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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Angelo Busani

    Editore:

    IPSOA

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    IMMOBILI 2022

    8. RILEVANZA FISCALE DELL’ESTIMO CATASTALE

    Precedente 7. DECORRENZA DEGLI EFFETTI FISCALI DELLE RENDITE DEI FABBRICATI
    Successivo 9. FISCALITÀ URBANISTICA
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    REDDITO DOMINICALE E AGRARIO ► Le tariffe di reddito dominicale agrario sono definite in moneta legale, distintamente con riferimento a ciascuna qualità e classe di coltura, per unità di superficie (l’ettaro).
    Gli estimi del Catasto Terreni sono stati revisionati nel 1990 applicando alle quantità medie ordinarie di prodotto e di mezzi di produzione la media dei prezzi correnti nel 1988-1989.
    I redditi dominicale e agrario sono periodicamente aggiornati con l’applicazione di appositi coefficienti.
    IMPOSTE INDIRETTE SUI TRASFERIMENTI ► In relazione alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, dal 12.8.2006 ai trasferimenti dei terreni non si applica più l’istituto della valutazione automatica.
    Per i trasferimenti precedenti a tale data, si applica il coefficiente moltiplicatore di 90.
    IMPOSTE DI SUCCESSIONE E DONAZIONE ► In merito alle imposte di successione e donazione, si applica il coefficiente moltiplicatore di 75.
    IMU ► La base imponibile IMU si ottiene moltiplicando per 135 il reddito dominicale iscritto in Catasto vigente al 1° gennaio dell’anno di riferimento rivalutato del 25%.
    RENDITA CATASTALE E TARIFFE D’ESTIMO ► La rendita catastale si determina per le unità immobiliari a destinazione ordinaria (gruppi A, B, e C) assumendo la tariffa d’estimo corrispondente alle unità immobiliari della stessa categoria e classe site nella stessa zona censuaria del medesimo comune.
    La tariffa d’estimo deve essere moltiplicata per la consistenza espressa in vani utili catastali (per gli immobili del gruppo A), in metri quadrati (per gli immobili del gruppo C) e in metri cubi (per gli immobili gruppo B).
    IMMOBILI A DESTINAZIONE ORDINARIA ► Per le unità immobiliari a destinazione ordinaria la tariffa d’estimo è definita come il reddito lordo medio ordinario ritraibile, diminuito delle spese di riparazione e manutenzione e di ogni altra spesa necessaria a produrlo.
    La tariffa d’estimo è determinata in moneta legale, distintamente con riferimento a ciascuna categoria e classe, per unità di riferimento (vano utile catastale per le unità del gruppo A; metro quadrato per le unità del gruppo C e metro cubo per le unità del gruppo B), con riferimento ai prezzi medi correnti.
    DETERMINAZIONE TARIFFE D’ESTIMO ► Per la determinazione delle tariffe d’estimo si distingue tra le unità immobiliari per cui nella zona censuaria si pratichi la locazione e le unità immobiliari per cui nella zona censuaria la locazione non esiste o ha carattere eccezionale.
    Per le unità immobiliari di cui ai gruppi D ed E per l’attribuzione della rendita si usa il criterio della stima diretta.
    RIFERIMENTI ► DM 20.1.90; art. 74 L. 342/2000; art. 1, co. 745 e 747 L. 160/2019.

    ► REDDITO DOMINICALE E REDDITO AGRARIO

    Di seguito vengono brevemente esaminati i criteri utilizzati ai fini della determinazione:

    • del reddito dominicale ed agrario dei terreni (particelle);

    • della rendita catastale degli immobili urbani (unità immobiliari).

    Sotto il profilo definitorio, delineato dalla legislazione catastale:

    • la tariffa di reddito dominicale è “la parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dai terreni nell’esercizio delle attività agricole, al netto delle spese di conservazione del capitale fondiario” (art. 2 del DPR 604/73);

    • la tariffa di reddito agrario è “la parte del reddito medio ordinario ritraibile dai terreni nell’esercizio delle attività agricole, imputabile al capitale di esercizio ed al lavoro di organizzazione della produzione” (art. 3 del DPR 604/73).

    Le tariffe di reddito dominicale ed agrario sono definite, (artt. 2 e 3 del DPR 29.9.73 n. 604):

    • in moneta legale;

    • distintamente, con riferimento a ciascuna qualità e classe di coltura;

    • per unità di superficie, considerando tale l’ettaro.

    Valgono quindi le relazioni riportate di seguito.

    RDqc = TeDqc x K

    dove:

    RDqc = reddito dominicale di una determinata particella classata in coltura “q” e classe “c”;

    TeDqc = tariffa d’estimo dominicale corrispondente alla coltura “q” ed alla classe “c” per la zona censuaria di ubicazione della particella;

    K = superficie fondiaria della particella, espressa in ettari;

    RAqc = TeAqc x K

    dove:

    RAqc = reddito agrario di una determinata particella classata in coltura “q” e classe “c”;

    TeAqc = tariffa d’estimo agraria corrispondente alla coltura “q” ed alla classe “c” per la zona censuaria di ubicazione della particella;

    K = superficie fondiaria della particella, espressa in ettari.

    Ai fini delle imposte sui redditi:

    • il combinato disposto degli artt. 27 e 28 del TUIR collima con la disposizione contenuta nell’art. 2 del DPR 604/73, statuendo che il reddito dominicale “è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole di cui all’art. 32”, ed è determinato “mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite, secondo le norme della legge catastale, per ciascuna qualità e classe di terreno”;

    • allo stesso modo, la definizione di reddito agrario fornita dal combinato disposto degli artt. 32 e 34 del TUIR, secondo il quale il reddito agrario “è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso”, ed è determinato “mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale”, ricalca quella contenuta nell’art. 3 del DPR 604/73.

    1.Efficacia dei redditi dominicali ed agrari

    A decorrere dall’1.1.2000, gli atti comunque attributivi o modificativi dei redditi per terreni agricoli e rendite per i fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita (co. 1 dell’art. 74 della L. 21.11.2000 n. 342).

    2.Ultima revisione generale delle tariffe d’estimo dominicali ed agrarie

    L’ultima revisione generale degli estimi del Catasto Terreni è stata disposta con DM 20.1.90 (pubblicato sulla GU 7.2.90 n. 31), applicando alle quantità medie ordinarie di prodotto e di mezzi di produzione la media dei prezzi correnti nel biennio 1988-1989.

    Attenzione

    Per i prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione “soggetti ad andamenti di mercato particolarmente oscillanti”, il DM 20.1.90 consentiva tuttavia di rilevare i prezzi su un periodo di maggior durata rispetto al biennio di riferimento, ovvero ad uno solo degli anni del biennio, allorché sussistessero fondati motivi per ritenere che il riferimento alla media del biennio sortisse risultati non congrui. In ogni caso, il costo del lavoro manuale, ivi compreso quello prestato dallo stesso conduttore dei fondi, doveva essere computato in base alla media delle tariffe salariali vigenti nel biennio di riferimento.

    3.Rivalutazione dei redditi dominicali ed agrari

    Nelle more della revisione generale, i redditi dominicale ed agrario sono periodicamente aggiornati mediante l’applicazione di appositi coefficienti stabiliti con decreto ministeriale.

    A decorrere dall’1.1.97 e fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, i redditi dominicali ed agrari dei terreni iscritti nel Catasto Terreni sono rivalutati:

    • ai fini delle imposte sui redditi, rispettivamente:

      • dell’80%, i redditi dominicali;

      • del 70%, i redditi agrari;

    • ai fini dei tributi diversi dalle imposte sui redditi, del 25% (redditi dominicali). (art. 3 co. 50 - 52 della L. 23.12.96 n. 662).

    3.1Ulteriore rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario per il triennio 2013 - 2015

    L’art. 1 co. 512 della L. 24.12.2012 n. 228 sancisce l’obbligo di effettuare un’ulteriore rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario dei terreni.

    Tale rivalutazione:

    • ha effetto ai fini delle imposte sui redditi (e non dell’IMU);

    • si cumula a quella stabilita dall’art. 3 co. 50 della L. 662/96, e deve essere applicata al risultato di quest’ultima;

    • risulta pari:

      • al 15%;

      • ovvero al 5%, per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e IAP iscritti nella previdenza agricola;

    • si riflette sull’ammontare dell’acconto sulle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta 2013.

    È opportuno rilevare come la rivalutazione di che si tratta, a differenza di quella disposta dall’art. 3 co. 50 della L. 662/96, non rappresenta una misura a regime, bensì una disposizione temporanea, che interessa i periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015.

    ⊳ Per approfondimenti, si veda il cap.11 “Terreni dei soggetti non imprenditori”.

    ► IMPOSTE INDIRETTE SUI TRASFERIMENTI

    Il valore dei terreni assume rilevanza in relazione ai diversi ambiti impositivi e alle singole imposte.

    Ai trasferimenti di terreni effettuati dal 12.8.2006, l’istituto della valutazione automatica (art. 52 del DPR 131/86) non si applica più (dell’art. 35 co. 23-ter del DL 223/2006, conv. L. 248/2006).

    Rispetto ai trasferimenti di terreni non edificabili effettuati prima di tale data, ai fini delle imposte indirette gravanti sui trasferimenti di terreni non fabbricabili, e quindi:

    • dell’imposta di registro;

    • dell’imposta ipotecaria;

    • e dell’imposta catastale,

    il valore “soglia” (c.d. “valutazione automatica”) che, ai sensi dell’art. 52 co. 4 del DPR 26.4.86 n. 131, inibiva il potere degli uffici di operare la rettifica del valore indicato in atto, si determinava applicando al reddito dominicale iscritto in Catasto, rivalutato del 25%, il relativo coefficiente moltiplicatore (art. 52 co. 4 del DPR 131/86).

    Tale coefficiente moltiplicatore può essere modificato con decreto ministeriale. In forza di tale disposizione, il coefficiente moltiplicatore pari a 60, previsto con riferimento ai terreni dalla formulazione originaria dell’art. 52 co. 4 del DPR 131/86, era stato elevato:

    • dapprima a 75, dal DM 11.11.89;

    • quindi:

      • a 82,5, con riferimento agli atti pubblici stipulati tra l’1.1.2004 ed il 31.7.2004 (art. 2 co. 63 della L. 24.12.2003 n. 350);

      • a 90, con riferimento agli atti pubblici stipulati a decorrere dall’1.8.2004 (art. 1-bis co. 7 del DL 12.7.2004 n. 168, conv. L. 30.7.2004 n. 191).

    ► IMPOSTE DI SUCCESSIONE E DONAZIONE

    Gli uffici non possono rettificare il valore dei terreni indicato nella denuncia di successione in misura non inferiore a 75 volte il reddito dominicale risultante in Catasto, aggiornato con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi (art. 34 co. 5 del DLgs. 31.10.90 n. 346).

    L’inibizione dei poteri di rettifica degli uffici non opera rispetto alle aree fabbricabili, per la cui individuazione valgono i criteri definiti dall’art. 36 co. 2 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006.

    Le rivalutazioni del coefficiente moltiplicatore 75 (attuate, rispettivamente, dall’art. 2 co. 63 della L. 24.12.2003 n. 350 e dall’art. 1-bis co. 7 del DL 12.7.2004 n. 168, conv. L. 30.7.2004 n. 191) sono state disposte “ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale”. Esse, pertanto, non dovrebbero rilevare nell’ambito dell’imposta sulle successioni e donazioni.

    Ciò non di meno, in assenza di chiarimenti ufficiali, è opportuno improntare ogni scelta alla massima prudenza, tenuto conto della prassi degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, orientati ad assumere il coefficiente 90 (che “incorpora” le predette rivalutazioni), anziché 75.

    ► IMU

    La base imponibile per l’applicazione dell’ICI ai terreni agricoli si determinava moltiplicando per 75 il reddito dominicale iscritto in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di riferimento, rivalutato del 25%, (art. 5 co. 7 del DLgs. 30.12.92 n. 504). Le rivalutazioni su citate dei coefficienti moltiplicatori di cui all’art. 52 del DPR 131/86, non rilevavano ai fini dell’ICI.

    La base imponibile per l’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli è invece determinata moltiplicando per 135 (ovvero, per i coltivatori diretti ed IAP iscritti nella previdenza agricola, per 110) il reddito dominicale iscritto in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di riferimento, rivalutato del 25% (comma 746 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2019 n. 160).

    Come già rilevato, ai fini del tributo comunale non rileva la rivalutazione del reddito dominicale sancita dall’art. 1 co. 512 della L. 228/2012.

    ► RENDITA CATASTALE E TARIFFE D’ESTIMO

    La rendita catastale:

    • per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria (gruppi A, B e C), si determina:

      • assumendo la tariffa d’estimo corrispondente alle unità immobiliari della stessa categoria e classe site nella stessa zona censuaria del medesimo comune;

      • moltiplicando tale tariffa d’estimo per la consistenza, espressa, rispettivamente:

        • in vani utili catastali, per le unità immobiliari censite nel gruppo A;

        • in metri quadrati, per le unità immobiliari censite nel gruppo C;

        • in metri cubi (rileva il volume c.d. “vuoto per pieno”, ex art. 48 della L. 1.12.49 n. 1142), per le unità immobiliari censite nel gruppo B;

    • per le unità immobiliari urbane a destinazione speciale o particolare (gruppi D ed E), con stima diretta della singola unità (art. 30 della L. 1.12.49 n. 1142).

    (Cfr. l’art. 7 del DPR 29.9.73 n. 604, e le circ. Agenzia del Territorio 16.5.2006 n. 4 e 13.4.2007 n. 4)

    ► UNITÀ IMMOBILIARI URBANE A DESTINAZIONE ORDINARIA

    Per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria (gruppi A, B e C), ai sensi dell’art. 7 co. 2 del DPR 604/73, la tariffa d’estimo è definita come “il reddito lordo medio ordinario (…) ritraibile, diminuito delle spese di riparazione e manutenzione e di ogni altra spesa necessaria a produrlo”, ed è determinata:

    • in moneta legale;

    • distintamente, con riferimento a ciascuna categoria e classe;

    • per unità di riferimento, considerando tale l’unità di consistenza, e quindi:

      • per vano utile catastale, riguardo alle unità immobiliari censite nel gruppo A;

      • per metro quadrato, riguardo alle unità immobiliari censite nel gruppo C;

      • per metro cubo, riguardo alle unità immobiliari censite nel gruppo B;

    • con riferimento ai prezzi medi correnti del periodo censuario fissato per legge.

    Vale quindi la seguente relazione.

    RCCc = TeCc x K

    dove:

    RCCc = rendita catastale di una determinata unità immobiliare urbana classata in categoria “C” e classe “c”;

    TeCc = tariffa d’estimo corrispondente alla categoria “C” ed alla classe “c” per la zona censuaria di ubicazione dell’unità immobiliare;

    K = consistenza dell’unità immobiliare, espressa in vani utili catastali (gruppo A), metri quadrati (gruppo C) o metri cubi (gruppo B).

    ► CRITERI DI DETERMINAZIONE DELLE TARIFFE D’ESTIMO

    In ordine ai criteri di determinazione delle tariffe d’estimo, rilevano le disposizioni degli artt. 15 - 29 del reg. 1.12.49 n. 1142, in base alle quali si distingue tra:

    • unità immobiliari per le quali nella zona censuaria si pratichi la locazione;

    • unità immobiliari per le quali nella zona censuaria la locazione “non esista o abbia carattere di eccezione”.

    1.Unità immobiliari per cui nella zona censuaria si pratica la locazione

    Per definire le tariffe d’estimo relative a tali unità immobiliari:

    • dapprima, si determina il reddito lordo annuo del capitale fondiario, rappresentato dal canone di fitto ordinariamente ritraibile dall’unità immobiliare, calcolato al termine di ciascun anno, eventualmente corretto con le opportune aggiunte e detrazioni, considerate anch’esse nella misura in cui vengano ordinariamente sostenute dal proprietario o dal locatario per le unità immobiliari urbane della categoria e classe di riferimento (art. 15 del reg. 1142/49). Al riguardo, si considerano aggiunte (art. 16 del reg. 1142/49) e quindi incrementano il reddito lordo:

      • l’interesse dei depositi a garanzia o delle somme anticipate dal locatario senza decorrenza di interessi a suo favore;

      • le spese di manutenzione ordinaria che, oltre a quelle previste dall’art. 1609 c.c., siano poste a carico del locatario per pattuizione contrattuale o per consuetudine locale;

      • le quote relative ai miglioramenti facenti carico al locatario in virtù di disposizioni contrattuali;

      • altri eventuali oneri assunti dal locatario;

      • la remunerazione di prestazioni che il locatario fornisca per convenzione al proprietario.

    Costituiscono invece detrazioni (art. 17 del regolamento 1.12.49 n. 1142) e quindi riducono il reddito lordo:

    • le spese che il proprietario sostenga per l’acqua potabile, il servizio di portineria, l’illuminazione delle scale e dell’androne e simili, per il funzionamento dell’ascensore, per la fornitura di riscaldamento ed acqua calda e simili, quando non rimborsate dal locatario;

    • le spese di manutenzione di cui all’art. 1609 c.c., se poste a carico del proprietario per pattuizione contrattuale; il corrispettivo dell’uso di mobili e arredi di cui il proprietario abbia fornito l’immobile;

    • la parte del fitto corrispondente al rimborso delle spese sostenute dal proprietario per adattare l’immobile a particolari esigenze del locatario;

    quindi, si determina la rendita catastale, depurando il reddito lordo annuo delle spese e perdite eventuali, ad esclusione delle spese relative all’imposta fabbricati, alle relative a sovra-imposte e contributi di ogni specie, nonché di decime, canoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari (art. 19 del reg. 1142/49).

    Si considerano spese e perdite eventuali quelle relative (art. 20 del reg. 1142/49):

    • all’amministrazione dell’immobile. Nell’ipotesi in cui l’amministrazione dell’immobile sia affidata dal proprietario a terzi, tali spese sono dedotte dalla relativa contabilità. Se invece l’immobile è amministrato direttamente dalla proprietà, le spese di amministrazione si calcolano presuntivamente, con riferimento agli immobili della stessa categoria e classe la cui gestione sia affidata a terzi (art. 21 del reg. 1142/49);

    • alla manutenzione dell’immobile. Si tratta delle spese ordinariamente sostenute per conservare l’unità immobiliare nello stato nel quale normalmente si trovano quelle della stessa categoria e classe (art. 22 del reg. 1142/49);

    • alla conservazione del capitale fondiario. Sono tali le spese relative alla quota di assicurazione ed alla quota di perpetuità del capitale fondiario (art. 23 del reg. 1142/49);

    • gli sfitti ordinari e non derivanti da cause eccezionali (es. quelli legati al periodo di tempo che intercorre ordinariamente tra locazioni successive);

    • le rate di fitto dovute e non pagate, il cui mancato pagamento non dipenda da avvenimenti eccezionali.

    2.Unità immobiliari per cui nella zona censuaria non si pratica la locazione

    Per le unità immobiliari per le quali nella zona censuaria la locazione non esista o abbia carattere di eccezione, la rendita catastale non si determina in base al canone di fitto, bensì aggiungendo alla rendita fondiaria le spese relative all’imposta sui fabbricati ed alle relative sovraimposte e contributi di ogni specie (art. 27 del reg. 1.12.49 n. 1142).

    Rendita fondiaria

    La rendita fondiaria si computa come interesse del capitale fondiario (inteso, ex art. 28 del reg. 1142/49, come valore venale dell’unità immobiliare all’epoca censuaria stabilita dalla legge, determinato in base ai prezzi correnti per la vendita di analoghe unità immobiliari).

    Il saggio di interesse da applicare al capitale fondiario per determinarne la rendita è (art. 29 del reg. 1142/49):

    • il saggio di capitalizzazione attribuito dal mercato ad investimenti edilizi aventi ad oggetto analoghe unità immobiliari;

    • ovvero, quando si tratti di unità immobiliari che per caratteristiche o destinazione non siano suscettibili di dare un reddito, il saggio di capitalizzazione attribuito dal mercato ad investimenti concorrenti con quello edilizio.

    3.Nozione di vano utile catastale

    Riguardo alle unità immobiliari a destinazione ordinaria appartenenti alle categorie del gruppo catastale A, alcuni approfondimenti si rendono opportuni in ordine alla nozione di “vano utile”, che ad oggi, fino all’entrata in vigore del nuovo criterio di misurazione a metro quadrato catastale (art. 3 del DPR 23.3.98 n. 138), rappresenta l’unità di commisurazione della consistenza ai fini del calcolo delle rendite catastali.

    3.1Vano principale

    Si considera “vano utile” (art. 45 della L. 1.12.49 n. 1142) “quello che ha destinazione principale (camera, stanza, salone, galleria, e simili) nell’uso ordinario dell’unità immobiliare”.

    I vani principali aventi superficie eccedente quella massima stabilita in ogni zona censuaria per ciascuna categoria e classe si computano per più di un vano utile. “Il ragguaglio a vani utili od a frazione di vano utile dell’eccedenza di superficie, rispetto a quella massima anzidetta, viene fatto rapportando l’eccedenza alla superficie massima stessa” (art. 47 della L. 1142/49).

    3.2Vano accessorio

    I vani aventi destinazione ordinaria accessoria sono computati come vani utili, in base al disposto dell’art. 46 della L. 1142/49:

    • nella proporzione stabilita dagli usi locali, con specifico riferimento a ciascuna categoria;

    • ovvero, in mancanza, nella proporzione di:

      • un terzo di vano utile per ogni vano accessorio, per i vani accessori “strettamente necessari al servizio ed al disimpegno dei vani principali”. Tali risultano, (art. 46 della L. 1142/49) a titolo esemplificativo, bagni, dispense, ripostigli, verande, ingressi, corridoi;

      • un quarto di vano utile per ogni vano accessorio, per gli altri vani accessori.

    Attenzione

    L’art. 46 della L. 1142/49 definisce “vani accessori” “quelli necessari al servizio o al disimpegno dei vani principali (latrine, bagni, dispense, ripostiglio, veranda, ingresso, corridoio e simili), nonché quelli che, pur non essendo strettamente necessari all’utilizzazione dei vani principali, ne integrano la funzione (soffitte, cantine, bucatai, spanditoi, granai, porcili, pollai e simili)”. Inoltre, sono compresi fra i vani accessori “quelli che, pur avendo destinazione principale nell’uso ordinario dell’unità immobiliare, hanno superficie minore di quella minima prestabilita in ogni zona censuaria per ciascuna categoria e classe. La cucina è considerata vano utile, qualunque ne sia la superficie, purché sia fornita degli impianti relativi alla sua speciale destinazione nel modo ordinario per la categoria e classe cui appartiene l’unità immobiliare”.

    Per le unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso di negozi o botteghe (categoria C/1) che comprendano locali accessori (es. retrobottega, gabinetti, ecc.), la consistenza “diminuisce riducendo la superficie degli accessori in misura corrispondente alla loro minore produttività di reddito rispetto al locale principale”.

    Infine, per le unità immobiliari cui risultino annesse aree formanti parti integranti di esse, ovvero sia congiunto l’uso in comune con altri, di locali per deposito, per bucato e simili, la consistenza è aumentata di una percentuale non superiore al 10%, sempre che tali circostanze non siano già state considerate in sede di attribuzione della classe.

    4.Attribuzione della rendita per stima diretta per i gruppi D ed E

    In merito ai criteri utilizzati dagli uffici per l’attribuzione della rendita catastale “per stima diretta” alle unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi D (“immobili a destinazione speciale”) ed E (“immobili a destinazione particolare”), rilevano, da ultimo, i chiarimenti forniti dalla circ. Agenzia del Territorio 30.11.2012 n. 6. In particolare, la rendita catastale, quindi, può essere determinata sulla base del più probabile canone di locazione, individuato attraverso un’indagine del mercato locativo, se esistente, riferito alla tipologia di immobili simili a quello oggetto di accertamento. Se, tuttavia, tale analisi non è consentita (ad es. per mancanza di un mercato delle locazioni per la tipologia del bene da accertare) la rendita può essere individuata tramite un’indagine del mercato delle compravendite, e in via subordinata attraverso il costo di ricostruzione.

    ⊳ Sul tema, si veda il cap. 4 “Catasto dei fabbricati”.

    5.Ultima revisione generale delle rendite catastali urbane

    L’ultima revisione generale degli estimi del Catasto Edilizio, per tali intendendo:

    • le tariffe d’estimo delle unità immobiliari a destinazione ordinaria (gruppi catastali A, B e C);

    • le rendite catastali delle unità immobiliari a destinazione:

      • speciale (gruppo catastale D);

      • o particolare (gruppo catastale E),

    è stata disposta con DM 20.1.90 (pubblicato sulla GU 7.2.90 n. 31), sulla base della media dei valori unitari di mercato riscontrati nel biennio 1988-1989.

    I nuovi estimi, approvati con il DM 27.9.91, sono in vigore a decorrere dall’1.1.92.

    6.Nuova revisione generale degli estimi urbani

    L’art. 3 co. 154 della L. 23.12.96 n. 662 ha disposto la revisione generale, da attuare con uno o più regolamenti:

    • delle zone censuarie;

    • delle tariffe d’estimo;

    • della qualificazione;

    • della classificazione;

    • del classamento;

    delle unità immobiliari urbane e dei terreni.

    La disposizione in esame ha, inoltre, demandato ai predetti regolamenti la revisione dei criteri stessi di classamento, nonché la riforma delle commissioni censuarie, da attuarsi secondo i seguenti principi:

    - l’attribuzione ai Comuni di competenze in ordine all’articolazione del territorio comunale in microzone omogenee, secondo criteri generali uniformi;
    - l’individuazione delle tariffe d’estimo di reddito facendo riferimento, al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dall’unità immobiliare, ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, senza tuttavia considerare i regimi legali di determinazione dei canoni;
    - l’intervento dei Comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d’estimo (anche mediante conferenze di servizi);
    - la semplificazione della disciplina delle commissioni censuarie in materia di composizione, procedimenti di nomina dei componenti, e l’aumento della rappresentatività tecnica espletata in esse da Regioni, Province e Comuni;
    - l’attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell’unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita;
    - la fissazione di nuovi criteri per la definizione delle zone censuarie e della qualificazione dei terreni;
    - l’individuazione di nuovi criteri di classificazione e determinazione delle rendite del Catasto dei Terreni, che tengano conto anche della potenzialità produttiva dei suoli.

    6.1Suddivisione del territorio in microzone

    Il DPR 23.3.98 n. 138, emanato in attuazione dell’art. 3 co. 154 della L. 662/96, dispone:

    • la revisione delle zone censuarie, da intendersi come porzioni omogenee di territorio provinciale, che possono comprendere un solo Comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di Comuni, caratterizzati da caratteristiche ambientali similari (art. 1 del DPR 138/98);

    • l’articolazione del territorio comunale, o, se inferiore allo stesso, della zona censuaria, in microzone, delimitate dai Comuni con deliberazione del Consiglio comunale o, in difetto, dall’Amministrazione del Catasto (art. 2 del DPR 138/98).

    Attenzione

    Ai sensi dell’art. 2 co. 1 del DPR 138/98 “la microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari”.

    6.2Altre disposizioni attuative del Catasto Fabbricati

    Le aree di riforma entro le quali si inscrive l’istituzione del Catasto Fabbricati sono (DPR 23.3.98 n. 138):

    • variazione dell’unità di consistenza per i fabbricati urbani (art. 3 del DPR 138/98): fissazione del metro quadrato di superficie catastale come unità di consistenza di tutte le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, quali risultano indicate nel quadro generale di cui all’Allegato B al DPR 138/98 (nuovo quadro generale delle categorie), in base ai criteri di determinazione della superficie catastale descritti nell’Allegato C al medesimo decreto presidenziale;

    • revisione dei quadri di qualificazione e classificazione (art. 4 del DPR 138/98): viene adottato un nuovo quadro generale di qualificazione (suddivisione in categorie) per le unità immobiliari urbane. Tale quadro è riportato nell’Allegato B) al DPR 138/98;

    • revisione dei criteri di classamento delle unità immobiliari urbane (art. 8 del DPR 138/98). Si tende in particolare alla definizione di procedure informatiche valutative in grado di garantire l’aggiornamento dinamico del classamento, con modalità automatizzate che tengano conto della continuità delle variazioni territoriali e di mercato. Fattori valutativi cruciali, in funzione di tale classamento dinamico, sono il fattore posizionale, rappresentativo dei caratteri della microzona in termini di qualità urbana (il livello di infrastrutture e servizi) e qualità ambientale (il livello di pregio o degrado del contesto paesaggistico e naturalistico, ancorché determinato dall’attività umana), e il fattore edilizio (parametro rappresentativo dei caratteri distintivi del fabbricato e dell’unità immobiliare);

    • revisione del classamento delle unità immobiliari urbane, effettuata tenendo conto della nuova articolazione del territorio in microzone, dei nuovi quadri di qualificazione e classificazione e dei nuovi criteri di classamento (art. 9 del DPR 138/98);

    • revisione delle tariffe d’estimo per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, sui cui risultati viene indetto un confronto, in sede di conferenza di servizi, con tutti i Comuni interessati (ubicati nella stessa zona censuaria). Tale revisione (art. 5 del DPR 138/98):

      • si riferisce ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge, senza l’assunzione, come termini di riferimento, di valori e redditi occasionali ovvero singolari;

      • consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per metro quadrato di superficie catastale, da effettuarsi sulla base dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni, nonché dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l’applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe (si applicano le disposizioni di cui agli artt. 27 - 29 del regolamento per la formazione del NCEU, approvato con DPR 1.12.49 n. 1142);

      • avendo riguardo ai valori reddituali unitari del biennio 1996-1997.

    Attenzione

    L’art. 13 del DPR 138/98 individuava nella data dell’1.1.2000 l’entrata in vigore dei nuovi estimi catastali.

    Tuttavia, le attività funzionali (es. revisione del classamento, dei criteri di classamento, ecc.) non sono state ultimate in tempo e ad oggi la nuova revisione degli estimi non risulta ancora attuata.

    7.Rivalutazione della rendita catastale

    A decorrere dall’1.1.97 e fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, le rendite catastali urbane sono rivalutate del 5% (art. 3 co. 48 e 52 della L. 23.12.96 n. 662).

    8.Valore catastale

    Il valore catastale degli immobili urbani si determina applicando alla rendita iscritta in Catasto, rivalutata - come riferito - del 5%, i coefficienti moltiplicatori di cui all’art. 52 del DPR 131/86, ovvero quelli di cui all’art. 34 co. 5 del DLgs. 346/90, come diversificati dal DM 14.12.91 in ragione della categoria catastale di appartenenza dell’immobile.

    Il valore così ottenuto costituisce:

    • il valore “soglia” (c.d. “valutazione automatica”) che inibisce il potere degli uffici di operare la rettifica del valore indicato in atto ai fini:

      • delle imposte di registro, ipotecaria e catastale (artt. 52 co. 4 del DPR 26.4.86 n. 131 e 13 del DLgs. 31.10.90 n. 347). Per i trasferimenti posti in essere dal 12.8.2006, la valutazione automatica si applica solo alle vendite di case di abitazione e pertinenze effettuati in favore di privati persone fisiche (art. 35 co. 23-ter del DL 223/2006 conv. L. 248/2006).

      • delle imposte sulle successioni e donazioni, (art. 34 co. 5 del DLgs. 31.10.90 n. 346);

    • la base imponibile per l’applicazione dell’ICI (art. 5 co. 2 del DLgs. 30.12.92 n. 504).

    ⊳ Si veda il cap. 80 “Valutazione automatica e prezzo-valore”.

    8.1Coefficienti istituiti ai fini dell’IMU

    Ai fini del computo della base imponibile cui applicare l’IMU, la rendita, previamente rivalutata del 5% deve essere capitalizzata in base ai seguenti coefficienti moltiplicatori (comma 745 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2019 n. 160):

    • 55 per i fabbricati classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe);

    • 65 (60, sino al 21.12.2012) per i fabbricati classificati nel gruppo D, eccetto i D/5 (banche e assicurazioni);

    • 80 per i fabbricati classificati nelle categorie A/10 (uffici e studi privati) e D/5 (banche e assicurazioni);

    • 140 per i fabbricati classificati nel gruppo B e nelle categorie C/3 (laboratori artigiani), C/4 (locali per esercizi sportivi - es. palestre -) e C/5 (stabilimenti balneari e di acque curative);

    • 160 per i fabbricati classificati nel gruppo A, eccetto gli A/10 (uffici e studi privati), e nelle categorie C/2 (locali di deposito, cantine), C/6 (autorimesse e posti auto) e C/7 (tettoie).

    8.2Coefficienti moltiplicatori

    L’art. 52 co. 4 del DPR 131/86, con riferimento alla generalità dei fabbricati, prescindendo quindi dalla categoria catastale di appartenenza di questi ultimi, individuava un unico coefficiente moltiplicatore, pari a 100.

    Successivamente, al fine di bilanciare l’effetto dei tassi di capitalizzazione utilizzati per la determinazione delle nuove rendite operata ex DM 20.1.90, il DM 14.12.91 ha diversificato i moltiplicatori in funzione della categoria catastale assegnata all’immobile urbano.

    Attenzione

    Sul piano del coordinamento normativo, la modifica dei moltiplicatori è legittimata dall’art. 52 co. 5 del DPR 131/86, in base al quale “i moltiplicatori di settantacinque e cento volte possono essere modificati, in caso di sensibili divergenze dai valori di mercato, con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Le modifiche hanno effetto per gli atti pubblici formati, per le scritture private autenticate e gli atti giudiziari pubblicati o emanati dal decimo quinto giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto, nonché per le scritture private non autenticate presentate per la registrazione da tale data”.

    In base a tale modifica, i coefficienti moltiplicatori sono divenuti i seguenti:

    • 34 per i fabbricati classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe) e per gli immobili del gruppo E (fabbricati a destinazione particolare, quali ad esempio, ponti, aeroporti, ecc.);

    • 50 per i fabbricati classificati nella categoria A/10 (uffici e studi privati) e per gli immobili del gruppo D (fabbricati a destinazione speciale, quali ad esempio, opifici, alberghi, residence, ecc.);

    • 100 per i fabbricati classificati nei gruppi A, B e C, eccetto quelli di cui alle categorie C/1 ed A/10.

    8.3Rivalutazione dei coefficienti moltiplicatori

    In seguito:

    • con riferimento agli atti pubblici stipulati a decorrere dall’1.1.2004 e ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, i coefficienti moltiplicatori di cui all’art. 52 co. 4 del DPR 131/86 sono stati rivalutati in misura pari al 10%, divenendo pari a (art. 2 co. 63 della L. 24.12.2003 n. 350):

      • 37,4 per i fabbricati classificati nella categoria C/1 e per gli immobili del gruppo E;

      • 55 per i fabbricati classificati nella categoria A/10 e per gli immobili del gruppo D;

      • 110 per i fabbricati classificati nei gruppi A, B e C, eccetto quelli di cui alle categorie C/1 ed A/10;

    • con riferimento agli atti pubblici stipulati a decorrere dall’1.8.2004 e sempre ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, per effetto dell’art. 1-bis co. 7 del DL 168/2004, i coefficienti moltiplicatori di cui all’art. 52 co. 4 del DPR 131/86 devono essere rivalutati del 20% anziché del 10%, e risultano quindi pari a:

      • 40,8 per i fabbricati classificati nella categoria C/1 e per gli immobili del gruppo E;

      • 60 per i fabbricati classificati nella categoria A/10 e per gli immobili del gruppo D;

      • 120 per i fabbricati classificati nei gruppi A, B e C, eccetto quelli di cui alle categorie C/1 ed A/10. L’innalzamento della misura dei moltiplicatori disposto dall’art. 1-bis co. 7 del DL 168/2004 non opera per gli immobili con riferimento ai quali ricorrono le condizioni di cui alla nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, vale a dire per gli immobili abitativi in relazione ai quali compete l’agevolazione c.d. “prima casa”. Pertanto, con riferimento a questi ultimi, il moltiplicatore resta pari a 110, risultato ottenuto rivalutando del 10%, ai sensi dell’art. 2 co. 63 della L. 350/2003, il moltiplicatore previsto dal DM 14.12.91 per i fabbricati censiti nei gruppi A e C, eccetto A/10 e C/1 (pari a 100);

    • a decorrere dal 3.10.2006, per effetto dell’art. 2 co. 45 del DL 262/2006, conv. L. 286/2006, il coefficiente moltiplicatore di cui all’art. 52 co. 4 del DPR 131/86, relativo alle unità immobiliari censite nelle categorie del gruppo catastale B, deve essere rivalutato del 40% anziché del 20%, risultando quindi pari a 140.

    Fine capitolo