiliare richiama le nozioni di diritto urbanistico.
    Rilevano anche gli strumenti di disciplina edilizia che regolano lo svolgimento dell’attività edilizia, come il regolamento Edilizio comunale.
    URBANISTICA ► L’urbanistica come scienza di programmazione del territorio garantisce che i conglomerati urbani e gli spazi circostanti si sviluppino in equilibrio.
    Espressione dell’urbanistica sono i piani, la cui disciplina normativa è data dal diritto urbanistico.
    DIRITTO URBANISTICO ► Il diritto urbanistico si sostanzia nelle norme che disciplinano la pia-nificazione del territorio e regolano le attività di uso e trasformazione del territorio.
    Il diritto urbanistico è una materia a legislazione concorrente tra Stato e Regioni:
    - le Regioni hanno potestà legislativa;
    - alla legge statale è riservata la definizione dei principi fondamentali.
    PIANI URBANISTICI ► L’attività edilizia può svolgersi solo negli ambiti territoriali individuati e delimitati dai piani urbanistici. I piani urbanistici si dividono in:
    - piani territoriali di coordinamento;
    - piani urbanistici generali o piani regolatori generali (PRG);
    - piani attuativi dei PRG che riguardano per lo più territorio sub comunale o di zona.
    I piani urbanistici sono concretamente attuati con lo svolgimento dell’attività edilizia.
    ATTIVITÀ EDILIZIE E TIPOLOGIE DI INTERVENTI ► Le tipologie di intervento edilizio sono:
    - manutenzione ordinaria;
    - manutenzione straordinaria;
    - restauro e risanamento conservativo;
    - ristrutturazione edilizia;
    - nuova costruzione ossia interventi di trasformazione edilizia e urbanistica che non siano manutenzione, restauro/risanamento conservativo e/o ristrutturazione edilizia;
    - ristrutturazione urbanistica.
    Le attività edilizie possono essere soggette o meno a determinate forme di autorizzazione.
    RIFERIMENTI ► DL 70/2011; DPR 380/2001; L. 179/92.

    ► INQUADRAMENTO GENERALE

    La legislazione vigente in materia di fiscalità immobiliare si riferisce con una certa frequenza a nozioni di diritto urbanistico e si parla, pertanto, di fiscalità urbanistica.

    Occorre, per questo motivo, prima di analizzare le singole disposizioni fiscali, esaminare i principali profili della c.d. urbanistica, concepita sotto il duplice profilo di scienza di programmazione del territorio e di branca del diritto pubblico.

    Strumenti di disciplina edilizia

    Si tratta di strumenti volti a disciplinare nello specifico lo svolgimento dell’attività edilizia, tra cui rileva, tipicamente, il regolamento Edilizio comunale (L. 1150/42, RD 1265/34 e L. 765/67).

    ► URBANISTICA

    1.Urbanistica come scienza della pianificazione del territorio

    L’urbanistica è la scienza preposta alla programmazione ed alla pianificazione del territorio secondo quanto previsto dal riformato Titolo V della Costituzione che all’articolo 117 ha inserito, fra le materie di legislazione concorrente, il “governo del territorio”, eliminando la voce “urbanistica”.

    1.1Finalità dell’urbanistica

    Finalità dell’urbanistica è quella di garantire che i conglomerati urbani e gli spazi circostanti si sviluppino in equilibrio, con adeguata dotazione infrastrutturale, in risposta alle esigenze abitative, sociali, produttive, logistiche, ecc. delle comunità insediatevi.

    In tal modo, l’urbanistica assume un ruolo fondamentale per contemperare gli interessi pubblici e quelli privati, delineando l’ambito territoriale all’interno del quale deve inscriversi lo svolgimento dell’attività edilizia.

    1.2Espressione dell’attività urbanistica (piani)

    Prodotto ed espressione dell’attività urbanistica sono i piani (es. piani territoriali di coordinamento, piani regolatori generali, piani attuativi, ecc.), che si compongono di elaborati tecnici, cartografici e descrittivi e vengono corredati dalle relative prescrizioni attuative (c.d. “norme di piano”).

    ► DIRITTO URBANISTICO

    Il procedimento di formazione dei piani urbanistici trova la propria disciplina normativa nel diritto urbanistico, definibile come il complesso delle norme che disciplinano la pianificazione del territorio.

    In un’accezione più estesa, il diritto urbanistico può essere definito come l’insieme degli istituti giuridici e delle norme positive che regolano le attività di uso e trasformazione del territorio, poste in essere sia da soggetti privati sia da soggetti pubblici.

    1.Urbanistica come materia a legislazione concorrente (Stato-Regioni)

    Caratteristica del diritto urbanistico è la sua articolazione su più livelli normativi: a partire da una base legislativa omogenea e condivisa a livello nazionale, di cui si dirà brevemente in seguito, la disciplina urbanistica è completata, a livello subnazionale, dalle varie leggi urbanistiche regionali.

    Nel “governo del territorio” a livello costituzionale si ravvisa una materia a legislazione concorrente tra Stato e Regioni (art. 117 Cost.).

    In materia urbanistica, quindi, le Regioni hanno potestà legislativa, restando riservata alla legge statale la definizione dei principi fondamentali, in un’ottica di indirizzo e di coordinamento.

    ► PIANI URBANISTICI

    1.Indirizzo urbanistico e disciplina dell’attività edilizia

    L’attività edilizia, connotata e classificata in riferimento alle varie tipologie di intervento contemplate dall’art. 3 del DPR 6.6.2001 n. 380, può essere autorizzata solo negli ambiti territoriali individuati e delimitati dai piani urbanistici, e deve essere svolta nel rispetto delle prescrizioni stabilite dalle norme di piano.

    La pianificazione urbanistica definisce quindi:

    • dove,

    • e nel rispetto di quali regole urbanistiche (a titolo meramente esemplificativo, in merito ai seguenti aspetti: indice di densità territoriale; rapporto di copertura fondiaria; altezza massima degli edifici; distanze minime tra edifici),

    è possibile effettuare attività edilizia (es. realizzare nuove costruzioni).

    Nel suo concreto svolgimento, l’attività edilizia trova poi ulteriori e più puntuali regolamentazioni (es. quanto a tipologie architettoniche, di materiali, colorazioni, ecc.), principalmente:

    • nelle disposizioni dei regolamenti edilizi comunali;

    • e nel titolo abilitativo allo svolgimento dell’attività edificatoria o di recupero (es. permesso di costruire).

    Le prescrizioni della disciplina dell’attività edilizia (es. regolamento edilizio comunale) si pongono, rispetto, a quelle dei piani urbanistici (es. Piano Regolatore Generale) in un rapporto di stretta connessione e complementarità e tuttavia - nello stesso tempo - di autonomia. Infatti:

    • a monte, la disciplina urbanistica dei piani stabilisce ed individua l’attitudine edificatoria del territorio e dei suoi diversi ambiti;

    • a valle, la disciplina edilizia dei regolamenti comunali e dei titoli di assenso allo svolgimento di attività edilizia (es. permesso di costruire) specifica e completa, dettagliandola, la disciplina dei piani urbanistici, assicurando che l’attività edilizia si svolga nel rispetto di determinati standard e tipicità estetiche ed architettoniche proprie dello specifico ambito territoriale, di determinati requisiti di sicurezza, salubrità, efficienza energetica degli edifici, ecc.

    Attenzione

    Il regolamento edilizio “deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi” (art. 4 co. 1 DPR 380/2011).

    2.Articolazione della pianificazione territoriale

    Nel rispetto delle linee guida stabilite dalla legislazione nazionale, la legge regionale esplicita e regolamenta i livelli di articolazione del processo di pianificazione territoriale.

    In ragione della loro funzionalità, è possibile distinguere gli strumenti urbanistici (piani) in:

    • piani territoriali di coordinamento;

    • piani urbanistici generali o piani regolatori generali;

    • piani attuativi dei piani regolatori generali.

    2.1Piani territoriali di coordinamento (o direttori)

    I piani territoriali di coordinamento sono strumenti di programmazione e pianificazione concepiti per lo più a livello regionale o per vaste aree sovracomunali (es. area metropolitana, Comunità montana, ecc.), con attenzione particolare alle dinamiche socio-economiche. Detti piani definiscono le linee guida per la predisposizione e la formazione degli strumenti urbanistici provinciali e comunali.

    2.2Piani urbanistici generali o piani regolatori generali

    I piani urbanistici generali o c.d. piani regolatori generali sono, invece, strumenti attraverso i quali, in coerenza con le prescrizioni dei piani territoriali di coordinamento, si esplicano le politiche urbanistiche e vengono definite le destinazioni d’uso del suolo, le limitazioni e i vincoli all’attività edificatoria.

    I piani regolatori generali (PRG):

    • sono normalmente concepiti a livello comunale (PRGC), anche se non mancano esempi (pienamente legittimi) di piani regolatori intercomunali (art. 12, L. 1150/42);

    • restano in vigore a tempo indeterminato (art. 11, L. 1150/42);

    • conoscono il proprio completamento, rispettivamente:

      • nelle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.);

      • nei Piani Particolareggiati attuativi.

    Attenzione

    A seguito dell’adozione del PRG (o relativa variante) da parte del Comune, ma nelle more della sua approvazione da parte della Regione (o della Provincia), opera la c.d. “salvaguardia” (L. 3.11.52 n. 1902). In base a tale istituto, se le prescrizioni del nuovo Piano Regolatore adottato dal Comune divergono da quelle del Piano Regolatore approvato dalla Regione, si applicano le prescrizioni del piano (tra quello vigente e quello in itinere) che risultano più restrittive per il cittadino.

    Il procedimento di formazione del PRG rileva, nella sua prima fase, vale a dire quella dell’adozione del piano da parte del Consiglio comunale, per riconoscere l’edificabilitàdei terreni ai fini fiscali.

    Attenzione

    Al riguardo, rileva che si considerano aree fabbricabili, in tutti i diversi ambiti impositivi (imposte dirette, IVA, imposta di registro, ICI/IMU) i terreni cui lo strumento urbanistico adottato, ancorché non ancora approvato dalla Regione o dalla Provincia, riconosca una destinazione edificatoria. Al fine di discernere l’edificabilità fiscale dei suoli, inoltre, non rileva l’eventuale mancata approvazione dei piani attuativi, ove prescritti quali viatico urbanistico necessario per il concreto svolgimento dell’attività edilizia (art. 36, co. 2, DL 223/2006, conv. L. 248/2006).

    Occorre tuttavia evidenziare che, nonostante la chiarezza del disposto normativo (art. 36, DL 223/2006) vi siano, da parte della giurisprudenza, indirizzi discordanti.

    Infatti, la Corte di Cassazione (sentenza n. 24122 depositata il 13.10.2017), ha affermato che i terreni ubicati in zona agricola, con annessi fabbricati rurali, possono essere riconosciuti come suscettibili di utilizzazione edificatoria e, quindi, ritenuti fabbricabili ai fini della determinazione della plusvalenza. Del resto, sotto il profilo squisitamente urbanistico, si osserva che la nozione di edificabilità fiscale - sottesa all’art. 36 co. 2 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006 - comporta che un terreno venga assoggettato ad imposizione come area fabbricabile ogni qual volta che il piano adottato (c.d. piano “in itinere”) lo consideri tale, e ciò indipendentemente dalla circostanza che lo stesso terreno, risultando nel piano vigente come non fabbricabile, risulti di fatto inutilizzabile a fini edificatori in virtù della “salvaguardia” (L. 1902/52).

    Naturalmente, la circostanza che l’edificabilità sancita dalla variante di PRG adottata dal Comune non trovi riscontro anche nel piano ancora vigente, con conseguente impossibilità di attuare l’intervento edificatorio fino all’approvazione regionale della variante di piano in itinere, troverà riflesso sul valore commerciale dell’area (es. ai fini dell’IMU, sarà possibile assumere un valore venale in comune commercio tendenzialmente più contenuto rispetto a quello di terreni che versino in condizioni di analoga ma immediata “cantierabilità”).

    Sempre con riferimento alla disciplina IMU si segnala la nuova disposizione recata dal co. 741, lett. a) dell’art. 1 della L. 160/2019 che stabilisce, diversamente dal precedente regime impositivo dell’IMU, che si considera “parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente...”. La nuova disposizione comporta il superamento della precedente impostazione normativa che consentiva di fare riferimento alla nozione civilistica di pertinenza di cui all’art. 817 c.c. e conseguente orientamento giurisprudenziale.

    Dunque un’area con residua potenzialità edificatoria può essere considerata pertinenza ai fini IMU e quindi esente solo nel caso in cui la stessa risulti accatastata unitariamente al fabbricato, anche mediante la tecnica catastale della cosiddetta “graffatura”. In questo caso, il valore del fabbricato comprende anche quello della pertinenza (CM 18.3.20 n. 1 DF).

    Nei periodi in cui, a seguito dell’approvazione del PRG da parte della Regione, non sussista una nuova variante in itinere, appositamente adottata dal Comune, assumono rilevanza le prescrizioni del PRG in vigore, non tanto perché quest’ultimo sia stato approvato dalla Regione (passaggio non essenziale ai fini fiscali) ma bensì perché esso riflette l’ultimo piano adottato dal Comune.

    Sul punto si precisa che la rilevanza del PRG approvato dalla Regione - e quindi in vigore - perdura fino a che il Comune non adotti una nuova variante di piano.

    ⊳ Per approfondimenti in merito alla nozione fiscale di edificabilità dei suoli, si rinvia al cap. 12 “Plusvalenze sui terreni dei soggetti non imprenditori”.

    Quanto alla documentazione dalla quale evincere la natura edificatoria dei suoli, impressa dalle disposizioni del PRG adottato dal Comune, possono rilevare:

    • il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU) (art. 30 del DPR 380/2001);

    • la comunicazione che il Comune è tenuto a compiere ai proprietari delle aree in caso di riconoscimento dell’attitudine edificatoria di queste ultime (art. 31 co. 20 della L. 27.12.2002 n. 289).

    Poiché l’urbanistica è materia legislativa che rientra nell’ambito concorrente fra Stato e Regioni (art. 117 Cost.) e talune leggi regionali prevedono processi di pianificazione articolati in modo del tutto originale, per numero, funzione e nomenclatura degli strumenti urbanistici (piani) di cui si compongono, possono sorgere imbarazzi allorché si debba individuare tra questi ultimi quello “equipollente” rispetto al PRG.

    Infatti, soltanto dal PRG si potrà desumere l’edificabilità dei suoli ai fini fiscali giacché la funzione e nomenclatura stessa degli strumenti urbanistici tradizionali, la pianificazione avviene tramite i seguenti strumenti:

    • Piano Strutturale Comunale (PSC), cui è demandata l’individuazione strategica delle scelte di assetto e sviluppo territoriale;

    • Piano Operativo Comunale (POC), cui è demandata l’attribuzione della potestà edificatoria alle aree;

    • eventuali Piani Urbanistici Attuativi, come ad esempio i Il Piano di governo del territorio (PGT) che è uno strumento urbanistico introdotto nella Regione della Lombardia dalla legge regionale lombarda n. 12 dell’11 marzo 2005.

    Occorre, quindi, individuare quale sia lo strumento urbanistico generale equipollente a quello che, in base alla tradizionale articolazione della pianificazione, è rappresentato dal PRG. Infatti, da quest’ultimo, una volta che esso sia stato adottato dal Comune, può essere desunta l’edificabilità dei suoli ai fini fiscali (art. 36 co. 2 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006) mentre “il PSC non attribuisce in nessun caso potestà edificatoria alle aree né conferisce alle stesse una potenzialità edificatoria subordinata all’approvazione del POC” (art. 28 della L. Reg. Emilia Romagna 20/2000.

    Deve dunque escludersi che nel sistema di pianificazione oggi in vigore in Emilia Romagna, il PSC possa definire l’attitudine edificatoria, al pari di quanto avviene rispetto al PRG nel sistema di pianificazione “tradizionale”, individuando per contro nel POC lo strumento chiamato “a regolare le reali possibilità di trasformazione del territorio nel quinquennio della sua vigenza, disciplinando l’assetto urbanistico, le destinazioni d’uso, gli indici edilizi”.

    Ne discende che un’area ricadente in un ambito oggetto di espansione urbanistica nel PSC, che tuttavia non sia definita edificabile nel POC adottato dal Comune, non può considerarsi edificabile ai fini fiscali (art. 36 co. 2 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006).

    2.3Piani attuativi del Piano Regolatore Generale

    Tali piani urbanistici si collocano ad un livello intermedio tra il Piano Regolatore Generale (PRG) ed il titolo abilitativo allo svolgimento dell’attività edilizia (es. permesso di costruire). Si tratta di piani urbanistici che hanno riguardo ad un ambito territoriale tipicamente subcomunale o di zona, i quali forniscono maggiori dettagli, rispetto al PRG, in merito alle prescrizioni da seguire nell’edificazione di nuove costruzioni nel comparto territoriale cui si riferiscono. Di norma, i piani attuativi, al contrario dei PRG, hanno un’efficacia determinata nel tempo (es. 10 anni per i Piani di Lottizzazione) e, se non attuati entro il termine di legge, scadono.

    Alcuni di detti piani attuativi sono di iniziativa pubblica, in quanto è il Comune a promuoverne la redazione e l’approvazione: è il caso, ad esempio, dei Piani Particolareggiati di esecuzione del PRG. Altri piani attuativi, invece, sono rimessi all’iniziativa privata, così come avviene, tipicamente, per il Piano di Lottizzazione (PL), presentati dai privati possessori dei terreni (tuttavia, in caso di inerzia di questi ultimi, il Comune può provvedere a stilare il Piano di Lottizzazione d’ufficio). Si può poi dare il caso di piani attuativi di iniziativa mista (pubblica e privata), ad esempio, in relazione ai Piani di Recupero (PdR). In conseguenza della competenza legislativa regionale in materia urbanistica, che si esplica nel rispetto degli indirizzi della legge statale, la disciplina e la stessa nomenclatura dei piani attuativi del PRG sono oggi sensibilmente differenziati da Regione a Regione.

    Con riferimento alla normativa fiscale, si rileva come i piani attuativi del PRG (rectius: la loro approvazione) risultino del tutto ininfluenti al fine di configurare l’edificabilità dei suoli (art. 36 co. 2 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006). Ai fini dell’edificabilità fiscale, si ha infatti riguardo esclusivamente alle prescrizioni dello strumento urbanistico generale (PRG).

    Attenzione

    È evidente invece che l’adozione dello strumento urbanistico esecutivo influirà sulla quantificazione del valore imponibile secondo quanto prescritto dall’art. 5 co. 5 del DLgs. 504/92.

    3.Competenza urbanistica degli Enti Pubblici Territoriali

    In merito alle competenze amministrative degli Enti Pubblici Territoriali, si rileva come la componente più significativa di queste ultime sia riferibile ai Comuni, i quali:

    • adottando il PRG, determinando la destinazione edificatoria dei suoli;

    • attraverso l’adozione delle norme tecniche di attuazione (NTA) del Piano Regolatore Generale (PRG) e il regolamento edilizio comunale, regolamentano l’attività edilizia;

    • tramite gli Sportelli Unici per l’Edilizia:

      • emanano i titoli abilitativi allo svolgimento di attività edilizia, a seconda dei casi:

        • rilasciando il permesso di costruire (es. nuove costruzioni, ristrutturazioni edilizie, ove non sia applicabile la c.d. “super-DIA” ex art. 22 co. 3 del DPR 380/2001);

        • recependo le segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) ovvero le denunce di inizio attività (il cui ambito applicativo è oggi ristretto a quello delle c.d. “super - DIA” di cui all’art. 22 co. 3 del DPR 380/2001);

        • recepiscono le comunicazioni di inizio lavori (CIL) o comunicazioni di inizio attività (CIA) presentate per gli interventi edilizi “minori”, che ricadono in regime di attività edilizia libera ex art. 6 del DPR 380/2001 (ivi incluse, a determinate condizioni, le manutenzioni straordinarie).

    Attenzione

    Le leggi urbanistiche regionali riconoscono talvolta un ruolo attivo, nella pianificazione urbanistica, anche alle Province, chiamandole a sostituirsi alla Regione nell’approvazione dei piani urbanistici (es. Piani di Lottizzazione) dei Comuni, ovvero a redigere i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale.

    Le Regioni, oltre che alla redazione dei Piani Territoriali di Coordinamento Regionali, sono chiamate, in primis, all’approvazione dei piani comunali (es. PRG), sempre che le leggi urbanistiche regionali non demandino tale competenza alle Province.

    4.Zonamento e standard urbanistici

    Sono stati previsti indirizzi comuni a livello nazionale per la formazione e la revisione (DM 2.4.68 n. 1444):

    • dei PRG;

    • dei piani attuativi del PRG (piani particolareggiati e lottizzazioni convenzionate);

    • dei regolamenti edilizi.

    A tal fine, il decreto ha previsto:

    • la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee (c.d. “zonamento”, “zonizzazione” o “zoning”);

    • standard urbanistici minimi quanto a:

      • rapporto tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali o produttivi e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi;

      • quantità minime di spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, definite in misura differenziata per le varie zone omogenee risultanti a seguito dello zonamento;

      • livello massimo di densità edilizia, differenziato per le varie zone omogenee risultanti a seguito dello zonamento;

      • altezza massima degli edifici, differenziata per le varie zone omogenee risultanti a seguito dello zonamento;

      • distanza minima tra i fabbricati, differenziata per le varie zone omogenee risultanti a seguito dello zonamento.

    4.1Zone omogenee

    Di seguito si riporta il quadro delle zone territoriali omogenee definite dall’art. 2 del DM 1444/68.

    ZONE TERRITORIALI OMOGENEE (DM 1444/68)
    Zona territoriale Definizione
    A Parti del territorio, interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.
    B Parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone a): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a mc/mq. 1,5.
    C Parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lett. b).
    D Parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati.
    E Parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cuifermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone c).
    F Parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

    È opportuno evidenziare come lo zonamento, vale a dire la suddivisione del territorio comunale nelle zone territoriali omogenee individuate nella classificazione richiamata, non si sovrapponga in alcun modo al PRG. Più che uno strumento di pianificazione urbanistica, lo zonamento rappresenta infatti un’operazione tecnica prodromica alla definizione, nel rispetto degli standard urbanistici (DM 1444/68):

    • degli strumenti urbanistici generali;

    • degli strumenti urbanistici attuativi;

    • dei regolamenti edilizi.

    Lo zonamento non è privo di autonoma valenza ai fini fiscali.

    Si pensi alle plusvalenze conseguite al di fuori dell’ambito imprenditoriale tramite la cessione a titolo oneroso di aree fabbricabili o anche alle indennità percepite a seguito dell’esproprio di aree ricadenti in talune zone territoriali omogenee (art. 11 co. 5, L. 30.12.91 n. 413).

    In altri termini, per individuare quali terreni, se espropriati, possono configurare il conseguimento di reddito rilevante (ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 co. 5 della L. 413/91 e dell’art. 67 co. 1 lett. b) ultimo periodo del TUIR), non rilevano le prescrizioni degli strumenti della pianificazione urbanistica (PRG in primis), bensì la loro collocazione in determinati ambiti (zone territoriali omogenee) dello zonamento.

    ⊳ Per approfondimenti, si rinvia al cap. 12 “Plusvalenze sui terreni dei soggetti non imprenditori”.

    4.2Standard urbanistici

    Come noto, nel più generale ambito della pianificazione territoriale, con il termine standards urbanistici si indicano i limiti inderogabili (introdotti dalla c.d. legge ponte 6.8.67 n. 765) di densità edilizia, di altezza e distanza tra fabbricati, nonché rapporti massimi di spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico, parcheggi, e così via.

    In questo senso, dunque, gli standards urbanistici costituiscono parametri di relazione tra una condizione da perseguire necessariamente ed il modo per perseguirla fornendo la quantità di spazio (inteso come superfici di terreno o volumi edificati) da destinare alle attrezzature necessarie alla vita associata.

    Infatti, gli standards urbanistici non sono diretti ai proprietari delle aree, rappresentando piuttosto delle prescrizioni per coloro (i.e., le amministrazioni) che devono provvedere alla formazione degli strumenti urbanistici.

    Si tratta, in altri termini, di prescrizioni che, pur non disciplinando direttamente l’attività edilizia, di fatto, in quanto devono essere inderogabilmente osservati, condizionano - già in sede di formazione - gli strumenti urbanistici (piano regolatore generale, piani esecutivi, lottizzazione convenzionata, e così via), con le evidenti ripercussioni sotto il profilo della piena godibilità del bene immobile da parte dei proprietari.

    Rammentata la nozione di standards nel diritto urbanistico, tuttavia, non è agevole tradurne la valenza ai fini impositivi. Non è affatto pacifico capire se un’area destinata, ad es. alla costruzione di strade o altre infrastrutture pubbliche sia effettivamente qualificabile, ai fini fiscali, come fabbricabile: a fronte di un vincolo di esproprio, infatti, lo ius aedificandi sembrerebbe precluso.

    Cionondimeno, la S.C. ha stabilito che la destinazione di un’area a standards non ne pregiudica, ai fini ICI (il che vale anche per l’IMU) la sua qualificazione come edificabile (Cass. 12.9.2007 n. 19131).

    In altri casi, tuttavia, la stessa Cassazione ha chiarito che ai fini fiscali (ICI/ IMU) la destinazione di un terreno ad attrezzature sportive, prevista dal piano regolatore comunale, con l’attribuzione di un indice di edificabilità minimo funzionale alla realizzazione di strutture collegate a tale destinazione, impedisce la qualificazione dell’area come suscettibile di utilizzazione edificatoria (cfr. Cass. 30.11.2011 n. 25522; Cass. 9.3.2010 n. 5737).

    ► ATTIVITÀ EDILIZIA E TIPOLOGIE DI INTERVENTO EDILIZIO

    I piani urbanistici trovano concreta attuazione con lo svolgimento dell’attività edificatoria, di recupero edilizio, ecc.

    Le tipologie di intervento edilizio si possono distinguere nelle seguenti fattispecie (art. 3 co. 1 del DPR 6.6.2001 n. 380):

    • manutenzione ordinaria (lett. a);

    • manutenzione straordinaria (lett. b);

    • restauro e risanamento conservativo (lett. c);

    • ristrutturazione edilizia (lett. d);

    • nuova costruzione (lett. e);

    • ristrutturazione urbanistica (lett. f).

    Secondo la Corte Cost. (23.11.2011 n. 309), le definizioni delle varie tipologie di intervento edilizio fornite dall’art. 3 del DPR 380/2001 costituiscono principi fondamentali della materia “governo del territorio”, cui la normativa regionale deve conformarsi.

    La normativa fiscale compie continui riferimenti alle cennate tipologie di interventi edilizi.

    Risulta quindi opportuno individuarne la definizione e fornire all’interprete della norma fiscale alcune cognizioni atte a fungere da discrimine tra le varie tipologie di intervento.

    1.Manutenzione ordinaria

    Gli interventi di manutenzione ordinaria (art. 31 co. 1 lett. a) della L. 5.8.78 n. 457, ora art. 3 lett. a) del DPR 6.6.2001 n. 380) riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare e mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

    Sono assimilate alla manutenzione ordinaria le piccole riparazioni del fabbricato e dei relativi impianti (cfr. le RM 1.2.90 n. 551463, CM 17.5.2000 n. 98/E, risposta 4.1.3 e circ. Assonime 20.3.2000 n. 18).

    Di seguito, vengono fornite esemplificazioni di interventi di manutenzione ordinaria sulla scorta dei chiarimenti forniti dalla prassi ministeriale.

    Esempio 1

    Costituiscono manutenzione ordinaria (CM 24.2.98 n. 57/E):

    • la sostituzione integrale o parziale di pavimenti e relative opere di finitura e conservazione;

    • la riparazione di impianti (elettrico, idraulico, fognario ecc.);

    • il rivestimento e la tinteggiatura dei prospetti esterni, senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori;

    • il rifacimento di intonaci interni e la tinteggiatura;

    • il rifacimento di pavimentazioni esterne e manti di copertura, senza modifiche ai materiali;

    • la sostituzione di tegole e altre parti accessorie;

    • la riparazione di balconi e terrazze e relative pavimentazioni;

    • la riparazione di recinzioni;

    • la sostituzione di elementi di impianti tecnologici;

    • la sostituzione di infissi esterni e serramenti o persiane, senza modifica della tipologia di infissi.

    Esempio 2

    Sono interventi di manutenzione ordinaria (RM 24.5.86 n. 322465, la RM 16.2.89 n. 551410 e la RM 1.2.90 n. 551463):

    • l’adeguamento degli impianti elettrici e di riscaldamento;

    • il rifacimento di parte delle strutture portanti dei pavimenti e dei rivestimenti;

    • l’installazione di ascensori e scale di sicurezza;

    • la sostituzione dei serramenti interni ed esterni;

    • il rifacimento dell’impianto di riscaldamento;

    • gli interventi sulle parti lignee esterne e la realizzazione di poggiolate che arricchiscono la facciata;

    • la demolizione di tramezzature e la realizzazione di nuove mura divisorie;

    • la chiusura di vani porta esistenti con apertura di nuovi vani;

    • lo spostamento della cucina in altro locale, la creazione di un nuovo bagno e lo spostamento del bagno preesistente;

    • la posa in opera di nuovi impianti e rivestimenti;

    • la sostituzione delle funi degli ascensori e dei pannelli al fine di adeguare l’impianto alle norme di legge.

    Esempio 3

    Costituiscono manutenzione ordinaria, relativamente alle parti comuni di un edificio (ris. DRE Lombardia 11.3.99 n. 1509 e 16.4.99 n. 69425):

    • la sostituzione della centralina e delle sonde per la regolazione automatica del calore distribuito dalla centrale termica;

    • la riparazione di perdite d’acqua delle condotte in pressione dell’impianto condominiale;

    • i lavori di scavo e ripristino del piano del cortile e la posa di tubi per il trasferimento del contatore dell’acqua potabile;

    • la sostituzione del manto di tegole;

    • il rifacimento dell’impermeabilizzazione e del piano piastrellato;

    • l’impermeabilizzazione delle grondaie del tetto;

    • la verniciatura dei parapetti in metallo dei balconi.

    2.Manutenzione straordinaria

    Gli interventi di manutenzione straordinaria (art. 31 co. 1 lett. b) della L. 5.8.78 n. 457, ora art. 3 lett. b) del DPR 6.6.2001 n. 380) riguardano le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso.

    Tali interventi sono finalizzati al mantenimento dell’efficienza ed all’adeguamento all’uso corrente dell’edificio e delle singole unità immobiliari, senza alterazione della situazione planimetrica e tipologica preesistente e con il rispetto della superficie, della volumetria e della destinazione d’uso dell’immobile.

    Sono assimilate alla manutenzione ordinaria le piccole riparazioni del fabbricato e dei relativi impianti (RM 1.2.90 n. 551463, CM 17.5.2000 n. 98/E, risposta 4.1.3), infatti tra gli interventi di manutenzione straordinaria rientrano anche le opere di manutenzione ordinaria, purché eseguite come complemento necessario di un più rilevante intervento di manutenzione straordinaria (cfr. la RM 1.2.90 n. 551463).

    Di seguito, vengono fornite esemplificazioni di interventi di manutenzione straordinaria sulla scorta della prassi ministeriale e della giurisprudenza.

    Esempio 1

    Rappresentano interventi di manutenzione straordinaria (CM 24.2.98 n. 57/E):

    • la realizzazione e l’adeguamento di opere accessorie e pertinenziali che non comportino aumento di volumi o di superfici utili, la realizzazione di volumi tecnici, quali centrali termiche, impianti di ascensori, scale di sicurezza, canne fumarie;

    • la realizzazione di chiusure o di aperture interne che non modifichino lo schema distributivo delle unità immobiliari dell’edificio;

    • il consolidamento delle strutture di fondazione ed in elevazione;

    • il rifacimento di vespai e di scannafossi;

    • la sostituzione di solai interpiano senza modifica delle quote d’imposta;

    • il rifacimento di scale e di rampe;

    • la sostituzione di solai di copertura con materiali diversi dai preesistenti.

    Esempio 2

    Costituiscono manutenzione straordinaria (ris. DRE Lombardia 3.3.99 n. 69429/98, 11.3.99 n. 1509/99 e 16.4.99 n. 69425/98):

    • la demolizione e il rifacimento degli attuali canali di grondaia e pluviali in lamiera con nuovi elementi di rame e nuove installazioni;

    • la sostituzione dei cancelletti di ingresso carraio e pedonabile con altri aventi caratteristiche e colori diversi dai precedenti;

    • la realizzazione di un marciapiede su suolo privato con posa di nuova pavimentazione;

    • l’installazione di un nuovo impianto di condizionamento con unità refrigerante esterna e unità ventilanti interne pensili;

    • la sostituzione della caldaia esistente e l’installazione di un nuovo bollitore per acqua sanitaria;

    • la modifica dell’impianto idrico con sostituzione e nuovo posizionamento dell’autoclave;

    • gli interventi di adeguamento degli impianti alle norme antincendio;

    • l’apertura di lucernari di mansarde, senza la modifica della destinazione d’uso.

    Esempio 3

    Costituiscono manutenzione straordinaria (circ. Agenzia delle Entrate 7.4.2000 n. 71):

    • la sostituzione di infissi e serramenti con la modifica dei materiali o della tipologia di infisso;

    • gli interventi finalizzati al risparmio energetico;

    • la realizzazione e l’adeguamento di centrali termiche e impianti di ascensori.

    Esempio 4

    Secondo la giurisprudenza amministrativa, costituiscono interventi di manutenzione straordinaria:

    • la demolizione e la ricostruzione di tramezzi e solai (Consiglio di Stato 1.3.93 n. 301; TAR Valle d’Aosta 25.9.89 n. 70);

    • la costruzione o il rifacimento totale di sistemazioni esterne (recinzioni, muri). Così il TAR Puglia 29.9.82 n. 338;

    • l’inserimento di nuovi servizi igienici in mancanza o in presenza degli stessi (TAR Piemonte 6.11.79 n. 505);

    • la realizzazione di nuovi servizi igienico-sanitari e tecnologici (impianti ecologici, audiovisivi, acustici, di riscaldamento, di raffreddamento, antincendio) (Consiglio di Stato 7.4.89 n. 194 e il TAR Lazio 20.3.91 n. 567);

    • l’installazione di un ascensore (TAR Lombardia 8.6.84 n. 235).

    3.Restauro e risanamento conservativo

    Gli interventi di restauro e risanamento conservativo (art. 31 co. 1 lett. c) della L. 5.8.78 n. 457, ora art. 3 lett. c) del DPR 6.6.2001 n. 380) riguardano la conservazione dell’organismo edilizio e la sua funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili.

    Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio.

    Gli interventi si suddividono in due tipologie distinte:

    • restauri: consistono nella restituzione di un immobile di particolare valore architettonico, storico o artistico ad una configurazione conforme ai valori che si intendono tutelare. Tali interventi si concretizzano nella conservazione degli originari elementi, ovvero nella sostituzione degli elementi stessi ricorrendo a tecnologie e materiali simili a quelli originari di impianto dell’edificio stesso;

    • risanamenti conservativi: consistono nell’adeguare ad una migliore esigenza d’uso attuale un edificio esistente, sotto gli aspetti tipologici, formali, strutturali e funzionali.

    Esempio 1

    Costituiscono interventi di restauro e risanamento conservativo (CM 24.2.98 n. 57/E):

    • l’apertura di finestre per esigenze di aerazione dei locali;

    • l’adeguamento delle altezze dei solai, con il rispetto delle volumetrie esistenti;

    • il ripristino dell’aspetto storico-architettonico di un edificio, anche attraverso demolizioni;

    • l’innovazione delle strutture verticali e orizzontali;

    • le modifiche tipologiche delle singole unità immobiliari, per una loro più funzionale distribuzione.

    4.Ristrutturazione edilizia

    Gli interventi di ristrutturazione edilizia (art. 31 co. 1 lett. d) della L. 5.8.78 n. 457 ora art. 3 lett. d) del DPR 6.6.2001 n. 380) sono finalizzati a modificare la struttura dell’immobile, che deve costituire un’entità ontologicamente e qualitativamente diversa dalla precedente.

    Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Attraverso gli interventi di ristrutturazione edilizia, si può aumentare la superficie utile, ma non il volume preesistente.

    4.1Demolizione e fedele ricostruzione

    L’art. 3 lett. d) del DPR 380/2001, nella versione originaria, ha ricondotto alla nozione di ristrutturazione edilizia anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a volumetria e sagoma, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.

    Attenzione

    Sul fronte della giurisprudenza amministrativa, già il TAR della Lombardia sez. II (5.6.95 n. 42) e il TAR Emilia Romagna sez. II (25.1.95 n. 42) assimilavano alla ristrutturazione edilizia la costruzione di un edificio previa demolizione del preesistente.

    L’art. 30 del DL 21.6.2013 n. 69 (conv. L. 98/2013) ha soppresso le parole “e sagoma”, facendo sì che nelle ristrutturazioni edilizie rientrino anche gli interventi di ricostruzione di un edificio con lo stesso volume di quello demolito, ma con una sagoma differente.

    Inoltre, sono ristrutturazioni gli interventi edilizi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

    Soltanto nel caso di immobili vincolati (DLgs. 42/2004), gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente.

    Affinché possa configurare un intervento di ristrutturazione edilizia, la ricostruzione deve avere ad oggetto un fabbricato avente la stessa volumetria di quello previamente demolito.

    Attenzione

    Ai fini fiscali, prima che l’art. 3 del DPR 380/2001 riconducesse gli interventi di ricostruzione, previa demolizione del preesistente, all’ambito degli interventi di nuova costruzione, circa la natura di tali interventi la prassi ministeriale aveva fornito interpretazioni discordi, qualificandoli di volta in volta come ristrutturazione edilizia (RM 24.9.91 n. 430395 e RM 18.2.92 n. 431302) oppure nuova costruzione (RM 6.10.92 n. 531543 e RM 7.3.92 n. 501040). Le difficoltà interpretative sono oggi risolte dal chiaro disposto dell’art. 3 lett. d) del DPR 380/2001. Sul piano della prassi, dà ragione del mutato orientamento legislativo la circ. Agenzia delle Entrate 16.2.2007 n. 11.

    Costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia (CM 24.2.98 n. 57/E):

    • gli ampliamenti di superficie;

    • le modifiche agli elementi strutturali, con variazione delle quote d’imposta dei solai;

    • la trasformazione di locali accessori in locali residenziali;

    • il mutamento di destinazione d’uso degli edifici;

    • la costruzione di servizi igienici in ampliamento delle superfici e dei volumi esistenti;

    • la riorganizzazione distributiva degli edifici e delle unità immobiliari, del loro numero e delle loro dimensioni.

    Attenzione

    Ai fini IVA, si precisa che si considerano ristrutturate anche le unità immobiliari comprese in fabbricati sui quali gli interventi di cui alla lett. d) dell’art. 3 del T.U. dell’Edilizia sono stati eseguiti solo sulle parti comuni dello stesso (circ. Agenzia delle Entrate 28.6.2013 n. 22).

    5.Nuova costruzione

    Configurano nuova costruzione gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio che non costituiscano (art. 3 co. 1 lett. e) del DPR 6.6.2001 n. 380):

    • interventi manutentori;

    • restauro o risanamento conservativo;

    • ristrutturazione edilizia.

    Attenzione

    La Corte di Cassazione (cfr. 31.8.2018 n. 39340, Sentenza 9.4.2010 n. 13492), ha affermato che la demolizione di un rudere e successiva ricostruzione di un edificio di forma e dimensioni differenti rispetto al preesistente fabbricato rientra nella nozione di “nuova costruzione” e non di risanamento conservativo e restauro.

    Si considerano in ogni caso interventi di nuova costruzione:

    • la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto precisato nel punto che segue;

    • gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;

    • gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;

    • la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;

    • l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;

    • l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;

    • la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato.

    6.Ristrutturazione urbanistica

    Gli interventi di ristrutturazione urbanistica (art. 31 co. 1 lett. e) della L. 5.8.78 n. 457, ora art. 3 lett. f) del DPR 6.6.2001 n. 380) sono rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbano edilizio, anche se attuati attraverso lottizzazioni convenzionate (cfr. la RM 6.3.97 n. 41/E).

    La sostituzione del tessuto urbano implica anche la necessità di demolire i fabbricati esistenti (RM 18.2.92 n. 431302).

    Attenzione

    L’elemento caratterizzante tale tipologia di interventi consiste nella “sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico edilizio, ovvero nell’eliminazione di alcune strutture edilizie esistenti (mediante demolizione di strutture fatiscenti) e nella realizzazione di altre diverse, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, che comprende la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale” (ris. Agenzia delle Entrate 17.2.2009 n. 41).

    Sulla scorta dei chiarimenti forniti dalla prassi ministeriale, costituiscono interventi di ristrutturazione urbanistica:

    • la demolizione nel centro storico di un fabbricato degradato e la costruzione sull’area di risulta di un parcheggio multipiano e di un fabbricato ad uso abitativo (RM 24.9.91 n. 430395);

    • il consolidamento o trasferimento di un intero abitato mediante la costruzione di un nuovo centro cittadino (RM 16.12.91 n. 501044);

    • l’ampliamento di uno stabilimento in un’area con problemi sotto il profilo paesaggistico (RM 17.12.91 n. 501157);

    • la sistemazione della superficie viaria e del tessuto urbano (RM 7.4.93 n. 430607);

    • la ripavimentazione e l’ampliamento della rampa di accesso al centro storico (RM 7.4.99 n. 61/E);

    • il rifacimento dell’impianto di pubblica illuminazione (RM 7.4.99 n. 61/E).

    7.Titoli abilitativi dell’attività edilizia

    Un breve esame circa i titoli abilitativi allo svolgimento delle varie tipologie di intervento edilizio può risultare utile al fine di discernere quale tipologia di intervento si configuri attraverso il riscontro del titolo abilitativo rilasciato dal Comune nel caso concreto.

    7.1Competenza legislativa regionale

    Sotto un primo profilo, anche in materia di titoli abilitativi dell’attività edilizia, come già in materia di urbanistica, la competenza legislativa regionale determina un quadro composito ed assai differenziato nelle diverse realtà territoriali. La regolamentazione dell’attività edilizia è tuttavia oggetto di un indirizzo puntuale ad opera del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (DPR 6.6.2001 n. 380).

    Attenzione

    Nel rapporto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni vigente (art. 117 Cost.), in materia di governo del territorio, le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi degli interventi edilizi costituiscono principi fondamentali cui la legislazione regionale deve conformarsi (Corte Cost. 1.10.2003 n. 303).

    7.2Disciplina di indirizzo

    Interventi edilizi che non richiedono alcun titolo abilitativo (salvo eventuale obbligo di CIL o CIA o CILA)

    Non sono soggette a nessuna forma di previa autorizzazione allo svolgimento di attività edilizia (art. 6 del DPR 380/2001, come riformulato dall’art. 5 del DL 25.3.2010 n. 40, conv. L. 22.5.2010 n. 73, e modificato, da ultimo, dall’art. 13-bis co. 1 lett. a) del DL 22.6.2012 n. 83, conv. L. 7.8.2012 n. 134):

    • gli interventi di manutenzione ordinaria;

    • gli interventi di manutenzione straordinaria, ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che:

      • non riguardino le parti strutturali dell’edificio;

      • non comportino aumento del numero delle unità immobiliari;

      • non implichino incremento dei parametri urbanistici;

    • gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;

    • le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;

    • i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;

    • le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola;

    • le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni;

    • le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati;

    • i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A (DM 2.4.68 n. 1444);

    • le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;

    • le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa.

    Attenzione

    A norma dell’art. 6 co. 6 lett. a) del DPR 380/2001, le regioni a statuto ordinario possono estendere la disciplina di cui al presente articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli elencati.

    Per talune delle fattispecie elencate, che possono essere eseguite senza previo rilascio di un titolo abilitativo, tra cui rientrano, alle condizioni anzidette, anche le manutenzioni straordinarie, l’interessato è comunque tenuto a presentare al Comune, anche per via telematica (art. 6 co. 3 del DPR 380/2001):

    • la comunicazione di inizio dei lavori (c.d. “CIL” o “CIA”), allegandovi le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore;

    • nonché, limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria ed agli interventi che si sostanzino in modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta di fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, ovvero in modifiche della destinazione d’uso di locali adibiti ad esercizio d’impresa:

    • i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori;

    • una relazione tecnica, provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiari preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa, né con il committente, e che asseveri, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo;

    Attenzione

    L’obbligo di trasmettere la relazione può essere esteso dalle Regioni ad ulteriori interventi edilizi (tra quelli indicati nell’art. 6 co. 1 lett. b) del DPR 380/2001).

    Le Regioni, inoltre, possono stabilire ulteriori contenuti per la relazione tecnica (co. 4), nel rispetto di quello minimo fissato dal medesimo comma (cfr. l’art. 6 co. 1 lett. c) del DPR 380/2011).

    Per espressa disposizione di legge, sono fatte salve:

    • le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali;

    • le norme di settore che influiscono sulla disciplina dell’attività edilizia, quali quelle vigenti in materia di:

      • antisismica;

      • sicurezza;

      • antincendio;

      • igiene e sanità;

      • efficienza energetica;

      • tutela dei beni culturali e del paesaggio (DLgs. 22.1.2004 n. 42).

    Sanzioni

    In caso di mancata comunicazione dell’inizio dei lavori ovvero di mancata trasmissione della relazione tecnica si applica la sanzione pecuniaria pari a 1.000,00 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione (art. 6 bis co. 5 del DPR 380/2001, modificato dal DLgs. 25.11.2016 n. 222).

    Gli interventi di straordinaria manutenzione sono realizzabili previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al DLgs. 22.1.2004 n. 42.

    L’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; la comunicazione contiene, altresì, i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.

    Per gli interventi soggetti a CILA, ove la comunicazione di fine lavori sia accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale, quest’ultima è tempestivamente inoltrata da parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate.

    Interventi assentiti con denuncia di inizio attività (DIA), oggi sostituita dalla SCIA

    La denuncia di inizio attività (DIA) (art. 23, DPR 380/2001), costituisce una procedura semplificata di abilitazione allo svolgimento di attività edilizia, fondata sulla presentazione di una denuncia di parte e sulla formazione del titolo abilitativo mediante il meccanismo del silenzio-assenso.

    Il proprietario dell’immobile (o chi vi abbia titolo) presenta la denuncia, accompagnata dall’elaborato progettuale e dalla relazione redatti dal professionista, assumendosi la responsabilità della regolarità dell’intervento rispetto alla normativa urbanistica ed edilizia. Il titolo abilitativo si forma con il mero decorso di 30 giorni dall’avvenuta presentazione senza che il Comune notifichi al proprietario dell’immobile (o altro avente titolo) l’ordine di non effettuare l’intervento.

    Per sua natura, la DIA è destinata agli interventi edilizi di minore entità, quale tipicamente la manutenzione straordinaria. Il perimetro delle manutenzioni straordinarie soggette a DIA è stato tuttavia sensibilmente ridotto (art. 5 del DL 25.10.2010 n. 40, che a tal fine ha riformulato l’art. 6 del DPR 380/2001).

    A stretto rigore, tuttavia, l’ambito degli interventi edilizi che possono essere assentiti mediante la denuncia di inizio attività (DIA) si definisce in negativo, secondo una logica di residualità, in quanto sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili (art. 22 co. 1 del DPR 380/2001):

    • agli interventi subordinati a permesso di costruire (art. 10);

    • e all’attività edilizia libera (art. 6).

    La DIA vale altresì ad autorizzare varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.

    A seguito dell’introduzione della SCIA, l’ambito applicativo della DIA è tuttavia mutato, circoscrivendosi sensibilmente.

    Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (CILA)

    A decorrere dal 31.7.2010 (data di entrata in vigore della L. 122/2010), la DIA è stata sostituita dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) (introdotta nell’ordinamento dall’art. 49 co. 4-bis del DL 31.5.2010 n. 78, conv. L. 30.7.2010 n. 122, che allo scopo ha riformulato l’art. 19 della L. 7.8.90 n. 241). In base alla nuova disciplina, l’interessato allo svolgimento dell’attività edilizia presenta alla competente Amministrazione (per lo più il Comune) una segnalazione, accompagnata dalla certificazione del tecnico abilitato attestante la sussistenza dei requisiti e dei presupposti di legge necessari per l’effettuazione dell’intervento.

    Attenzione

    Il termine entro il quale l’Amministrazione che riceve la SCIA può vietare il proseguimento dell’attività è stato ridotto da 60 a 30 giorni dall’art. 5 co. 2 lett. b) del DL 70/2011, conv. L. 106/2011.

    Scaduto il termine, l’Amministrazione competente può intervenire solo ove il protrarsi dell’attività comporti pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

    La SCIA non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta necessari in caso di sussistenza di vincoli ambientali, paesaggistici, o culturali (art. 5 co. 2 lett. c) del DL 70/2011, conv. L. 106/2011).

    Questi ultimi devono quindi essere previamente conseguiti presso le Pubbliche Amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente e del patrimonio comunale (es. Soprintendenza).

    La CILA è stata introdotta nel 2010 con la L. 73 che ha modificato l’art. 6 del Testo Unico dell’edilizia (DPR 380/2001). É lo strumento finalizzato a realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria come l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio (art. 6 co. 1 lett. a) del TU 380/2001).

    La L. 164/2014 (conversione del c.d. “decreto Sblocca Italia”) ha esteso gli interventi di manutenzione straordinaria anche a quelli di frazionamento o accorpamento di unità immobiliari.

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